6
Set
2009

Cernobbio, ciò che non leggerete (e una piccola vittoria)

Si è appena chiusa la rituale tre giorni di Cernobbio, che segna la riapertura del dibattito di politica economica dopo la pausa estiva. Segnalo una nostra piccola vittoria: il fondo straordinario per ricapitalizzare la piccola impresa italiana, l’idea che qui abbiamo lanciato due mesi fa esatti, faticosamente inizia a farsi strada. La presidente di Confindustria Emma Marcegaglia ne ha riparlato nel suo intervento, il ministro Tremonti l’ha esplicitamente definita un’idea buona e interessante. Vedremo che cosa ne verrà in concreto: lo dico con una punta di diffidenza, ma almeno il nostro compito di modesti suggeritori di buone idee antistataliste abbiamo tentato di svolgerlo. In compenso, vi segnalo l’articolo che da Cernobbio purtroppo non avete letto, sulla stampa italiana. L’ha scritto Ambrose Evans-Pritchard, che era a Cernobbio, sul Telegraph. È ovvio perché. Ai giornali italiani è naturalmente piaciuto l’intervento colbertiano e statalista del premier francese Fillon, salutato da D’Alema come “un vero piano socialista”.

Ai lettori del Telegraph, invece, viene proposto di Cernobbio ciò che ai lettori italiani resta ignoto. E cioè che c’è stato chi come Gary Becker – ah, insegna a Chicago, naturalmente – ha duramente attaccato l’eccesso di fiat money creato dalla FED, pur difendendo l’opportunità del Quantitative Easing. Nonché ha bollato di totale inutilità e spreco il 90% del programma di stimolo pubblico all’economia varato da Obama in Congresso. Leggete, leggete. I giornali italiano hanno usato Becker solo per fargli dire che la recessione è finita. Glissando sul fatto che è la parte privata dell’economia americana a ristrutturarsi e riprendersi. Sempre a proposito di stampa britannica, ottimo oggi sul Times l’intervento di David Smith, che ottimamente sbaraglia l’accusa rivolta contro l’ipotesi dei mercati razionali di Eugene Fama, argomento su cui già più volte vi ho intrattenuto visto che i keynesiani straparlano ogni giorno in tutto il mondo additandola a torto come vera colpevole della crisi finanziaria.

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