24
Giu
2011

Chicago-blog alla maturità. Il tema di ordine generale

Abbiamo chiesto alle firme di Chicago-blog di scrivere il proprio “tema della maturità”. Cominciamo con Alberto Mingardi, che svolge il tema di ordine generale. Qui la traccia.

Il deputato Anthony Weiner, di New York, negli Stati Uniti e nel mondo e’ diventato una persona famosissima. A suo nome non e’ legato nessun grande provvedimento legislativo, non ha presentato alla stampa un piano per ridurre il debito pubblico americano, non si e’ intestato una qualsiasi riforma fiscale e neppure ha fatto sentire forte la sua voce per spostare un paio di Ministeri da Washington nel suo collegio elettorale (ma non era, quello, un Paese federalista?). La fama gli ha arriso quando ha postato su Twitter per errore un paio di foto a torso nudo, che non so se per amor di scandalo o semplice ignoranza i giornalisti di mezzo mondo hanno etichettato come “foto porno”, per fare colpo su un’elettrice. Probabilmente sarebbe più sensato dire che la fama lo ha irriso.

Una delle caratteristiche più sensazionali del mondo contemporaneo e’ come stia diventando facile diventare famosi: basta fare la cosa sbagliata al momento giusto. Il momento giusto e’ semplicemente quando guardano tutti.

Cosa c’entrano i cosiddetti “social media”? L’idea che essi partecipino all’imbarbarimento del dibattito pubblico e’ molto popolare fra persone che credo siano definibili, in termini politicamente corretti e il piu’ possibile oggettivi, come “di orientamento conservatore”. Queste persone tendono a vedere nella tecnologia un grande forza, un fattore capace di modificare in profondità comportamenti e preferenze degli esseri umani. Esse tendono anche ad assumere che la natura umana fosse migliore, se non proprio buona, al momento in cui l’uomo e’ apparso sulla terra, che ce lo abbia messo Dio padre onnipotente o Madre natura.

La storia, in qualche maniera, e’ corruttrice: perché essa ha visto gli uomini continuare a sperimentare, nel bene e nel male, degli “artefatti”: macchinari, strumenti, forme d’espressione ma anche istituzioni e “modi di vivere assieme” frutto della loro creatività. Per queste persone, sicuramente, vi sono state eta’ meno corruttrici di altre. C’e’ sempre, piu’ o meno indietro nel nostro passato, una eta’ dell’oro cui guardare con nostalgia. E inevitabilmente l’ultimo ritrovato tecnologico, l’ultima scoperta scientifica, rappresenterà per loro il momento più pericoloso di questo continuo scivolare verso la perversione di tutto quel che di buono ci sarebbe nell’uomo.

A me sembra, gentili signori professori, che l’uomo tanto buono per natura non sia. Tant’e’ che per chiarirmi le idee, prima di scrivere questo tema, sono corso al bagno per consultare sul cellulare Wikipedia. Si direbbe che ho barato.

Vogliate capirmi: mi era necessario per dare forza al mio argomento. E, per inciso, Wikipedia il tema non me l’ha mica scritto lei, mi ha solo aiutato a riflettere con più attenzione su che cosa sia o non sia questa benedetta “fama”, e proprio perché mi e’ sembrato di non far nulla di male non ho difficoltà a raccontarlo per iscritto. Giudichi chi valuterà il tema se sono un bizzarro caso di imbroglione per bene, o se a neanche vent’anni sono già oppresso dai sensi di colpa al punto di fotografarmi da solo con le mani nella marmellata.

Torniamo a Wikipedia. Wikipedia, cui collaborano persone che in tutta evidenza ricordano meglio di me la mitologia greca e latina, spiega che la fama fra gli antichi la “si immaginava come un mostro alato gigantesco capace di spostarsi con grande velocità, coperto di piume sotto le quali si aprivano tantissimi occhi per vedere; per ascoltare, usava un numero iperbolico di orecchie e diffondeva le voci facendo risuonare infinite bocche nelle quali si agitavano altrettante lingue”.

Per citare un cantante che piace a mio padre, Fabrizio de Andre’, “una notizia un po’ originale/ non ha bisogno di alcun giornale/ come una freccia dall’arco scocca/ vola veloce di bocca in bocca”. La passione per i segreti meno commendevoli dei nostri simili e’ antica quanto la rappresentazione mitologica della fama, coi suoi “tantissimi occhi per vedere”. Ciò che succede oggigiorno e’ che ad accorciarsi sono i tempi della comunicazione. La mia generazione e’ abituata a comunicazioni istantanee, veicolate anche da Twitter e da Facebook.

Il costo di comunicare una qualsiasi cosa si e’ molto abbassato. Ai tempi dei nostri bisnonni, quando le comunicazioni dovevano essere affidate a qualche lettera scritta con penna e calamaio, destinata ad attraversare per giorni e giorni strade non sempre facilmente agibili, trasportata da un servizio postale costoso e inefficiente, ci si scriveva per forza poco. Si selezionavano le informazioni. Si evitava di sprecare la carta, e di spender troppo in francobolli. A scriversi tanto e intensamente erano gli amanti e gli intellettuali: gente che aveva sempre qualcosa da dirsi.

Oggi con una minima spesa in termini tempo, e in pratica senza aprire nemmeno il portafoglio, si puo’ dire qualsiasi cosa a tutto il mondo. Questo non necessariamente “instupisce” il pubblico. Al contrario, e’ diventato più semplice anche accedere ad informazioni che una volta si nascondevano, perche’ molto specialistiche e poco interessanti per i più. I social network connettono tanti piccoli aggregati umani, ciascuno dei quali gravitante attorno a passioni ed interessi che nel mondo di anche solo vent’anni fa, mi pare, avevano grandi difficoltà nel ritrovarsi.

E’ pur vero che oggi gli occhi della fama vedono di più e prima. E’ giusto, credo, che sia cosi’ – nel caso del deputato Weiner. Chi insegue consciamente la fama (per esempio facendo politica) deve sapere che e’ difficile controllare tutti quegli occhi, facendo si’ che guardino solo in una certa direzione.

Coloro che ambiscono ad essere famosi per più di quindici minuti devono sapere che, in un mondo in cui l’informazione viaggia tanto veloce, se fanno una qualche grossa stupidaggine potrebbero diventare davvero molto famosi, almeno per quindici minuti. In un caso e nell’altro, la loro notorietà e’ davvero negli occhi di chi guarda: e, in ultima analisi, e’ sempre il pubblico, che legga un giornale, guardi la televisione o cinguetti su Internet, a decretare chi e’ famoso e chi no, e perché.

Mi rendo ben conto che nulla di quanto ho scritto si applica a coloro che fanno delle stupidaggini, per diventare famosi in virtù di quelle. La nostra televisione ne e’ piena – eppure essa non e’, come i social network, anarchica e lasciata al cattivo gusto di chi usandola la costruisce. Essa e’ stringentemente governata da responsabili di palinsesto, direttori di rete, che per inciso in Italia per la meta’ credo siano di fatto dipendenti pubblici al pari degli insegnanti che mi hanno accompagnato in questi anni di liceo. C’e’ un cattivo gusto che pare emergere dal basso, e un cattivo gusto che viene calato dall’alto (magari per guadagnare più soldi con la pubblicità, ma ad ogni buon conto frutto della decisione consapevole di chi “comanda” una rete tv). Mi interessava parlare del primo, pensando alle persone di animo conservatore che hanno scritto la traccia di questo tema. Come ci avete insegnato a scuola, quando si scrive si deve sempre pensare al “destinatario”. Ai miei vorrei dire che probabilmente gli esseri umani sono fatti da sempre della stessa pasta, e per renderli peggiori o migliori, anche nei giudizi e nell’interesse magari morboso che provano per gli altri, ci vuole ben altro che Twitter.

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