15
Mag
2012

Chi difende lo Stato-ladro avvelena anche te!

Come  e perché si debba resistere all’ariaccia filostatalista che soffia in Italia e in Europa.Pochi da noi sanno che Milton Friedman, l’ortodosso liberale nemico delle tasse e ispiratore di Ronald Reagan, lavorando da giovane economista alle Agenzie Federali istituite da Rossevelt era un keynesiano ortodossissimo. E che si deve a lui, l’imposizione fiscale alla fonte per i lavoratori dipendenti che l’America adottò nel 1943, per evitare il baratro comunque avanzante dei suoi conti pubblici. Prima della “sua” riforma, Milton con la moglie Rose pagava 119 dollari di tasse l’anno, meno del 2% dell’imponibile malgrado appartenesse al 2% di americani più ricco. Dopo ne pagò 1.704, passando a un’aliquota del 23%. Pensate a quante decine di punti in più di pressione fiscale da quel 23% – che servì per far pagare ai più ricchi americani una bazzecola coma la seconda guerra mondiale – siamo arrivati nell’Italia di oggi. E capirete perché sono molto ma molto preoccupato dell’aria che tira.

E’ un’aria che confonde la protesta di mezza Europa contro la recessione, levatasi con forza dalle urne greche, francesi e italiane, con la difesa della spesa pubblica, e anzi con il suo ulteriore aumento. E’ un’aria potentemente  alimentata, vezzeggiata, ispirata e imboccata dalla grande stampa vicina alla sinistra statalista, dal più delle èlite accademiche avverse al mercato,  dai vecchi partiti della sinistra (e talora anche di destra, come nel nostro Paese) e dai neopopulismi di destra, di sinistra e di centro che non chiedono di meglio, che indicare l’odiato e famigerato nemico tedesco come il vero responsabile dell’impoverimento dei deboli e della frattura ormai imminente dell’euro.

Palle, per quanto mi riguarda. Palle perché l’eccesso di  spesa, deficit e debito pubblico è colpa delle nostre classi politiche nazionali, non di tedeschi. Nel caso dell’Italia, destra, sinistra e tecnici hanno suonato la stessa solfa. Più spesa e più tasse, ogni volta la scusa della congiuntura e delle responsabilità ereditate dai predecessori era buona per continuare sulla stessa via. Una via alla lunga – ed è lunga eccome, la strada intanto percorsa dalla spesa corrente e dalla rapina fiscale nel nostro paese – assolutamente suicidaria.

Non solo palle, ma palle pericolose. In sintesi estrema, e come tutte le sintesi estreme dunque con un eccesso di semplificazione, la politica  su entrambe le rive dell’Atlantico, in America e in Europa, non ha affatto   voluto e saputo sottoporre l’intermediazione finanziaria alla profonda revisione di criteri prudenziali e di vigilanza che si rendeva necessaria  vista l’origine della crisi, per superare un mondo in cui ogni banca si elabora il suoi modelli di RWA – asset pesati per i rischio –  e si finisce così per avere megamostri i cui attivi sono multipli del Pil e soprattutto a rischio di illiquidità erratica.

Ma in cambio di esser rimasti prigionieri del sistema bancario ombra e di creazione di liquidità a trilioni sottratta alle banche centrali – che pena, sentire Obama dire “riformiamo le banche!” dopo i miliardi persi da JpMorgan sui derivati, ma perché non era in carica lui quando il Congresso ha approvato il Dodd-Frank Act? – la politica chiede per sé lo stesso trattamento: il debito pubblico deve crescere ancora, la spesa in deficit è più che mai necessaria, le tasse  non bastano mai.

Si sommano due errori capitali: il primo sull’instabilità dell’eccesso di consumo privato finanziato  debito, il secondo sull’instabilità dell’eccesso di consumo pubblico finanziato anch’esso a debito. Niente di buono può venire da nessuno dei due errori.

Il fatto molto negativo è che, a distanza di anni dall’inizio della crisi, ancora non abbiamo imparato a chiamare i due problemi col proprio nome.  Purtroppo, anche in questo caso la responsabilità preminente non è dei banchieri per il primo errore non riparato, né dei tedeschi per il secondo. E’ della politica, dei regolatori pubblici dei maggiori Paesi avanzati, insomma dello Stato. E di chi crede in lui – se è in buona fede – o dichiara di credere in lui per di lui in realtà servirsi: sia esso un politico, un dirigente pubblico, un dipendente pubblico, un fornitore pubblico, un corruttore pubblico,  un finto invalido… E via proseguendo fino a contarne nel nostro Paese molti milioni, perché lo Stato intermedia il 60% del Pil “legale” e regolamenta  pesantissimamente tutto quello che resta, e dunque a beneficiarne in maniera spesso discrezionale sono in tantissimi, molti più dei 3,8 milioni di suoi dipendenti e familiari, e delle centinaia di migliaia che campano di politica, nei 9.100 soggetti che compongono la PA italiana e nelle migliaia di società che essa controlla.

Non è affatto facile, mantenere i nervi saldi e continuare a usare argomenti puramente razionali, quando dall’altra parte la difesa dell’impunità dello Stato, nel contrarre debiti e levare tasse crescenti senza pagare i propri debiti commerciali né i crediti fiscali, si unisce a un vero e proprio coro di patacche intellettuali d’alto conio. Impazzano i Paul Krugman che si sentono Keynes e dunque, come questi dal New York Times proponeva a Roosevelt di triplicare il Pil se solo avesse fatto più dell’8,5% di deficit sul Pil l’anno, allo stesso modo quegli attacca Obama perché di deficit non ne fa abbastanza e insuffla gli europei dicendo che ha ragione chi respinge ogni rigore.  Piacciono gli Stglitz, e i tanti che ammantano di filosofia postfrancofortese ed etica amartiasenniana accuse contro la tirannia quantitativa di chi vuole abbattere il debito pubblico. Caduti i regimi comunisti che tanto piacquero agli allievi di Keynes come Joan Robinson Piero Sraffa e Richard Khan, la difesa dello statalismo sociale europeo è l’ultima e insieme nuova frontiera per continuare a respingere la validità dell’economia di mercato basata sulla concorrenza. E per continuare a negare che le crisi di grande instabilità del capitalismo si devono all’eccesso di investimento durante i boom precedenti – eccesso fomentato da debiti pubblici e da regolatori monetari corrivi alla politica che di frenate stabilizzanti non vuol mai sentir parlare – non alla penuria di investimenti quando la bolla esplode, e bisogna allineare i valori anche  attraverso fallimenti – di banche come sovrani, quando necessario, mica solo di imprese come avviene da noi in Italia ormai a decine di migliaia, per colpa dello Stato.

Mi chiedo talvolta se non siamo, io e quei pochi come me, pazzi noi a pensarla così, visto che da Repubblica che rincorre Krugman al Corriere – che rincorre la Gabanelli!! – dalla Stampa al Sole24 ormai di fronte all’eurocrisi sempre più esplosiva tutti marciano allineati dietro i pifferai  dello Stato. Al massimo se la prendono coi privilegi della Casta e con i soldi in tasca ai partiti – per carità: uno schifo – ma nessuno rompe davvero le scatole a Monti intimandogli che – ci sia l’euro o no, è uguale – di quei 700 miliardi di spesa pubblica corrente almeno 100 possono sparire in 3 anni senza effetti recessivi, se al contempo li retrocediamo all’Italia legale abbattendogli le tasse, perché per abbattere il debito pubblico non c’è bisogno di dissanguare gli italiani ma bisogna che lo Stato ceda del suo patrimonio.

Keynes era terrorizzato alla fine della seconda guerra mondiale, convinto com’era che si sarebbe scatenata una Grande Depressione ,smontando la grande macchina pubblica messa in piedi seguendo i suoi consigli. Sbagliava. Non avvenne neanche per conseguenza di aver respinto la sua proposta di una moneta unica mondiale. Mercato e dollaro hanno fatto delle potenze sconfitte dei giganti economici. Hanno moltiplicato per  6 volte la popolazione terrestre ma per 10 la sua ricchezza. E hanno abbattuto di cinque sesti la frazione di terrestri che vive ai confini della fame nera.

Chi difende Stato e collettivo nega tutto questo, dice che mai come oggi il mondo è stato diviso e ingiusto, mai più di oggi ha pesato la diseguaglianza, mai come oggi mercato e concorrenza sono falsi idoli.

Sofferenze acute di reddito e patrimonio esistono eccome! Lo testimoniano i disoccupati che salgono come migliaia sono i fallimenti d’impresa. Ma è lo Stato, ad averne la peggior responsabilità: per come è organizzato, per quanto pesa, per come prende e non dà, per come si dà ragione da solo con un diritto discrezionale solo a sé favorevole.

Bisogna resistere, alla presa – che è forte, nella gente e nel dibattito pubblico – di tanta demagogia e di tanto interessata apologia statalista. Per almeno due buone ragioni. La prima è che il motore dell’emancipazione è stata la produttività, e la produttività è conseguenza e possibile solo nell’economia di mercato basata sulla concorrenza. La seconda è che la libertà stessa coincide con l’economia di mercato, regolata dalla legge e dalle istituzioni del mercato, ma tutto ciò nulla c’entra ed è anzi vittima della inaccettabile restrizione della libertà, conseguenza dello stesso Stato onnipotente. Che ha lasciato fare alle banche ciò che intende fare anche lui, cioè troppi debiti illiquidi.

You may also like

Non si muove foglia che il Golden Power non voglia
ITA-Lufthansa: un punto di partenza, non un punto di arrivo
Lo Stato imprenditore post pandemico? Grazie ma no, grazie
Punto e a capo n. 11

92 Responses

  1. Purtroppo noi in Italia, paghiamo il costo di aver avuto uno dei partiti comunisti più potenti del mondo, a livello di un Cina, Nord Corea e Cuba. Intere classi dirigenti sono cresciute con il mito della rivoluzione leninista, e nulla mi toglie dalla testa, che quelle persone ora ricoprono incarichi di responsabilità negli apparati dello stato. Quelli stessi apparati che ora soffocano fino alla morte l’impresa privata e il mercantilismo, che storicamente, è l’origine del benessere e della ricchezza di una nazione. Intanto continua l’arroganza e la prepotenza dello stato ladro, con una nuova normativa sul contenzioso che tutela ancora di più se stesso, a discapito del cittadino contribuente : http://www.estconsulting.cz/?p=1071

  2. Concordo, ma come facciamo a cambiare questa situazione ? Ci vuole un movimento fatto di persone che la pensano in questo modo e votato da persone che la pensano in questo modo. Purtoppo è l’unico modo democratico per cambiare la situazione…l’alternativa è la rivoluzione…come la storia insegna.

  3. lybius

    “Mi chiedo talvolta se non siamo, io e quei pochi come me, pazzi noi a pensarla così, visto che da Repubblica che rincorre Krugman al Corriere – che rincorre la Gabanelli!! – dalla Stampa al Sole24 ormai di fronte all’eurocrisi sempre più esplosiva tutti marciano allineati dietro i pifferai dello Stato. Al massimo se la prendono coi privilegi della Casta e con i soldi in tasca ai partiti – per carità: uno schifo – ma nessuno rompe davvero le scatole a Monti intimandogli che – ci sia l’euro o no, è uguale – di quei 700 miliardi di spesa pubblica corrente almeno 100 possono sparire in 3 anni senza effetti recessivi, se al contempo li retrocediamo all’Italia legale abbattendogli le tasse, perché per abbattere il debito pubblico non c’è bisogno di dissanguare gli italiani ma bisogna che lo Stato ceda del suo patrimonio.” No, Oscar, non sei solo. Ma bisogna trovare il modo per aggregare i liberisti italiani, porre un fine alla diaspora. Cosa aspetti a scendere in campo? Serve un simbolo, un alfiere (possibilmente vestito più sobriamente però 🙂 ) – Oscar, we want you.

  4. Pietro

    Giusto! Ma non si vede quale soggetto politico in questo momento possa prendere le decisioni auspicate nell’articolo. Chi rappresenta politicamente le piccole imprese, vero motore di questo paese? Finora chi poteva si difendeva in proprio mettendo in atto tutti gli stratagemmi possibili per “autoridursi” (bisognerebbe sostituire il termine evasione fiscale con “autoriduzione fiscale”)il carico fiscale, ora che è sempre più difficile farlo siamo nudi e divisi davanti alla scure fisica e morale di quella composita e vastissima classe sociale che sono ormai gli alti salariati statali o allo stato connessi attraverso incarichi di varia natura. Sono politici, giornalisti (pensiamo a tutti quelli rai), commissari vari, hanno un potere decisionale e di rappresentanza enorme, come difendersi da loro?

  5. Guest

    Gentile Oscar Giannino, a aparte che condivido quello che dice, però esporlo in modo migliore serve a dare giusta visione al prossimo. Già le scrissi:

    Stato = composto dai cittadini tutti

    Governo = coloro che sono preposti alla guida, da parte dei cittadini (Stato)

    Direi sia essenziale capire e far capire, altrimenti ci troveremo semrpe di mezzo quei personaggi inutili… 😉

  6. antonio spinola

    Concordo pienamente, ma lei mi pare sorvoli sul ruolo (politicamente non secondario) svolto dai grandi e piccoli sindacati nel progettare e sovrintendere lo smantellamento delle fondamenta di un’economia che crea benessere nel tempo, per costruirne una che crea un’illusorio benessere immediato e debito e sofferenze e declino nel lungo periodo (quando a pagare saranno “gli altri”).

  7. Francesco P

    La Chernobyl dell’euro

    Fino a pochi istanti prima del raggiungimento del punto di non ritorno, i tecnici di Chernobyl avrebbero potuto mettere in atto le manovre di emergenza che avrebbero impedito la fusione. Invece proseguirono ad accumulare errori su errori finché si superò il punto di non ritorno e di li a poco si giunse alla fusione del nocciolo.

    Le conseguenze furono disastrose perché, essendo il reattore di tecnologia primitiva, la grafite che fungeva da moderatore prese fuoco favorendo le dispersione nell’atmosfera dei radionuclidi.

    Siamo in tempo per evitare la Chernobyl dell’euro? La mia sensazione è ancora sì, ma non per molto tempo.

    Le idee prevalenti fra i vertici europei, sia il rigore alla tedesca che gli interventi pubblici alla Hollande, vanno nella direzione sbagliata. Solo la crescita può permettere di sostenere ancora il debito pubblico; senza crescita non si va da nessuna parte. Ma la crescita la fanno le imprese, non gli Stati e le burocrazie e neppure gli euro-professori che pensano di dirigere il mondo vivendo su un altro pianeta distante 1000 anni luce dalla Terra.

  8. alexzanda

    grande Oscar,
    concordo al 100%. soprattutto sull’anticonformista posizione quasi pro germania.
    anche tra i nostri liberisti ha attecchito alla grande la tesi per cui con la finanza “copro” qualsiasi situazione reale, basta creare moneta e ogni problema è risolto…. ovviamente non è così, inizialmente può sembrare ma appena il mercato capisce quello che c’è “sotto” sono dolori. magari ci mette un po di tempo, ma prima o poi si torna ai fondamentali…
    per 10 anni nesuno si è chiesto quale fosse la giusta rischiosità attribuibile ai bond dei vari stati, ma appena l’hanno fatto gli spread hanno preso a volare in poche settimane, recuperando il tempo perduto.
    se non sei credibile perchè non hai MAI dimostrato di saper fare sacrifici (leggi tagliare la spesa e fare cio che serve per tornare ad un bilancio in attivo) hai voglia a risolvere i problemi stampando moneta, la gente non ti crederà ed il risultato sarà l’iperinflazione tipo germania ai tempi di guerra.
    gli usa hanno risolto così (momentaneamente) i loro problemi perchè comunque vada dimostrano ancor oggi di essere il paese più serio, pratico e determinato, di cui ci si può fidare incomparabilmente più che qualsiasi altro paese, ma se l’espansione monetaria in chiave anticrisi la applica l’italia, o la grecia, o l’europa tutta per coprire le magagne non risolte dei pigs, la credibilità già bassa finisce presto e si va al default per iperinflaione

  9. giuseppe

    La Gabanelli statalista? Forse.

    Ma ricordo uno splendido servizio sull’Arsenale Militare di Taranto, passato ai più inosservato. Si documentava come si fosse appaltato il “lavoro” all’interno della struttura,mentre i quattrocento e passa dipendenti se ne stavano beati dalla mattina alla sera a giocare a carte dentro i capannoni. Ogni tanto si destavano per dare ordini ai poveri interinali.
    I Sindacati possiamo immaginarlo dove stavano. Anche loro a giocare a carte.
    Ma dove stavano gli Ammiragli, i Tenenti di Vascello, i Guardiamarina e come cavolo si chiamano? E le Forze dell’Ordine, che pattugliavano l’Arsenale dentro e fuori? Notoriamente tutta gente di Sinistra.

  10. Enrica

    Gent.le sig. Giannino, cosa intende quando dice ” ….ceda del suo Patrimonio”? Patrimonio immobiliare, Culturale, Paesaggistico, Storico, Creativo, Archeologico, Architettonico, Umanitario?
    A chi? E soprattutto a quali condizioni?
    Siamo pronti a questo? Siamo capaci (Governance) di amministrare una cosa del genere, quando non riesce (Governance) neanche ad amministrare un appalto per i rifiuti?

  11. mick

    Caro Giannino, ancor auna volta non posso che condividere ma francamente la sfiducia dilaga.

    P.S.
    Si era parlato che dopo le amministrative…. !!! ???

  12. Filippo Magale

    Per come la vedo io, la spesa pubblica va esaminata considerando due dimensioni: la quantità e la qualità. Dire ridurre la spesa é basta non é sinonimo di miglioramento. La grandezza dello Stato sociale é uno strumento in mano ai governi (-ladri) e uno strumento non ha intrinsecamente il problema che si genera con l’errato uso. Dico questo per dire che se la spesa é cento e i servizi resi dallo Stato sociale ladro danno 10, il gap di 90 andrà coperto con maggiori spese da parte dei cittadini. Paghiamo l’ira di Dio di tasse e poi non abbiamo sicurezza, sanità, istruzione, cultura, infrastrutture sufficienti a non farci affrontare ulteriori spese per soddisfare i nostri bisogni. Oltretutto, non bastano tutti i soldi che mensilmente gli mettiamo a disposizione a valanga, fanno anche debito per aumentare la capacità di spesa. Un tempo un debito era un demerito, oggi è una necessità. Questo per dire che il problema non é il capitalismo o il socialismo, il problema deriva da questa massa di mangiapane a tradimento che é seduta sulla sicurezza di un posto pubblico o privato, di rappresentanza elettiva o di finta candidatura pubblica, l’1% della popolazione che tiene a guinzaglio tutti gli altri; chi con una pensione facile, chi con un finanziamento pubblico, chi con una candidatura a qualche posto inutile e remunerativo. Chi ha la dignità di non accettare soldi in regalo e pretende che qualcosa in cambio del proprio sudore gli venga riconosciuto, oggi non ha prospettive se non quella di combattere affinché non si continui a finanziare questo marciume ormai putrefatto che viene chiamato potere. Per questo sono d’accordo con Oscar, chi difende lo Stato ladro avvelena tutti!!!!

  13. Alessandro Guerani

    “Pensate a quante decine di punti in più di pressione fiscale da quel 23% – che servì per far pagare ai più ricchi americani una bazzecola coma la seconda guerra mondiale ”

    Peccato, che il debito pubblico/PIL degli USA nel 1946 fosse il 160%, fu ripagato dopo tramite politiche keynesiane (tipo il Piano Marshall) che portarono dagli anni ’50 in poi alla crescita. E politiche di regole, anche monetarie, rigide (Bretton Woods non permetteva la libera circolazione dei capitali, si ricorda vero?)

    Politiche KEYNESIANE, caro Dott. Giannino, e uguali politiche KEYNESIANE fatte persino da uno dei suoi beniamini, tale Ronald Reagan, sotto la cui presidenza la spessa pubblica è cresciuta più che durante tutte le altre presidenze successive.

    Certo era spesa militare in tanta parte, ma le cui ricadute su sviluppo e pure innovazione, internet ad esempio, hanno fatto da volano alla crescita per decenni a seguire.

    Poi abbiamo deregolamentato, perché lo Stato non deve regolamentare l’economia, chi non si ricorda il mantra dei lacci e laccioli? E adesso che c’è sto bel risultato si viene fuori a dire “che la politica ha fallito”.

    Certo, ha fallito la politica che ha abdicato di fronte alle teorie che il mercato si regolava da sé.

    La cosa buffa, se non fosse tragica, è che di fronte all’esempio empirico più clamoroso della teoria delle sedie musicali di Keynes, si dica che è dello Stato la colpa, che eventualmente ha la colpa di stare fornendo la sedia che manca a chi sta cadendo per terra (tipo le banche in Irlanda e Spagna), e non di chi si è buttato a capofitto nelle bolle sperando di riuscire a ritrarsi in tempo.

    Cosa che avveniva anche nel 1700 (nessuno si ricorda la South Sea Company?) e non mi si venga a dire che allora lo stato era burocratico, intermediava il 50% del PIL e c’erano i keynesiani brutti e cattivi.

  14. john galt

    @Alessandro Guerani
    Se il governo americano non avesse dato il via alle politiche sulla casa facile, costringendo, di fatto, le banche a prestare soldi a cani e porci, non avremmo mai assistito alla follia dei subprime. Se gli Stati non avessero mai consentito alle banche (in cambio di soldi facili per i propri bilanci grondanti demagogia) di ricorrere ai sistemi di riserva frazionaria, sublimati, poi, nei sistemi delle Banche Centrali (stamperie al comando della politica) non saremmo qui a lamentarci di inflazione e depressione. Per quanto riguarda il South Sea Company ed altre mille beffe, lì non c’entra il libero mercato, ma si tratta di truffe belle e buone e non è richiesta alcuna regolazione statale, ma semplicemente il codice penale.

  15. Ivan P

    Dopo il caffé e l’ammazzacaffé ci vuole qualche lettura divertente ed ecco pronto un “articolo” del sig. Giannino, reduce dai noti trionfi editoriali e dalle pregresse previsioni (sballate) su tsunami & centrali nucleari. Adesso se la prende con la terribile orda statalista dei vampiri della sinistra, accarezzando i suoi amici banchieri e tendendo affettuosamente la mano ai falliti del govern(icchi)o del Berlusconi da Arcore. Bravo, grande analisi, compiuta razionale e, soprattutto, equilibrata nell’appioppare le colpe dei guai dell’universo mondo a poveracci e alla cosiddetta “sinistra” (in realtà estinta da anni in Italia)! Continui così, Giannino: prima o poi un posticino o cadreghino in qualche redazione arriverà anche per lei.

  16. Giacomo

    Oscar, non commento il tuo articolo in quanto -come sempre- lo condivido. Ti chiedo solamente una cosa: scendi in campo.

  17. Andrea

    Salve in un articolo precedente chiedevo gentilmente chiarimenti in merito alle politiche keynesiane e liberiste. In particolare vorrei pareri pro e contro quello che è il concetto di moltiplicatore keynesiano (sono molto ben accette anche letture da condurre in via autonoma non pretendo la pappa pronta! XD); inoltre un parere sul paradosso di Sen da parte dei numerosi liberali che seguono il forum grazie ancora e perdonate la ripetizione, ma credo sia veramente importante fondare la mia posizione su presupposti scientifici e nn partitici, distinti saluti ANDREA.

  18. Odin

    Wow ! Grande Capo.

    Possiamo anche aggiungere che Eurobond non sarebbero altro che l’ultimo letale tentativo di salvezza a debito, in perfetto stile Parmalat.

  19. radicale

    Io credo, a malincuore, che Giannino non debba presentarsi, almeno adesso. Che fare pura testimonianza non serva.
    Che in Italia si possa, per ora, solo tentare una dura battaglia culturale perchè il Paese è e rimane intimamente fascista (o comunista), cioè intimamente statalista (ne è convintissimo da sempre il grande Ostellino).
    Che è meglio che l’amaro calice venga bevuto tutto, cosicchè solo creandosi uno “spazio” (che ora non c’è) “qualcosa di liberale liberista e libertario” potrà riempirlo.
    Ma solo dopo che la catastrofe prevedibile ed inevitabile si sarà compiuta.
    So che sembrano parole disfattiste, ma voglio solo essere realista.
    Un’altra volta ho già provato a cambiare queste stesse cose e, vi assicuro, non è possibile nella situazione attuale.

  20. Cristina G

    Francesco P :
    La Chernobyl dell’euro
    Solo la crescita può permettere di sostenere ancora il debito pubblico; senza crescita non si va da nessuna parte. Ma la crescita la fanno le imprese, non gli Stati e le burocrazie e neppure gli euro-professori che pensano di dirigere il mondo vivendo su un altro pianeta distante 1000 anni luce dalla Terra.

    Credo che questo riassuma il top di ciò che dovrebbe e non viene fatto. Purtroppo i grandi professori che ci stanno guidando, in realtà, sembrano più inesperti di una laureanda come me. Rimango sempre più allibita perchè tutti ci dicono “bravi”, ma non vedono che siamo sul baratro. O meglio, magari il bilancio statale sta rimpolpando le sue entrate, ma imprese e famiglie hanno le mani tra i capelli. Che nessuno se ne accorga?!

  21. john

    @Ivan P
    Lei farebbe bene a guardare cosa accade tra i Suoi amici banchieri del Monte dei Paschi di Siena: grandissimo esempio di banca gestita fino alla rovina (la prima volta in oltre 500 anni) da lacchè incapaci al servizio di referenti politici locali e romani.
    Con il placet di massoneria ed opus dei.

  22. Fabrizio

    Gli stolti siamo noi che protestiamo ma poi ….. dovremmo bloccare il paese e mandare via tutti questi politici e tecnici che non sono altro che parassiti per non parlare di Napolitano , un vecchio che ci costa un patrimonio che è a difesa solo e solamente di ogni casta e ruberia di questo stato
    A questi di noi cittadini non gl’importa un emerito c…o e per loro siamo sudditi , ho letto che la situazione odierna assomiglia alla Francia rivoluzionaria , personalmente spero sia così perché ormai e chiaro che in modo pacifico non ci libererero mai di questa marmaglia di ladri truffatori mafiosi per non dire grandissimi f d p

  23. Giuseppe D'Andrea

    @Alessandro Guerani

    Il piano Marshall non c’entra nulla con la ripresa Americana, Negli USA faccio notare dopo la guerra il congresso smobilitò ben 10 milioni di soldati, abolì i razionamenti, il controllo dei prezzi e dei salari, e tagliò consistentemente la spesa dal 1946 al 1948 (tanto che i rapporto della spesa sul PIL passò dal 42 al 9%) e ridusse la tassazione. Praticamente abolì il New-Deal e l’America che secondo i keynesiani sarebbe automaticamente dovuta entrare in recessione irreversibile, iniziò a volare.

    Contemporaneamente in Europa, precisamente in Germania Ovest, una dottrina un po diversa, quella degli ordo-liberali Erhard e Ropke mise fine alle ultime vestigia della Zwangwirthschaft Nazional-Socialista per inaugurare il percorso dell’economia sociale di mercato, la nascita del DeutscheMark (1:10 con il vecchio ReichMark) e l’abolizione di tutti blocchi che ancora permanevano in Germania, fra lo sgomento dei consiglieri economici Inglesi e Americani, e la Germania crebbe paurosamente e solidamente ancora più degli USA.

    La bolla della South Sea Company, dovrebbe spiegare l’implicazione della Corona, dei Tories e dei Whigs e della neonata Banca d’Inghilterra, ricordando che la South Sea Company venne creata con il diretto intento di scontare 9 milioni di £ di debito pubblico inglese con tutto ciò che ne conseguì.

  24. Paolo Tumolo

    Krugman e Stigliz hanno vinto il Nobel per l’economia caro Oscar… 30 anni di liberismo invece dove ci hanno portato? Derivati ovunque!
    L’economista John Kenneth Galbraith ha individuato almeno cinque fattori di debolezza nell’economia americana responsabili della crisi:

    – Cattiva distribuzione del reddito;
    – Cattiva struttura, o cattiva gestione delle aziende industriali e finanziarie;
    – Cattiva struttura del sistema bancario;
    – Eccesso di prestiti a carattere speculativo;
    – Errata scienza economica (perseguimento ossessivo del pareggio di bilancio e quindi assenza di intervento statale considerato un fattore penalizzante per l’economia).

    Caro Oscar, forse stiamo commettendo gli stessi errori di allora?

  25. Paolo

    Giannino, lei è un liberista quindi non starò a contestare le sue affermazioni.
    Intendiamoci, lei saprà meglio di me cosa accadde quando divorziarono Bankitalia e Tesoro… E saprà cos’ha significato quella vicenda. Altro che ruberie e sprechi (che ci sono anche stati, per carità), semplicemente quando il liberismo spazza via (e sottolineo spazza via) lo statalismo o socialismo che lo si voglia chiamare… Questo è quello che succede.
    Prendersela con la gente perchè rifiuta l’austerità è stupido. Anche lei, se vedesse le sue disponibilità economiche dimezzarsi nel giro di un semestre, si lamenterebbe.
    Le cause… beh, è un pò azzardato scagionare la finanza. L’attacco perpetrato dai programmi scritti nelle sedi neoliberiste più illustri (le pianificazioni eccellenti di Powell, Croisier, Friedman), l’invasione dei ministeri da parte degli organi neoliberisti (come avvenne da noi nei primi anni ’80, quando Monti venne assunto come consulente), e poi i trattati di cessione della sovranità, e ancora l’esproprio delle politiche monetarie… Beh è un pò curioso scagionare tutto questo e puntare unicamente il dito contro i “politici spendaccioni che hanno dimostrato quanto sia molto più utile delegare la sovranità a strutture più moderne e sovranazionali”.
    Il socialismo ha un grande difetto: limita senz’altro l’individualismo. Nella grande Savana della vita, un leone non può sentirsi veramente tale. Deve lasciare sempre terreno alle gazzelle.
    Il liberismo ha un effetto opposto: quando la Savana è in mano ai leoni, una massa fisiologica e sempre più grande di gazzelle è destinata a soccombere per mano di un meccanismo che è troppo disumano per essere ricondotto alla mera selezione naturale.

    Se lo lasci dire: io auspico non un’ariaccia statlista, ma proprio una bufera, un tornado, un meltemi, permanente come il vento che soffia in Grecia, e che riporti lo stato alla sua vera funzione: la garanzia dell’eguaglianza basta sul diritto naturale e non sul denaro.

    La saluto cordialmente e riconosco in lei un avversario memorabilmente formidabile.
    Con stima.

    Paolo

  26. Paolo

    PS: sottolineo ancora una cosa. Quando lei scrive:
    “il motore dell’emancipazione è stata la produttività, e la produttività è conseguenza e possibile solo nell’economia di mercato basata sulla concorrenza.”

    Dimentica forse che è stata la concorrenza ad essere ammazzata nel nome del profitto. Un mercato sano presuppone il rischio, dove tutti lo corrono e chi sbaglia paga. Non può esserci gioco con chi non vuole seguire queste regole e le vuole sovvertire per dare campo al solo profitto basato sulle situazioni win/win. La finanza spesso e volentieri lavora unicamente in questo senso. Ecco perchè andrebbe regolamentata una volta per tutte.

  27. Stefano

    Esiste una legge dello Stato, la 212/2000, detta non a caso Statuto del Contribuente, tuttora in vigore che:
    prescrive la non retroattività delle norme fiscali
    vieta l’uso del decreto legge per imporre nuovi tributi
    impone trasparenza e chiarezza nelle norme tributarie
    prevede la compensazione tributaria
    Tutela buonafede ed errori del contribuente
    ……….

    Iniziamo a PRETENDERE che anche lo Stato rispetto le leggi !!!!

  28. Vincenzo N.

    E’ tutto talmente chiaro, qui fra di noi che lo sappiamo già.
    Il problema è che questi vanno in televisione e raccontano le solite palle, e per dimostrare che danno voce a tutti mandano avanti la Gabanelli, l’essere più ridicolo e superficiale che si conosca, quella della tassa al 33% sul contante.
    Giannino, non se ne esce, non c’è una persona di potere che dimostri di essere disponibile a spendersi. Tutti sono corrotti, oppure hanno paura di fiatare al pensiero di venire considerati responsabili della crisi dello stato. Ma all’estero non ci fanno fallire, a loro va bene che la gallina produca sempre più uova, cioè che Monti alzi le tasse, per poi passare all’incasso con lo spread. Ma si può?? La gente si lamenta, ma poi “investe” i risparmi che ha nel modo più gradito a questa banda di manigoldi che non farà mai ciò che serve perché comporterebbe due cose: la rinuncia ai privilegi e la confessione delle bugie che non hanno mai smesso di raccontare.

  29. Vincenzo N.

    cito l’articolo suggerito da Tizzi (è grande e suggestiva la conlclusione che ne trae..)per farvi risparmiare la fatica di cliccare il link:
    “Non c’è solo di fronte il contribuente e lo Stato – agguinge Bersani – c’è contribuente e chi non paga le tasse, chi le paga ha diritto ad avere l’ambulanza quando ne ha bisogno, chi non le paga non sono cosi’ sicuro che ne abbia diritto”.

    Lo capite che questo qui che parla, se Renzi non lo tromba, potrebbe fare il Presidente dei Consiglio dei Ministri? un pagliaccio fa ridere e pensare, lui solo la prima cosa (e il suo contrario).

  30. Alessandro Guerani

    @Giuseppe D’Andrea
    I dati proprio quegli sconosciuti fra i liberal-liberisti… e uffa! Mi sembra come quando parlavo a quei vecchi stalinisti che mi esaltavano le magnifiche sorti del proletariato russo 😀

    Nel 1946 il PIL subì un calo dell’11% in termini reali (deflazionati)

    PIL USA a valori reali
    1945 2,012,400
    1946 1,792,200
    1947 1,776,100
    1948 1,854,200
    1949 1,844,700
    1950 2,006,000
    1951 2,161,100

    La ripresa del 1950 fu dovuta alla guerra in Corea, dopodiché Eisenhower fece un piano di infrastrutture pubbliche tipo la costruzione delle autostrade usando le tasse sulla benzina… oddio spesa pubblica.. tasse! Però funzionò 😛

  31. Giuseppe D'Andrea

    @Alessandro Guerani

    Crede forse che non me lo aspettassi?

    Ah questi Keynesiani; sempre li pronti a mostrarti un “macroaggregato” proprio come la Glokomstat sovietica e le sue tonnellate d’acciaio prodotte. Caro Guerani, è vero il suo dato è corretto, ma il PIL come ben sa misura le spese ‘totali’ durante l’anno, ma ha provato a disaggregare i dati sottraendo dalle spese pubbliche quelle del settore privato? Ovviamente no, altrimenti non mi avrebbe fornito un assist così facile, visto che disaggregando il valore della spesa privata raddoppia senza nessun intervento del governo eliminando la vostra fallacia della depressione del 1946.

    In più questo dato ‘deflazionato’ è deflazionato un paio di bolas, visto che durante gli anni della guerra era in vigore il controllo dei prezzi, e che i dati deflazionati non tengono conto di tale effetto.

    Dunque? Altro giro altro altra scusa. Torni con i suoi migliori dati.

  32. Dado

    Bravo Giannino.
    Approvo in pieno.

    Forse non tutti gli amici lettori hanno osservato bene il passaggio in cui evidenziava che la causa di questa situazione è da addebitare… “ai vecchi partiti della sinistra (e talora anche di destra (come nel nostro Paese) e dai neopopulismi di destra, di sinistra e di centro”.

    E’ questo il passaggio fondamentale!!!
    La proposta politica che è la forza che può cambiare l’ordine delle cose, dov’è in Italia?

    Se dico:
    liberalizzazioni
    attacco alle corporazioni
    privatizzazioni
    contenimento della spesa corrente
    flessbilità del mercato del lavoro
    riordino del sistema pensionistico
    ecc.
    in questi anni si è fatto pochissimo!!!, ma la maggior parte di quel poco l’ha fatto la sinistra (incredibile) o adesso il povero governo Monti.

    Mi chiedo e vi chiedo: dov’è la destra liberale.
    Dove si trova?
    Che faccia ha?

    Populisti senza valore a difesa delle corporazioni, spendaccioni peggio dei rossi mangia bambini e profeti del nulla.

    Mi chiedo e vi chiedo: dov’è la destra liberale.
    Dove si trova?
    Che faccia ha?

    Gradita risposta.
    Saluti a tutti

  33. Alessandro Guerani

    @Giuseppe D’Andrea

    E bella forza che raddoppia, sa oltre al controllo dei prezzi c’era pure il razionamento: decidetevi però… dite che la depressione non la ha fatta finire il New Deal ma che la ha fatta finire la guerra. Adesso salta fuori che manco è stata la guerra. E vabbeh… sarà stato solo Reagan a farla finire sta depressione (fra l’altro con politiche keynesiane involontarie… cioè le spese militari).

    Ho letto il paper del CATO, ma rimane anche il fatto che la domanda lì fuori c’era: un continente (l’Europa) da ricostruire con una industria azzerata dalla guerra. E il piano Marshall secondo lei non c’entra niente con la spinta ad investire ed assumere dell’industria americana (che era l’unica rimasta intoccata dalla guerra in tutto il mondo)?

    Guardi avrà capito che non sono uno per la spesa comunque sia (e neppure Keynes lo era), né politicamente schierato a prescindere o pacifinto, ma la spesa in investimenti statale ha portato sempre ricchezza alle nazioni, persino quella militare reaganiana (stiamo scrivendo qui grazie a quella, internet nacque come sistema militare diffuso di comunicazione).

    Purtroppo è quella che stiamo oramai abolendo del tutto.

  34. TERZO STATO

    Ora abbiamo il dovere di organizzare il movimento che difenderà la nostra libertà. Che mostrerà al paese il re nudo. Piccoli imprenditori, partite iva, dipendenti delle piccole imprese, precari, disoccupati, cervelli in fuga. Tutti gli esclusi dai privilegi dello Stato tiranno e della sua aristocrazia. In una parola il TERZO STATO che si difende dal primo dei politici e politicanti, dirigenti statali, appaltatori di stato, dipendenti pubblici, organi di controllo e tutto coloro che da questa rapina a chi produce, godono e si perpetrano, nei i figli e i nipoti, gli amici e gli amici degli amici inclusi i figli di dirigente del PCI, che ci spiegano il mondo alle 8 sulla Rai, dopo una vita di privilegi (Di stato). La parola è ORGANIZZAZIONE. La storia si ripete e al ceto produttivo spetta, da sempre l’onere del cambiamento.
    Oscar fondiamo il movimento del TERZO STATO oppure aspettiamo che l’ancien regime decida di autolicenziarsi.

  35. Possibile che solo Oscar Giannino dica queste evidenti cose? Se qualcuno mi spiega come possiamo fare x aiutarlo a sostituire Monti (ammesso che Giannino lo voglia), mi muovo anch’io. Grazie, dott. Giannino, x quanto sta già facendo. Dante Valerio Ghisi – Mantova

  36. Claudio Di Croce

    Sono ormai molti mesi che i frequentatori di questo blog ripetono le stesse cose , me compreso . L’Italia è piena di Ivan – nomen omen – e rimangono ancora molti Benito . Siamo il paese che ha avuto il più numeroso partito comunista , e ne abbiamo ancora due o tre di nome oltre che quello che hanno cambiato solo il nome ma è rimasto con la stessa ideologia .Abbiamo aderito entusiasticamente al fascismo e lo abbiamo mollato solo quando abbiamo perso la guerra . Abbiamo cinquemilioni di persone che in un modo o nell’altro prendono i soldi tramite lo stato dalle tasche dei produttori di ricchezza reale . Rappresentano cioè quasi quindicimilioni di voti . Nessun partito si metterà mai contro questi votanti anche perchè questi sono molto determinati e uniti e gli altri si litigano tra di loro ( l’esempio di datori di lavoro e lavoratori contrapposti è significativo )Non parliamo poi dei politici i quali decidono questo furto e ne trattengono una percentuale come tutti i papponi.Ma per fortuna abbiamo i TECNICI , gli ESPERTI che dovrebbero mettere a posto le cose . Con un piccolo particolare , che i nostri TECNICI provengono dal mondo dei cinquemilioni di statali , hanno la mentalità sovietica-statalista e quindi si comportano di conseguenza . Ma abbiamo una fortuna : il governo dei TECNICI è stato nominato da un Presidente eletto da un Parlamento di nominati , che è un giovane pieno di energia e di esperienza e in più mi sembra che abbia avuto una storia di oltre sessantanni nel PCI . Come siamo fortunati !!!!!

  37. marco

    Giannino, più continuano le polemiche e più mi convinco della mediocrità di politici, tecnici e commentatori. Provvedimenti salutati come innovatori demonizzati in seguito. Presunti rigorosi contabili scordati nella loro mediocrità dopo pochi mesi. Dileggiare il recupero di 50.000 euro come se fosse nulla, dileggiare le norme anti falso in bilancio come fossero barzellette. Guardiamo alla legislazione anglosassone anzichè improvvisare comizietti!! Detto questo ritengo che l’unica vera riforma sia quella politico amministrativa per eliminare i peggiori riducendo drasticamente i numeri degli eletti ( e dei corruttibili e strapagati) limitando i deputati a 200, eliminando i comuni sotto ai 10/20.000 abitanti ed eliminando le province.
    Impedire la contemporaneità di qualsiasi impiego contemporaneo al mandato (da giornalista a commercialista od avvocato o farmacista, a fortiori per dirigenti aziendali). Limitare a 6 il numero dei mandati elettorali (tra camera e senato, sindaco o assessore). Impedire la cooptazione in consigli di amministrazioni di aziende private per i 12 mesi successivi all’uscita da ruoli pubblici, per le aziende partecipate con capitali pubblici il tempo sarà di 24 mesi. Limite di capitale sociale di una qualsiasi società detenibile da un ente pubblico (comune, regione o stato) fissato al 20% del totale e senza golden share.
    TUTTO IL RESTO SONO BARZELLETTE; il nostro vero limite sociale sono CORRUZIONE ed EVASIONE FISCALE/MALAVITA da loro discendono (anche grazie ai capitali occultati) mediocrità, inefficienza, consenso supino, critiche esasperate ma inconcludenti, un giornalismo polemico ed incompetente pronto a schierarsi dopo-non prima per emendare, velleitarismo e pettegolezzi

  38. franco vizza

    Caro Dott Oscar il nostro governo ha capito nulla,se vuole cercare di far ripartire il mercato generale,ha mio modesto parere deve assolvere le imprese fallite ( tranne i fraudolenti) e metterle in condizioni tecnico giuritiche in grado di rifare impresa.
    Tenendo presente che al momento forse sono in maggioranza le piccole medio imprese fallite che quelle operative.

  39. john galt

    @Alessandro Guerani
    boh … il piano Marshall si rese necessario perché del sistema produttivo europeo era rimasto ben poco. Ciò non toglie che esso fu causa di inflazione, come lo fu il piano per la grande società di Lindon Johnson. Inflazione che, grazie al sistema dei cambi stabilito a Bretton Woods, fu esportata paro paro verso l’Europa ed il Mondo (che contribuirono anche alla corsa allo spazio ed alla guerra del Vietnam, se è per quello). La crescita che ne derivò fu, anche per gli Stati Uniti, insana, proprio perché indotta da tonnellate di carta. Del resto, fu proprio il tentativo di evitare la depressione immediatamente successiva alla prima guerra mondiale che portò al boom degli anni venti ed alla successiva depressione. La crescita indotta dalla spesa pubblica non è sana per definizione ed una volta innescata diventa una bestia che richiede continuamente il sangue della gente. A nunlla vale dire che funzionò, perché il conto, prima o poi, arriva.

  40. alex61

    @Paolo
    Tutto molto bello, come le vecchie animazioni della Nasa sulla vita dell’uomo nello spazio (la realtà è stata un pò diversa) che vedevo da bambino, ma temo che lo stato etico, che come un buon padre amministra la famiglia esista solo nella tua testa.
    Uno stato con poteri illimitati e ultraregolamentatore finisce irrimediabilmente per diventare arrogante e fare l’interesse di coloro che ne fanno parte (che non sono tutti i cittadini italiani, come vorreste farci credere).
    Diciamo le cose come stanno, lo stato italiano è un padre alcolizzato che sperpera i beni della famiglia al videopoker, e non penso che nel giro di una settimana possa trasformarsi in un premio Nobel della pace (e anche su quelli ci sarebbe da discutere).

  41. Giuseppe D'Andrea

    @Alessandro Guerani

    Non prenda posizioni di varie scuole economiche unite acriticamente sotto il nome di ‘liberismo’, io non credo che sia stata la spesa pubblica a fare finire la depressione ne quella in ‘programmi anti-ciclici’ ne quella in ‘spese militari’, non sto parlando di Ronald Reagan che ha fatto certe cose apprezzabili, ma ha anche contribuito ad incrementare i problemi strutturali (e gli sfasci futuri) della sua Nazione;

    – Il debito americano dall’era Carter all’era Reagan crebbe sia in termini nominali (da 550 Mld USD a 990 Mld di USD) sia in termini di percentuale sul PIL (dal 21.6% al 24.3%) che in termini di spesa federale sul prodotto privato netto (dal 31.1% al 34.4%).

    – Il deficit di Carter fu fra i 50 e i 70mld di USD mentre quello di Reagan si attestò saldamente sui 200mld USD, un risultato poco edificante per chi nel 1984 si proponeva di pareggiare il bilancio.

    – La riduzione della tassazione; le riforme del 1981 e 1986 nonostante la retorica del taglio e della semplificazione furono più che altro interventi cosmetici; il codice si complicò, il complessivo carico fiscale restò immutato sulla middle-class o aumentò marginalmente e le entrate fiscali aumentarono di oltre 200mld di USD. Rispetto all’era Carter, la tassazione diminuì in aggregato dal 27.2% del Pil privato al 26.6%; poco o nulla per chi aveva promesso sfaceli.

    – Le deregulation nel settore Energetico e Agricolo, protesse i manager inefficienti dalle OPA aggressive irrigidendo le regole e se la prese con il trading automatico (già all’ora :-D) per gli attacchi speculativi invece che badare alla sua politica monetaria inflattiva. Per essere uno sbandieratore del libero mercato ‘a-la’ Adam Smith o peggio Bastiat, non si può fare a meno di notare che dal 1970 agli anni ’80 le regole crebbero e si fecero più rigide.

    – Commercio internazionale: Aumento di tariffe e quote d’importazione, attacchi continui al Giappone, reo di vendere a prezzi convenienti beni di alta qualità, difensore strenuo delle aziende (inefficienti) nazionali, (alla faccia dei consumatori che dovevano pagare di più).

    – Politica monetaria; Il piano monetarista dei tassi di cambio ‘liberi’ senza alcuna influenza del tesoro e della Federal Reserve, fu letteralmente buttato nel dimenticatoio, e il governo si servì della moneta a proprio uso e consumo.

    Insomma per chi, come me aveva il mito di Reagan, fu doloro ma doveroso, constatare che c’era più retorica che pratica nel governo del presidentissimo e come illustrato non si tratta di cieca aderenza al liberalismo classico, ma di totale sovvertimento dell’ideale politico che lui e suoi colleghi supply-sider misero in pratica.

    Sul piano Marshall;

    Il piano Marshall ha influito marginalmente sul recupero vero e proprio dell’economia, i 13 mld di dollari investiti (circa un 120 miliardi di dollari) hanno generato una crescita reale più debole nei paesi che maggiormente hanno usufruito dei fondi rispetto a quelli che hanno ricevuto meno denaro. Il piano Marshall ha sicuramente giovato ad alcune aziende e ad alcuni settori dell’industria che fra l’altro furono anche ‘ispiratori e promoter’ dell’idea ma non dimentichiamo che il piano iniziò nel 1948 e che l’ascesa della produttività privata iniziò nel 1946.

    So perfettamente che Lord Keynes non era per la spesa comunque e nemmeno per i deficit prolungati (cosa che i Keynesiani successivi dimenticarono quasi subito), non credo che la logica politica debba entrare in economia perché segue criteri opposti e persegue risultati diversi, non sono un estremista a prescindere sulla spesa per investimenti ma non posso fare a meno di constatare che in mano alla politica la spesa pubblica degenera presto o tardi nel welfarismo esagerato e nella spesa clientelare, il che non produce ricchezza reale e aumento della produttività, ma assistenzialismo e falso senso di prosperità oltre a distorsioni nella catena produttiva che sono molto difficili da prevedere in corso d’opera e praticamente impossibili da correggere, ecco perché il debito e le manipolazioni di credito e moneta sarebbero da evitare il più possibile, a mio parere.

    Purtroppo oggi ci ritroviamo con un miasma di uscite che realisticamente vanno a finanziare un quadro economico distorto, dal quale, non riesco a vedere una uscita ne semplice, ne indolore.

  42. Marco Tizzi

    @Giuseppe D’Andrea
    Scusate se mi intrometto, ma fare in qualche modo un parallelo tra i tempi del piano Marshall e il momento attuale ha un buco di fondo: nel 1948 un gran pezzo d’Europa era stata rasa al suolo dai bombardamenti.

    Piaccia o meno costruire un continente da zero o quasi è ben altra cosa rispetto a riportare in vita un sistema economico che è sì morto, ma in cui i cittadini fondamentalmente hanno tutto.

    Piuttosto sarebbe da porsi la domanda: oggi ci sono 200 milioni di disoccupati nel mondo, pari alla popolazione di Francia, Italia e Germania, inclusi vecchi e bambini, cosa gli facciamo fare a questa gente?
    Fare buche per poi ricoprirle? Davvero?
    Ai 200 milioni vanno aggiunti tutti quei milioni di persone che un lavoro nemmeno lo cercano più.
    Le cifre sono impressionanti eppure continuiamo ad avere una sovrapproduzione sia di beni che di servizi.
    Non esiste più un settore al mondo che abbia bisogno di personale, anche il software, che resta l’ultimo lavoro completamente manuale, ha un eccesso in alcuen zone (India e Russia soprattutto) e carenza in altre.
    In più ci sono milioni di lavori completamente inutili, inventati dal nulla da regolatori che si inventano regole e controllori che controllano i controllori.

    Insomma: bisogna trovare un nuovo sistema economico sostenibile. In termini di vita delle persone, oltre che di sopravvivenza delle risorse naturali.
    C’è bisogno di qualcosa di nuovo.

  43. Giuseppe D'Andrea

    @Marco Tizzi

    Il punto è, se il sistema è morto, perchè non è collassato tutto? Sarà forse che tutto viene tenuto artificialmente in vita utilizzando strumenti politici che stanno inibendo le correzioni.

    Per il resto la ‘iperproduzione’ che viene riesumata oggi non è un concetto nuovo, già nel 1700 si parlava di sovrapproduzione, senza badare al concetto chiave; se si produce vuol dire che c’è un profitto e un prezzo conveniente per produrre. Il processo di attribuzione del prezzo se lasciato libero di operare si occupa di affibbiare perdite ai settori iper-espansi causandone la contrazione, riequilibrando il rapporto fra domanda e offerta, l’unico modo in cui questo viene messo in off-set è lo stimolo della domanda o i sussidi all’offerta che causa a sua volta la distorsione dell’offerta che continua a perseguire strade che in realtà si basano sul puro artificio politico, non sul genuino rapporto di mercato.

    Certo non è una bella spiegazione per chi sogna l’entropia, la fine del mercato, il socialismo reale o qualche altro ‘cambio radicale delle caratteristiche dell’umanità’ ma questo è semplicemente il processo di mercato dal 7000 anni fa sin oggi, che non è un istituzione ma la semplice ricombinazione delle preferenze individuali, niente più e niente di meno. L’uomo avanzando crede di poter ignorare i principi economici in base alla cattiva percezione della propria intelligenza, ritenendosi in grado di programmare, gestire e manipolare d’imperio complesse dinamiche sociali asimmetriche, inevitabilmente fallisce, prende batoste, ma non si arrende all’idea di non poter prevedere tutto.

    Come diceva un vecchio proverbio russo;

    “La Storia ci insegna, che l’uomo non apprende nulla dalla storia”

  44. adriano q

    Krugman mi è simpatico perchè con poche parole ha spiegato che non ci si può stupire o sorprendere dei problemi di liquidità o di insolvenza per un debito denominato in una moneta di cui non si ha la sovranità.Chi riesce a dire queste banalità senza morire dal ridere non può avere completamente torto. Le considerazioni di Giannino sono corrette se riferite all’Europa bislacca dell’euro.Quando il debito è espresso nella moneta di riferimento è diverso.Stabilito che comunque non si può e non si deve aumentarlo con nuove tasse,in un paese normale,se è rivolto all’interno,non vedo le ragioni di porre dei limiti nei casi sia utile farlo.Meglio sopravvivere con l’inflazione da stampa che morire di fame da rigore.

  45. Giuseppe D'Andrea

    @adriano q

    Si suppone che l’inflazione sia controllabile ed edificante, ma in realtà abbiamo già problemi oggi con il 2.7% di inflazione, cosa succederebbe se avessimo il 5% che Krugman auspica? Forse Krugman si è dimenticato, o spera che la sua audience si sia dimenticata, che la strada che propone lui non avvia ‘nuove fasi di sviluppo’ ma può portare direttamente a quel fenomeno che discreditò completamente la scuola keynesiana agli occhi del mondo; la Stagflazione (combinazione di alta inflazione e alta disoccupazione).

    Inondare il sistema di liquidità (sistema che fra l’altro non ha attualmente carenze di liquidità) non è una panacea. Certo l’austerità così come l’hanno intesa gli stati (più tasse, più regole) non è una soluzione anzi.

  46. Marco Tizzi

    @Giuseppe D’Andrea
    Giuseppe, nel 1700 la produzione non era automatizzata.
    Oggi comunque la produzione avviene anche se non si riesce a vendere e comunque i prezzi non sono più dipendenti dalla domanda, ma dal sistema produttivo.

    Guarda il mondo dell’automotive: per carità, i concessionari fanno qualche sconto, ma con il calo della domanda che c’è stato in questi anni i prezzi e la produzione dovrebbero crollare. Invece no, perché?
    Perché tanto gli impianti li hanno comprati e conviene comunque farli funzionare e riempire i piazzali: quello che si vende si vende, quello che non si vende resta lì. E i prezzi li decidono gli ammortamenti, non il mercato.

    L’agricoltura è nella stessa situazione: io vivo vicino all’ortomercato di Milano, che penso sia il più grande d’Italia e non hai idea di quanta merce buttino via tutti i giorni. Tanto li coltivano le macchine, una volta che hai comprato le macchine quanto vendi non conta più nulla.

    Nel mondo del vestiario stanno inventando sistemi logistici più tesi, in modo da avere meno sovrapproduzione (vedi Zara), ma comunque continuano ad esserci magazzini pieni di roba invenduta.

    Non si può considerare il sistema economico sempre uguale, dai, non è possibile pensare che il progresso tecnologico non abbia conseguenze nel mondo economico, perché tanto “ha le sue leggi, che funzionano, e del resto se ne frega”.

    Se cambia la struttura del costo industriale, spostandosi verso ammortamenti ed eventualmente energia, cambia tutto in economia.
    Già oggi il costo del lavoro conta sempre meno, nonostante le balle che raccontano tutti gli economisti che in un’azienda non ci sono mai entrati. Andate da un imprenditore e chiedetegli se preferisce una riduzione del costo del lavoro o una riduzione del costo del denaro e vedrete!!

  47. cleo

    PERCHè ‘monti difende i dipendenti equitalia e non i poveri cittadini vessati da equitalia ?

  48. Giuseppe D'Andrea

    @Marco Tizzi

    Marco abbiamo già parlato a lungo della questione, tu sei per l’idea di Rifkin/Zeitgeist, il mondo crolla, il mercato passerà, il lavoro umano non serve e ben presto avremo una super pianificazione globalizzata e tecnocratica che penserà a noi permettendoci di raggiungere lo stadio della fine della scarsità evitandoci lo spiacevole peso di lavorare. Io sinceramente non ci credo, mi basta grattare la superficie di Rifkin e di Zeitgeist per ritrovare enormi e pedissequi parallelismi Marx, Engels, Kautsky e i successivi teorici Sovietici, sinceramente vi invito a leggere i testi del grande filosofo tedesco e dei pensatori sovietici più avanzati; Pensavano esattamente le stesse cose, avevano gli stessi obiettivi e a differenza dei Rifkin hanno anche avuto i mezzi per provare a realizzare il loro disegno; abbattere il mercato, pianificare, puntare sulla scienza e sulla determinazione dei bisogni umani e nella cancellazione della scarsità. Hanno fallito miseramente e mostruosamente non per carenza di mezzi o autorità, semplicemente perchè il socialismo ‘scientifico’ non funziona a livello concettuale, perchè si pone problemi sostanzialmente economici, che vuole affrontare senza badare all’economia dunque si avvia inequivocabilmente al fallimento o all’inconsistenza.

    Le leggi economiche cambiano al variare dei mezzi e dei tempi? Non credo proprio, mai nella storia all’inserimento di un procedimento produttivo diverso o all’inserimento di una nuova tecnologia, ha cambiato il peso del sistema dei prezzi o quello dei profitti e delle perdite, o il rapporto domanda e l’offerta. Che mi risulti un azienda interamente automatica deve seguire gli stessi principi di una normale o di una totalmente smaterializzata, non profittano solo perché ‘sono tecnologicamente avanzate’; solo se producono qualcosa di utile per qualcuno ad un prezzo concorrenziale possono totalizzare un profitto altrimenti generano perdite e all’occorrenza falliscono (Eastman-Kodak, Q-Cells, Sun Microsystems). Differenze con un produttore di un altro tempo? No, un mercante veneziano del XIII secolo vendeva una merce ad solo se questa poteva interessare a qualcuno ed il suo prezzo era concorrenziale rispetto a quello degli altri mercanti. Questo è il mercato.

    I costi del lavoro sono importanti eccome, l’imprenditore non segue acriticamente la tecnologia la usa solo se l’investimento può dargli un vantaggio sostanziale e se l’investimento è conveniente. Cosa succede se i costi del lavoro aumentano sempre e si irrigidiscono le normative e l’aggressività dei movimenti sindacali aumenta e contemporaneamente i costo del denaro si abbassa ? Si preferisce impiegare meno lavoratori e fare uno sforzo verso l’investimento in beni capitali questo è l’effetto Ricardo, ed ecco che in Italia fioriscono le aziende con meno di 15 dipendenti (limite dell’articolo 18 guarda caso) che costituiscono i 70% e in Francia quelle con 49 dipendenti (il limite del Code du Travaille) io stesso conosco imprenditori che nel periodo dei capitali ‘cheap’ hanno preferito comprare un macchinario piuttosto che assumere 20 persone, ma solo per il combinato disposto di questi due fattori.

    E se i costi imposti aumentano e i capitali diventano più costosi e aumenta la tassazione (che riduce i profitti e l’accumulazione del capitale) ? Semplice o si delocalizza o prima o poi si chiude e guarda caso è quello che sta succedendo da noi e che succederà nel futuro prossimo venturo.

    Poi come ti ho detto già altre volte, ognuno è libero di teorizzare a piacimento, questa è la mia idea, potrei anche sbagliarmi, in tal caso cambierò idea.

  49. Giovanna Avio

    Egregio Sig. Giannino, la ascolto ogni mattina a radio 24 e da semplice cittadina-contribuente-pensionata e quindi ben ben mazziata, la prego, la supplico, NON SMETTA NEPPURE UN ATTIMO nel continuare a dire e a fare una battaglia accorata contro questo STATO LADRO LADRO. Lei ha possibilità per competenza in argomento e per il mezzo che ha ( la radio ) di combattere contro un mostro che ha tutti i poteri in barba al cittadino che dovrebbe essere sovrano. E invece deve subire ogni sorta di CATTIVERIA senza poter fare nulla. Grazie Grazie per tutto quello che fa e che farà Giovanna

  50. Massimo74

    @cleo

    Perchè monti è uno che nella sua vita è sempre vissuto di tasse,quindi è normale che stia dalla parte dei taglieggiatori e non da quella delle vittime.

  51. Marco Tizzi

    @Giuseppe D’Andrea
    Lasciamo stare le teorie, non voglio mettermi a disquisire sulle differenze tra il marxismo, il pensiero di Rifkin e il movimento zeitgeist, che ci sono e sono tante.

    Io parlo di questioni molto pratiche e molto attuali: in Italia lavorano 20 milioni di persone su 60. Le cose non vanno granché, ma nemmeno poi così male se pensi che le persone che non lavorano sono il doppio di quelle che lavorano. Anzi il triplo se consideri i dipendenti pubblici.
    Non più tardi di 100 anni fa chi non lavorava moriva di fame in questo Paese. Cos’è successo nel frattempo?

    Le aziende non profittano solo perché tecnologicamente avanzate, ovviamente. La differenza sta che nelle aziende molto automatizzate la differenza tra il fallimento e il successo è prima di fare l’investimento, mentre una volta fatto non cambia più nulla.
    Produrre o non produrre non cambia niente, ormai il costo è andato.

    Giuseppe, non esiste un imprenditore che di fronte alla scelta “uomo o macchina” scelga l’uomo. Mai, in nessun caso. Perché se sceglie “uomo” non può vincere.
    Possono mancargli i soldi per farlo, ma razionalmente non può preferire la manodopera all’automazione.

    Le aziende che delocalizzano hanno successo se delocalizzano per conquistare nuovi mercati e/o scappare dalla tassazione assurda sull’impresa.
    Quelle che hanno cercato manodopera a basso costo han preso delle belle scoppole: spesso hanno chiuso o son tornati indietro con le orecchie basse.

    Non è che io voglia convincerti a tutti i costi, ma ci sono dei fatti di fronte ai quali mi sembra davvero che la tua visione sia un filo troppo “romantica”.

    Poi, sia chiaro, non è che abbia in tasca una risposta al problema, perché nel momento in cui anche tu ammettessi (finalmente :)) che di lavoro per tutti non ce n’è in questo pianeta non ho idea di come si possa gestire la cosa.

  52. Massimo

    perfettamente d’accordo che Monti dovrebbe prima di tutto tagliare la spesa:ma avrà mai poteri tali da raddrizzare le situazione? Ricordiamoci che sono trent’anni che si parla di riforma dello stato per ridurre le spese correnti e, dopo Brunetta, si continua a parlarne ora con Bondi. Prossimo obiettivo degli anarco-brigatisti, per certo. Troppi interessi in conflitto con il vero libero mercato, specie nel lavoro pubblico: niente controlli e, quando ci sono, si danno i bonus anche ai truffatori del badge!

  53. Vincenzo N.

    @Marco Tizzi
    L’intervento è rivolto anche a Giuseppe D’Andrea

    Non che voglia infilarmi per forza in una conversazione che mi rimanda a teorie economiche di cui ho dismesso la frequentazione dopo essermi trasferito, col mio primo lavoro, in una azienda informatica che era, ed è, un colosso. La mia laurea in economia non mi basta per seguirvi da vicino: volate in luoghi che non conosco abbastanza. Pertanto confesso da subito che se non mi lasciate andare fuori tema vi sarebbe facile mettermi in buca. Io ho un approccio, come dire, più filosofico alla vicenda, vale a dire che non riesco a circoscrivere la crisi che ci trapassa in un contesto esclusivamente economico, non riesco a tradurre il tutto in un problema di lavoro, capitale, rendita, automazione.
    Osservo che in Europa – repressioni comuniste a parte (tutto sommato bazzecole – seppure con rispetto alle vittime) – non si spara da tanto, tantissimo tempo, mi riferisco al fatto che dal 1945 l’assenza di guerre ha contemporaneamente allungato la vita e stregato la morte, o la sua prospettiva.
    Ciò ha avuto una conseguenza importante.
    Osserviamo la piramide demografica. Avendo essa la punta “in giù” – che strana piramide, una piramide rovesciata! Possiamo credere che sia in grado di stare in equilibrio? per un po’ forse sì, ma, come una trottola, bisognerà farla ruotare sempre più in fretta, perché la sua base è ormai “ballerina”, la società che la abita deve muoversi con un passo circolare, il suo equilibrio diventa sempre più precario, e i vecchi che vi risiedono in cima, unitamente a quelli che stanno per salire ai gironi superiori, sentono le scosse e le onde molto più di quelli che stanno in basso. Chi sta in alto dunque vive il paradosso di stare “bene” e, al contempo, … di avere paura di uscire dalla piramide (non hanno ancora inventato una società che non abbia paura della fine).
    Se la guardate secondo questa prospettiva mettendoci dentro il fatto che altrove nel mondo non sanno nemmeno cosa sia una piramide rovesciata – rimuoviamo la cosa persino noi che ci abitiamo dentro – noterete che quello che sta accadendo è la conseguenza di ciò che ci manca. Vale a dire una paura vera, una paura “naturale” e quindi non egoistica, la paura che si prova quando si è coscienti che una bomba potrebbe atterrare sulla nostra casa e distruggere noi e ciò che ci appartiene.
    La nostra classe dirigente si è abituata a gestire l’egoismo e la paura di chi sa che oltre l’ultimo piano della piramide o non c’è niente o c’è qualcosa che è inutile avere fretta di andare a toccare…. se si può avere una buona pensione stando qui sulla terra.
    C’è molto dell’eterno male dell’uomo nel casino che ci sta arrivando addosso, c’è che ci si è riempita la bocca di bugie spacciando per democrazia la ricerca del consenso di quelli che abitavano al piano di sotto, quando la piramide era ancora a punta “in su”, quando la lotta era basata sul fatto che bisognava “acquisire” dei “diritti” per l’eternità (che ridere!! ma l’hanno pagata almeno l’imposta di registro su questi diritti così affini ai beni immobili?) e ciò ad ogni costo, a qualsiasi prezzo, accendendo ipoteche, abbassando le luci sulla morale dei padri che in guerra erano morti soffrendo davvero: per fame, per freddo, per stenti e sofferenze indicibili, e per una pallottola in fronte naturalmente, e preciso che non me ne frega un cazzo da che parte si fossero schierati nelle guerre in cui si trovarono coinvolti, alla faccia di Bersani che ambisce di fare il vigile per stabilire lui (proprio lui!!) chi ha diritto all’ambulanza oppure no nei momenti del bisogno.
    Per questo, pur avendo rispetto della teoria economica – che potrà soccorrerci solo dopo che ci saremo riappropriati delle libertà individuali – credo che non potremo uscire da questo casino senza pagare un prezzo di dolore vero, di quello che fa male, che non si cura dallo psichiatra o psicoterapeuta che sia come se fosse un malessere mentale, perché non basteranno i salassi di MM, e nemmeno gli ormoni che favoriscono la Crescita, anzi, più ne useremo e peggio staremo, fino a quando, come accade nelle guerre che uccidono, ci renderemo conto che, esauriti gli anestetici, ci vorrà la chirurgia.

  54. john galt

    @Vincenzo N.
    Scusami, mi intrometto non richiesto. Ho letto con interesse, ma non riesco a capire se stai auspicando o temendo l’Apocalisse che lasci intravedere.

  55. Vincenzo N.

    @john galt
    non vedo la luce in fondo al tunnel quindi non posso stare tranquillo, direi che la parola timore non descrive a sufficienza il mio sentimento. Poi, su come, quando e da che punto risorgeremo, nessuno lo sa, è pero un peccato che la gente continui a sognare rose e fiori abbeverandosi ai vecchi totem ABC & G quando invece si trova sull’orlo del baratro, perché aprire gli occhi – anziché guardare il mondo alla vecchia maniera – comunque le farebbe bene, le permetterebbe di preprarsi e atterrare meglio.
    Non sarà l’Apocalisse, case e palazzi resteranno su, ma è verosimile che agli attuali proprietari non sarà facile tenerli in piedi giacché i nostri creditori (che di ecomomia di carta non ne vorranno sapere) hanno stretto un patto con chi ci governa mandando qui MM per portarceli via.
    Diciamo che penso che prima tutto succede meglio è.

  56. Marco Tizzi

    @Vincenzo N.
    Innanzitutto io non credo nell’esistenza della scienza economica, quindi le opinioni sue, di Giuseppe e di chiunque altro per me valgono tanto quanto quelle di Rifkin, Marx, Stiglitz, Wray o Hayek.

    Lei ha molta ragione quando dice che la questione tutta è più filosofica e sociale che strettamente economica. E’ uno dei motivi, a mio parere, del clamoroso fallimento di Monti e di Papademos: la politica è più complessa della contabilità.

    Per il resto mi pare che lei abbia una visione troppo pessimista, ma è un mio modestissimo parere: le crisi sono un momento sotto molti punti di vista straordinario, dove vengono messe in discussioni quelle basi che nei momenti di vacche grasse diamo per scontati e scontatamente corretti.
    Abbiamo l’occasione di costruire una società migliore, ma ovviamente (per fortuna!) non ci troviamo d’accordo né su cosa sia “migliore”, né eventualmente sul “come” raggiungere lo scopo.

    La sfida, la grande, enorme, immensa sfida sta nel cercare la via migliore tramite il confronto.
    Altrimenti ci scanneremo e passerà l’idea del più forte.
    Il problema è che questa sfida la possiamo vincere solo se ci troviamo ad avere a che fare con una politica recettiva.
    E su questo abbiamo un potere relativamente basso, perché a mio parere la democrazia rappresentativa è una contraddizione in termini, dato che chi mi “rappresenta” è impossibile che la pensi come me.

    Uno dei problemi della “questione europea” è che la crisi riguarda chi non comanda e chi comanda non vive la crisi: se si porta con la mente indietro di un anno e mezzo, sinceramente, quanto le importava di quanto stava succedendo in Grecia?
    A me poco e nulla, sinceramente. Era una questione che mi sfiorava e basta.
    I tedeschi la vivono allo stesso modo.

    Per il resto sia io che, credo, Giuseppe siamo consapevoli che l’attuale sistema economico, a livello globale, sia fondato su alcuni problemi di fondo che non hanno una risoluzione di facciata, ma che dovrebbero essere aggrediti alle fondamenta.

    Putroppo, temo, né io né lui abbiamo certezze sulle soluzioni.
    Almeno, io non l’ho di certo, o almeno non realistiche.
    Di sogni, quelli per fortuna son pieno 🙂

  57. francesco miglino

    E’ NOSTRO DOVERE CONOSCERE I NOMI DEI DEVASTATORI DEL NOSTRO PAESE ED I DANNI PROCURATI AL’ ITALIA DALLA INTRODUZIONE DELLA PARITA’ DI BILANCIO.
    UN DOCUMENTO DIRETTO AD OBAMA SU CUI ERA FONDAMENTALE DIBATTERE PER DIFENDERE IL NOSTRO AVVENIRE E’ STATO VOLUTAMENTE IGNORATO DAI GIORNALISTI AFFILIATI ALLE TESTATE A PARTECIPAZIONE BANCARIA.

    I PREMI NOBEL PER L’ ECONOMIA HANNO SCRITTO AL PRESIDENTE OBAMA SCONGIURANDOLO DI NON INSERIRE NELLA COSTITUZIONE DEGLI STATI UNITI IL VINCOLO IN MATERIA DI PAREGGIO DEL BILANCIO.

    NEL NOSTRO PAESE IN FORTE FASE RECESSIVA, SENATORI E DEPUTATI IN CARICA, ESCLUSI ALCUNI ASTENUTI, INVECE DI SOTTOPORRE AD UN REFERENDUM POPOLARE LA MODIFICA DELL’ ARTICOLO 81 DELLA COSTITUZIONE E DIFENDERCI CHIEDENDO INVESTIMENTI IN EURO BOND PER RILANCIARE L’ ECONOMIA, INSERISCONO IL PAREGGIO DI BILANCIO NELLA COSTITUZIONE IN OSSEQUIO ALLE DIRETTIVE DELLA GRANDE FINANZA CHE SPECULA SUI NOSTRI CONTI E RENDE AMARA E INSOPPORTABILE LA VITA DI MOLTI DI NOI.

    LETTERA INVIATA DAI PREMI NOBEL AL PRESIDENTE U.S.A. SU CUI E’ NECESSARIO RIFLETTERE.

    Cari presidente Obama, presidente Boehner, capogruppo della minoranza Pelosi, capogruppo della maggioranza Reid, capogruppo della minoranza al Senato McConnell, noi sottoscritti economisti sollecitiamo che venga respinta qualunque proposta volta ad emendare la Costituzione degli Stati Uniti inserendo un vincolo in materia di pareggio del bilancio. Vero è che il Paese è alle prese con gravi problemi sul fronte dei conti pubblici, problemi che vanno affrontati con misure che comincino a dispiegare i loro effetti una volta che l’economia sia forte abbastanza da poterle assorbire, ma inserire nella Costituzione il vincolo di pareggio del bilancio rappresenterebbe una scelta politica estremamente improvvida. Aggiungere ulteriori restrizioni, cosa che avverrebbe nel caso fosse approvato un emendamento sul pareggio del bilancio, quale un tetto rigido della spesa pubblica, non farebbe che peggiorare le cose.

    1. Un emendamento sul pareggio di bilancio avrebbe effetti perversi in caso di recessione. Nei momenti di difficoltà economica diminuisce il gettito fiscale e aumentano alcune spese tra cui i sussidi di disoccupazione. Questi ammortizzatori sociali fanno aumentare il deficit, ma limitano la contrazione del reddito disponibile e del potere di acquisto. Chiudere ogni anno il bilancio in pareggio aggraverebbe le eventuali recessioni.

    2. A differenza delle costituzioni di molti stati che consentono di ricorrere al credito per finanziare la spesa in conto capitale, il bilancio federale non prevede alcuna differenza tra investimenti e spesa corrente. Le aziende private e le famiglie ricorrono continuamente al credito per finanziare le loro spese. Un emendamento che introducesse il vincolo del pareggio di bilancio impedirebbe al governo federale di ricorrere al credito per finanziare il costo delle infrastrutture, dell’istruzione, della ricerca e sviluppo, della tutela dell’ambiente e di altri investimenti vitali per il futuro benessere della nazione.

    3. Un emendamento che introducesse il vincolo del pareggio di bilancio incoraggerebbe il Congresso ad approvare provvedimenti privi di copertura finanziaria delegando gli stati, gli enti locali e le aziende private a trovare le risorse finanziarie al posto del governo federale. Inoltre favorirebbe dubbie manovre finanziarie (quali la vendita di terreni demaniali e di altri beni pubblici contabilizzando i ricavi come introiti destinati alla riduzione del deficit) e altri espedienti contabili. Le controversie derivanti dall’interpretazione del concetto di pareggio di bilancio finirebbero probabilmente dinanzi ai tribunali con il risultato di affidare alla magistratura il compito di decidere la politica economica. E altrettanto si verificherebbe in caso di controversie riguardanti il modo in cui rimettere in equilibrio un bilancio dissestato nei casi in cui il Congresso non disponesse dei voti necessari per approvare tagli dolorosi.

    4. Quasi sempre le proposte di introduzione per via costituzionale del vincolo di pareggio di bilancio prevedono delle scappatoie, ma in tempo di pace sono necessarie in entrambi i rami del Congresso maggioranze molto ampie per approvare un bilancio non in ordine o per innalzare il tetto del debito. Sono disposizioni che tendono a paralizzare l’attività dell’esecutivo.

    5. Un tetto di spesa, previsto da alcune delle proposte di emendamento, limiterebbe ulteriormente la capacità del Congresso di contrastare eventuali recessioni vuoi con gli ammortizzatori già previsti vuoi con apposite modifiche della politica in materia di bilancio. Anche nei periodi di espansione dell’economia, un tetto rigido di spesa potrebbe danneggiare la crescita economica perché gli incrementi degli investimenti ad elevata remunerazione – anche quelli interamente finanziati dall’aumento del gettito – sarebbero ritenuti incostituzionali se non controbilanciati da riduzioni della spesa di pari importo. Un tetto vincolante di spesa comporterebbe la necessità, in caso di spese di emergenza (per esempio in caso di disastri naturali), di tagliare altri capitoli del bilancio mettendo in pericolo il finanziamento dei programmi non di emergenza.

    6. Per pareggiare il bilancio non è necessario un emendamento costituzionale. Il bilancio non solo si chiuse in pareggio, ma fece registrare un avanzo e una riduzione del debito per quattro anni consecutivi dopo l’approvazione da parte del Congresso negli anni ’90 di alcuni provvedimenti che riducevano la crescita della spesa pubblica e incrementavano le entrate. Lo si fece con l’attuale Costituzione e senza modificarla e lo si può fare ancora. Nessun altro Paese importante ostacola la propria economia con il vincolo di pareggio di bilancio. Non c’è alcuna necessità di mettere al Paese una camicia di forza economica. Lasciamo che Presidente e Congresso adottino le politiche monetarie, economiche e di bilancio idonee a far fronte ai bisogni e alle priorità, così come saggiamente previsto dai nostri padri costituenti.

    7. Nell’attuale fase dell’economia è pericoloso tentare di riportare il bilancio in pareggio troppo rapidamente. I grossi tagli di spesa e/o gli incrementi della pressione fiscale necessari per raggiungere questo scopo, danneggerebbero una ripresa già di per sé debole.

    KENNETH ARROW, premio Nobel per l’economia 1972
    PETER DIAMOND, premio Nobel per l’economia 2010
    WILLIAM SHARPE, premio Nobel per l’economia 1990
    CHARLES SCHULTZE, consigliere economico di J.F. Kennedy e Lindon Johnson, animatore della Great Society Agenda
    ALAN BLINDER, direttore del Centro per le ricerche economiche della Princeton University
    ERIC MASKIN, premio Nobel per l’economia 2007
    ROBERT SOLOW, premio Nobel per l’economia 1987
    LAA TYSON, ex direttrice del National Economic Council

  58. Riccardo

    Sig. Giannino, non è solo lei a pensarla come dice, siamo in tanti, ma forse non riusciamo a farci sentire come chi nella comunicazione e negli intrighi fonda il proprio potere.
    Difatti, specialmente in Italia, ad ottenere riconoscimenti e vantaggi sono sempre i piu potenti e non i piu meritevoli.
    E a maggior ragione in momenti come questi, in cui si va alla ricerca dei colpevoli della crisi, che tali poteri tendono in maniera naturale a far fronte comune per difendere il sistema e le loro posizioni.
    Ed ecco che politici di tutti i colori (accomunati come mai), il governo (fatto di burocrati e banchieri), funzionari pubblici, sindacati, lobby pubbliche e private e tanto giornalismo pubblico e schierato, monopolizzano le opinioni e convincono tutti (spesso anche al giornalismo non schierato), che il problema è solo di sacrifici, di tasse, di tassi e di Germania.
    Continui ad essere la voce di tanti.

  59. freedom

    Nel declino economico di qualsiasi civilizzazione, le élites politiche attuano uno schema noto: più debito, più regolazione, maggiore restrizione delle libertà, più svalutazione della moneta, più tassazione e pericolosa applicazione delle regole.
    Inoltre, la macchina propagandistica viaggia a pieno ritmo, assicurandosi che la classe povera sia troppo accecata dal fervore patriottico per accorgersi del saccheggio di stato.
    E nel caso in cui qualcuno esca dal seminato o inizi a pensare troppo, essi assumono e inviano gente col distintivo, armi e l’autorità di terrorizzare la popolazione.
    Che si tratti di tassazione diretta in forma di furto bello e buono o di tassazione indiretta sotto forma di inflazione, queste tattiche sono state usate per millenni al fine di mantenere privilegi elitari a spese del resto della popolazione.
    Questa volta è lo stesso.

  60. andrea

    @francesco miglino
    “…IN OSSEQUIO ALLE DIRETTIVE DELLA GRANDE FINANZA CHE SPECULA SUI NOSTRI CONTI E RENDE AMARA E INSOPPORTABILE LA VITA DI MOLTI DI NOI…”
    E’ proprio sicuro al 100% di quello che ha scritto?
    Provi a chiedersi chi ha consentito, guadagnandoci, alla “grande finanza” i molti comportamenti irresponsabili di cui si è resa protagonista al punto da creare nei decenni una bolla di ricchezza virtuale molte volte superiore alla ricchezza reale del mondo.
    E poi si domandi chi ha favorito quei comportamenti.
    Le do, se Le interessa, un piccolo aiuto, poi il resto lo continui a cercare online da sè per documentarsi e capire meglio la truffa, esattamente come ho fatto io. Non mancheranno le sorprese!
    La data: 15 Agosto 1971
    La persona: Richard Nixon
    Il punto fermo (che non c’è più): Gold exchange standard
    E dia un’occhiata anche su: http://www.usemlab.com
    Con tutto il rispetto e la solidarietà possibili per la vita amara ed insopportabile che ci attende.

  61. Claudio Di Croce

    @andrea
    Ha ragione : la guerra fredda avrebbe dovuto essere vinta dall’URSS che aveva reso felici i suoi sudditi – pardon i suoi compagni – liberi dalla finanza .
    E’ evidente che anche lei è un allievo/collega di Brancaccio della famosa Università del Sannio e/o della Calabria , non ricordo bene.
    Speriamo che comunque bandiera rossa ritorni a renderci felici .

  62. andrea

    @Claudio Di Croce
    Mi sarò espresso in maniera equivoca. Ma io la penso esattamente al contrario di quanto Lei mi attribuisce.
    L’abolizione del gold exchange standard ha permesso di creare la piramide rovesciata di moneta a corso legale o fiat-money che poggia su una limitata quantità di oro.
    Cioè, ha permesso ai politici interventisti di fare tutta la spesa pubblica (che volevano per il consenso) in deficit per decenni accumulando i debiti folli che ci ritroviamo sul groppone adesso.
    Si figuri se posso apprezzare i pianificatori economici!

  63. @ Marco Tizzi

    Dico la mia sul presente e sul possibile futuro: penso innanzitutto che ci abbiano illusi di poter diventare tutti ricchi, per di più lavorando poco (idea geniale, direi, per ottenere consenso, le dittature al confronto sono dilettantesche). Ora ci stiamo accorgendo (anche se continuano ad illuderci che si possa tornare a crescere ah ah ah) che questo non è possibile. Purtroppo, nel frattempo ci hanno indebitato (a nostra insaputa) per perpretare l’illusione che potevamo essere tutti ricchi. Che fare? Primo, ripagare il debito, in qualche modo. Cioè ridimensionarsi, come sta facendo la Grecia. Ma se la Grecia stesse semplicemente ritornando a un livello di PIL che corrisponde alla sua reale produttività? Non sarebbe una cosa normale questa?

    Dunque, anche per noi, il futuro è quello di tornare alla realtà, perché adesso stiamo vivendo al di sopra delle nostre possibilità, e lo stiamo facendo da un pezzo. Fortunatamente, siamo abbastanza ricchi da poter vivere tutti dignitosamente. Certo, senza SUV, vacanze alle Maldive, vestiti nuovi tutti i mesi, iPhone e iPad e altre amenità che col benessere fortunatamente non hanno nulla a che vedere.
    Il problema grosso ora è ridistribuire in modo equo. Nessuno mollerà l’osso, e alla fine ci troveremo con un sacco di gente povera, e pochi ricchi, invece che con pochi ricchi, ma tutti felici.

    Io dunque sono per una strategia mista: liberismo + redistribuzione. Porrei un tetto al reddito individuale con una tassazione progressiva (alla Holland, ma più pesante), ma al contempo introdurrei meritocrazia a tutti i livelli garantendo da parte dello stato il minimo per vivere a tutti, ma non più del minimo. Se vuoi arricchirti, devi sgobbare. È contemplato in qualche teoria economica?

  64. Marco Malavasi

    Cari amici, liberisti credo, il punto di partenza per un giro di boa duraturo, dalle fondamenta solide parte, secondo me, dall’accantonamento, almeno per ora, di tutti i discorsi che coinvolgano i grandi sistemi e l’organizzazione della vita dei singoli cittadini. Si sente dire, con sempre maggior insistenza, che il sistema non regge, che siamo al collasso del modo di vivere consumista occidentale, che bisogna tornare un po’ indietro e molto altro su cui metto un bel omissis per pure e semplici questioni di noia. Non credo si debba affatto tornare indietro, nemmeno di un millimetro, sul cammino dello sviluppo e del benessere. Cosa significa quando si dice “abbiamo troppo”, oppure “il benessere porta malessere”, cosa significa? Significa un bel mucchio di chiacchiere da bar dello sport che, non solo servono a nulla, ma ritardano ulteriormente le menti già fin troppo ritardate dai discorsi dei nostri politici statalisti di professione e non e quelli veramente comici e ormai petulanti e vuoti di Grillo. E poveri quei bravi, istruiti e volonterosi giovani che lo vedono come il messia. La nostra società ha bisogno di liberarsi dalle ganasce d’acciaio dello Stato e dello statalismo, non per precipitare nel fondo oscuro e socialmente disuguale di un liberismo senza freni dallo stampo puramente egoistico, no. Dobbiamo uscire più alla svelta possibile da una morsa che sta letteralmente soffocando l’Italia e l’Europa, le quali viceversa portrebbero essere il vero motore economico, sociale, culturale e intellettuale del mondo come probabilmente lo furono in epoche preindustriali non sospette e non ideologicamente inquinate come l’attuale. Noi abbiamo bisogno di una società che abbia delle regole, ma la cui prima regola sia quella di uno Stato con dei confini ben definiti, e questo oggi manca totalmente. L’attuale libertà di azione della macchina più farraginosa e corrotta, del carrozzone più ingombrante e lento che si sia mai visto, è non soltanto gravemente eccedente il buonsenso, ma anche pericolosamente incombente sulla vita fisica ed economica di ogni singolo cittadino. Lo Stato e le sue alte e basse burocrazie, oggi vestite di tecnici, in totale e quasi incomprensibile sospensione della democrazia in nome delle tasse, si sta auto-difendendo assumendo ogni giorno che passa, la veste di apparato corazzato, arroccato e distante dalle necessità di respiro a pieni polmoni del nostro sistema società-imprese. Lasciamo da parte gli inutili discorsi sui massimi sistemi e sullo stile di vita che ognuno è libero di crearsi secondo le proprie aspirazioni e possibilità nel rispetto degli altri, lasciamo stare tutte le chiacchiere da bar di Grillo, Di Petro, e tutta una serie di professionisti delle pompe funebri in servizio televisivo permanente effettivo. Prima regola: la semplicità, di ogni singola cosa chiediti cos’è, qual’è la sua natura. Ecco, guardandomi attorno vedo una società privata che avrebbe talento, voglia e risorse personali, ma è tanto annichilita da anni di prediche ideologiche, da comizi, da scioperi, da caste e da cattivi maestri maniaci della poltrona e del potere pubblico che erano quarantenni quasi trent’anni fa. Senza retorica e disfattismo, dobbiamo democraticamente puntare alla liberazione del nostro Paese e magari anche dell’Europa, nostra grande Patria, dalla stretta morsa del pubblico, divenuta vizio vero e proprio, che dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi ha bruciato senza frutti o utilità un oceano di denaro dei cittadini, delle imprese, dei lavoratori, che oggi assistono allo spettacolo piro-tecnico di fine fiera. Avremmo avuto meno corruzione, molta meno corruzione, meno evasione, moltissima evasione in meno, più sviluppo e libertà d’impresa, molto ma molto più benessere. Perchè il benessere non porta malessere, figuriamoci. Chiudiamo allora, almeno per oggi, anche se è sabato, il bar dello sport e lavoriamo tutti di più per un’idea, non un sogno, di un Paese con molto, ma molto meno Stato.

  65. Marco Tizzi

    @Andrea Tibaldi
    Forse dovremmo rivedere il nostro concetto di “ricchezza” e partire da lì.

    Non sono d’accordo sul fatto che “abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità”: quali possibilità? chi le stabilisce?
    Un grande genio del secolo scorso diceva:
    We must do away with the absolutely specious notion that everybody has to earn a living. It is a fact today that one in ten thousand of us can make a technological breakthrough capable of supporting all the rest. The youth of today are absolutely right in recognizing this nonsense of earning a living. We keep inventing jobs because of this false idea that everybody has to be employed at some kind of drudgery because, according to Malthusian-Darwinian theory, he must justify his right to exist. So we have inspectors of inspectors and people making instruments for inspectors to inspect inspectors. The true business of people should be to go back to school and think about whatever it was they were thinking about before somebody came along and told them they had to earn a living.

    E non riesco proprio a dargli torto.

    Certo che se ogni volta che in questo Paese sembra che il potere politico sia in difficoltà cominciano a scoppiare le bombe, addirittura contro le scuole, non so più cosa dire.

  66. Ivan P

    @ Claudio di Croce
    Gentile sig. Claudio di Croce (nomen omen) ma non si accorge che le ricette di pseudo-liberisti (sempre con i denari altrui, mai con i propri stipendi e/o introiti) hanno mandato in rovina il pianeta? Quali risposte ha Giannino se non le solite tiri-tere sullo statalismo, comunismo, etc. etc.? Lei vede in queste chiacchiere un fattore di sviluppo e di razionalità scientifica? Io, semplicemente, no.

  67. letizia

    Piu’ che intervenire a questo dibattito,vorrei fare una richiesta di aiuto a Oscar Giannino e a tutti quelli che lo seguono.
    Sono fra le tante migliaia di persone stufe di questo malcostume,di questo malgoverno e di questa continua presa in giro.Sono mesi che ci dicono che faranno tagli al governo,ma non e’ stato fatto NULLA.
    Quando e’ arrivato Monti sono stata contenta:finalmente una faccia pulita e insieme a lui uno staff di persone perbene.Ho accettato ,mio malgrado , la marea di tasse imposte,pensando: poi seguiranno le misure per la ripresa e il rigore anche per loro!!! Col piffero !!! Probabile che Monti abbia avuto lo stop dai parlamentari,ma lui e’ stato messo li proprio per infischiarsene di quello che vogliono o non vogliono e doveva metterli all’angolo e costringerli a fare dei tagli.
    Allora mi chiedo che bisogno abbiamo di un governo,che non abbiamo neanche votato e che non ha le palle di operare tagli drastici???
    Io sono arrabbiatissima di tutto questo e vedo un futuro nero,sempre piu’ nero.
    Ora io vi chiedo:e’ giusto continuare cosi’ con la prostettiva futura di trovarci sempre i soliti ladri al governo e come faccia nuova un comico genovese? Io dico di no!!!
    E’ il momento di fare qualcosa in maniera attiva ed e’ questo aiuto che vorrei da Oscar Giannino,che stimo e ammiro profondamente.Vorrei che ,a me e ad altri che la pensano come me,ci dicesse che possiamo fare per contrastare tutto questo e se volesse affrontare una battaglia con noi,noi lo seguiremmo in massa.
    Grazie,comunque,per il suo impegno e sono a sua completa disposizione Letizia

  68. Claudio Di Croce

    @Ivan P
    Il pianeta è composto da sette miliardi di persone . Con le ricette tipo liberista che si sono affermate su tutto il pianeta dopo il disastro del comunismo , centinaia di milioni di persone , per la prima volta nella sono uscite dalla povertà , quella vera non la nostra da pancia piena . Basta pensare alla Cina, all’India , al Brasile , e ai paesi asiatici nel loro complesso e anche a quelli africani o sudamericani. La strada è ancora lunga ma sicuramente non è e non sarà quella del comunismo o idologie collegate.
    La crisi l’abbiamo noi , occidente con la pancia piena e poca voglia di lavorare .
    Voglio ricordare una intervista del ministro degli esteri inglese , William Hague al Sunday Telegraph che ha detto ” basta lamentele , lavorate sodo , lavorate di più, l’unica ricetta per la crescita è lavorare duro ” Immagino che a lei questa frase faccia schifo , lei sogna un orario di lavoro di 18 ore alla settimana , tipo i nostri ” insegnanti ” per tutti , paghe più alte , sempre con i soldi rubati a quelli che producono ricchezza . Queste ricette , altro che il liberismo , hanno prodotto i debiti e la poca voglia di lavorare che impera nel nostro mondo.

  69. Riccardo

    @Claudio Di Croce
    Condivido. A chi non piacerebbe guadagnare tanto e lavorare poco?
    Purtroppo questo è possibile solo per chi vive di tasse, con le quali il denaro viene prelevato/estorto (guadagnare tanto) e non si deve rendere conto di niente (lavorare poco).
    Tutti gli altri se vogliono guadagnare tanto devono anche lavorare tanto, e anche questo spesso non basta.

  70. nando meraviglia

    mi associo alla signora che la supplica di non mollare nell informarci quotidiananmente sia a radio 24 che su chicago blog mi permetto di suggerire una lettura del brano tratto da racconti di pace e di guera di rudyard kipling il brano ha come titolo l’arnia madre

  71. Ivan P

    @Claudio Di Croce
    Ma il pianeta è limitato sa? Non ha dimensioni stellari. Dunque il paradigma economico del ministro inglese da lei citato necessita di risorse che non esistono. Né ci saranno in futuro. A meno che lei e gli altri ultra-liberisti alla Giannino non pensino davvero che trasformandoci tutti in macchine da lavoro 23h/24 si possa ottenere qualcosa che non sia l’ennesimo disastro economico e ambientale. Mi chiedo come faccia, lei e gli altri come lei, a non accorgersi che è proprio lo schema di sviluppo al quale tendete che sta miseramente fallendo. Non possiamo “crescere” in eterno, semplicemente perché non vi sono risorse per tutti. Dia un’occhiata alle coste italiane sull’Adriatico: 20 anni fa, fra Rimini e Termoli, c’erano ancora chiazze di verde importante. Adesso è tutta una “bella” lastricata di cemento che, oltre a deturpare irrimediabilmente il paesaggio (umano e ambientale), non produce proprio niente. Non è possibile produrre e consumare all’infinito: è questo che non si capisce alle vostre latitudini. Lavorare sodo, lavorare di più senza un’orizzonte razionale e, direi, umano di progresso, non necessariamente economico, ma sociale e culturale non serve a una benemerita mazza. Ovviamente se si desidera un nuovo conflitto mondiale, questa volta per l’acqua o il grano, ha ragione lei.

  72. Claudio Di Croce

    @Ivan P
    Se lei andasse a fare le sue prediche in un paese del terzo mondo dicendo che la situazione economica dei paesi occidentali a cui loro tendono è una truffa perchè rovina il pianeta forse avrebbe qualche problema a tornare a casa indenne. Il suo è il tipico discorso da pancia piena . Ovviamente lei ha goduto e continua a godere di un buon tenore di vita ma non ci tiene giustamente a lavorare ancora duramente per migliorarlo. Ma cosa dice agli italiani che vivono adesso nella paura di vedere peggiorare il loro buon tenore di vita ? E ai giovani che vogliomo almeno avere il tenore di vita dei loro genitori o magari migliorarlo ? Quale è la sua ricetta ? Rubare i risparmi a chi li ha con le tasse o altro simile ? Sperare di continuare a fare altri debiti ? Oppure dire a tutti che la pacchia è finita e che si deve stringere la cinghia ? Lei crede che gli italiani sarebbero d’accordo ? Non è forse più onesto dire loro che l’unico mezzo per mantenere o migliorare il benessere acquisito è lavorare duro ? Per quanto riguarda la sua preoccupazione per il pianeta vorrei ricordare che da Malthus in giù decine di catastrofisti hanno predetto la fine del mondo e non mi pare l’abbiano azzeccata molto . Le suggerisco di leggere il libro edito nel 1972 , ” I limiti dello sviluppo ” rapporto del MIT per il progetto del Club di Roma sui dilemmi dell Uumanità (?)pieno zeppo di profezie catastrofiche sulla sorte del mondo , nel quale con complicatissimi modelli matematici preparati anche da premi Nobel si dimostrava che il mondo non sarebbe arrivato agli anni duemila , quasi come le profezie dei Maya . Ovviamente neanche una di quelle sciocchezze si è avverata , ma i suoi estensori si sono ben guardati dal chiedere scusa . Il libro è stato molto venduto e publicizzato per qualche anno ma poi è sparito nel silenzio .Sono d’accordo sul disastro delle coste italiane non solo romagnole , ma questo dimostra solo la stupidità e la corruzione italiana . In altri paesi vicinissimi al nostro questi fenomeni non si sono verificati affatto o comunque in misura molto minore .

  73. mario m

    Sento i nostri dirigenti politici dire che poi, dopo la prima fase, bisognerà abbassare le tasse. Non vi sembra che forse sarà meglio approfittare della situazione e innanzi tutto reintrodurre in modo intelligente le detrazioni? ( fisco elevato, ma con detrazioni importanti). E non sarà il caso ammorbidire veramente di molto studi di settore assolutamente fuori dalla realtà che non possono essere rispettati se non con artifici? Senza questi provvedimenti, l’economia è terribilmente ingessata.

  74. Ivan P

    @Claudio Di Croce
    Ci sono due modi per discutere: rispondere ai fatti e alle argomentazioni seriamente o rifugiarsi in battutine un tanto al chilo buone per la pausa caffé. Se lei avesse viaggiato (e non intendo con i tour operator) in qualche paese africano, ad esempio il Ghana, ad esempio nelle zone di Accra e Korforiuda, troverebbe già adesso una situazione ambientale disastrosa, con tonnellate di componenti elettronici lì portati dai nostri trafficanti per risparmiare sullo smaltimento raee e lasciati marcire al sole o tra le mani e i polmoni delle popolazioni limitrofe tra cui moltissimi bambini. Metalli pericolosi tra cui piombo, cadmio, antimonio, derivati del cloro, diossine da plastiche bruciate ammorbano l’aria e la terra avvelenando i poveri della Terra.
    E’ questo ciò che intende con sviluppo da “elargire” al terzo mondo? Crede che ingannare popolazioni tecnologicamente indifese sia la panacea che risolverà i nostri mali? Davvero può pensare che un fallimentare modello di sviluppo come ormai si è rivelato quello occidentale possa essere impunemente esportato in altre aree della terra? Ma consumismo e portafogli, per fortuna, sempre più diventano altrettanti vuoti feticci per persone con modi di pensare differente dal suo.
    Vede, non è solo con il PIL che si dovrebbe misurare il benessere di un popolo o di una nazione. E non è necessario attendere le catastrofi per muoversi e riflettere sui guasti operati da un modello di sviluppo che mostra limiti enormi. Cerchi di uscire dall’Italia e conoscere il mondo: senza scomodare il povero Malthus vedrà che il pianeta è molto più piccolo di quello che lei crede.

  75. Ho seguito con molta attenzione e passione i vostri interventi, utili, convincenti, chiari e con grande spessore culturale. Io vi conosco attraverso questo sito e mi siete piaciuti. Tutti gli interventi e le risposte sono chiari e luminari, bisognerebbe che si traducano in un nuovo giornale online per poi seguire quotidianamente in stampa cartacea, in quanto la disinformazione regna sovrana e le paure del non capire generano svilimento sociale e momenti di attacco di panico smembrando la sottile pazienza e la speranza in ognuno di noi. Un immediato governo nascente dal popolo è già pronto, quale? Siete Voi che vi dovreste animare nei fatti a entrare in Parlamento e buttae fuori insieme al popolo che vi sostiene i mercanti dal tempio. Credetemi, siete più di Grillo, in quanto invece di protestare solo, avete le ricette e le curricula giusti per affrontare e difendere il territorio nazionale, come una partita di scacchi esperti vi faccio gli auguri, come organizzarci, spetta a Voi e al luminare santo Oscar Giannino, e tempo di togliere gli ormeggi, in quanto una nave solida la si vede quando inizia a navigare, voi lo state facendo egregiamente, ciascuno per quella cultura che ha, ma pur sempre positiva contro le sanguisughe. Michele Citarella

  76. Alessandro

    scusa eh… giusto per fare un calcolo insieme… ma 200 milioni su 7 miliardi fa il 2,85%… diciamo che tra quelli che non cercano lavoro e “varie ed eventuali” arriviamo al 5%? beh se permetti io firmerei subito per avere questo tasso in Italia!!!… hai perfettamente ragione che è di gran lunga più facile crescere quando di parte da 0 piuttosto che quando si ha già fatto molto, ma se la storia ci insegna qualcosa, e deve insegnarci qualcosa, vediamo che “il mondo” (e l’uomo con esso) cresce da, non dico milioni, ma diciamo tranquillamente da migliaia di anni… perchè dovrebbe fermarsi proprio adesso?… oggi abbiamo una “conoscenza” che 100 anni fa, 50 anni fa, a per certe cose anche 10 anni fa pensavamo non esistesse… ricorda che non è detto che quello che non conosciamo non esista!!! @Marco Tizzi

  77. Alessandro

    “…But when a long train of abuses and usurpations, pursuing invariably the same Object evinces a design to reduce them under absolute Despotism, it is their right, it is their duty, to throw off such Government, and to provide new Guards for their future security…”… credo che lei, Giannino, riconosca questa frase, credo che questo sia stato il vero momento storico che ha sancito stabilito la democrazia sul nostro mondo, me evidentemente ce ne siamo dimenticati presto… non ci sono più persone che parlano così (tanto meno in Italia), ma quei Signori, oltre a parlare, agirono anche!!!… compiendo azioni che in apparenza erano sbagliate (non dimentichiamo che all’epoca erano fuorilegge), ma che loro sapevano essere necessarie per perseguire un fine giusto… per tutti e non per pochi…
    Ecco vede ho fatto questa prefazione perchè purtroppo noi non capiamo ancora che quando il limite viene superato, e possiamo dire che nel nostro paese è stato abbondantemente superato (non ne elenchiamo i motivi altrimenti ci vorrebbe un giorno intero), il cittadino ha il diritto ed il dovere di fare quello che gli consente di far cambiare rotta all’imperversare della situazione… lei dice che lo si fa votando, allora io le chiedo, lei chi voterebbe oggi?… allora dal dopoguerra ad oggi, prima la DC, poi da manipulite in poi si sono alternati destra e sinistra e ora i “professori”, non c’è stato un (dico uno solo) governo che abbia prodotto qualcosa di utile per la crescita della collettività… ’50, ’60, ’70 si cresceva per inerzia, c’era tutto da costruire, gli ’80 sono sfociati in manipulite, i ’90 e gli anni 2000 li conosciamo bene e non meritano commenti… quindi io oggi, chi vado a votare? certo è bello riempirsi la bocca di belle parole dicendo che con il voto il popolo si esprime democraticamente… ma cosa esprimi se devi scegliere tra Gragamella, Willy il coyote e la Banda Bassotti???
    Quindi, possiamo senza ombra di dubbio dare per certo che il voto è completamente inutile…. a questo punto cosa dobbiamo fare? non pagare le tasse… no!!! non si può!!! è contro la legge!!!… occupare l’AE… no!!! non si può!!! è contro la legge!!!… occupare le istituzioni… no!!! non si può!!! è contro la legge!!!… andiamo all’estero… no!!! non si può!!! è anti-patriottico!!!… non ci resta che suicidarci… no!!! non si può!!! è immorale!!!… mi spiega allora cosa può fare un normale cittadino?.. può fare causa allo stato… sì!!! si può!!! ma tanto perdi… quindi la soluzione sarebbe quella di stare a guardare il nostro paese che fa la fine dell’Argentina di dieci anni fa, e possiamo starne certi che ci arriveremo, le mi insegna che quando una tendenza va verso lo “zero”, se non interviene qualcosa che gli fa cambiare rotta, prima o poi ci arriva allo “zero”… questa, purtroppo, è l’unica certezza che abbiamo!!!…
    Vede, pur essendo totalmente un Friedmaniano, non penso di avere la verità in tasca, e quindi non so se sia più giusto quello che dice Friedman o quello che dice Keynes, ma sono certo che sia una teoria che l’altra siano completamente superflue fino a quando l’uomo non fa propri determinati principi fondamentali… “…in un gruppo, il risultato migliore si ottiene quando ogni elemento fa ciò che è meglio per se e per il gruppo…”.

  78. Margherita

    Ivan P :
    @ Claudio di Croce
    Gentile sig. Claudio di Croce (nomen omen) ma non si accorge che le ricette di pseudo-liberisti (sempre con i denari altrui, mai con i propri stipendi e/o introiti) hanno mandato in rovina il pianeta? Quali risposte ha Giannino se non le solite tiri-tere sullo statalismo, comunismo, etc. etc.? Lei vede in queste chiacchiere un fattore di sviluppo e di razionalità scientifica? Io, semplicemente, no.

    Non mi pare che liberismo sia responsabile di ciò che ha mandato in rovina il pianeta, forse lei si stia confondendo con altre cause ben note ormai a tutti.
    Semmai le responsabilità vanno cercate altrove, nella speculazione selvaggia e incontrollata, nelle banche complici e nei soggetti creatori di ricavi illeciti che le hanno ingrassate, danneggiando gravemente l’economia sana.
    un meccanismo perverso che si è alimentanto da solo creando squilibri difficili da ricomporre

    Tutti noi consideriamo il federalismo come fattore ed esperienza di successo già collaudata in altri Paesi evoluti e che, le faccio notare, se la passano meglio di noi per molte cose…
    se le ‘chiacchiere’ che lei attribuisce a Giannino significano anche metter in dubbio questa riforma, che garantisce una miglior gestione delle risorse e di uso del denaro pubblico, benvengano le sue ‘chiacchiere’ coem quelle di altri che portano in questa costruttiva direzione.
    Questo contribuirà a portare crescita e sviluppo tagliando sprechi, malagestioni, corruzzioni locali, inefficienze di vario tipo.
    Qui non si parla di usare i denari altrui, si parla di usarli meglio, cosa che nel Paese è stata fatta malamente e che ha contribuito al suo inesorabile declino.
    D’altronde basta guardare quanti soldi sono stati fagocitati nella Salerno Reggio-calabria in circa cinquant’anni e chiedersi s e l’avessero fatta con tempi ( e i costi) che occorrono in altri Paesi ”normali” quanti denari che avrebbero potuto portare sviluppo, e maggiori infrastrutture in zone già molto carenti.

    Il federalismo è un’ottimo strumento per guarire il Paese da molti ‘mali’ cronici, ovvio per essere efficace deve potersi fare in concerto con altre misure indergabili e urgentissime ( riforma giustizia, legge anticorruzione, ecc…)

  79. Carissimo sono una titolare di una concessione demaniale a Lido di Camaiore ho uno stabilimento balneare che nell’anno 2000 ho pagato circa 2.500.000.000 parte del capitale arrivava dal lavoro svolto da una vita parte da
    un oneroso mutuo.Ed ora in nome della libera concorrenza, della Bolkstein, dell’Europa cercano di darmi (e di darci a tutti gli operatori sul demanio) un potente calcio nel sedere e sbattermi fuori senza il becco di un quattrino o giusto una elemosina.Ma che Italia è questa???Ma cosa sta accadendo??? Dobbiamo chinare il capo in segno di resa davanti a queste nefandezze o abbiamo una speranza???L’ho ascoltata a Viareggio e ciò che più ho apprezzato in Lei è l’onestà che sprigiona dalla Sua persona oltre naturalmente a tutte le altre qualità.Onestà, parola senza significato in questa nostra epoca e Lei è riuscito(magari solo per un attimo) a farmi sognare. Con stima Lucia r.Puccetti

  80. Luciano

    IL LAMENTO DEL LIBERISTA
    Benessere e crescita in Usa ed Europa -dal secondo dopoguerra a oggi- è in gran parte risultato di politiche interventiste Keynesiane. Interventi (diretti e indiretti) proseguiti e consolidati anche da “icone” politiche liberiste come Reagan e la Thatcher. Il crescente peso della spesa pubblica e dello Stato (e non solo x motivi economici/tecnici) nelle società industriali moderne (ora definite post-industriali) è un trend storico necessario e incontrovertibile. Una rilettura senza pregiudizi ideologici di Weber, Keynes e Schumpeter è ineludibile x capirne i motivi. Strillare anatemi contro il corrotto “statalista” e mettere all’indice i nobel Stiglitz e krugman è inutile.

    Detto questo guardiamo al presente. L’idea della crescita attraverso austherity -tanto cara alla Troika e ai paladini dell’ortodossia neoliberista- è una monumentale stupidaggine. Non si combatte certo la recessione con manovre recessive. La maggioranza dei cittadini/elettori -in USA come in Europa- chiede investimenti pubblici x rilanciare l’economia (chi altrimenti, le grandi banche d’affari e i broker della finanza?),politiche redistributive, difesa di welfare e diritti dei lavoratori, governo della globalizzazione. In sintesi politiche Keynesiane; ovvero più laburismo e meno liberismo. Dopo 5 anni di recessione senza fine possiamo dare loro torto?
    Obama è stato molto timido con la ri-regolazione della finanza (x usare un eufemismo) e la spesa pubblica deve essere SEMPRE valutata, riqualificata, reindirizzata, aumentata e/o ridotta secondo possibilità e utilità collettiva; nulla in contrario (questa dovrebbe essere una delle principali funzioni della buona politica).
    Per onestà intellettuale bisogna aggiungere 3 verità:

    1) La micidiale spirale recessione/austherity/recessione, imposta dalla troika, stà uccidendo l’Europa. Ora che la recessione aggredisce Francia e Germania (non si cresce nel deserto) si grida AL LUPO! Meglio tardi che mai.

    2) La crisi mondiale è conseguenza della bolla esplosa nel mercato finanziario USA. Mercato presentato dai liberisti -per anni- come modello che meglio incorporava la teoria del libero mercato (ricordate?).

    3)Tutti i presunti punti di forza del “turbocapitalismo” -deregulation,finanziarizzazione,tutele socialio residuali- si sono rivelati causa della crisi e ostacolo alla ripresa globale.
    I liberisti si devono rassegnare,la crisi è figlia delle loro idee; è ora di cambiare.

Leave a Reply