Avastin-Lucentis: il parere dell’avvocato generale UE
Il caso del farmaco Lucentis, appositamente studiato e brevettato per la degenerazione maculare, con Novartis che aveva impugnato le decisioni dell’Aifa ritenute a favore dell’uso del farmaco Avastin
Henrik Saugmandsgaard Øe, avvocato generale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, interpellata dal Consiglio di Stato italiano sul caso Avastin-Lucentis, ha recentemente rilasciato il suo parere ufficiale.
Avendo in licenza il farmaco Lucentis, appositamente studiato e brevettato per la degenerazione maculare, Novartis aveva impugnato le decisioni dell’Aifa ritenute a favore dell’uso del farmaco Avastin, di proprietà dalla concorrente Roche, per lo stesso trattamento oftalmico ma off-label. Tale impugnazione di fronte alle autorità italiane ha spinto il Consiglio di Stato, quale giudice di ultima istanza, a rivolgersi alla Corte di Giustizia UE al fine di chiarire se la presa in carico da parte del SSN dell’Avastin usato off-label sia compatibile con il diritto dell’Unione.
Non è noto quando la Corte di Giustizia UE rilascerà la sua sentenza, ma le conclusioni dell’avvocato offrono l’opportunità per qualche riflessione sul caso reso famoso dalla multa di € 180 milioni inflitta nel 2014 a Roche e Novartis. La condotta anticoncorrenziale condannata è un’intesa orizzontale con cui le due società avrebbero esagerato gli effetti avversi dell’uso oftalmico off-label di Avastin (farmaco più economico), al fine di spingere per il consumo di Lucentis (farmaco più caro).
L’Istituto Bruno Leoni si è già occupato della questione in passato, evidenziando come le azioni di Roche e Novartis che venivano interpretate come intesa orizzontale dall’Autorità garante della concorrenza fossero in realtà la mera conseguenza del rispetto della normativa sulla farmacovigilanza da parte delle società (per un’analisi puntuale di Serena Sileoni si veda qui e qui).
Il nodo della questione è il conflitto d’interessi in capo al potere dello Stato, il quale oggi, nel nostro sistema in cui si persegue la chimera del diritto alla salute per tutti e a costo zero, è contemporaneamente regolatore a tutela della salute e finanziatore della (maggior parte della) spesa per farmaci necessari a curare i pazienti. In questo caso, è interesse del regolatore che le imprese farmaceutiche rispettino la normativa sulla farmacovigilanza, mentre è interesse del finanziatore risparmiare risorse sostituendo l’acquisto del caro Lucentis con quello del più economico Avastin, nonostante procedure approvate da autorità preposte non pongano i due farmaci, da un punto di vista scientifico, sullo stesso piano (si veda Sileoni).
L’avvocato generale ha messo il dito nella piaga. Dopo aver specificato che Avastin rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 81/2003 e pur avendo riconosciuto che al fine di fronteggiare situazioni eccezionali gli Stati membri possano esonerare certi farmaci (e quindi anche Avastin) dall’applicazione della direttiva, egli chiarisce senza mezzi termini che “tale eccezione debba essere fondata su considerazioni di carattere puramente terapeutico e che quindi essa sia ammissibile soltanto nell’ipotesi in cui un paziente non potrebbe essere curato con un farmaco diverso, autorizzato per l’indicazione terapeutica specifica (come, nella specie, il Lucentis), perché tale diverso farmaco è inefficace o controindicato per un determinato paziente o perché esso è indisponibile sul mercato nazionale. In compenso la suddetta eccezione non include la situazione in cui il medico sceglie il farmaco utilizzato off-label solo per contenere i costi a carico del Ssn”.
In altre parole, secondo l’avvocato generale non è pensabile che il conflitto di interessi in capo allo Stato si risolva, in materia di salute, a favore del finanziatore. Una tale conclusione appare ragionevole. Nondimeno, soprattutto in tempi di “austerità” come quelli che stiamo attraversando, potrebbe essere persino più saggio provare a ripensare il perimetro delle competenze in capo allo Stato, onde evitare che si arrivi al momento in cui, per necessità, non si possa far altro che cedere all’interesse del finanziatore a discapito dei pazienti.