Blockchain e pubblica amministrazione, la strana coppia
Bitcoin, la criptovaluta inventata quasi dieci anni fa da un programmatore noto sotto lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto, è da molti considerata una forma di denaro ‘a-politica’. Nel paper con cui lo lanciò e descrisse, Nakamoto scrive che Bitcoin è money without trust: denaro senza (necessità di) fiducia. A differenza di quasi ogni altra valuta contemporanea, infatti, la sua emissione e il suo valore non sono in alcun modo regolati da banche centrali o politiche economiche: bensì, rispettivamente, da un protocollo accessibile, prevedibile e immutabile senza il consenso unanime dei possessori della valuta, e dal valore che le persone attribuiscono liberamente a ogni sua unità.
Money without trust significa dunque poter effettuare transazioni senza dover riporre fiducia in una qualche autorità. E il segreto tecnico di questa grande virtù di Bitcoin risiede in un registro pubblico, aperto, decentralizzato e non modificabile chiamato blockchain, che grazie alla tecnologia peer-to-peer garantisce la sicurezza e la trasparenza di tutte le transazioni in Bitcoin, in tutto il mondo.
Alla luce di tutto questo, potrebbe sembrare folle (e certamente ironico) applicare la tecnologia blockchain – nata dichiaratamente in reazione all’esistenza di autorità – alle istituzioni politiche. Ma forse, in fondo, non è poi così vero che Bitcoin è a-politico: lo è, se s’intende la politica come strumento di potere; non lo è, se s’intende la politica come organizzazione della società.
Poche settimane fa, alcuni consiglieri della Regione Lazio hanno presentato una proposta di legge che, all’articolo 7, prevede l’utilizzo della tecnologia blockchain a diversi fini, tra i quali il monitoraggio e la trasparenza dei flussi finanziari tra Regione, Enti regionali, fornitori e cittadini, la semplificazione e interoperabilità dei registri pubblici (catasto, registro delle imprese, registro delle associazioni, eccetera), e la trasparenza di atti e controlli amministrativi.
Di qui all’operatività di questa e di altre norme simili passeranno tempo, denaro e tentativi. Tuttavia, in un Paese che da decenni pone seri problemi di accountability della classe politica e delle istituzioni, ben vengano esperimenti come questo: come spesso accade, la digitalizzazione potrebbe all’improvviso rendere obsoleti nodi irrisolti da secoli di norme e discussioni, perfino nella gestione (e nel significato) della democrazia.
Twitter: @glmannheimer