Che figata, la recessione
Finora, a ritenere la recessione un felice evento erano solo quei pazzerelli della decrescita. Adesso, ci si mette anche l’Agenzia internazionale dell’energia, che dedica buona parte del suo World Energy Outlook 2009 (o, almeno, del sommario, liberamente accessibile online) alle virtù bucoliche del mondo senza carbonio. Ecco un piccolo e non esaustivo florilegio.
La recessione, riducendo drasticamente l’aumento delle emissioni di gas a effetto serra, puó facilitare il compito di trasformare il settore energetico, offrendoci una breve finestra temporale senza precedenti, per poter concentrare gli investimenti su tecnologie a basse emissioni di CO2.
La crisi finanziaria ha gettato un’ombra sulla possibilità di mobilitare tutti gli investimenti necessari per soddisfare il crescente fabbisogno energetico.
Estendere l’accesso all’energia moderna ai poveri del pianeta rimane una questione prioritaria. Si stima che 1,5 miliardi di persone – ben oltre un quinto della popolazione mondiale – non abbiano ancora accesso all’elettricità.
Nello Scenario 450 dimostriamo come ciò [la stabilizzazione della CO2 atmosferica a 450 ppm] sia possibile attraverso un’azione politica radicale e coordinata nelle varie regioni.
Le riduzioni di emissioni di CO2 legate al consumo energetico richieste nello Scenario 450 (rispetto a quelle previste dallo Scenario di Riferimento) entro il 2020 – tra soli 10 anni – sono straordinarie, ma la crisi finanziaria offre quella che potrebbe rivelarsi un’opportunità unica per assumere i provvedimenti adeguati seguendo il mutamento degli orientamenti politici.
Le misure atte a incoraggiare i risparmi energetici, migliorando per esempio l’efficienza nel consumo di gas e incentivando le tecnologie a basse emissioni di CO2, riducono la domanda di gas.
Tutte queste affermazioni sono contraddittorie oppure orribili, o entrambe le cose. Contraddittorie, perché non si può sostenere, al tempo stesso, la necessità di un mondo meno fossile, e l’urgenza di ulteriori investimenti nelle fonti fossili. Né si può sostenere, contemporaneamente, che va ridotta la povertà energetica, e che bisogna contenere la domanda. L’affermazione più paradossale, per l’accurata scelta delle parole che la rendono tanto indiscutibilmente vera quanto fottutamente paracula, è la seguente:
Il costo degli investimenti addizionali, indispensabili per indirizzarci lungo lo Scenario 450 ppm, è compensato, almeno parzialmente, dai benefici ottenibili sul versante economico, della sicurezza energetica e della salute.
Possiamo prenderci in giro quanto vogliamo, e anche fare finta che non sia così. Ma a casa mia, che è in provincia di Genova e dunque è una casa particolarmente attenta quando si parla di soldi, dire che qualcosa sarà compensato “almeno parzialmente” dai benefici significa dire che i benefici saranno comunque inferiori ai costi. Va benissimo spendere, perfino spendere tanto, per salvare il mondo: se ci credete, fate pure. Ma bisogna aver chiaro che bisogna pagare il biglietto, che anche questo pranzo non è gratis. Se si mette a sistema questa bizzarra e contorta ammissione con l’elogio delle virtù salvifiche della recessione, l’Aie sta dicendo: Il crollo della produzione industriale ha ridotto le emissioni, e va preservato. Per ridurre ulteriormente le emissioni, il costo dell’energia salirà ulteriormente, quindi – a parità di altri elementi – la crescita futura sarà negativa o comunque inferiore allo scenario tendenziale.
Insomma: l’Agenzia di Parigi ammette che il mondo del futuro sarà o più caldo, o più povero. Certamente non più freddo e più ricco. Dopo di che, vedete voi.
Il punto è il continuo taglio delle stime di disponibilità futura di petrolio (passiamo dai 130 mbpd ai 105mbpd dell’ulimo outlook).
Se hai letto il guardian di lunedi, vedrai le contraddizioni che sottolinei sotto una luce diversa.