11
Ott
2012

Col capacity payment gas, Eni takes, il consumatore pays

L’amministratore delegato dell’Eni, Paolo Scaroni, ieri si è presentato bel bello in parlamento e ha tenuto un’audizione che si può liberamente tradurre e riassumere così: poiché sta venendo meno la capacità di yours truly di estrarre la rendita monopolistica, bisogna rapidamente introdurre qualche sussidio o altra diavoleria equivalente.

Il tema è, in particolare, quello dei contratti “take or pay“, che costituiscono il nerbo dell’approvvigionamento di gas dell’Eni e, attraverso l’Eni, dell’Italia. E’ essenziale tenere distinti l’azienda e il paese: non necessariamente ciò che è bene per l’una è bene per l’altro, e soprattutto non necessariamente proteggere l’una è lo strumento più appropriato per conseguire i fini ritenuti desiderabili per l’alto (disponibilità di gas abbondante a prezzi accessibili e con ragionevole sicurezza).

I mutamenti degli ultimi anni hanno completamente cambiato il volto al mercato. (Il perché e il percome li trovate in questo libro di Matteo Verda). Fino a poco tempo fa l’Italia è rimasta isolata dal cambiamento perché, pur trovandosi in una situazione di eccesso (teorico) di capacità d’importazione, i tubi erano e sono intasati da quella che si chiama “congestione contrattuale”: i titolari della capacità di trasporto (in larga misura Eni) possono scegliere di lasciarla inutilizzata, creando così scarsità artificiale e determinando un significativo differenziale di prezzo al di qua e al di là della frontiera. Differenziale su cui il soggetto dominante margina.

Tuttavia, per varie ragioni le cose stanno cambiando: tra di esse, la realizzazione del terminale di rigassificazione di Rovigo (che per la prima volta ha introdotto nel paese gas non Eni) e la recessione che, abbattendo la domanda, ha “allungato” il mercato italiano. Altri cambiamenti strutturali e più proiettati nel lungo termine, dalla cessione di alcuni gasdotti internazionali imposta dalla Commissione europea alla separazione di Snam, promettono di accelerare il processo, nonostante le condizioni non ottimali in cui sono avvenuti. Sicché la distanza tra il prezzo oil-indexed dei contratti a lungo termine, che dominano il paniere Eni, e i prezzi di mercato europei e, gradualmente, italiani inizia a diventare una seria preoccupazione per il gruppo di Stato.

Ecco, allora, le considerazioni di Scaroni:

Possiamo come Eni tentare di non rinnovare i contratti take or pay e risolvere quelli ancora in vigore perché divenuti eccessivamente onerosi. Avremmo un netto miglioramento della nostra performance sia economica sia finanziaria abdicando al ruolo di fornitore di ultima istanza che ci viene attribuito per ragioni storiche… oppure potremmo rinegoziare i contratti di lungo termine ma in questo caso la componente di sicurezza di approvvigionamento dovrebbe essere valorizzata. L’Eni ha già avviato un confronto sul tema con il ministero dell’Economia, il ministero dello sviluppo e l’Autorità per l’energia.

In sostanza, l’ad dell’Eni sta proponendo l’adozione, nel mercato gas, di un meccanismo di remunerazione della capacità non utilizzata analogo a quello in discussione nel mercato elettrico (qui, quo e qua). Per giustificare un tale meccanismo, che andrebbe a gonfiare la parte regolata della bolletta elettrica e dunque sarebbe, per definizione, sottratto al vaglio della concorrenza, devono sussistere entrambe le seguenti condizioni: (a) deve esserci un rischio attuale di disruptions nelle forniture di gas; (b) i benefici attesi del meccanismo (chiamamolo pure sussidio) devono essere superiori ai costi.

Per quel che riguarda (a), è difficile trattenere un sorriso. Oggi i mercati europei e mondiali devono scontare un problema di eccesso di offerta, che è anche all’origine delle difficoltà di Eni (assieme ad altri fattori, dalla sfortuna arbitrale all’obbligo “politico” di pagare dividendi probabilmente sovradimensionati). Credo che nessuno scommetterebbe su uno shortage di gas, in Italia o in Europa, nel futuro prevedibile. Possono esistere problemi locali sotto precise condizioni, come quelli che abbiamo sfiorato l’inverno scorso, ma hanno a che fare da un lato con l’inadeguatezza degli stoccaggi (fino a oggi controllati da Snam in pancia a Eni, ma naturalmente è un caso) dall’altro col fenomeno della congestione contrattuale (la capacità di trasporto sui gasdotti internazionali è in larga parte controllata da Eni, ma anche questa è senza dubbio una coincidenza). Morale della favola: sarebbe difficile sostenere che l’Italia, oggi, ha un problema di sicurezza energetica senza fallire contemporaneamente il test della faccia rossa. Che lo scenario fosse questo era chiaro, peraltro, da tempo, tant’è che alcuni consiglieri indipendenti dell’Eni avevano persino messo in guardia contro la fretta di siglare o rinnovare contratti indicizzati (che, come spiega Gionata Picchio, appaiono ormai del tutto anacronistici). Inoltre, vale la pena sottolineare en passant che non esiste alcuna ragione ovvia per cui la cosiddetta “sicurezza energetica” debba essere trattata come un bene pubblico che, in assenza di intervento dello Stato o del regolatore, verrebbe prodotto in quantità meno che ottimale.

Per quanto riguarda (b), giova riferirsi alla proposta dell’Autorità per l’energia, che collima per alcuni aspetti con le richieste di Scaroni. L’Aeeg suggerisce:

si potrebbero introdurre coperture di tipo assicurativo. Ad esempio si potrebbe prevedere che un operatore centrale (ad esempio Snam) acquisti dal mercato dei prodotti di lungo termine che prevedano la copertura simmetrica rispetto al rischio che i livelli.

Obiettivo dell’intera manovra sarebbe quello di prevenire picchi di prezzo eccessivi, garantendosi approvvigionamenti significativi a prezzi noti ex ante. Lo strumento, la sottoscrizione di contratti a lungo termine o simili. Ora, questa operazione ha bisogno di un backup regolatorio se e solo se il prezzo medio atteso dei contratti a lungo termine è superiore a quello spot (e questa differenza corrisponde alla “componente di sicurezza” che Scaroni vorrebbe “valorizzata”). L’effetto di ciò sarebbe quello di introdurre nel sistema dei costi fissi che gli operatori ricupererebbero a pié di lista. Dal punto di vista del consumatore, significa acquistare un’assicurazione contro picchi di prezzo occasionali – e magari molto alti – al costo di un aumento dei prezzi medi del gas. Per semplificare: pagheremo il gas più caro tutto l’anno, pur di non pagarlo troppo caro qualche giorno all’anno.

Quale sia il risultato del gioco, dipende dal punto di vista che si assume. Se si assume il punto di vista del consumatore, il gioco è probabilmente a somma negativa: alla fine della giornata, avrà sborsato di più per lo stesso volume di gas, in cambio dell’ambigua soddisfazione di aver osservato bassa volatilità dei prezzi. Dal punto di vista del titolare del “servizio si sicurezza”, ruolo che Eni sostiene di aver gentilmente svolto finora e per il quale adesso chiede di essere remunerata, il gioco sarebbe a somma positiva, perché vedrebbe consolidata la propria posizione, si farebbe finanziare i contratti take or pay scaricando il rischio volume sulla società, e godrebbe di una riduzione delle pressioni competitive dovuta all’appiattimento dei prezzi.

Dal punto di vista del paese, fate voi i conti.

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9 Responses

  1. Alessandro F.

    Speriamo arrivi in fretta la Troika a commissariarci.
    E magari tra i provvedimenti forzati che da essa ci verranno imposto ci sia anche la privatizzazione di ENI, ENEL e compagnia bella.

  2. Salve…riporto pari pari questo articolo

    Giovedì 11 Ottobre 2012 – 10:44 OLBIA – Cartella esattoriale choc di Equitalia, non tanto per l’importo di 170 euro, quanto perché è stata notificata a una bimba di 7 anni, rimasta orfana del padre, a Olbia. Lo riporta il quotidiano Unione sarda, che riporta che con questa notifica l’Agenzia delle Entrate ha inteso risolvere il procedimento intentato a carico della mamma della bimba, che non ha pagato l’importo.  Il papà della piccola è morto in un incidente stradale nel maggio del 2008 e il Fisco ora ha deciso di rivalersi sulla bambina per il mancato pagamento delle tasse sulla liquidazione versata dall’azienda per cui lavorava il papà operaio. Lapidario il nonno della bimba: “Vogliono i soldi dalla bimba? Le pignorino il triciclo”.

  3. Francesco_P

    I contratti di tipo take or pay sono convenienti per il produttore di gas naturale in quanto l’estrazione è un processo continuo soggetto alla pressione interna del pozzo che non può essere facilmente ed economicamente regolato mediante valvole. L’acquirente deve disporre di “buffer” di capacità adeguata per mediare fra la fornitura (continua) ed il consumo soggetto a variazioni stagionali e orarie. In Italia dove il gas naturale è utilizzato massivamente per la produzione di energia elettrica ed il riscaldamento domestico, le variazioni dei consumi sono molto forti sia su base stagionale che per fascia oraria.

    Fortunatamente l’Italia dispone di giacimenti esauriti che possono fungere benissimo da siti di stoccaggio. Purtroppo la gestione degli stoccaggi è gestita in modo oligopolistico da ENI e vi sono resistenze enormi all’utilizzo di nuove aree di stoccaggio (cui prodest?). Clamorosa la campagna antiscientifica e di disinformazione condotta da sedicenti verdi nei confronti dell’area di Rivara (http://elenacomelli.nova100.ilsole24ore.com/2012/06/terremoto-il-caso-vergognoso-dello-stoccaggio-di-rivara-2.html ).

    Cito dall’articolo: “Questo progetto è stato concepito da Ers, una società indipendente che non può sfruttare il sistema di giacimenti monopolizzati dall’Eni fin dai tempi di Enrico Mattei e quindi parte da un sito diverso, che secondo le valutazioni dei geologi dovrebbe essere ancora più adatto e sicuro ai fini dello stoccaggio gas, rispetto ai siti dell’Eni” (Ers è l’acronimo della società Erg Rivara Storage).

  4. Mike

    Un “bravo” a Stagnaro e anche a Francesco P per le analisi e i commenti sempre molto interessanti e competenti. Anche in questo caso. Ai profani, come il sottoscritto, non resta che il banale commento dell’uomo della strada: a quando la fine del “ricatto – ENI”?

  5. Alessandro F.

    Francesco_P :
    I contratti di tipo take or pay sono convenienti per il produttore di gas naturale in quanto l’estrazione è un processo continuo soggetto alla pressione interna del pozzo che non può essere facilmente ed economicamente regolato mediante valvole. L’acquirente deve disporre di “buffer” di capacità adeguata per mediare fra la fornitura (continua) ed il consumo soggetto a variazioni stagionali e orarie. In Italia dove il gas naturale è utilizzato massivamente per la produzione di energia elettrica ed il riscaldamento domestico, le variazioni dei consumi sono molto forti sia su base stagionale che per fascia oraria.
    Fortunatamente l’Italia dispone di giacimenti esauriti che possono fungere benissimo da siti di stoccaggio. Purtroppo la gestione degli stoccaggi è gestita in modo oligopolistico da ENI e vi sono resistenze enormi all’utilizzo di nuove aree di stoccaggio (cui prodest?). Clamorosa la campagna antiscientifica e di disinformazione condotta da sedicenti verdi nei confronti dell’area di Rivara (http://elenacomelli.nova100.ilsole24ore.com/2012/06/terremoto-il-caso-vergognoso-dello-stoccaggio-di-rivara-2.html ).
    Cito dall’articolo: “Questo progetto è stato concepito da Ers, una società indipendente che non può sfruttare il sistema di giacimenti monopolizzati dall’Eni fin dai tempi di Enrico Mattei e quindi parte da un sito diverso, che secondo le valutazioni dei geologi dovrebbe essere ancora più adatto e sicuro ai fini dello stoccaggio gas, rispetto ai siti dell’Eni” (Ers è l’acronimo della società Erg Rivara Storage).

    Francesco, intuisco lei sia persona competente in materia e pertanto le chiedo un ulteriore chiarimento a quanto ha scritto.

    L’acquirente-Italia è dunque dotato di buffer efficienti dei quali lei parla necessari per regolare la fornitura del gas ?

    Se la risposta è si perchè allora il problema di regolazione dei flussi nella fornitura (a seconda del variare dell’esigenza interna del paese) continua a persistere ?

    Non ho capito inoltre il discorso legato ai depositi naturali esauriti controllati da ENI.
    Lei stà dicendo che ENI non utilizza questi siti di stoccaggio per propria convenienza ?
    Può spiegare meglio il meccanismo ?

    grazie

  6. andrea melis

    Complimenti per l’articolo.
    Due semplici interrogativi:
    Come mai del metanodotto GALSI non se ne sente più parlare(o scrivere)?
    Ha torto Massimo Mucchetti quando scrive nel Corriere che gli interessi ENI non coincidono con quelli dei cittadini dell’Italia?
    Attendo risposte da tutti Saluti

  7. Francesco_P

    Egregio Alessandro F.,

    In Italia esistono 12 siti di stoccaggio come può verificare scaricando il pdf http://unmig.sviluppoeconomico.gov.it/unmig/stoccaggio/pozzi/download/centrali_stoccaggio.pdf , di cui 9 sono gestiti da STOGIT, società del gruppo Snam e 3 da Edison Stoccaggio

    Come si legge sulla home page del sito di Stogit “Lo spazio di working gas reso disponibile nel 2011 è stato di 10 miliardi di metri cubi, oltre a ulteriori 5 miliardi di metri cubi di riserva strategica. 
Per lo stoccaggio del gas Stogit riutilizza giacimenti esauriti. In tal modo, senza alterare lo stato dei luoghi e privilegiando la salvaguardia del territorio, il gas è conservato nella stessa condizione di sicurezza in cui la natura lo ha custodito per milioni di anni”.

    La società del gruppo Erg che voleva sfruttare il giacimento esaurito di Rivara non ha ottenuto la concessione per evidenti motivi di concorrenza diretta con la rete di società legate all’oligopolista italiano. La pianura Padana, con la presenza di numerosi piccoli giacimenti ormai esauriti, è in una posizione ottimale per far fronte alle necessità anche dei Paesi confinanti caratterizzati dalla scarsità di strutture geologiche adatte. Tant’è che il colosso francese aveva cercato di entrare nel business dello stoccaggio, che ha ancora importanti spazi di crescita.

    Oggi l’approvvigionamento del gas non rappresenta un problema per l’Europa grazie alla rete di gasdotti, a cui presto si aggiungeranno Nabucco e South Stream. La rete di gasdotti permetterà di approvvigionarsi dai pozzi che vanno dal Mare di Barents fino al Kurdistan oltre che dal Nord Africa. Eventuali interruzioni di una pipeline per motivi politici, terremoti distruttivi, gravissimi guasti tecnici, ecc., non porterà a crisi come quelle del 2006 (crisi Ucraina – Russia). Di contro i picchi di consumo in Italia ed in Europa sono notevoli durante la stagione invernale in cui occorre alimentare il riscaldamento domestico e la produzione di elettricità sostituiva di quella prodotta in estate dai pannelli solari.

    Un Sistema si stoccaggio sufficientemente sviluppato permette di acquistare sul libero mercato a prezzi favorevoli e rivendere il gas nei periodi invernali senza dover richiedere aumenti di produzione ai Paesi fornitori con ovvie conseguenze sui prezzi.

    Per quanto riguarda i contratti di fornitura a lungo termine di tipo “take or pay” non conoscono esattamente quanti siano in vigore attualmente ed a quali condizioni economiche. Quando c’era una minore diversificazione delle fonti e non erano attivi i siti di stoccaggio, era giocoforza acquistare con contratti a lungo termine a condizioni favorevoli per il fornitore.

  8. Pier Luigi Caffese

    Le facce bronzee dei gasisti.L’Audizione di Scaroni dell’Eni al Senato racchiude il peggio dell’energia italiana che non è piu’ volano di sviluppo da anni.Sappiamo tutti che l’Eni strapagava il metano a Putin ed Arabi:ora vogliono che ci paghiamo il fermo o capacity payment e peggio che le utilities non andassero in tribunale a dire che l’Eni imponeva prezzi troppo alti e vogliono uno sconto con arbitrato.Se non lo fanno le utilities lo dovrebbe fare la Corte dei Conti perchè con questi prezzi stracari abbiamo un indebitamento esagerato nelle utilities(a2a 4,6 miliardi)Chi lo ha fatto;vedi Edison,ha vinto.Perchè la Corte dei Conti non adisce all’arbitrato?
    Oggi ho inviato al Governo l’audizione di Scaroni dicendo che non devono pagare niente,zero capacity payments o peggio bilanciare il grid con il metano che è come gettar soldi dal grattacielo Eni all’EUR.Sono stufo che l’Eni mi blocchi da 10 anni.Mi lasci produrre syngas,sostitutivo metano da rinnovabili,e mi lasci produrre biofuels.Qui il Governo deve decidere una buona volta:vuole sviluppo segua il piano energia Caffese,vuole il declino segua il piano gas dell’Eni ma per favore non paghi il fermo o capacity payments alle centrali gas,altrimenti noi consumatori adiremo contro Eni che impose al Presidente a2a un prezzo metano esagerato con 4,6 miliardi di debiti che paghiamo in bollette aumentate perchè gli attuali Ceo a2a chiedono solo di aumentarle,mai diminuirle perchè compravano male dall’Eni il gas.

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