Automobili di Stato: un Occidente in “stile Ceausescu”?
Marian Eabrasu è giovane professore romeno (ma la famiglia è di origine greca), che ha studiato logica a Urbino per poi continuare i propri studi in Francia, dove ora insegna scienze politiche all’università di Paris – St. Denis. Nel 2005 era intervenuto al Mises Seminar presentando un suo lavoro sui fondamenti della teoria libertaria in Rothbard e in Hoppe (A Critique of Rothbard and Hoppe’s Arguments Sustaining the Necessity of Libertarian Axioms of “Self-Ownership” and “Homesteading” ) e ieri, l’11 ottobre, a Sestri Levante è stato un eccellente discussant in occasione della presentazione del paper di Jan Willem Lindemans, che ha presentato un interessante lavoro su Entrepreneurial luck and the problem of just and efficient reward.
Di ritorno a Parigi, da persona squisita quale è, Marian ringrazia l’IBL per l’ospitalità e l’organizzazione del seminario (e in realtà è lui che merita il ringraziamento di tutti quanti hanno avuto il piacere di ascoltarlo), ma ci segnala anche un articolo davvero notevole, uscito su The Wall Street Journal nel giugno scorso. Si tratta di un pezzo intitolato “What I Learned as a Car Czar” scritto da Io Mihai Pacepa, già alto ufficiale di Ceasescu e da questi incaricato di fabbricare automobili per il popolo romeno.
Il racconto di come quest’uomo, che non sapeva assolutamente nulla di come si fabbricano autovetture, sia stato trasformato nello “zar” dell’industria automobilistica romena e di come abbia poi cercato di fare al meglio il proprio mestiere è assai istruttivo. E la conclusione è chiara: anche se “quello di Ceausescu è stato certamente un caso limite, l’incontro tra Stato e industria automobilistica non ha mai dato buoni risultati nei paesi socialisti”.
Ma – come sottolinea Pacepa – anche in Occidente l’intreccio tra soldi di Stato e industria automobilistica ha prodotti ogni volta esiti disastrosi. L’ex-oligarca della Romania comunista cita giustamente l’Inghilterra pre-Thatcher, ma avrebbe egualmente potuto ricordare i guasti che lo statalismo ha arrecato all’industria automobilistica italiana. Aiutare chi costruisce automobili significa, a ogni latitudine, distruggere l’intero settore ed è incredibile che vi siano ministri incapaci di comprenderlo.
Così, in America e in tutto l’Occidente, il massiccio intervento pubblico nel settore automobilistico sta oggi riportando in auge la politica economica del “Conducator” di Bucarest, che pure non si considera affatto un genio in materia. Memori di quanto accadde a casa loro, Marian Eabrasu e Ion Mihai Pacepa invitano un po’ tutti a lasciar perdere: e in primo luogo quanti, nell’America del New-New Deal, sono persuasi che possa venir qualcosa di buono da una General Motors statizzata.
Cito – “L’ex-oligarca della Romania comunista cita giustamente l’Inghilterra PRE-Thatcher, ma avrebbe egualmente potuto ricordare i guasti che lo statalismo ha arrecato all’industria automobilistica italiana.Aiutare chi costruisce automobili significa, a ogni latitudine, distruggere l’intero settore ed è incredibile che vi siano ministri incapaci di comprenderlo.”.
???
Ma davvero? Rileggete la frase, per cortesia.
Infatti vediamo come l’industria automobilistica inglese durante e post-Tatcher abbia avuto una fioritura straordinaria (il mio è sarcasmo).
Intanto Fiat Lab resiste e sforna i capolavori come il MultiAir…le Pande e le 500 riempono le strade di mezz’ Europa.
Mi piacerebbe sapere cosa sarebbe stato di Tata (India) senza una “tutela” statale…dei cinesi non parlo proprio, lì è ovvio (la strategia non cambia almeno fino al 18-mo congresso del Partito Comunista Cinese nel 2012).
L’esempio della Romania socialista non è consistente nel mondo attuale (le difficoltà nel produrre lì sono dovute alla loro storia nel complesso e il loro rapporto con la questione “tecnologia”, gli “aiuti statali” sono secondari in qs contesto. In 20 anni di libertà e l’assenza di aiuti non mi pare che abbiano prodotto gli automobili decenti? O sbaglio? Se sbaglio – mi correggo subito).
Il liberismo “nudo e crudo” nel mondo globalizzato che sarà ancor più globalizzato è un suicidio (prof Chow).
concordo con l’articolo e richiamo i commenti che ho già fatto ad altri articoli, qui vogliono farci morire sovietici, con lo stato che decide tutto, anche che auto devo avere e per quanto tempo ( e chi se ne frega se quella che demolisco è ancora più che efficiente)!
manT: “Mi piacerebbe sapere cosa sarebbe stato di Tata (India) senza una “tutela” statale…dei cinesi non parlo proprio, lì è ovvio (la strategia non cambia almeno fino al 18-mo congresso del Partito Comunista Cinese nel 2012)”
Tata e’ una conglomerata con interessi in diversi settori, dai trasporti alla produzione di acciaio sino all’energia. Come successo in altri posti, segnatamente in Sud Corea, prima hanno iniziato a produrre auto su licenza di altri costruttori, quasi sempre giapponesi, e quindi hanno usato gli utili prodotti dalle societa’ sorelle per sovvenzionare la produzione e rinforzare le quote di mercato, e come spesso accade nei paesi in via di sviluppo, il segmento delle macchine di lusso e’ saldamente in mano alle marche tedesche. Quanto alla situazione cinese, praticamente ogni provincia ha il “suo” costruttore di automobili, che spesso vende poco o nulla al di fuori della provincia stessa, con il risultato che da tempo ci sono troppi costruttori automobilistici che in futuro o saranno assorbiti dalle grandi aziende di Shanghai e Pechino o dovranno associarsi tra di loro. In ogni caso il settore automobilistico e’ tra quelli industriali quello in cui vi e’ una identificazione piu’ profonda con l’orgoglio nazionale, altrimenti non si spiegherebbero gli strepiti che in Europa e USA si alzano ogniqualvolta v’e’ la remota possibilita’ che uno dei molteplici stabilimenti venga chiuso o ridotto.
Però voi fate tante parole, ma di un discorso concreto è vero non siete capaci….
Sicuramente avete un posto statale, oppure fate i professori, oppure i ciarlatani, ma il posto di lavoro non lo rischiate voi.
Come si dice….. tante chicchiacchiere e distintivo….