Austerità – Istruzioni per l’uso
Le turbolenze sui mercati finanziari a cui abbiamo assistito in questo ultimo periodo pongono di nuovo la questione della credibilità finanziaria al centro del dibattito. A partire dal 2010, per far fronte alla cosiddetta crisi dei debiti sovrani, in modo particolare di quelli dei paesi PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna), i Governi d’Europa si sono impegnati a ridurre i propri deficit fiscali col preciso intento di recuperare credibilità finanziaria. Se da qualche tempo sembrava ormai che ci fossero riusciti, nelle ultime settimane le certezze cominciano a vacillare.
Forse, le ragioni di tale insicurezza vanno ricercate nell’andamento del rapporto Debito/PIL di questi paesi.
Fonte: Commissione Europea
Se la crisi era dei debiti sovrani, da questo semplice grafico si direbbe tutto meno che essa si sia risolta (ad eccezione, si vede, del caso dell’Irlanda). Il consolidamento fiscale che c’è stato non ha funzionato come avrebbe dovuto, almeno non per tutti.
Un recente studio della Banca Centrale Europea, a firma di Maria Grazia Attinasi e Luca Metelli, analizza proprio questa dinamica utilizzando dati trimestrali Eurostat nel periodo 2001-2012 e concentrandosi su 11 paesi dell’area Euro; tra questi sono inclusi tutti i paesi PIIGS, che lo studio identifica come paesi sottoposti a stress fiscale.
Gli autori mostrano che a seguito di un episodio di consolidamento fiscale, il rapporto debito/PIL inizialmente tende a crescere (a causa della caduta istantanea del denominatore, ovvero il PIL) per un periodo fino a un anno, per poi cominciare a ridiscendere. Il risultato principale dello studio è che la durata e l’entità dell’iniziale aumento del rapporto debito/PIL dipendono da come si è attuato il consolidamento fiscale: se il consolidamento è stato raggiunto tramite un aumento delle entrate, quindi dell’imposizione fiscale, l’aumento iniziale del rapporto debito/PIL si rivela più consistente e tende a durare più a lungo rispetto ai casi in cui si è optato per un taglio delle uscite, quindi della spesa pubblica. Inoltre, il modo in cui si è perseguito il consolidamento influenza anche gli effetti di lungo periodo. Se il consolidamento è dovuto principalmente a un abbassamento della spesa, allora esso produce effetti positivi di lunga durata sul rapporto debito/PIL; al contrario, agendo principalmente dal lato delle entrate, non si registra alcun effetto significativo sul rapporto debito/PIL di lungo periodo.
Purtroppo noi italiani questo lo sappiamo bene. Dal 2010 a oggi il totale dei ricavi dello Stato (ovvero delle imposte sui cittadini) in rapporto al PIL è salito di 2,5 punti percentuali, e anche la spesa pubblica è salita, di poco meno di un punto (0,9), a testimonianza che i tentativi di aggiustamento del deficit si sono ricercati principalmente aumentando le entrate. Peccato che nel frattempo, non solo non si sono visti effetti duraturi sul rapporto debito/PIL, ma anzi esso è anche peggiorato, passando da 115% a 133%.
Ora che potrebbe tornare la necessità di apparire credibili, è bene tenere presente che non sembra proprio che sia l’austerità di per sé a far del male, ma solo quella che si fa pagare ai contribuenti.
L’Autore sostiene implicitamente che la Dottrina Scheuble all’inizio andasse bene e poi è andata in crisi ora, segnatamente nei paesi in cui non è stata ridotta la spesa pubblica complessiva.
A prescindere dalle sofferenze bancarie tedesche -Deutsche Bank,Kommerz Bank-(eterna conseguenza delle compensatorie speculazioni esotiche avventurose delle banche prigioniere di sistemi in austerità deflattiva),ritenere irrilevante e non utile nel medio periodo la razionalizzazione della spesa pubblica pur a saldi sostanzialmente invariati e cioè badare solo al Gesamt di Cassa, è discutibile.
Egregio Giannino, problema dell’Italia non sono solo le privatizzazioni, vedi Ilva Taranto o Saipem, pochi anni fa privatizzate ma, evitare le nazionalizzazioni, vedi di nuovo Ilva Taranto o Saipem. Governo ha tolto Imu e non ha toccato tasse Sul lavoro, governo ha le “sue teorie economiche”, contrario di tutto cio’ che fanno le economie piu’ sviluppate e di vedono i risultati. Paesi ad alto debito un tempo erano anche la Svezia, Ora non lo e’ piu’, c’e’ sempre Una via per abbattere Il debito e avere la crescita.
Buonasera, sono molto d’accordo con l’autore dell’articolo; aggiungerei soltanto che matteo Renzi ha dissipato in questi due anni tutta la credibilità e forza che aveva prima della spallata al precedente governo: un taglio netto della spesa pubblica può essere portato avanti solo dopo una chiara vittoria politica, con una maggioranza coesa e nei primi mesi della legislatura. Al momento il percorso politico del presidente del consiglio è fortemente impattato dalle scelte del governo stesso ( dal punto di vista economico…spending-deficit ) e dalla fisiologica usura del rapporto cittadini – governo ( da qui le numerose prese di posizione contro la commissione europea e la Germania ). Fra poco saremo costretti a nuovi e dolorosi consolidamenti fiscali che aggraveranno il rapporto debito / pil.