Che fine fa la web tax? Fretta e confusione sono cattive consigliere
Scade domani la conversione del decreto legge recante disposizioni finanziarie per gli enti locali, il cd. decreto salva-Roma che contiene in realtà un insieme di misure per la funzionalità degli enti locali e interventi in favore dei territori, e nel frattempo il governo fa sapere che rinuncia alla conversione.
Sempre domani, col decreto non convertito, entra in vigore la web tax, vanificando il differimento al primo luglio, deciso dal governo per “verificarne la compatibilità comunitaria”, come precisa la relazione tecnica.
Interventi per gli enti locali e tassa sulla pubblicità on line non hanno evidentemente nulla a che spartire, ad eccezione del fatto che sono contenuti nel medesimo testo.
La mancata conversione degli uni trascinerà con sé l’immediata efficacia dell’altra, dimostrando che la forma, in diritto, diventa sostanza.
Infatti, che la proroga dell’entrata in vigore della web tax sia contenuta in un decreto legge che parla di altro per la maggior parte del suo articolato, vuol dire non soltanto che non esiste quella coerenza e omogeneità di contenuto che rendono in astratto le leggi intellegibili, ma anche che, a furia di aver perso la rotta della coerenza, rischiamo di perdere in concreto la consapevolezza di ciò che è scritto in una legge, degli ambiti su cui incide, della sostanza che essa plasma. È la dimostrazione di una preoccupazione che non è solo teorica ma diventa pratica, quella per cui il legislatore non dovrebbe andare “fuori tema” e occuparsi di materie omogenee all’interno di un provvedimento.
Criterio, questo, banale quanto antico, lo stesso che ci consente di fare ordine nei nostri archivi domestici, nelle librerie pubbliche, nella nostra testa: dividere le questioni per argomenti tematici e per tali trattarle.
Un criterio però che rischia di essere sconosciuto alla legge, libera – come si dice – nel fine, tanto che la Corte costituzionale, pur intervenendo in svariate occasioni sull’uniformità dei decreti legge, riconosce comunque, attraverso una interpretazione generosa del concetto di uniformità, che in essi possano confluire disposizioni disparate relative a diverse materie. Ma un criterio elementare per conoscere, capire e ricordare ciò che davvero una legge dice.
La mancata conversione del decreto salva-Roma è quindi un esempio chiaro, solo l’ultimo, dell’avventatezza con cui si fanno le norme: la web tax viene introdotta a dicembre 2013; appena approvata, il governo si accorge che forse la tassa non è compatibile con le regole europee; per riparare e avere il tempo di fare quelle verifiche che, ci si attenderebbe, siano fatte prima, decide di differirne l’entrata in vigore; il differimento entra nel testo del decreto legge milleproroghe, uno dei provvedimenti maggiormente caratterizzati da disomogeneità; il milleproroghe viene poi diviso dal governo in due provvedimenti, l’uno destinato alle proroghe di termini di legge, l’altro a misure urgenti; il differimento dell’entrata in vigore della web tax finisce nel secondo decreto; lo stesso Comitato per la legislazione inutilmente avvisa che “il decreto-legge presenta un contenuto complesso e articolato […] A tali estesi ambiti materiali, non appaiono riconducibili, anche a voler intendere le suddette materie in senso lato” alcune disposizioni tra cui il differimento dell’entrata in vigore della web tax; a un giorno dalla scadenza per la conversione, il governo ha dichiarato di non insistere a tal fine.
Mentre l’attenzione è concentrata sulle disposizioni relative a Roma, la mancata conversione rende quindi inutile, al momento, il tentativo tardivo del governo di riflettere sulla compatibilità con le regole europee di una norma valida ma inefficace,
sempre che nel frattempo – come è auspicabile, a questo punto – il differimento non salga sul vagone di un’altra legge, o un altro decreto legge, in dirittura d’arrivo.
A chi scrive, la vicenda appare un groviglio buono solo a far dubitare che il nostro legislatore sia capace, innanzitutto, di pensare prima di scrivere.
Giusto, certo. Scusate, faccio un passo indietro, al Governo Letta: se penso al provvedimento di far pagare gli affitti in contanti, lo dicevo qui http://lafilosofiadellatav.wordpress.com/2013/12/14/legge-stabilita-il-pd-affitti-solo-in-contanti-lo-stato-raschia-slealmente-come-al-solito-il-fondo-del-barile/… questa, nel suo piccolo, si fa per dire, non mi è proprio andata giù… nel senso: se io proprietario ho fatto un regolare contratto, registrato all’Ufficio delle Imposte, con l’inquilino, a quale titolo lo stato si intromette per sindacare come noi regoliamo la cifra? Perché non possiamo regolarla con biglietti di banca aventi corso legale?… Cari amici, lo abbiamo capito tutti, perché… perché lo stato, come dimostra il salva roma e la web tax, è all’anarchia. Gli oligarchi che lo dirigono non sanno più come fare. L’Itaglia è praticamente in bancarotta, 2300 miliardi di euro di debiti, 100 miliardi l’anno di soli interessi. Non sanno più dove prendere i soldi, Renzi o Silvio è uguale, e hanno UNA PAURA BOIA. Ecco perché la trovata – assolutamente esemplare – degli affitti in contanti. Mentre nella roma in bancarotta si facevano, come nella più classica tradizione del crollo dell’Impero, il festival del (brutto) cinema. Affitti in contanti, salva roma, web tax, sono segnali, assieme a tutto il resto, che sta venendo giù tutto.
Solo la “società partecipativa” avrebbe potuto salvarci: http://lafilosofiadellatav.wordpress.com/i-maestri-2/pier-luigi-zampetti/i-due-e-book-sulla-lezione-di-pierluigi-zampetti/ ma ormai, per questa girata, mi sa che è troppo tardi. E comunque siamo ancora molto lontani.
Ci sarà un grande schianto, altro che la “crescita”.
Ormai l’Italia rischia anche il default “giuridico”….