Bitcoin guadagna fiducia tra gli investitori istituzionali. Perché?
Bitcoin è sempre lo stesso, con volumi di scambio e portafogli attivi in crescita e volatili, con oscillazioni di prezzo che nelle ultime settimane hanno trovato resistenza a 10000 dollari e supporto a 8000. Anche il terzo Halving, avvenuto lunedì 11 maggio 2020 sancendo il dimezzamento della ricompensa dei miner, non ha portato a scossoni sul mercato, com’era stato previsto almeno nel breve termine.
Ad essere cambiata e decisamente più impattata dalla pandemia è stata invece “l’economia reale”, drasticamente rallentata a livello globale.
In una fase di incertezza come quella attuale, perché allora investire nell’asset instabile per eccellenza, da sempre visto con sospetto dalla finanza tradizionale?
Proprio a Wall Street Bitcoin sembra che Bitcoin stia attirando attenzioni e guadagnando persino fiducia in queste ultime settimane.
Si potrebbe pensare che la ragione stia nella correlazione negativa di Bitcoin con i mercati azionari, ma Bitcoin non è stabile nemmeno in questo e a marzo, quando le borse sono crollate, le ha seguite.
La ragione principale di un rinnovato interesse per Bitcoin non è allora tanto nella sua correlazione con i mercati azionari, quanto nella mancanza totale di correlazione con le politiche monetarie delle banche centrali.
Ce lo ricorda il messaggio contenuto nel blocco 630000 della rete Bitcoin minato proprio in occasione dell’Halving dell’11 maggio che il miner, AntPool, ha deciso di rendere pubblico sulla blockchain:
“NYTimes 09/Apr/2020 With $2.3T Injection, Fed’s Plan Far Exceeds 2008 Rescue”.
Il messaggio si riferisce a un articolo pubblicato dal New York Times riguardante l’immissione record di miliardi stampati dalla Federal Reserve per far fronte alle conseguenze del lockdown che ha superato nettamente la liquidità immessa durante il “salvataggio” del 2008.
Il riferimento è in realtà duplice e rimanda a sua volta a un altro articolo del Times del 3 gennaio 2009 inserito nel primo blocco, il Genesis Block, della rete Bitcoin rilasciato da Satoshi Nakamoto e passato alla storia, almeno nella crypto-economy.
Per i bitcoiner che hanno infatti seguito l’Halving come un passaggio storico, si è trattato chiaramente di un omaggio all’inventore/agli inventori di Bitcoin e alla visione originaria di una moneta decentralizzata e alternativa alle fiat.
Difficile invece che questo messaggio sia stato notato o comunque accolto con una simile esaltazione negli ambiti della finanza tradizionale, mentre è invece sempre più preso in considerazione il potenziale di Bitcoin come “hedge”, quindi come riparo dalle conseguenze prevedibili delle politiche monetarie in corso.
Del resto la funzione primaria di un hedge fund è proprio quella dell’hedging, quindi consiste nel proteggere un portafoglio, prima ancora di incrementarne il valore, e all’interno di un portafoglio ben diversificato anche investimenti speculativi con un rischio maggiore possono servire a controbilanciare altri rischi.
Bitcoin inizia così ad essere visto in questa prospettiva non solo dai fondi alternativi specializzati nel mercato delle criptovalute.
Paul Tudor Jones, fondatore del fondo Tudor Investment Corporation e inizialmente scettico nei confronti delle criptovalute, è di recente intervenuto sulla CNBC dichiarando che BTC fa parte del suo portfolio d’investimento: “The best profit-maximizing strategy is to own the fastest horse”.
Bitcoin è stato infatti l’asset finanziario più performante nel 2020, ma la fiducia di Jones non deriva da una visione rialzista di breve termine, bensì dall’andamento storico di Bitcoin che, nonostante la volatilità nei brevi periodi, nel lungo periodo risulta l’asset che è cresciuto di più negli ultimi dieci anni, praticamente da quando esiste.
Jones non è l’unico a vedere in Bitcoin un asset a protezione dell’inflazione che, come altri veterani di Wall Street tra i quali Ray Dalio, ritiene inevitabilmente in crescita come conseguenza delle recenti politiche monetarie delle banche centrali.
Michael Novogratz, ex partner di Goldman Sachs ora a capo di Galaxy Digital – banca d’affari che si propone di fare da “bridge between the crypto and the institutional worlds” – ha da tempo scommesso sulla crescita del mercato delle criptovalute ed è convinto che si stia scatenando la tempesta perfetta per Bitcoin. Come Novogratz, Tim Draper prevede che in un’economia invasa dai miliardi stampati dalle banche centrali Bitcoin emergerà come riserva di valore rispetto alla svalutazione delle fiat.
Nonostante infatti la prevedibile volatilità in un mercato ancora giovane, la scarsità digitale predeterminata di Bitcoin è altrettanto prevedibile che renda Bitcoin nel lungo periodo un hard money, soggetto al solo mercato e indipendente da qualsiasi politica monetaria.
Se è vero che cresce la fiducia in ambienti dove è sempre prevalsa l’ostilità, non significa comunque che siamo vicini a una legittimazione condivisa nel sistema finanziario tradizionale. In gioco ci sono interessi che potrebbero essere compromessi se si passasse da una fiducia in Bitcoin come asset speculativo alla crescente fiducia anche nel cambiamento più radicale per il quale è stato inventato, quindi in un sistema monetario e in una finanza decentralizzati. In una finanza decentralizzata, i servizi offerti da banche e fondi entrerebbero in competizione con quelli offerti da nuove organizzazioni, le DAO, gestite secondo un modello anche di governance decentralizzato e che stanno crescendo offrendo servizi finanziari basati su protocolli, smart contracts e quindi in gran parte su un’altra blockchain, quella di Ethereum.
Goldman Sachs, in una videoconferenza organizzata a pochi giorni dall’intervista di Paul Tudor Jones, ha invitato gli investitori a evitare Bitcoin e criptovalute e affermato che non sono degli asset class, scatenando il Crypto Twitter.
Altri commentatori della criptosfera hanno inoltre ricordato che soltanto lo scorso agosto Goldman Sachs aveva pubblicato un’analisi tecnica in cui si prevedeva un mercato rialzista e si evidenziava l’opportunità di investimento in BTC.
Insomma ultimamente la stabilità non va di moda in nessun ambiente, mentre è invece prevedibile che le banche centrali continueranno a fare pubblicità “gratuita” a Bitcoin, fino a convincere forse anche i più scettici che una moneta virtuale, se è basata su una solida tecnologia e su un modello stock to flow che funziona, può diventare sempre più un asset reale, digitale.
La fiducia, a cui molti attribuiscono la base dei mercati, si può forse toccare?