26
Nov
2009

Chiudere Termini Imerese? Di Stefano Feltri

Riceviamo da Stefano Feltri e volentieri pubblichiamo.

Ma c’è qualcuno che ha il coraggio di suggerire che forse Termini Imerese deve chiudere? Il ministro Claudio Scajola parla di “follia”. Il Partito democratico non è molto presente nel dibattito, assai più occupato a nominare la segreteria formale e quella ombra. Ma parlando con la nuova squadra economica di Bersani, sono tutti d’accordo: la fabbrica non deve chiudere.

Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat, ha già spiegato perché quella fabbrica non serve: costa troppo, ogni auto nasce con una tassa da 1000 euro incorporata. E visto che il gruppo cerca di concentrare la produzione e diminuire l’eccessiva capacità produttiva installata, taglia lo stabilimento meno efficiente (o meglio, smette di produrci automobili, cosa ci farà resta un mistero). 

A questo punto ci sono due opzioni di politica industriale: si costringe la Fiat a tenere aperto la stabilimento scaricando, di fatto, sulla fiscalità generale i costi in eccesso in cambio della garanzia che i 1500 posti di lavoro sopravviveranno. Oppure si lascia che la Fiat faccia quello che vuole, usando i soldi pubblici per gli ammortizzatori sociali e per immaginare una politica industriale post-grande industria, per salvare il tessuto economico che sta davvero collassando, quello delle piccole imprese e dei professionisti. Non c’è una soluzione giusta e una sbagliata, ma sono due opzioni da valutare. Invece, su questo dossier, sembra che non ci sia alcuna differenza tra maggioranza e opposizione: il governo è soltanto più esplicito nel dire che la Fiat è in debito perché ha ricevuto gli incentivi alla rottamazione. A una distorsione del mercato, pur legittimata in parte da distorsioni analoghe di cui beneficiavano i concorrenti, si risponde pretendendone un’altra.

Eppure si dovrebbe discutere di cosa succederebbe se la Fiat agisse soltanto con logiche di mercato, delocalizzando e producendo a costi competitivi in Serbia invece che a Termini o a Pomigliano, vendendo auto che costerebbero meno (sia nella produzione che in termini di sussidio pubblico).

Siamo sicuri che l’Italia, nel complesso, ne soffrirebbe? Ci sono i lavoratori, si obietta. Certo: e infatti di loro deve occuparsi lo Stato, sostenendo chi perde il posto, operazione forse più economica di mantenere aperto un intero stabilimento. 

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17 Responses

  1. Gigi

    Al di la delle logiche assistenzialistiche per cui inefficientemente ed inefficaciemente la poltica vorrebbe mantenere in piedi Termini Imerese, secondo me la soluzione può essere solo una:
    Primo: avere una politica industriale del paese (e non c’è)
    Secondo: banalmente calcolare l’ammontare della spesa necessaria per il sovvenzionamento assistenzialista (che in qualche modo la orrenda politica italiana prima o poi stanzierà) e per lo stesso ammontare stanziarla per abbattere del 100% tasse e contributi sulle retribuzioni del personale nonchè interessi passivi per l’investimento necessario alla riconversione. Si badi bene non contributi in conto capitale ne tantomeno a fondo perduto!
    In questo modo sarebbe necessario trovare un imprenditore VERO (ormai quasi estinti in Italia) che con vero capitale potrebbe trovare una location adatta a manifattura con condizioni da quasi porto franco. Le altre forme di finanziamento hanno creato nei decenni passati solamente imprese drogate dall’assistenza pubblica non in grado di stare in piedi da sole sul mercato.
    Tornando al punto primo, investirei sul trasporto ferrioviario puntando alla costruzione in Italia di locomotori e ferrovie avendo un sufficiente know how dagli anni pregressi.

  2. andrea lucangeli

    Piccola domanda stupida: ma chi ha “consigliato” la Fiat (anni addietro) ad aprire uno stabilimento a Termini Imerese? Escludo che la scelta sia stata frutto di logiche strategiche di mercato (basti pensare ai folli costi di trasporto per movimentare i prodotti da quel buco in Sicilia….).- La politica (quella DC/PCI/sindacati che faceva fare allo Stato pure i…panettoni) ha detto alla Fiat: “Vuoi i soldi, allora lo stabilimento lo fai dove diciamo noi. Punto”.- Quindi nessuno è innocente: 1) non è innocente la politica assistenzialista di allora (e di oggi), 2) non è innocente la Fiat che ha subito – per convenienza – il “ricatto”, 3) non sono “innocenti” i “poveri” operai siciliani che invece di pensare a campare con la loro intraprendenza (come abbiamo fatto noi veneti, senza stabilimenti Fiat…) hanno preteso l’aiutino….- Ma la festa è finita, in tempi di vacche magre tutti si “tira la cinghia”, nel nordest come a Termini Imerese….

  3. Gigi

    Piccola risposta stupida: non mi curerei delle origini bensì delle prospettive.
    Aggiungo: il “piccolo buco di Sicilia” ha potenzialità immense, sia perchè dispone di manodopera qualitativamente elevata e a costi bassi (molto più bassi rispetto al Veneto), che per la logistica infatti è nel cuore del Mediterraneo e vicina al più grande porto di transhipment italiano (Gioia Tauro). Come al solito per mancanza di progettualità, investimenti e coordinamento anche sul fronte portuale siamo fermi.
    Il mio sogno sarebbe vedere investire imprenditori del Nord-est (i più dinamici e scaltri) in Italia e non all’estero….. ma se io fossi veneto non lo farei rebus sic stantibus

  4. marco

    magari sto per scrivere una cretinata, però gli unici che possono avere intresse a degli impianti in italia sono quelli che già producono a casa loro a costi superiori ai nostri; in realtà la fiat non ama la concorrenza ed è la prima a volere che le cose restino così in eterno, meglio avere perdite ripianate dai contribuenti che un nemico in casa, questo è quello che pensano invariabilmente i dirigenti della fiat
    Scommettiamo che tireranno avanti un pò con i nostri soldi e poi chiuderanno e questo succederà prima o poi a tutti gli stabilimenti fiat in italia ( e alla fine tutte le automobili arriveranno dalla cina, tanto lì la manodopera non costa niente!)?

  5. luigi zoppoli

    Sono di parte in quanto sentimentalmente legato a FIAT. Ma non tanto da sottolineare l’opportunità di ricordare he Termini Imerese nacque sull’onda di scambi insani di danaro pubblico contro una fabbrica e molto clientelismo. Anche allore nessuno sano di mente avrebbe investito per fare auto in Sicilia. Oggi, la manovra di scambio continua: di fatto il ministro Scajola agita gli incentivi come arma di pressione e chissà cos’altro.
    Personalmente preferirei che si decidesse di uscire da questi costosi e clientelari equivoci. Non solo distorcono il mercato, ma sono una distorsione nela strategia e nell’operatività dell’azienda. Se fossi FIAT direi non solo no agli incentivi ma anche al resto. Se fossi governo lavorerei come un matto per normalizzare le cose e rendere il contesto suscettibile di investimenti privati e quindi sani. Non sono né l’uno né l’altro ed il mio è solo l’augurio che un incubo si trastormi in sogno.

  6. La storia Fiat ci dice che nessuno è esente da colpe.
    Fiat, politica, sindacati sono tutti collusi.
    Se questo sistema non funziona più, ok ma….cambiamo le regole.

    Innanzitutto, eliminare la famiglia Agnelli dalla proprietà (ripescando nel passato si può fare…). Ha mangiato troppo sulle spalle degli italiani…troppo….
    Trasformare la Fiat in una public-company (si può…si può…) e considerarla alla stregua delle altre aziende.
    Aprire le porte all’automotive indiano e cinese offrendo, come sistema Italia, dei validi incentivi (la logistica al Sud ci aiuta molto).

    Sto sognando??

  7. andrea lucangeli

    @ azimut72: la “logistica al sud”? Cioè il vecchio piano del “bollito” Prodi che profetizzava la Sicilia come porto naturale per la robaccia proveniente dalla Cina?
    “Aprire (anzi, spalanchiamole pure e mettiamoci a 90 gradi…) le porte all’automotive indiano e cinese”?
    Ma quando finirà il nostro masochismo? Qui non si tratta di “libero mercato” e di “commerci” MA DI RESA INCONDIZIONATA AL PIU’ GROSSO E PREPOTENTE, con la UE inetta ed impotente e noi tutti felici di farci colonizzare da un esercito di nanetti con gli occhi a mandorla…..

  8. @andrea
    Se è vero quello che dici allora nazionalizziamo, perchè parlare di mercato?
    Se crediamo nel mercato non finanziamo famiglie privilegiate e business stracotti.
    E questo vale anche per altri settori.

    La verità è che sono d’accordo con te.
    La contraddizione di fondo c’è e non possiamo eluderla.
    Se avessimo creduto nel mercato avremmo dovuto anche fare in modo di commerciare seguendo regole precise e UGUALI per tutti.
    Dal momento che non è stato così, perchè ce ne siamo sbattuti della democrazia in Cina e di altre cosine trascurabili (penso ai Pil a doppia cifra basati sul debito), ma anzi continuiamo con Tafazzi dandoci sempre più regole, allora è giunto il momento di giocare duro, senza ipocrisie, avendo il coraggio di fare cose un po’ stravaganti.

    Sulla Fiat resta un fatto. E’ SCANDALOSO avere come interlocutore la famiglia Agnelli.

  9. Alessio Borsotti

    il Dir.Oscar Giannino parla ,splendidamente di logistica e dei “mali italici”:
    http://www.youtube.com/watch?v=kj3AtN27dcA&feature=channel
    Sono nel settore da 10 anni e le condizioni sono pietose…questa logica ha minato il sistema italia.

    Gli aiutini statali hanno preso la direzione della Fiat e di innumerrevoli attività sparse in tutta Italia,falsando il mercato per svariate ragioni.

  10. Per andrea lucangeli

    Sei proprio il prototipo del leghista-medio (che poi incarna la figura del polticante di rilievo mediamente basso). Nel meridione stanno investendo già da tempo (e non poco) arabi, cinesi e russi. Evidentemente sono tutti più lungimiranti degli imprenditori del nord-est, gli unici che continuano a sputare sul sud anzichè cercare di sviluppare i loro affari lì (la vostra idea di imprenditorialità a quanto vedo non prevede il rischio, dunque dovreste smetterla di proclamarvi imprenditori), poi però parlate, tutti preoccupati, di resa incondizionata al più grosso e più potente… Vi rendete conto del fatto che il modo più rapido per piegarsi al più potente è concedergli pure un vantaggio territoriale all’interno della stessa penisola (come se all’estero vi andasse meglio…)? Quando abbandonerete questa mentalità snob-valligiana? Quando buona parte del Paese sarà già economicamente in mano alle potenze straniere (che avranno avuto più lungimiranza di voi)? Il sud vi fa tanto schifo e intanto permetterà a investitori più pragmatici e molto meno schizzinosi di voi di portare ultieriori capitali nei loro Paesi a danno del sistema-Italia. Ah già, vero, a voi leghisti questo non può che fare piacere… E quando il sistema-Italia dichiarerà fallimento forse vi renderete conto di aver fatto un enorme danno anche alla vostra economia locale. Forse, sull’intelligenza del leghista-medio ho sempre dubbi…

  11. luigi zoppoli

    @Per andrea lucangeli
    Temo che non abbiate ragione entrambi. Investmenti di qualunque provenienza al sud sono purtroppo meno che pochini (non ho i dati a portata di mano) e non c’è da meravigliarsi. L’unica cosa che servirebbe, sarebbero condizioni di contesto sociali, ambientali, fiscali giuridiche che rendono il paese una credibile meta di investimenti italiani e stranieri. Questo non accadrà a breve. Quindi mettiamoci l’animo i pace. Vorrei solo far osservare che l’approccio italiota al mercato rende le imprese italiane fragili e poco competitive. Non serve quindi neppure che venga il bao-bao cinese. Ci pensiamo da soli a rovinare il sisterma economico.

  12. Emanuele

    Un solo commento: sono contro l’accanimento terapeutico.
    Provate solo a pensare se i conti Fiat andassero bene: niente più sostegno pubblico.
    Pertanto gli “artisti contabili” che realizzano i Bilanci si guardano bene dal dipingere Utili anche se ci fossero.
    Inoltre perchè continuare ad “annaffiare” un deserto nella speranza di coltivare Rose?

  13. aldo

    La difesa di Termini Imerese, mi ricorda la difesa degli stabilimenti che producevano le candele a cera, oggi in europa esiste una sovracapacità produttiva.
    La Fiat ne ha preso, finalmente atto, speriamo che la politica ne prenda atto anche lei.
    Stamani ho seguito Omnibus, la proposta di Luttwack sul privatizzare la gestione del patrimonio artistico e naturale del paese mi sembra geniale e la Sicilia ne potrebbe trarre solo vantaggi.

  14. andrea lucangeli

    Rispondo all’anonimo “Per andrea lucangeli” (perchè non hai il coraggio di metterci la faccia, cioè nome e cognome, retaggio forse della mentalità omertosa?): ribadisco in toto le mie argomentazioni di “leghista-medio” sulla cui intelligenza hai dei dubbi.- La realtà dei fatti dice che:
    1) noi “cretini” del nordest (criticati sempre da tutti per la nostra rozzezza) rappresentiamo la punta di diamante del sistema produttivo italiano, trainiamo l’economia del paese, versiamo una valanga di tasse a Roma e….non abbiamo assistenzialismo di Stato e fabbriche Fiat…..- Anzi lo Stato fa di tutto per metterci i bastoni tra le ruote. Ricordo (ad esempio) che i medio-piccoli imprenditori del nordest (quelli che tirano la carretta, che tengono in piede il baraccone Italia e che, per definizione, sono tutti evasori) sino a pochi anni addietro venivano terrorizzati dalle ispezioni della G.d.F. che (per prassi) si svolgevano così: 2 auto, 8 uomini in divisa (di cui 2 armati di mitraglietta Beretta che si posizionavano all’esterno del capannonne), irruzione negli uffici contabilità, “fermi tutti, ispezione della Finanza”, segretarie terrorizzate, attività bloccata per una settimana….- Trovata (come sempre) qualche irregolarità formale il tutto si concludeva con una semplice ammenda di pochi milioni di Lire a fronte di danni provocati (per il fermo dell’azienda) per centinaia di milioni……- Al nord questo “andazzo” da Stato di polizia (durato anni) finalmente è finito ma nessuno ha dimenticato….
    2) gli investimenti nel meridione (con le attuali condizioni di….contesto sociale – leggi mafia, camorra, ‘ndrangheta) li lasciamo fare volentieri ad altri…- Qui non si tratta di “rischio d’impresa” ma di “rischio di morte”….- Se volete avere gli investimenti della mafia russa o della famiglia Bin Laden bene, accomodatevi.- Noi intanto, con la nostra mentalità snob-valligiana, ci teniamo alla larga da certe frequentazioni….
    3) se e quando il sistema Italia dichiarerà fallimento noi continueremo a fare ciò che abbiamo sempre fatto per secoli (dalla Serenissima sino all’Impero Austro Ungarico): coltivare la terra, lavorare sodo senza lamentarci e senza aspettare….aiutini, mettere a frutto il nostro ingegno imprenditoriale, tutte cose che tu non puoi capire…..

  15. L'anonimo in questione che di nome fa Matteo Caliari

    Visto che ci tieni tanto a sapere il mio nome, questa volta l’ho inserito, non l’avevo fatto in precedenza perchè non lo ritenevo necessario, mica per omertà (a quanto pare ragioni solo in certi termini, confermando ancora una volta la tua natura di leghista-medio). Peraltro come capirai dal mio cognome (veneto D.O.C., mica da Centro-Italia come il tuo, ma forse non lo sai neanche) non sono neanche meridionale, ciononostante non ho nulla contro di loro: siccome poi non amo le difese di bandiera ma l’obiettività, ritengo di poter criticare a ragione la mentalità chiusa degli imprenditori del nord-est.

    Rispondendo ai punti da te sollevati:
    1 – quel nessuno ha dimenticato ricorda la memoria elefantiaca dei popoli balcanici, ma ho l’impressione che non gradirai un simile accostamento
    2 – credi davvero che tutto quello che viene da un Paese arabo sia sinonimo di Bin Laden e che tutto ciò che viene dalla Russia sia Made in mafia russa? In tal caso devo stimare l’apertura mentale di quelli che all’estero comprano prodotti italiani, perchè se facessero accostamenti analoghi ai tuoi la nostra economia sarebbe fallita da non so quanto tempo… Inoltre mi chiedo cosa ci faccia su un sito che tratta di libero mercato, un leghista dalla mentalità autarchico-protezionistica come te.
    3 – qui dimostri anche la tua ignoranza storica: forse non sai che all’epoca dell’Impero Austro Ungarico sapevate fare solo una cosa, la stessa che fate oggi. Lamentarvi. All’epoca la ladrona era Vienna, ora Roma. Passano i secoli, ma la vostra atavica ricerca di un nemico contro cui scagliarvi resta quella.

    E prima di salutarti, ti ricordo che in tutto il Nord tuttora i veneti vengono tuttora definiti “i terroni del nord”, anche dai tuoi cari politici padani. Contento tu di votarli…

  16. andrea lucangeli

    @ matteo caliari: bene, apprezzo il fatto che tu abbia messo nome e cognome. Per il resto siamo in totale dissenso, ma non importa, la vita sarebbe troppo monotona se fossimo tutti sempre d’accordo….

    PS il mio cognome è originario delle Marche ma la nostra famiglia è in Veneto dal ‘700.

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