22
Nov
2022

C’è troppo inglese nelle università?

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Eva Forslund e Magnus Henrekson.

I docenti e ricercatori colombiani competono a livello globale con altri ricercatori e studiosi. Per farlo, usano l’inglese, anche quando non è la loro lingua madre. Ma chi compie questa scelta in campo accademico fa il bene del proprio Paese? Fa inoltre il bene dei propri studenti?

L’inglese sta debordando in Colombia, nei Paesi Bassi, in Giappone, in Italia… e non è un fenomeno limitato ad un contesto particolare. In alcuni Paesi il passaggio all’inglese forse non è abbastanza diffuso. L’inglese apre comunque le porte allo scambio internazionale di conoscenze, ma in molti Paesi l’utilizzo di questa lingua in ambito accademico è andato troppo oltre.

La diffusione dell’inglese tra i professori di un Paese è davvero utile alla sua popolazione? In realtà, ci sono vantaggi e svantaggi. Per capirlo, bisogna comprendere l’equilibrio tra i due aspetti.

L’uso dell’inglese porta l’attenzione su temi di interesse globale – e le riviste internazionali spesso non hanno molto interesse per le questioni specifiche della Colombia, per restare al nostro esempio. Si interessano piuttosto agli Stati Uniti e ad altri grandi Paesi, o a verità universali e teorie astratte. Quando la ricerca viene condotta esclusivamente in inglese per essere pubblicata su riviste internazionali, c’è il rischio che vengano trascurate questioni importanti a livello nazionale e che vengano ignorati determinati dettagli istituzionali.

Abbiamo esaminato questi problemi in un articolo disponibile online (ovviamente in inglese!), basandoci su svariati esempi presi dal nostro Paese (la Svezia) e dalla nostra disciplina, l’economia. Parallelamente, sono stati pubblicati due commenti, uno da parte di un altro studioso svedese e l’altro scritto da un autore italiano.

Lingua, economia e insegnamento
Quando gli studenti non vengono istruiti nella loro lingua madre, la comprensione diventa più difficile. La maggior parte degli studenti lavorerà nel proprio Paese, nel settore pubblico o privato, dove è essenziale una conoscenza approfondita del contesto istituzionale di riferimento. Dovranno comunicare nella loro lingua madre con persone non specializzate. Se, durante gli studi universitari, leggeranno esclusivamente testi scritti in inglese, ascolteranno le lezioni esclusivamente in inglese e sentiranno parlare di determinati argomenti – spesso astrazioni teoriche –, impareranno poco degli affari reali del loro Paese. Saranno meno preparati per il lavoro che molto probabilmente svolgeranno in futuro.

In Svezia, solo un’università offre un master in economia in lingua svedese e quindi pochi laureati in economia sono ben preparati a parlare di idee e scoperte in campo economico alla popolazione del proprio Paese. Usare l’inglese come lingua di insegnamento rende difficile tenere lezioni sulle istituzioni nazionali, anche perché raramente la letteratura in materia esiste in inglese.

Lingua, economia e comunicazione
Fare ricerca in inglese comporta dei vantaggi: il mondo accademico deve essere aperto al mondo e i ricercatori devono spesso basarsi su conoscenze già acquisite. Ma gli economisti influenzano i decisori politici e le politiche e gli economisti madrelingua devono essere in grado di comunicare le loro idee nella loro lingua d’origine.

Come dobbiamo considerare l’economia alla luce di questi problemi? In fisica, le condizioni e le istituzioni locali non influenzano le leggi della fisica. Pertanto, la scelta della lingua è meno importante, soprattutto perché la matematica è un linguaggio universale.

La letteratura e la storia sono all’altro estremo dello spettro. Gli studi umanistici tendono a essere incastonati in uno specifico contesto culturale e temporale. Nel diritto, ogni singola parola ha un significato specifico e la situazione specifica del Paese in questione è cruciale per capire questo settore.

L’economia si colloca a metà tra questi due estremi; la conoscenza è spesso trasmessa sotto forma di diagrammi, equazioni e stime econometriche. Si potrebbe affermare che l’inglese dovrebbe essere la principale lingua di lavoro. D’altra parte, in economia è importante comprendere le istituzioni, la cultura e le condizioni locali.

In un sondaggio, il 32% dei ricercatori di scienze sociali in Svezia ha dichiarato che si impegnerebbe di più nella comunicazione della ricerca se questa fosse più apprezzata. Se ci fossero incentivi più forti a comunicare le proprie conclusioni, i ricercatori sarebbero più propensi a esprimerle nella loro lingua madre, in un modo comprensibile alla gente comune. In mancanza di tali incentivi, i risultati della ricerca rischiano di non essere comunicati.

La scelta della lingua influisce su come e cosa impariamo. Le condizioni interne sono più facili da descrivere nella propria lingua madre e quindi possono abbracciare un contesto di più ampio respiro quando vengono discusse in tale lingua.

La lingua non è un portatore neutro di significato, ma influisce su ciò che consideriamo e su ciò che apprezziamo.

Cambiare lingua significa spostarsi in un altro mondo. Dobbiamo chiederci se il nostro mondo di origine sia servito adeguatamente. Se la competitività nel mercato globale della ricerca diventa la priorità assoluta, le questioni nazionali vengono per forza messe in secondo piano, così come le capacità di comunicazione nella propria lingua madre. Di conseguenza, importanti intuizioni economiche potrebbero non diffondersi nella società in generale.

Gli autori
Eva Forslund ha conseguito un master in economia presso l’Università di Uppsala. È segretario esecutivo dell’Associazione Economica Svedese e sta lavorando a un dizionario di economia in svedese. Il suo indirizzo e-mail è Eva.Forslund@nationalekonomi.se.
Magnus Henrekson è professore di economia e Senior Research Fellow presso l’Istituto di Ricerche di Economia Industriale (IFN) di Stoccolma. È stato presidente dell’IFN fino al 2020, dopo avervi prestato servizio per 15 anni. Fino al 2009 è stato Jacob Wallenberg Professor presso il Dipartimento di Economia della Stockholm School of Economics. Il suo sito web personale è https://www.ifn.se/mh e il suo indirizzo e-mail è Magnus.Henrekson@ifn.se.

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