“Coi soldi dell’Imu mi compro la vaselina”
L’abolizione dell’Imu rischia di lasciarci con un fisco locale più pesante, più iniquo e più perverso.
Il consiglio dei ministri di ieri ha deciso l’abolizione dell’Imu sulla prima casa, terreni agricoli e fabbricati rurali. Questo articolo si riferisce in particolare alla prima casa e, più in generale, alla riforma della fiscalità locale, con l’accorpamento delle attuali Imu e Tares all’interno di un’unica “service tax”. La decisione distingue tra l’abolizione “provvisoria” del tributo per il 2013 e suo superamento “definitivo” dal 2014 in poi.
Per quel che riguarda l’anno in corso, il problema è soprattutto relativo alle (dubbie) coperture, che fanno riferimento a entrate incerte o straordinarie (come l’Iva sui pagamenti arretrati della PA o la sanatoria fiscale dei concessionari di slot machine). Non è ovvio, per quel che capisco, in quale modo e con quale criterio tali risorse saranno trasferite ai comuni (che perdono il gettito Imu) ma suppongo che su questo fronte sia possibile trovare un decente compromesso, sebbene la Commissione europea abbia immediatamente puntato gli occhi sui saldi di finanza pubblica che, secondo quando dichiarato dal Premier Enrico Letta, resteranno invariati.
Il progetto di lungo termine del governo, invece, desta qualche preoccupazione in più. Non è ancora disponibile il testo del disegno di legge relativo ma il governo ha diffuso alcune linee guida relative alla nuova imposta dal nome ancora incerto (Taser è stato escluso). Le linee guida non sono del tutto chiare, specie per quel che riguarda l’eventuale differenza di trattamento tra prima e seconda casa – che è un elemento fondamentale. Si parla di “ampia flessibilità” lasciata ai comuni, ed è possibile che la questione venga interamente demandata a tale livello di governo. Tutto sommato sarebbe una scelta ragionevole, anche se ci sono modi più semplici e razionali. Inoltre, la flessibilità dovrà comunque rispondere a una griglia di criteri confusi e talvolta irrazionali, come ha evidenziato Oscar Giannino a tambur battente. Da ultimo, per concludere il cahier de doléances, resta sullo sfondo il fantasma di un catasto tutto da rifare. Ma mettiamo tra parentesi tutti questi problemi e stiamo concentrati sulla questione specifica.
La critica maggiore riguarda infatti la stessa architettura della nuova imposta. Secondo le linee guida del governo, essa sarà composta da due componenti:
La prima componente (Tari) sarà dovuta da chi occupa, a qualunque titolo, locali o aree suscettibili di produrre rifiuti urbani. Le aliquote, commisurate alla superficie, saranno parametrate dal Comune con ampia flessibilità ma comunque nel rispetto del principio comunitario “chi inquina paga” e in misura tale da garantire la copertura integrale del servizio.
La seconda componente (Tasi) sarà a carico di chi occupa fabbricati. Il Comune potrà scegliere come base imponibile o la superficie o la rendita catastale. Sarà a carico sia del proprietario (in quanto i beni e servizi pubblici locali concorrono a determinare il valore commerciale dell’immobile) che dell’occupante (in quanto fruisce dei beni e servizi locali). Il Comune avrà adeguati margini di manovra, nell’ambito dei limiti fissati dalla legge statale.
La prima cosa che balza all’occhio è l’estrema complessità del tributo. Di fatto siamo di fronte a due componenti equivalenti a tre balzelli differenti: una tassa sui rifiuti a carico di chi occupa un immobile (Tari); una imposta patrimoniale a carico del proprietario dell’immobile (Tasi1); e una imposta patrimoniale su chi occupa l’immobile, in quanto gode dei servizi indivisibili (Tasi2). In pratica, la “service tax” sarà un pasticcio infernale. Pur inglobando le attuali Imu e Tares, sarà articolata in modo più confuso e utilizzerà la stessa base imponibile per colpire contribuenti potenzialmente diversi. Vale la pena osservare che chi oggi viva in una prima casa di proprietà, e si lamenta del gravame di Imu più Tares, si troverà a pagare tre tributi anziché due (Tari, Tasi1 e Tasi2) per un pari importo (a meno che non ne sia parzialmente sgravato, con conseguenze redistributive di cui parlerò tra poco).
Il secondo aspetto – di estrema rilevanza – è che non siamo di fronte a una riduzione delle tasse. Sono possibili tre scenari: 1) ciascuno pagherà tanto quanto paga ora, ma sotto forma di tributi dal nome diverso; 2) ci sarà una redistribuzione interna alla stessa base imponibile, facendo pagare meno ai proprietari di prima casa e di più a tutti gli altri; 3) ci sarà una redistribuzione tra i proprietari di immobili e altre categorie di contribuenti (per esempio, secondo le richieste del Pdl, i fumatori, coloro che consumano alcol, i giocatori di slot i forse i soliti automobilisti). Ma in aggregato la massa di risorse che le famiglie dovranno versare alle amministrazioni non cambierà.
Il terzo aspetto è appunto di natura redistributiva, e riguarda la distinzione tra prima e seconda casa. L’Imu, per come era costruita fino a oggi, aveva effetti progressivi. Infatti, la capacità di risparmio è correlata al reddito. Nella sostanza, dunque, pur essendo formalmente piatta, grazie alla detrazione fino a 200 euro e alla maggiore patrimonializzazione delle famiglie ad alto reddito, più della metà del gettito proveniva da contribuenti appartenenti agli ultimi tre decili. Qualunque riduzione dell’Imu sulla prima casa a parità di gettito avrebbe dunque, in media, lo stesso effetto di un trasferimento dal 70% più povero della popolazione al 30% più ricco! Tale fenomeno risulta amplificato dall’ampiezza dell’evasione fiscale nel nostro paese; e se la copertura arrivasse da accise varie, sarebbe ancora peggio. Non solo: se si tiene conto che (a) il patrimonio accumulato tende a crescere con l’età e (b) le famiglie con figli potevano godere di una detrazione pari a 50 euro per ogni figlio, emerge che il peso dell’Imu era proporzionalmente più elevato sugli anziani. Dunque l’abolizione dell’Imu sulla prima casa (a saldi invariati) equivale a un trasferimento dai giovani ai vecchi e dalle famiglie con figli a quelle senza figli. Curioso che la cancellazione dell’Imu sia stata la bandiera dei teorici “difensori della famiglia”.
Il quarto aspetto è di natura comportamentale e riguarda la distinzione tra proprietario e occupante dell’immobile. Da un punto di vista economico (e sotto un po’ di ipotesi più o meno stringenti sulla “perfezione” dei mercati) che la tassa picchi in testa all’uno o all’altro è irrilevante. Infatti, quanta parte di una tassa viene trasferita a valle (o a monte – che è controintuitivo ma succede) dipende essenzialmente da cose come l’elasticità della domanda (o dell’offerta) al prezzo. Se metto una tassa sull’offerta (l’Imu) e la domanda è molto rigida, (quasi) tutta la tassa verrà scaricata in basso. Se metto una tassa dal lato della domanda (Tasi2) e l’offerta è molto rigida, la tassa salirà lungo la catena sotto forma di minore disponibilità a pagare il canone d’affitto. E’, insomma, il “mercato” a decidere come l’imposta viene redistribuita tra le parti, a prescindere dal soggetto che formalmente la versa. Tuttavia, l’Italia è l’Italia ed esiste una cosa nota come “affitti in nero”. Dal lato dell’offerta, l’incentivo verso il nero deriva un po’ dalla tassazione e molto dalla regolamentazione, che rende assai difficile (cioè costoso) cacciare un inquilino (ah, l’eccesso di protezione che danneggia i protetti…), mentre l’inquilino stesso non ha particolare incentivo a non essere regolarizzato. Ma se gli diciamo che pure lui deve pagare le tasse per il semplice fatto di essere un inquilino… well, you do the math.
Il quinto aspetto riguarda la distinzione tra servizi indivisibili e no. E questa è una questione fottutamente complicata, il che sarebbe di per sé una ragione per non mischiare le due cose. I servizi indivisibili (illuminazione pubblica, decoro urbano, vigilanza, presenza di infrastrutture che valorizzano l’immobile, ecc.) vengono finanziati quasi ovunque tramite forme di tassazione locale degli immobili (qui, quo, qua). Se fanno così in tutto il mondo, ci sarà pure una ragione… Questo è il motivo per cui ero e sono molto scettico sull’abolizione dell’Imu, come ho spiegato tempo fa sul Foglio.
I servizi a domanda individuale, come i rifiuti, invece, si muovono su presupposti completamente diversi. In questo caso non solo è possibile far pagare a ciascuno in proporzione a quanto usufruisce dei servizi, ma è anche utile (da un punto di vista redistributivo) e doveroso (lo impone il principio “chi inquina paga” alla base delle direttive europee in materia di rifiuti). Già il governo Monti aveva sollevato un enorme polverone con l’eliminazione di un’imposta grossomodo funzionante (la Tia) per sostituirla con la Tares, molto più “lasca” nei suoi confini. Ma il minestrone del governo Letta è ancora peggio perché, sebbene la Tari sia una componente formalmente distinta dalle altre (e bisognerà vedere come), nella pratica perderà almeno parte del suo significato di “incentivo”. Nei fatti, il servizio rifiuti dovrebbe essere pagato sotto forma di vera e propria tariffa, come accade per l’acqua. Non c’è alcun impedimento tecnico, giuridico o economico in tal senso e non si capisce perché si debbano mettere assieme cose così diverse.
In sostanza, sebbene per esprimere un giudizio definitivo si debbano aspettare i testi dei vari disegni di legge in cantiere, le prime informazioni, per quanto vaghe, consentono di maturare un’opinione, che non è per nulla positiva. Infatti, non solo questo intervento lascia intatta la pressione fiscale complessiva. Ma determina l’insorgere di così tanti problemi redistributivi o incentivi perversi da far sorgere il dubbio che sia stato una mera partita di equilibrismo politico che ha come sottostante lo scambio tra Imu e sanatoria dei precari, alla faccia delle riforme strutturali.
Questo non significa né che l’Imu (o la Tares) sia un’imposta perfetta, né che non vi siano alternative più efficaci Solo che tali alternative richiedono un approccio del tutto diverso, orientato da un lato alla razionalità della fiscalità locale nel suo complesso, dall’altro alla riduzione delle pressione fiscale (primariamente su lavoro e imprese) attraverso tagli di spesa. Non alla chiusura di una mano politica, nell’attesa della prossima.
(Per il titolo HT Paolo Tiziani)
Ad esempio in UK la Council Tax la paga chi occupa l’immobile sia esso proprietario o inquilino dato che è una tassa sui servizi locali. C’è una suddivisione in bande (A, B, C, ecc) che dipende dal valore, numero vani e collocazione. Io pagavo per una 2 bedrooms circa £1200 l’anno che non sono proprio pochi. Però comprende anche la raccolta rifiuti e aggiungo anche che li’ non esistono le addizionali comunale (e regionali) IRPEF, che a mio avviso con la nuova TARES dovrebbero sparire (ma so che non succederà).
Mi son sempre chiesto per quale motivo si debba pagare la tassa sui rifiuti quando, come nella mia città, si fa la raccolta differenziata porta a porta. D’accordo su una tariffa moderata perchè cmq rimangono a carico dei comuni dei costi, ma dal riciclaggio e dalla formitura della quasi pulita materia prima che noi cittadini differenzando gli forniamo, non ricavano nulla? Come si giustificano tariffe che rispetto al passato non sono cambiate affatto?
Innanzitutto l’acquisto di vaselina dovrà essere associato all’acquisto di un anestizzante locale (spray o iniezione) perché servirà a tutti. (Le case farmaceutiche ringraziano!)
Inoltre la EU è curiosa di sapere come verranno compensati i mancati introiti dell’IMU. Infatti, il Governo Italiano, promise il pareggio di blancio a partire dal 2013, e un abbassamento del debito pubblico di 50 mld annui, a partire dal 2015.
Al sig. Enrico, che mi ha preceduto, vorrei dire che nella Coucil Tax che pagava, erano comprese nolte altre tasse e gabelle, che in Italia vengono richieste con altre voci, Inoltre, in UK, vede come vengono spesi i soldi pubblici. Invece, in Italia, fanno di tutto per nasconderne le uscite. Se in UK, un parlamentare scarica sui soldi pubblici, spese private, anche di poche sterline, viene inquisito e processato. In Italia, nel 2012, UNDICI consigli regionali erano sotto inchiesta per questo, ed alcuni loro politici, hanno ancora i processi in corso.
quando non c’è concettualità (o visione), né competenza né pianificazione succede sempre che il “tacon è peggior del buso”. Mettere una pezza a colore è la base per la realizzazione bdi un abito tipo arlecchino. Poi se ne abbiamo ancora voglia domandiamoci come mai gli stranieri han la casa vacanza in Francia o Spagna e non in Italia e come mai gli investitori qua non si vedono più a meno che non debbano mettere in piedi sale giochi o spaccio di schifezze sintetiche e non o escort da marciapiede o da villa di lusso. Per restituire un centinaio di euro al contribuente medio bastava togliere il canone TV.
lo ripeto da anni MA CHI HA INTERESSE A MANTENERE UNA TELEVISIONE IN PERENNE PERDITA?????
Per Sertin. Anch’io abito in un comune dove effettuano la raccolta porta a porta e differenziata spinta. Quello che mi irrita, è apprendere che il cittadino del Comune limitrofo, a parità di condizioni, (nucleo familiare e superficie) paga meno di me, perché è un’altra ditta che effettua il servizio.
Caro Stagnaro,
Lei come al solito fà un’analisi assolutamente corretta e condivisibile.
Inoltre la ammiro perchè ha ancora la forza di riflettere su una PRESE IN GIRO GENERALE da parte della politica che continua imperterrita a non abbassare la spesa e a mantenere la pressione fiscale insostenibile. Purtroppo la mia opinione rimane sempre la stessa e non riesco a trovare smetite: QUESTO E’ UNO STATO CHE SI AUTOTUTELA E ALIMENTA SULLA PELLE DEI CITTADINI. Prego si accettano smentite CONCRETE ! Per favore.
Saluti
RG
se la prima componente la chiamassero Paga verrebbe fuori Paga e Tasi che meglio non potrebbe esprimere la linea di questo e degli altri governi d’italia
AUTOTUTELA? direi di no è come i pidocchi o la mafia, si alimenta e si espande facendo una proposta socialmente indecente
DISPONGO DI UNA GRANDE Capacità DI SODDISFARE BEN OLTRE I BISOGNI PRIMARI INDIVIDUI CHE GARANTISCANO UN ELEVATO LIVELLO DI “FEDELTA’ ED INDIFFERENZA PER OGNI IMPULSO MORALE” chi ha fame o chi non vuol lavorare o prendersi responsabilità è avvertito, qualsiasi partito è basato su questo messaggio ed il pidocchio viene installato in un ganglio decisionale fa il sindaco in un microcomune o l’assessore o il responsabile d’ufficio SEMPRE MEGLIO CHE LAVORARE e i proseliti aumentano attraverso il passaparola dal 2001
Prodi ha aumentato i costi di gestione dello stato di 60 miliardi di euro
Berlusconi di 208 miliardi
Monti di 8 miliardi
attraverso nuove comunità montane, nuove province nuovi enti inutili o consulenze inutili o gonfiamento di organici o nuove municipalizzate od opere secolari come la Reggio Calabria o qualche pedemontana o qualche fondazione e questo spreco lo chiamano “CONSENSO”
Tutto si basa sulla ormai dilagante pratica,comune in maniera piu’ o meno marcata a tutti i paesi europei di stampo non anglosassone,di aumentare le prerogative del settore pubblico,la sua pervasivita’ in ogni settore con la conseguente sequela inutile di enti e dipendenti a spese del settore privato che diventa sempre piu’ messo sotto tutela,vivisezionato e tartassato da balzelli di ogni tipo,sottoposto a crescente insofferenza(chi lavora in proprio di solito e’ disonesto e evasore etc..)con una valanga assurda e quasi sempre inutile di inconbenze amministrative e burocratiche spesso di fonte comunitaria.Purtroppo non e’ solo un problema italiano e forse non e’ estraneo a questa situazione il trovare nella lista delle citta’ dove il benessere di vita nelle sue varie articolazione e’ maggiore citta’ non piu’ in Europa ma appunto in paesi dove le liberta’ d’impresa,di iniziativa privata sono sacrosante e non sempre piu’ mortificate.Sono abituata a viaggiare e soggiorno lunghi periodi fuori dall’Europa.Quando torno a casa mi sento sempre piu’ oppressa e meno libera.Non si tratta di volere un sistema ove i piu’ forti e ricchi prevalgano ma dove lo Stato si limiti a quello che deve essere il suo ruolo:arbitro e regolatore imparziale e non un giocatore anch’esso che entra sempre piu’ a gamba tesa sui giocatori in campo.Temo pero’ che sentendo in giro le opinioni dell’italiano medio,del francese etc..lo stato com’e’ ora faccia comodo a molti e il rinunciare a questo sistema che fa da mamma,papa’ etc..sia difficile se non impossibile.Quindi rassegnamoci a questa situazione pseudo comunista ormai ove le tasse sempre crescenti stanno espropriando i beni frutto di generazioni di onesto sudore.Se a qualcuno,la minoranza,non piace,si faccia i suoi conti e prenda provvedimenti.
Qualcuno mi sa dire se il carico fiscale globale in Italia, calcolato tra il 47/48%, sono comprese tasse e/o tariffe locali : tariffe postali – ticket medicinali – pedaggi autostradali – trasporti ferroviari – canone televisione – tariffe telefoniche – biglietti ingresso musei nazionali – rifiuto solidi urbani – asili nido – acqua potabile – trasporti urbani – bollo auto – trasporti extra urbani – trasporti ferroviari regionali – servizi sanitari locali – istruzione secondaria e universitaria – energia elettrica – gas uso domestico – fognature?
Io avrei reintrodotto l’ICI seconda versione Prodi mi sembrava un giusto compromesso.