Conseguenze inintenzionali del populismo
Da almeno dieci anni la politica del governo USA sulle case è follemente populista: dare a tutti una casa a qualsiasi costo, che sia economico, come rischiare di distruggere il sistema finanziario, o psicologico, come scrivere slogan propagandistici ridicoli come in “Closing the gap. A guide to equal opportunity lending”, il manifesto del populismo immobiliare USA, pubblicato con la complicità della Federal Reserve di Boston.
Nonostante ciò, se i privilegi legali delle due government sponsored enterprises, Fannie Mae e Freddie Mac, o gli sgravi fiscali sui profitti immobiliari, o il supporto monetario diretto al mercato immobiliare degli ultimi due anni di crisi hanno avuto effetti devastanti sull’economia americana, soprattutto sulla sua stabilità finanziaria, potrebbe venire il dubbio che comunque qualche effetto sociale positivo ci sia pur stato.
Il boom partito alla metà degli anni ’90 ha provocato un aumento della proprietà immobiliare tra gli americani: se prima il 64% degli americani aveva una casa di proprietà, poco prima della crisi era salito al 69.0%. Ammesso (e non concesso, data la mobilità lavorativa degli americani) che questo sia un fatto di per sé positivo, c’è da dire che la crisi ha già fatto scendere questo tasso al 67.3% (2009Q1), e considerando che gli interventi del Tesoro e della Fed hanno rallentato il naturale aggiustamento dell’economia, i fondamentali economici sono sicuramente ben peggiori di quanto i numeri facciano pensare.
Non sono un fan delle analisi costi-benefici, perché sono necessariamente value-ridden e tendono sempre a dimenticare qualcosa (il mondo è complesso e l’informazione scarseggia). In ogni caso, un aumento del 5% (ora 3%) dell’homeownership è costato moltissimo: la creazione di un sistema finanziario instabile, un indebitamento estero da repubblica delle banane, il dirottamento dei pochi fondi disponibili dall’industria verso servizi finanziari dal dubbio valore reale e verso un settore immobiliare evidentemente ipertrofico da anni (con conseguente depauperamento del settore secondario, o sua esportazione all’estero), un aumento incredibile dell’indebitamento dei privati, e un’improvvisa – anche se prevedibilissima – contrazione dello stato patrimoniale degli americani, che si erge minacciosa come una spada di Damocle sul futuro dei baby boomers pensionandi.
I dati sono dell’US Census Bureau. Viene da chiedersi, in pratica, se l’unico effetto positivo del boom immobiliare indotto dai governi USA non sia che un fenomeno temporaneo, visto che presto o tardi i debiti andranno pagati, e quindi qualcuno perderà la casa acquistata rovinandosi finanziariamente, e a costo di enormi distorsioni macroeconomiche.