Cina e commercio, Obama come Tremonti
Oggi l’Amministrazione americana ha presentato una argomentata protesta ufficiale contro la Cina in sede Wto, scavalcando in durezza l’Unione europea che sulla stessa materia aveva sinora tenuto un profilo formalmente più basso. Qui la nota ufficiale del governo Usa, e l’elenco delle restrizioni in termini di quote all’import export dichiarate dal governo cinese, in spregio al Trattato e agli impegni espliciti assunti nel firmarlo. Si tratta, dome vedrete, soprattutto di minerali essenziali nel settore metallurgico, macchinari e costruzioni, la base del rapido ed energico shift dall’export alla domanda interna deliberato dal governo cinese tre mesi fa, per impedire che il calo vorticoso dell’export cinese abbassasse oltremodo la crescita del Pil. La guerra per disancorare il peg tra dollaro e reminmbi si fa dura, al di là del merito del commercio unfair sul quale un anno fa Tremonti teneva lezione, sbertucciato allora dai più… Il problema è che, rispetto ad allora, la gara protezionista ha fatto proseliti a decine. In Italia, però, i politici non se ne occupano più. È rimasta solo Confindustria, a levare la voce quasi ogni giorno sul tema.
Obama è davvero come Tremonti: incoerente. Da un lato, come Tremonti, comprende la desiderabilità di mercato e commercio liberi. Dall’altra, parole ed azioni sembrano dettate da mercantilismo o, nel caso di Tremonti, dall’ammirazione verso un altro socialista prestato a destra: Beneduce.
Obama parla di libero commercio e poi fa approvare il buy American, Tremonti di standard legali e poi si dimentica di commentare la devastazione della libertà economica in Italia compiuta dalle maggioranze trasversali fedeli al socialismo municipale, o l’insulto alla ragione che è stato il caso Alitalia.