Chiudere il Teatro Massimo di Palermo; adesso!
Il Teatro Massimo di Palermo è costato, sin’ora, al contribuente italiano circa 30 milioni di euro l’anno. Il Teatro è gestito dalla fondazione omonima i cui soci sono il Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del turismo, la Regione Sicilia ed il Comune di Palermo.
Leggendo i comunicati stampa del consiglio d’amministrazione relativi all’approvazione dei bilanci consuntivi (qui) tutto parrebbe essere andato per il verso giusto, almeno sino al 2011; in quell’anno si è parlato addirittura del settimo anno consecutivo di bilancio in attivo e di un utile di circa 1.300.000 euro(qui).
In effetti a leggere i bilanci(qui) sembrerebbe tutto vero: il valore della produzione nel 2010 ha superato i costi della produzione per circa 2.3Mln di euro e nel 2011 per una cifra di poco superiore a 1,3Mln di euro.
Peccato però che su un valore della produzione del 2011 pari a 35,4Mln di euro i ricavi delle vendite sono rappresentati da miseri 2,7Mln di euro, mentre su un valore della produzione 2010 pari a 36Mln di euro le vendite di servizi sono state poco più di 3,3Mln di euro.
La domanda sorge dunque spontanea: il resto del valore della produzione da cosa è rappresentato? Semplice, tutti contributi pubblici dei soci, ovvero tasse dei cittadini: 32,6Mln nel 2010 e 32,4Mln nel 2011. In buona sostanza ogni anno sono stati necessari in media 32,5Mln di euro per portare spettatori che nelle casse del Teatro hanno riversato in media appena 3Mln a stagione. E questi sono stati i bilanci in utile: sette consecutivi per la precisione!
Nel 2012 il bilancio della Fondazione è transitato (bontà loro) al “rosso ufficiale”; tra costi e valore della produzione si è registrata una differenza in negativo di 3,2Mln di euro. Cos’è cambiato? I ricavi delle vendite sono diminuiti di 170.000 euro ma i contribuenti hanno partecipato con 27Mln di “erogazioni volontarie” anziché con i 32Mln dell’anno precedente.
Nel 2013, infine, il conto economico è tornato nuovamente in utile per circa 600.000 euro. Merito di una nuova gestione commissariale? Si, i costi della produzione sono scesi da 33,3Mln a 28,7Mln di euro, nel frattempo i ricavi della vendita dei biglietti non si sono schiodati dalla soglia di 2,5Mln, quelli derivanti dalle sponsorizzazioni sono rimaste pari a zero (perché 6.000 euro di sponsorizzazioni nel 2012 e 4.500 nel 2013 sono praticamente zero!) ed i contribuenti hanno partecipato con 25Mln di euro anziché come nell’anno precedente con 27Mln.
Conclusione: dall’inizio del 2010 alla fine del 2013 sono stati spesi 124Mln di contributi pubblici (tasse, tasse e ancora tasse!) per ottenere 11Mln di ricavi delle vendite dei biglietti.
Di qualche giorno fa è la notizia (qui) che il Consiglio d’Indirizzo del Teatro Massimo ha approvato il piano di risanamento triennale (2014 – 2016), previsto dalla legge n. 112 del 7 ottobre 2013 “Valore cultura” e dal decreto “Art Bonus” del 31 maggio 2014, che sarà sottoposto al vaglio del Commissario di Governo per le fondazioni lirico – sinfoniche. Il piano prevede: 1)la richiesta al contribuente italiano di altri 8Mln di euro per abbattere la quota capitale dei mutui in essere, 2) la riduzione dei costi (quelli del personale fra tutti), 3) l’incremento dei ricavi attraverso azioni volte ad aumentare gli spettatori, i turisti ed a potenziare l’utilizzo del teatro per eventi non solo programmati dalla fondazione.
Il Commissario di Governo ha già fatto sapere di desiderare delle modifiche al piano prima di potersi esprimere definitivamente per la sua approvazione e la fondazione rischia di essere messa in liquidazione coatta amministrativa qualora il piano non sia approvato o non siano raggiunte entro l’esercizio 2016 condizioni di equilibrio strutturale del bilancio, sia sotto il profilo patrimoniale che economico – finanziario, come previsto dal comma 14 dell’articolo 11 del decreto legge n.91/2013 convertito con modificazioni dalla legge n. 112/2013.
Tutto bene dunque? Il legislatore ha finalmente trovato e reso operativo uno strumento in grado di arginare l’emorragia di denaro pubblico che ha mantenuto in vita il Teatro Massimo e le altre fondazioni lirico – sinfoniche italiane? No, niente affatto.
Il bilancio strutturalmente riequilibrato non può che fare affidamento sempre e comunque sui contributi pubblici erogati dallo Stato e dalle altre amministrazioni che partecipano alla fondazione. La ragione è semplice:i ricavi delle vendite hanno rappresentato sin’ora meno del 10% dei costi della produzione. E sin tanto che i ricavi provenienti dalle vendite, sommati ai contributi privati, alle sponsorizzazioni e a tutte le altre forme di introiti volontari non pubblici non eguaglieranno i costi della produzione o ad essi non si approssimeranno saranno sempre necessari decine di milioni di contributi pubblici.
Non ha alcun senso confidare nel raggiungimento dell’equilibrio di bilancio se questo dipenderà sempre dall’entità dei contributi pubblici, cosicché i ricavi delle vendite potranno essere considerati sufficienti o irrisori a seconda se riusciranno a colmare la differenza fra costi della produzione e valore delle erogazioni delle pubbliche amministrazioni o se risulteranno inidonei a questo scopo.
Ed ancora, le cifre che le amministrazioni pubbliche decideranno di destinare al Teatro Massimo saranno costanti o varieranno (come sta accadendo negli ultimi anni) in ragione delle mutate condizioni delle finanze pubbliche? Se a questa variazione non seguirà un incremento delle entrate private il bilancio potrà comunque rimanere stabilmente riequilibrato in virtù dell’eventuale aumento delle erogazioni dei soci pubblici?
L’alternativa più ragionevole sembrerebbe un’altra: o si ha idea di come stimolare la domanda dei servizi erogati dalle fondazioni lirico sinfoniche al fine d’assicurare l’effettivo equilibrio di bilancio fra i proventi della gestione ed i costi della produzione o è meglio chiudere. Subito.
@roccotodero
Le regole di bilancio cosi come le regole di fiscalità generale e specifica valgono per noi servi della gleba. Sarebbe interessante sapere come questa n-esima centrale di smistamento di pubblici danari distribuisce annualmente, al ritmo della musica sinfonica of course, questi “attivi” cosi sudati. Ma basta leggere poche righe del nuovo statuto, in applicazione della Legge nazionale voluta dall’attuale Ministro, per capire che fiore all’occhiello di struttura decisionale e manageriale su cui ogni cittadino puo fare pieno affido e continuare ad elargire il proprio denaro; la struttura è cosi composta: un Presidente (il Sindaco), un Consiglio di indirizzo (???)..e non più, udite udite, un Consiglio di amministrazione (e perche mai?), un Sovrintendente, un Collegio dei revisori dei conti. A sua volta il Consiglio di Indirizzo è formato da un numero variabile di cinque o sette membri compreso chi lo presiede, nominati nello specifico dal MIBACT (Ministero Beni Culturali), dal Presidente della Regione Siciliana, dal Comune di Palermo; la nomina del quarto consigliere spetta al Socio privato. Il Sovrintendente è nominato dal MIBACT su proposta del Consiglio di Indirizzo fra persone dotate di comprovata esperienza in materia di gestione e di organizzazione di spettacoli musicali e di gestione e di organizzazione di enti consimili. Infine il Collegio dei revisori dei conti è composto da tre membri di cui uno con funzioni di Presidente, designato dal Presidente della corte dei Conti competente fra i magistrati della Corte dei conti (…niente meno!!), uno dal Ministero dell’economia e delle finanze (…addirittura) e uno dal MIBACT. Ora qui stiamo parlando, con estremo rispetto, di un teatro e di “Massimo” si nota a occhio nudo solo il numero di poltrone..se fosse una azienda privata che fatturasse meno di 4 milioni di euro (denari pubblici esclusi) e con un management di tali proporzioni e levatura che nemmeno la ex Fiat attuale FCA si sogna, non riuscirebbe nemmeno a chiudere un esercizio. Il Ballet Theatre Foundation, Inc di New York l’anno scorso ha avuto introiti nel 2012 per 42 milioni di dollari, pubblica tutti i bilanci fino a dieci anni addietro sul proprio sito..ed è materialmente gestito..udite udite..non dalla corte suprema…ma da 3 persone. Non credo che il primo passo debba essere mettere in discussione se un paese come Italia debba spendere denaro pubblico per la cultura, sicuramente si, ma rivedere i criteri di spesa, scendere piu sul pratico e rendere la cultura non il solito centro di distribuzione di prebende ma un asset del paese…attualmente è solo un dei tanti centri di esercizio del potere e gestione da retrobottega dei nostri soldi.
la cultura si può fare dove i cittadini l’apprezzano
se preferiscono i SUV o le soubrette sovvenzioneranno filiali di automobili e avanspettacoli
i loro figli, magari, se lasceranno loro qualcosa avranno gusti diversi e potranno desiderare di vedere la grande lirica
IO NON VOGLIO LA CULTURA PER CHI NON CE L’HA MARGHERITAS AD PORCOS dicevano i latini che qualcosa di più di noi sapevano in fatto di RES PUBLICA
Per l’esimio Rocco Todero non ci sono parole per replicare a cotanto articolo, dettato non si sa da che astio nei confronti di un mondo del quale ignora anche la più minima funzione, invece al gentile signore che si firma MG dico solo di informarsi con attenzione sulle cose prima di scrivere … il Ballet Theatre Foundation, Inc di New York è gestito da ben 59 dirigenti con stipendi tra i 171.600 e i 287.230 dollari, 59 dirigenti, non 3 come dice lei, che coordinano e gestiscono annualmente da 500 a 1000 (a seconda delle produzioni) tra impiegati e lavoratori di vari livelli e funzioni!
A parte tutto questo resta solo una grande tristezza per l’abissale ignoranza e la smisurata malafede che regna sovrana in questo paese di Pulcinella!
@franco faccio fatica a comprendere di quale ignoranza e di quale malafede si parli. Il post indica dati e cifre e sopratutto rinvia attraverso link ai bilanci ufficiali. Quindi non comprendo, davvero. Per ciò che concerne la funzione del mondo delle fondazioni lirico – sinfoniche tutti sanno che l’obiettivo è quello di diffondere la cultura musicale ma non credo che si possa assimilare un servizio del genere ad un servizio pubblico essenziale tale da essere sostenuto praticamente da sole spese pubbliche. O lo vogliamo mettere al pari di sanità, difesa, ordine pubblico, istruzione ecc? Alla fine del post sollecito misure volte ad incrementare la domanda dei servizi offerti dalle fondazioni lirico – sinfoniche e le scuole in questa campo dovrebbe fare la parte più importante facendo conscere agli studenti la musica lirica e sinfonica di modo che si possa sperare inella formazioen di un pubblico giovane ed appassionato. Forse un riferimetno lirico può chiarire meglio …https://www.youtube.com/watch?v=svaz9fAc_Fk
Noto che il progresso tecnologico degli ultimi decenni sta sortendo i suoi effetti, sempre più persone riescono e si limitano a fare il cosiddetto “copia e incolla” che, in questo contesto, riguarda cifre, statistiche, bilanci consuntivi … Ma quella capacità raziocinante, di cui si dice siano dotati gli esseri umani, la applichiamo durante questa semplice operazione? La mia risposta, dopo aver letto l’opinione di questo “blogger” , è decisamente negativa, non vedo alcuna traccia di raziocinio … Si è vero, i bilanci e le cifre sono demoralizzanti e di certo non ci si può voltare dall’altra parte facendo finta che non esistano, ma è il porre l’accento sulle sovvenzioni che i contribuenti sono costretti a pagare, per via di tali dissesti, che mi fa sorridere. Sorrido perché è assurdo come ci si erga da “guardiani della giustizia e della giustezza” solo su alcuni campi che NON ANDREBBERO TOCCATI. Noi tutti paghiamo ogni giorno la devastazione creata dalla sempre perdurante cattiva gestione della nostra nazione, paghiamo ogni cosa, dai privilegi dei parlamentari all’aria stessa che respiriamo, ma di tutto questo è come se non ce ne rendessimo conto. Ma si meglio “CHIUDERE I TEATRI” per alleggerire economicamente la popolazione! Che sarà mai un pó
di sana e dilagante ignoranza in più? Come si fa a partorire l’idea, tra l’altro con cotanta leggerezza, che sia meglio chiudere un teatro per evitare altri sprechi? Come ci si può atteggiare da grandi economisti che, con un po di numeri alla mano, vedono quale unica soluzione la più drastica? Quella che trascinerebbe dentro l’ennesimo vulcano migliaia di famiglie? Quella che imporrebbe ad una città già problematica, come Palermo, di rinunciare ad una stupenda realtà culturale? Ma volete svegliarvi? Cerchiamo di porre un freno a queste continue ed assidue esportazioni artistiche, l’Italia si sta spogliando di ogni cosa, ma il vero aspetto problematico consiste nel capire che in realtà l’unico vestito a cui non dovrebbe rinunciare è proprio quello intellettuale. Siamo la patria di grandi uomini come Verdi, Puccini, Rossini, Bellini, Boito, Illica, che hanno creato opere e musiche che fanno il giro del mondo nella speranza di sortire le stesse emozioni che, in teoria ed in primis, dovremmo provare noi italiani. Noi cittadini di uno Stato degno di essere definito come “la Vera fonte della musica” basti guardare semplicemente uno spartito musicale per renderci conto di come sia scritto in lingua italiana… Per cui continuo a chiedermi come si possa essere così superficiali e non rendersi conto di tutto ciò. Altre nazioni “investono”sulla musica, sui teatri, su realtà che riescono a trasformare semplici bambini nella speranza per un futuro migliore e qual’è la posizione di noi italiani “medi”?Quella di pigiare qualche tasto, comodamente seduti su una poltrona dietro ad uno schermo, ed etichettandoci da “blogger” (che i più dicono siano ormai una “professione”) presentiamo la nostra opinione come fosse il “verbo” e la soluzione par excellence, ma a questo punto mi chiedo se chi scrive abbia le giuste competenze economiche o musicali, visto che per imprimere tutta questa foga nell’esposizione di un concetto così delicato, sia richiesta perlomeno una preparazione adeguata in grado di fungere da lente di ingrandimento per capire profondamente le cause, le conseguenze e le soluzioni più consone e adatte da applicare e che, a fronte di questa mia lunga premessa, non credo proprio risiedano nella chiusura del terzo teatro più grande d’Europa.
E chi ha parlato di chiudere il teatro? E chi ha parlato che sono solo tre persone a mandare avantil il teatro di NY. Qui è alla strttura decisionale, cioè i soliti soggettii che all’estero sono veri decision makers con esperienza pluriennale nel settore mentre in Italia sono i soliti soggetti che chiamano al telefono tutti i giorni i dirigenti per chiedere le solite cose. La struttura decisionale del teatro di NY di cui Lei parla quanto costano alla comunità? E per quanto riguarda la professione di blogger, lungi da me; i faccio l’ingegnere da 25 anni sia per il settore privato che per le strutture pubbliche..e purtroppo i meccanismi decisionali delle strutture pubbliche italiane li conosco anche fin troppo bene. Mi creda. Saluti
Mi Sa che dovrebbe rileggere il mio commento,mi riferivo all’autore di questo articolo non a lei.
Quando a Winston Churchill chiesero durante la seconda guerra mondiale, di tagliare gli investimenti destinati ad arte e cultura, al fine di finanziare e potenziare gli investimenti sull’industria bellica, questi rispose: “Se facciamo questo, Noi per cosa combattiamo”…. Cari i miei Blogger, figli della Cultura da asporto razionata da una TV Commerciale povera di valori e morale, leggete attentamente le parole della Signora Manuela e fatene tesoro. Poi vi suggerisco di entrare una volta nella Vostra vita in un Teatro…. potrebbe essere un’esperienza rivelati c’è, ma sicuramente formativa.