Carburanti. La politica dei Sopranos
Negli ultimi giorni si sono intensificate le voci sull’ennesimo assalto alla diligenza. Il governo avrebbe in animo di introdurre, tramite un emendamento alla finanziaria da far presentare alla Camera, l’ennesima imposta ad personam: stando a quanto riferisce Quotidiano energia (subs. required) si tratterebbe di un incremento dell’1,5 per cento, che scatterebbe dopo nove giorni di ritardo nell’adeguamento dei prezzi alle variazioni dei mercati internazionali. Durissima, comprensibilmente, la reazione dell’Unione petrolifera, che parla di “una misura punitiva… tecnicamente ingestibile e impraticabile a meno di non tornare a un regime di prezzi controllati”. Il settore petrolifero è già gravato da una pressione fiscale discriminatorio, visto che, con l’introduzione della Robin Tax (di cui con Piercamillo Falasca abbiamo detto tutto il male possibile), l’aliquota Ires era stata incrementata di 5,5 punti percentuali (a cui un ulteriore punto di inasprimento si è aggiunto durante il passaggio parlamentare).
Spero che si tratti di una indiscrezione priva di fondamento. Se così non fosse, sarebbe davvero gravissimo. E non solo per le ragioni correttamente ricordate dal capo dei petrolieri, Pasquale De Vita. Che pure non sono prive di fondamento. Per dire: rispetto a cosa va valutato il ritardo? E di quante deve essere la riduzione (o aumento, presumibilmente) dei prezzi per non incorrere nelle ire governative? E, ancora, se le compagnie tagliano i margini duranti le fasi ascendenti dei prezzi (come è vero), possono poi “ricuperare” durante quelle discendenti? Sono tutte domande di buonsenso terra-terra, che difficilmente possono trovare una risposta convincente sotto il profilo sostanziale e giuridico.
Ma, al di là di questo, c’è un problema serio che ormai è divenuto preponderante, in qualunque discussione riguardi i carburanti: c’è ancora spazio per il libero mercato? A parole da tutti invocato, che parlano di concorrenza et similia, a me pare che sia il grande assente. In Italia, oggi, i prezzi sono liberi: è possibile che le compagnie adottino condotte abusive, ma verificarne l’esistenza è un compito che spetta all’Autorità Antitrust. La quale non è mai stata, nel passato, avara di interventi anche molto discutibili, e che in ogni caso è attentamente vigile su tutto quel che si muove nel settore, vista la sua rilevanza per l’opinione pubblica. Tuttavia, per lo meno l’Agcm si muove su un terreno che le è proprio. Da un po’, invece, la politica ha preso la tangente.
La Robin Tax, col divieto di traslarla sui consumatori e il compito per l’Autorità per l’energia di evitarlo; le ripetute richieste “ai petrolieri” (come se le diverse compagnie non avessero differenti politiche di prezzo) di ridurre i prezzi di n centesimi (come se i prezzi non fossero diversi da compagnia a compagnia, da zona a zona, da distributore a distributore); le continue insistenze dei politici; sono tutti segni di una cultura della concorrenza assai fragile. E’ come se lo Stato non accettasse di confinare se stesso nel ruolo, pure ingombrante, di regolatore, ma volesse farsi capitano d’impresa. E sì che, a dirla tutta, il governo ha amplissimo spazio di manovra sui prezzi dei carburanti, visto che circa i due terzi dipendono direttamente o indirettamente dalla componente fiscale.
Sul banco degli imputati non ci sono i petrolieri, quando si arrivare a teorizzare una “multa” per chi non adegua i prezzi. Sul banco degli accusati c’è la libertà di prezzo. E alla cattedra non siede una politica che almeno abbia il pregio della chiarezza, non seggono uomini cazzuti che si sappiano far carico delle loro responsabilità e che propongano un ritorno all’Italia di vent’anni fa. No. Ci sono solo allusioni sottili, minacce sussurrate. C’è un “abbassate i prezzi, sennò…”. Lasciata cadere lì, alla Tony Soprano.
Bravo Stagnaro!
Temo si tratti di mera e deplorevole demagogia in applicazione del neo-statalismo d’assalto, come finalità palesemente demagogiche aveva ed ha la Robin tax
Che i petrolieri non siano santi sarà pure vero, ma i carburanti costano tanto unicamente per colpa dell’ingordigia dello Stato.
Spero che Marrazzo riprenda a condurre “Mi manda RAI 3”: sicuramente saprà scoprire perché agli amministratori pubblici servono tutti quei soldi.