19
Giu
2013

Cinque domande a Bernabè sullo scorporo

Nel pomeriggio di oggi, il presidente di Telecom Italia Franco Bernabè sarà audito dal Senato in merito al progetto di scorporo della rete fissa. Il dossier è uno snodo cruciale per il futuro delle telecomunicazioni italiane, ma lascia molti interrogativi aperti: interrogativi cui l’odierna audizione darà certo risposta, ma che mi piacerebbe appuntare anche qui – nell’improbabile caso in cui qualcuno degli audenti cercasse ispirazione.

1) Telecom ha lasciato intendere di aspettarsi, a fronte dell’implementazione dello scorporo, alcune concessioni sul piano regolamentare. Ricorda, presidente Bernabè, che – nell’unico caso comparabile, quello britannico – la rimodulazione degli obblighi ex ante è intervenuta solo nel 2008, a due anni dalla creazione della divisione Openreach, e solo a valle di un’analisi delle nuove condizioni di mercato, che evidenziava la riduzione al 25% della quota di BT nella banda larga – mentre l’azienda da Lei guidata ancora controlla il 53% del medesimo segmento? Condivide l’idea che – più in generale – gli obblighi regolamentari non possano essere frutto di una trattativa al buio, ma debbano trovare fondamento nella morfologia del mercato?

2) Lo strumento della separazione delle reti dai servizi ha la ratio di garantire parità di accesso ai concorrenti, assicurando una competizione più equilibrata – con l’obiettivo di fornire ai consumatori migliori prestazioni a prezzi più bassi. In Gran Bretagna, i canoni per l’accesso all’ultimo miglio sono scesi del 19% tra il 2004 e il 2013, con un’accentuazione di tale dinamica negli anni successivi allo scorporo della rete di BT. Come conciliare queste considerazioni con la visione di Telecom Italia, che esplicitamente auspica un rincaro delle tariffe, che a propria volta si tradurrebbe in maggiori prezzi per i consumatori? Di nuovo, è ipotizzabile che i regolatori (italiano ed europeo) offrano aprioristicamente garanzie in tal senso, anziché far seguire le proprie determinazioni a una verifica del livello di concorrenza raggiunto?

3) Nell’ultimo decennio, sono state proposte e attuate forme via via più intense di separazione della rete, pur senza giungere all’attuale scenario di societarizzazione. Ciò nonostante, Telecom Italia ha collezionato nel medesimo periodo – e ancora il mese scorso – una copiosa serie di condanne per abuso di posizione dominante, che dimostrano come la lettera delle norme e la pratica della regolamentazione non sempre coincidano. Cosa autorizza a credere che questa volta sarà diverso?

4) È evidente, ed è stato sottolineato da più parti, che Telecom valuti il progetto della separazione anche come un’opportunità per mettere sotto controllo il proprio imponente indebitamento. Il rischio è quello di ribaltare sui contribuenti costi simili a quelli già sostenuti per altre, scriteriate, operazioni di salvataggio dei campioni nazionali. Il management crede nel senso industriale dell’operazione – per l’azienda e per l’intero settore – o mira ai soli benefici finanziari? Può garantire che la società della rete non finirà per essere la bad company di Telecom?

5) Come giustificare, in questo quadro, il prospettato intervento della Cassa Depositi e Prestiti? Quale logica di garanzia potrebbe avere tale soluzione, se si discute unicamente di una quota di minoranza nella società della rete? Quale logica economica, se la prospettiva è quella di ricomprare – a prezzi maggiorati – un asset alienato quindici anni fa? Quale logica industriale, se finiremmo per riportare sotto l’ombrello pubblico un’infrastruttura obsolescente e bisognosa di investimenti? È possibile, presidente Bernabè, che non esistano pretendenti meglio equipaggiati – sebbene, forse, più minacciosi per Telecom?

@masstrovato

You may also like

OPA e stranieri: la norma “antiscorrerie” premia l’inefficienza
Enel e banda larga: la clava Pd contro Telecom e Bolloré-Mediaset
Banda larga, non banda Bassotti: il governo ci risparmi un piano Rovati bis espropriatore
Basta rodei: c’è un interesse nazionale di mercato sulle torri RaiWay, Mediaset e Telecom Italia

1 Response

  1. Andrea

    Le ragioni dietro allo scorporo sono 2.
    La prima (FINTA) é quella di permettere a Telecom di competere alla pari con gli altri operatori TLC, facendo ad es. offerte convergenti fisso-mobile, ecc.
    La seconda (VERA) é quella di sgravarsi da parte dell’enorme debito (circa 28 miliardi di euro al momento) che verrà riversato nella nuova società, facendola diventare di fatto una bad company.
    La logica dei manager italiani é sempre la stessa: privatizzare gli utili e far pagare alla collettività i debiti!

Leave a Reply