Caro pieno (dove si commenta anche una proposta dell’Adiconsum)
Puntuali come sempre, ad agosto si ripresentano le consuete polemiche sui prezzi dei carburanti. Ne danno conto tutti i quotidiani di oggi (per esempio qui e qui). Come da copione, e non senza ragioni, l’Unione petrolifera risponde che
Per quanto riguarda il petrolio, va rilevato che il valore del Brent datato è tornato per la prima volta dall’ottobre 2008 a superare i 73 dollari/barile rispetto ai 66 dollari/barile di fine luglio, pari ad un progresso di oltre l’11%. Quanto ai prodotti raffinati rilevati dal Platts, si segnala che la benzina nello stesso periodo ha mostrato un progresso di quasi 5 centesimi euro/litro tornando anch’essa sui valori dell’ottobre 2008. Analogo discorso si può fare per il gasolio. Sicuramente più cauto è stato l’andamento del prezzo interno (al netto delle tasse) le cui variazioni, sia per benzina che gasolio, nell’arco di tempo considerato sono state inferiori a quelle registrate dalle analoghe quotazioni internazionali.
Non varrebbe la pena entrare in una polemica sempre uguale a se stessa (una mia analisi degli andamenti, un po’ datata ma perfettamente sovrapponibile a quello che sta accadendo, si trova qui) se essa non finisse per evidenziare una nostalgia mai sopita: quella dei prezzi amministrati.
All’avanguardia di questa nostalgia, e anche questo fa parte del copione, sta il Codacons, la peggiore tra le associazioni cosiddette dei consumatori perché si tratta di quella che più spesso indugia in richieste antimercato. Così il suo presidente, Carlo Rienzi:
Il governo non può restare con le mani in mano e deve intervenire aprendo un tavolo e convocando urgentemente l’unione petrolifera e le singole compagnie petrolifere, usando per una volta il pugno duro nei loro confronti.
Se anche il governo convocasse, e non è improbabile che lo faccia come normalmente accadeva nel passato, un tale tavolo, cosa potrebbe fare? L’unica arma a disposizione dell’esecutivo è la “moral suasion”, cioè la minaccia: meglio che abbassiate i prezzi, sennò…
Ai tre puntini di sospensione, tuttavia, non può seguire nulla, almeno dal punto di vista legale. Naturalmente il governo può fottersene della legge e dar seguito a interventi più o meno ricattatori, teoricamente slegati dalle scelte di pricing delle compagnie petrolifere: controlli fiscali, rallentamenti degli iter amministrativi di loro interesse, e chi più ne ha più ne metta. Se è questo che Rienzi vuole, farebbe bene a dirlo esplicitamente: perché almeno sarebbe chiaro che stiamo parlando di un ruolo attivo e mafiosetto dello Stato nell’economia.
Spero che Rienzi non abbia in mente nulla del genere. L’alternativa, però, non è migliore: si tratterebbe di qualche riforma che, in un modo o nell’altro, dia all’esecutivo poteri in materia di determinazione dei prezzi. Che il price control sia nocivo per i consumatori, è un’ovvietà talmente banale che non è neppure il caso di richiamarsi alla letteratura economica: basta rileggere il mai abbastanza compreso Alessandro Manzoni. Eppure, oggi come nel Diciannovesimo secolo, quando lo scrittore lombardo componeva il suo capolavoro, e come nel diciassettesimo secolo in cui il romanzo è ambientato, ancora
La moltitudine attribuiva un tale effetto alla scarsezza e alla debolezza de’ rimedi, e ne sollecitava ad alte grida de’ più generosi e decisivi.
UPDATE Poco dopo aver terminato di scrivere questo post, ricevo un bizzarro comunicato stampa dell’Adiconsum, che chiede di
vincolare le compagnie petrolifere a variare il prezzo alla pompa per un periodo predeterminato (es. 3 mesi).
Al di là dell’incompatibilità di tale idea con la legge e col buonsenso, al di là del fatto che un periodo di tre mesi in relazione a un bene quale i carburanti è ridicolo, e al di là di tutto, mi sembra che le associazioni dei cosiddetti consumatori abbiano le idee un po’ confuse. Per esempio, perché una politica di prezzi bloccati non necessariamente avvantaggia il consumaotre: lo favorisce quando i prezzi salgono, ma lo danneggia quando i prezzi scendono, come hanno imparato sulla loro pelle tutti quelli che, non seguendo i consigli dell’Istituto Bruno Leoni, a dicembre hanno firmato contratti elettrici a prezzi bloccati. Ma soprattutto perché l’idea di aggiornare i prezzi dei carburanti con frequenza meno che giornaliera è tutt’altro che una novità: è una strategia di pricing nota come “metodo Mincato” (dal nome dell’ex amministratore delegato dell’Eni, Vittorio Mincato, che per primo decise, nel 2004, di ridurre il numero delle variazioni aumentandone l’ampiezza. Come abbiamo spiegato con Stefano Verde in questo paper, il metodo Mincato è stato, secondo l’Antitrust, uno degli strumenti della collusione tra i petrolieri nel periodo 2004-2007 (l’altro pilastro era, sempre secondo il garante, la trasparenza dei prezzi). Il che lascia intendere che le compagnie petrolifere siano un ottimo bersaglio per le associazioni cosiddette dei consumatori, perché si prestano bene all’equazione: qualunque cosa facciano, dategli la colpa.
Beh, questo è il paese che ha partorito, fra mille stupidaggini, quella perla dell’equo canone. Che aspettarsi, dunque?
E non parlo dei politici: il loro idolo è e rimane Maria Antonietta immortalata al massimo del suo fulgore, mentre distribuiva brioches al popolo ovviamente affamato (pure mentre sta sguazzando in spiaggia come in questi giorni).
Bensì del popolo stesso che ha tanto, tanto bisogno di un buon papà, o come si dice a Bologna di “un zio”, che lo prenda per mano, gli dia una carezza, lo titilli un pò e lo porti verso il sol dell’avvenire, quel posto meraviglioso dove vige una pur misera esistenza, che però consente il dolce far niente.
Ogni tanto la realtà prova a far capire che si tratta di una pia quanto stupida illusione, ma non c’è niente da fare: tutti in fila dietro al demagogo di turno, magari anche col numeretto come alla Coop.