Cinesi di Bocca Buona
Riceviamo da Leonardo Baggiani (IHC) e volentieri pubblichiamo
Era ancora metà giugno, e circolavano “voci” di un interesse della Cina all’acquisto dei titoli greci. Ora che ci approssimiamo alla metà di luglio, esce la notizia che la Cina ha acquistato un miliardo di euro di bond spagnoli. La Spagna non è (ancora) la Grecia, ma fa sempre parte della famiglia dei PIGS (o PIIGS), i “porcellini europei”… Insomma, la Cina è attratta dai suini nostrani.
Perché i cinesi, pieni di dollari e Treasury, dovrebbero acquistare titoli spagnoli se non greci? Una spiegazione che potrebbe giustificare l’acquisto di qualsiasi titolo in euro sta nella pressione che appunto l’euro sta subendo. Un cambio euro/dollaro che passa da 1,50 a 1,20 significa un calo di prezzo del 20%. Poniamo che la tensione sui debiti sovrani si acuisca ancora un po’, oppure non si risolva mentre gli USA sembrano definitivamente entrare nella fase di ciclo ascendente: l’euro potrebbe scendere ulteriormente (qualcuno pare pure di parità col dollaro entro l’anno, e io non la escludo…) e creare discrete opportunit di “shopping” in Europa, soprattutto scommettendo nella successiva ripresa e nell’effettività delle misure europee di contenimento della spesa pubblica. Convertire un po’ delle riserve di dollari in euro quando il cambio è favorevole e nella prospettiva di un rialzo dell’euro, è una bella mossa di hedging su un portafoglio-riserve sbilanciato. La cosa ha senso, tanto senso che intanto si comincia con un acquisto significativo in titoli spagnoli.
Però perché proprio i periferici? Una spiegazione potrebbe essere la scommessa sull’impossibilità del fallimento e quindi un’ipotesi di under-pricing attuale dei titoli. Anche questa spiegazione rientra nella precedente cornice puramente finanziaria, pur forse con un taglio speculativo un poco più marcato.
Più interessante è ricordare che prima che ai “porci europei” l’attenzione cinese era rivolta agli USA in un momento in cui stavano accumulando debito avviandosi alla più profonda crisi da decenni; la Cina in quel modo si è trovata a poter “ricattare” gli USA (“se bloccate il nostro export, noi smettiamo di finanziarvi”). Proporsi come un sostanziale salvagente per la Spagna (e in futuro io conto la Grecia) mi inquieta, perché potrebbe essere, oltre alle convenienze sopra esposte, un modo per mettere “il piedino” in Europa, diventare il finanziatore dei “periferici” vecchi e nuovi, aiutando così i Governi ad allentare la stretta sulla spesa (il che è politicamente allettante!), e permettendo la formazione di un gruppo di importatori netti.
Questo quadro un po’ fanta-politico è comunque coerente con i proclami cinesi di cercare una via “domestica” allo sviluppo (se ne è parlato su Chicago Blog ad esempio qui e qui). Infatti la Cina, non è un mistero, sta cominciando una delocalizzazione in Asia e ha già progetti per l’Africa (già detto anche su IHC un anno fa); se tali produzioni, più labour-intensive potrebbero servire per il mercato interno diventando quindi importazioni, queste potrebbero venir compensate da un export cinese più capital-intensive verso l’Europa. Questa mi pare un’ottima strategia perché l’estero finanzi il consumo interno senza che, al netto, sia evidente come driver della crescita.
Nel 2007 IHC presentò uno scenario simile, con una staffetta di USA ed Europa come “consumatore mondiale” con la Cina ancora nel ruolo di “produttore mondiale”. In quello scenario tutto passava da una “fuga” cinese dal dollaro con conseguente marginalizzazione degli USA. La realtà non sarà mai così schematica, infatti il piglio imprenditoriale potrebbe salvare gli USA dalla marginalizzazione e l’Europa dal ruolo di consumatore welfarizzato, ed i Governi potrebbero “un po’ magicamente” risolversi di ridurre il ruolo dello Stato permettendo serie ristrutturazioni sistemiche e una vera “società della conoscenza” (come nella wish-list di Lisbona). Però l’appetito cinese per i titoli europei più “suini” (cominciando, come visto, dalla Spagna) potrebbe tradire un vero inizio di “scaricamento” del dollaro… Il pericolo di questo “scenario” esiste, è insito nei fondamentali, e qualche segnale sembra già apparire. Staremo a vedere.
mah.. la diversificazione delle riserve cinesi è già in atto da tempo, in certe fasi ha premiato anche l’oro (e probabilmente lo premierà ancora). fascinosa l’ipotesi di spostamento dell’attenzione ricattatoria – in termini di finanziamento/importazioni – dagli Usa ai paesi periferici dell’eurozona. il timing in questo caso si lega solo alle difficoltà di collocamento dei pigs piuttosto che sulle previsioni di ulteriore deprezzamento dell’euro, il quale dovrebbe anzi indurre i cinesi ad attendere ancora prima di tuffarsi sul debito sovrano di marca euro su prezzi che non sono ora così convenienti rispetto a certi scenari (si parla di equilibri intorno a 1.15).
@w.v.longhi
sai, anche io leggo da tempo che i cinesi diversificano qui e là; però poi ho letto anche che non era vero nulla, e le variazioni delle riserve erano solo riflessi delle variazioni del cambio (con tanto di dati, ma ho perso la fonte). Se vuoi ultimamente, aumentando gli scambi asiatici della Germania, le riserve cinesi potrebbero star relativamente premiando l’euro, ma il pregresso sul dollaro è alquanto imponente. Insomma, mi pare un po’ nebulosa questa storia del riposizionamento che andrebbe avanti da mesi.
Il fatto che ci possano essere attese a 1,15 (e ne ho trovate anche a 1) dell’euro dollaro non credo sia provante “contro” le mie supposizioni (e, detto tra noi, la supposizione è sempre e comunque madre di tutte le boiate, mie comprese); stando a 1,25 non è furbo aspettare per forza un 1,15 che è solo probabilistico prima di cominciare a coprirsi. Te lo dice uno che è rimasto più volte fregato ad aspettare il target sugli IRS finché il mio capo non mi ha preso a pattoni dicendo di cominciare prima del target, ché se ci fosse certezza di quell’obiettivo il mercato ci sarebbe già.
Comunque certo che conta il timing delle emissioni dei PIGS, non l’ho detto ma è certo che è così almeno nell’ottica di una Cina che viene a “salvare” i periferici (di sicuro non c’è da salvare la Germania). Aver inoltre una moneta da acquistare che va deprezzandosi è un incentivo aggiunto e non disprezzabile nemmeno per un cinese.
Il mercato area euro rappresenta il 20% delle esportazioni cinesi, con un saldo commerciale in sostanziale parità. Considerata la propensione del governo cinese a favorire le esportazioni, tenendo a galla l’eurozona uniscono l’utile al dilettevole…
Io comunque rimango dell’idea che la Cina sia a rischio bolla. Dalla sua però ha un elevato risparmio, pochi debiti e una valanga umana di lavoratori di riserva.
@leonardo
tutto corretto quello che dici, soprattutto lo scetticismo sugli scenari futuribili (i miei orizzonti professionali si fermano all’intraday…). la mia osservazione si legava unicamente allo stato attuale dell’eurusd, dato che tecnicamente ha spazio per deprezzamenti ulteriori (e il quadro fondamentale lo conferma). molti comunque si attendevano un deprezzamento dell’euro (io no) ma basandosi sui differenziali di crescita, non certo sulla crisi del debito sovrano. se qualcuno avesse parlato di crisi del debito sovrano solo alla fine dello scorso anno, quasi tutti avrebbero guardato verso Wall Street. dopodiché quello che effettivamente avviene – e avverrà in futuro – sulle riserve cinesi lo sanno solo.. i cinesi.
@silvano
la questione della bolla cinese è un altro enigma. sembra quasi che la banca centrale cinese abbia trovato il modo di frenare gli eccessi per tempo, evitando tracolli periodici. sa sempre quando tirare il freno. diciamo che forse è anche questo testimonianza di un’economia ancora emergente, con tanti canali di sfogo ancora da attivare pienamente e prezzi estremamente flessibili. le cose si fanno molto più complesse quando l’economia è matura.
@w.v.longhi
Riguardo la risposta che hai dato a Silvano, ma sai che mi fai pensare una cosa (potenzialmente molto idiota)? La Cina è comunque un emergente, certo non un Paese maturo; gli emergenti godono sempre di un fenomeno chiamato Catching Up With The Joneses, cioè crescono a tassi più alti perché partono da più basso in un nuovo contesto con Paesi che già hanno definito uno standard appunto più elevato cui gli emergenti vanno a uniformarsi.
La spinta di questo fenomeno potrebbe essere quello che alla fine sta “sommergendo” una bolla, una specie di “validazione a posteriori”… un buon motivo perché la Cina non debba più rallentare, se no scoppia… In questo caso nessun merito alla BC, ma solo tanto potenziale da sfruttare.