19
Mag
2012

Aranciate sempre più aspre e amare

L’ultima proposta legislativa è una norma tanto aspra quanto indigesta che mira a regolamentare, innalzandola dal 12% al 20%, la quantità di arance nell’aranciata. Ovviamente vale anche per il contenuto degli altri succhi di frutta. Idem per i limiti alla quantità di zuccheri aggiunti. Questa proposta, per salvaguardare la qualità del prodotto e la salute del consumatore. Nei fatti, soprattutto per sostenere la produzione di frutta dato che, oltre il 12%, ogni altro punto percentuale aggiuntivo di succo richiede l’utilizzo di 25 milioni di arance in più che, complessivamente, corrispondono a circa 560 ettari di agrumento. Sostegno alla produzione italiana, quindi, senza pensare però alle ricadute in caso di annate sfavorevoli, o di un calo dei prezzi delle importazioni che avrebbe consentito un risparmio per i produttori (che tende a riflettersi in un calo dei prezzi).

Da qui in poi dovremo aspettarci che regolamenteranno anche la quantità di pomodoro nella passata e di cereali nei minestroni. Di conseguenza, di lì a breve ricontrolleranno anche tutti i libri di ricette della nonna per verificare che il contenuto degli ingredienti sia congruo al sostegno della produzione italiana e al contenuto di zuccheri e grassi che si aspettavano?

In che modo, poi, si tutelerebbero i consumatori e la loro salute? Sui prodotti sono già segnalati nell’etichetta gli ingredienti e le relative percentuali di contenuto. Ad esempio, le bibite che non contengono succo devono avere la dicitura “bibita al gusto di arancia” oppure “bibita al sapore di arancia”, a cui segue l’elenco degli ingredienti senza che sia possibile mettere foto di frutta. Se un cliente salutista non li gradisce, è libero, com’è giusto che sia, di prepararsi lui stesso il succo con la percentuale di zucchero e frutta che gradisce, oppure di optare per un’altra marca che si adegua meglio alle sue esigenze e preferenze. In ogni caso, c’è chi la spremuta se la fa preparare dal barista: arriveremo a controllare anche il lavoro dietro il banco?

Oggi, quindi, i consumatori sono nei fatti già tutelati grazie alla presenza dell’etichetta, ma domani potrebbero non esserlo più nella scelta del produttore del succo preferito: si tende infatti ad appiattire l’offerta. Non solo i venditori dovranno sostenere spese per adattarsi alla nuova norma, ma saranno anche vincolati nella possibilità di diversificare il prodotto. Ad esempio, alcuni produttori hanno già spontaneamente aumentato il contenuto di frutta e ridotto quello degli zuccheri, mentre in Europa circolano prodotti con anche meno del 9% di frutta: d’ora in poi, invece, nel nostro paese le ricette saranno limitate dalle nuove norme e, quindi, i consumatori avranno meno possibilità di scegliere la bibita che si adatta meglio ai loro gusti. Arriveremo al punto che coloro che gradiscono un prodotto più dolce dovranno rinunciare, a meno di non prepararselo a casa?

Insomma, questa norma ha tanto il sapore della junk food tax, ossia il sapore dello Stato sovrano legittimato a decidere cosa e quanto dobbiamo bere e mangiare, oltre che quali produzioni nazionali sostenere. Il prossimo passo sarà trovarceli a casa quando ci prepariamo pranzo a controllare quantità di zuccheri, grassi e calorie. E allora una diger selz potrebbe non bastare.

 

24 Responses

  1. assunta normale

    Buon giorno Signora Quaglino. I cittadini sanno che è preferibile consumare frutta fresca e secca anzichè i succhi. I succhi venduti nel supermercato sono un prodotto industriale, che apporto nutritivo possono dare ? Logicamente possono apportare solo acqua e zucchero, non certo le vitamine della frutta, che vengono distrutte nel processo produttivo. Una maggiore produzione di frutta farebbe aumentare la ricchezza prodotta nelle regioni dell’Italia meridionale più la Sicilia; inoltre salverebbe il territorio dalla cementificazione e dagli squilibri idro-geologici.

  2. Andrea Chiari

    Pensavo che queste regolamentazioni dovessero avere una dimensione europea concordata (e credo che sia così). Comunque l’idea di puntare di più sull’informazione e sull’educazione pittosto che sulla costrizione burocratica mi sembra corretta.

  3. claudio p

    In giro per il mondo non ci sono le regole italiane e, udite-udite, a volte non si trovano neanche gli elenchi degli ingredienti.. l’unica scelta seria per tutelare i consumatori italiani è quella di impedire loro di uscire dall’Italia. Mi auguro che basti il sequestro dei passaporti, altrimenti sarà necessario costruire un lungo e costoso muro lungo tutto il confine.
    A proposito, non penserete mica di invitare qualcuno a cena da voi? è meglio che rinunciate subito a questa pericolosa abitudine, anche perché di qui a breve, per tutelare la salute dei consumatori, chi vuole invitare gente in casa dovrà procurarsi un licenza presso l’Azienda Sanitaria locale e dovrà aspettarsi le visite a sorpresa dei NAS!
    Henry David Thoreau soleva dire: “se sapessi con certezza che qualcuno sta venendo a casa mia con l’intenzione di farmi del bene, scapperei a gambe levate”

  4. Paolo

    L’etichetta ? ma di cosa sta parlando, quando con una percentuale bassissima di succo d’arancia il prodotto può dirsi “aranciata” così da indurre il consumatore a credere che il succo d’arancia sia realmente presente in maniera senz’altro preponderante ?
    Secondo Lei il consumatore medio legge gli ingredienti (scritti con caratteri microscopici) o viene piuttosto attratto dalle tecniche comunicative (e manipolative) che veicolano il prodotto in termini pubblicitari ?
    Meno investimenti (milionari) in pubblicità e più qualità del prodotto reale !
    Saluti

    Paolo

  5. andrea

    @Paolo
    Il consumatore medio, quell’imbranato dell’uomo qualunque, quel fessacchiotto, quel bamboccione sbadato, quell’ignorantello incorreggibile, quell’irresponsabile incauto omino, quel simpatico imbecillotto, non possiamo permettere che si faccia del male da solo.
    Assolutamente NO! Dobbiamo proteggerlo in ogni modo!
    Ci dia più della metà della ricchezza che riesce a produrre e NOI, che sappiamo bene come vanno queste cose, nel suo esclusivo interesse lo salveremo… da se stesso!

  6. Paolo

    @andrea
    Non è questione di “protezione”; è questione di serietà e di trasparenza effettiva (non solo teorica).
    Il mercato si basa sulla fiducia e sulla trasparenza della comunicazione.
    Ciò che passa, in termini comunicativi, non è l’etichetta formato mignon, ma la campagna mediatica che veicola il prodotto e le sue (presunte) caratteristiche;
    l’acquisto, di fatto, poggia, in gran parte, su basi irrazionali/emozionali, non su calcoli di ragione.
    Si acquista perchè si desidera e perchè ci si fida e questa fiducia non può (e non deve) essere tradita.

    In ogni caso è vero e me lo auguro anch’io: che sempre più persone abbandonino l’irreale per il reale; abbandonino il fumo per l’arrosto.

    Paolo

  7. Mauro

    @Paolo
    Io ho imparato a comprare arance (quelle in sacco preconfezionato, per risparmiare) e farmi il succo d’arancia al 50%. Ora mi aspetto una ispezione dei NAS in quanto invece di mangiare le arance le spremo con uno strumento che mi permetto di sciacquare e non lavare. Basta norme! Lo stato vuole pubblicizzare un determinato tipo di succo? Ebbene, nelle mense scolastiche cominci a distribuire aranciate fatte in loco e non bibite preconfezionate, vedrete che gli scolari impareranno presto la differenza tra aranciata e bevanda al succo di arancia… Ma gia`, occorre giustificare la presenza di un apparato elefantiaco che generi nuove norme, e poi correzioni alle stesse, e poi chiarimenti sulle stesse, e poi ulteriori presisazione, e…

  8. claudio p

    @Paolo
    Lei vuole togliere a me la possibilità di scegliere poiché Lei ha bisogno di essere salvato da se stesso?Per quanto mi riguarda Lei si può murare in casa con dieci tonnellate di arance e mangiarsele tutte, non mi interessa, ma cerchi di non occuparsi dei fatti miei.

  9. Paolo Rovelli

    un’altra inutile intrusione dello stato…in ogni caso le aranciate miglioreranno il sapore perchè sapranno “più di arancia” e non saranno di cero amare perchè si può aumentare lo zucchero contenuto fino al restante 88%. Quindi la lamentela dell’autore di questo blog è sciocca e pretestuosa. E’ sufficiente dire che non ce ne era bisogno di questa legge illiberale, ma dire che peggiora il sapore dell’aranciata è semplicemente stupido…

  10. Questa norma non è assolutamente illiberale.

    E’ solo una questione di nome. Non c’è nulla di liberale nel consentire di chiamare “aranciata” un liquido contenente il 12% di succo d’arancia.

    La norma è diretta esclusivamente a contrastare la pubblicità ingannevole, che inserire la parola arancia per definire un liquido che di arancia ne contiene troppo poco.

    I consumatori saranno liberi di continuare a consumare liquidi contenenti il 12% di succo di arancia. Potranno farlo leggendo l’etichetta che chiama questi liquidi “bevanda ala sapore di arancia” o “bevanda contenente 12% di succo d’arancia”.

    Nessuno vieta nulla. E’ solo questione di nome e di pubblicità ingannevole.

    La dietrologia usata contro la norma (serve a far vendere arance) è un’arma impropria a doppio taglio (siccome non ho argomenti contro la norma mio occupo dei motivi occulti che hanno mosso chi l’ha proposta). Quest’arma a doppio taglio può essere rivolta contro l’autore dell’articolo:

    Forse l’autore dell’articolo ha interessi personali legati ai produttori di aranciate quasi prive di arance?

    Infatti chi è favorevole alla

    Se si chiama aranciata de

  11. Paolo

    @claudio p
    Lei ovviamente può scegliere ciò che desidera, che a Lei piace, o che reputa conveniente.
    La mistificazione la opera chi permette di dare alle cose nomi impropri, o fuorvianti, o che tradiscono il significato che è loro proprio.
    Le parole formano la realtà e in qualche modo la creano.
    Aranciata vuol dire aranciata; se si chiama aranciata significa che il succo d’arancia ci deve essere e che deve dare “corpo” alla bibita.
    Tutto qui.
    Per il resto, nella libertà propria di tutti e di ciascuno, ognuno può decidere cosa fare, nell’autonomia che ci è propria.
    In ogni caso, e concludo, mi pare che nell’aumentare il quoziente di succo d’arancia nell’aranciata ad essere penalizzato non è il consumatore; semmai lo è chi pensa di ricavare margini di redditività abbattendo le spese di produzione a discapito della qualità del prodotto.

    Paolo

  12. claudio p

    @Antigrillo
    Non è una norma illiberale. Illiberale è troppo poco… sarebbe meglio dire che è anche ottusa, demagogica, inutile, costosa, incivile, irrispettosa della libertà d’impresa, irrispettosa dell’intelligenza del consumatore e irrispettosa delle responsabilità individuale.
    é una delle ennesime buro-schifezze etico-stataliste, filo-collettiviste, pseudo-fondamentaliste che si sommano una sull’altra, e sull’altra ancora, e che hanno condannato e continuano a condannare l’Italia e l’Europa a miserabili brutte copie di ciò che potrebbero essere.
    E se stai pensando che esagero, significa che meriti i governanti che hai.

  13. claudio p

    @Paolo
    se io vado da un barista e chiedo un barattolo di aranciata, e quello mi consegna una Fanta (succo al 12%) e a me va bene, pago e me la bevo. Io e il barista siamo adulti consenzienti, e non abbiamo nessunissimo bisogno che lo Stato ci metta il becco.

    Lingua, linguaggi, parole corrette, parole mistificanti, nomi impropri, nomi fuorvianti, bla bla bla…
    se Lei fosse cinese sarebbe perfetto per andare in Tibet ad arrestare i Tibetani che parlano la propria lingua!

  14. Paolo

    @claudio p
    La prendo come una battuta o come uno sfogo….
    Onore al Popolo Tibetano, che come unica arma a Sua disposizione ha la parola, ha le parole, parole di verità e di giustizia.
    Parole purtroppo non dette con forza e con decisione dai diversi Governi occidentali che per non “indispettire” la grande e potente Cina si rifiutano o si sono rifiutati di ricevere formalmente il Dalai Lama, o di prendere netta posizione in sede Onu.
    Cos’è questa, la libertà del politically correct, quella della real politik, o quella delle ragioni ultime del mercato e del debito sovrano dei Paesi Occidentali (Stati Uniti in testa ?)
    La parola è importante; l’uso corretto delle parole è importante; la parola salva, la parola (anche quella omessa) condanna.

    Paolo

  15. Giorgio Gori

    La vostra battaglia a favore del libero mercato è ammirevole, ma permettetemi di dirvi che ogni tanto ve ne uscite seriamente con polemiche senza capo né coda.

  16. Dorian

    Dissento completamente da quanto sostiene! Migliorare la qualita’ dei prodotti e’ un dovere dello Stato, in quanto tutela la salute dei suoi cittadini. Se nel resto del mondo non verranno applicate queste regole peggio per loro. L’Italia ha il primato del maggior controllo sui cibi e questo e’ un bene per i cittadini, ma ovviamente e’ un male per le corporations. Non si puo’ sostenere che per l’abbattimento dei prezzi sia corretto perdere la qualita’. Ci troveremmo come in America dove consumano del latte con percentuali di ormoni pericolose per la salute che favoriscono lo sviluppo dei tumori; o peggio, come in Francia, dove i bambini preferiscono il gusto delle fragole chimiche ( perche’ piu’ dolci) a quelle naturali. In piu’ se da quanto deliberato otteniamo un sostegno alla produzione agricola italiana ( massacrata in tutti i modi negli ultimi anni) tanto meglio. Le ricordo l’ultimo scandalo tedesco, con conseguenti morti inaccettabili, per una politica scellerata di rincorsa ai prezzi piu’ bassi. Infine per la sua paura di dover rinunciare alla sua “liberta’” di consumare zuccheri in eccesso le ricordo i dati allarmanti sul diabete e le patologie connesse. Per finire se Lei consuma tanti cibi spazzatura si ricordi che non e’ nata con questa propensione, ma gliela hanno indotta. Se ci riflette potrebbe sentirsi meno libera di quanto crede! Da un punto di vista di spesa sociale e’ inoltre assurdo sposare la teoria dei cibi poco salutari: si garantisce infatti solo una maggiore spesa al sistema sanitario, per tutelare gli utili aziendali di imprese con dubbia eticita’. Cordiali saluti.

  17. claudio p

    @Paolo
    Adesso Le spiego perché non si tratta solo di una battuta o di uno sfogo.

    Accontentare il consumatore è un imperativo, per chi produce è letteralmente una questione di vita o di morte. L’Autorità che piomba dal nulla sui rapporti tra fornitore e cliente non aggiunge niente alla felicità del consumatore, perché se mai ci fosse stato qualcosa da aggiungere il produttore lo avrebbe già fatto per avvantaggiarsi sulla concorrenza, d’altro canto quell’entrata a gamba tesa ha dei costi (palesi o occulti) che si riversano sul consumatore stesso e che in ultima analisi pesano sul Progresso in senso lato.

    Il linguaggio e il mercato sono istituzioni complesse, nate senza che nessuno le istituisse, e se sono nate, hanno avuto successo e si sono diffuse in tutta l’umanità è perché funzionano e continuano a funzionare, è perché migliorano e si adattano alle circostanze in modo continuo: è un fenomeno assolutamente spontaneo dovuto alle infinite interazioni delle singole persone che procedono per prove ed errori.
    Lo Stato che si cimenta nell’imbrigliare il linguaggio, il mercato o la loro interazione dimostra non solo di essere goffo e ottuso ma anche controproducente (ed è destinato a degenerare e infine a soccombere sotto la spinta innovatrice degli individui).
    Io rispetto l’Autorità perché so che è INDISPENSABILE, soprattutto quando si tratta di proteggere l’incolumità e la proprietà dei cittadini, ma so anche diffidare di essa perché so che contiene in sé il germe della sopraffazione del cittadino.

    Se Lei, che ha avuto l’opportunità di studiare o comunque avrà sentito parlare di persecuzioni religiose, di caccia agli untori, di caccia alle streghe, di olocausto, di lapidazione della adultere non ha imparato a diffidare dell’Autorità, non ha imparato a distinguere i segnali della sua prevaricazione, ciò significa che se Lei fosse nato in Cina sarebbe stato plasmato dall’Autorità fino al punto obbedire senza rimorsi qualora le si imponesse di andare in Tibet ad arrestare i tibetani che parlano la loro lingua.

  18. Paolo Venturini

    E’ del tutto legittimo che si facciano leggi contro il cibo spazzatura. ma devono essere molto più dure. Se gli stolti vogliono rovinarsi in nome dei principi liberali lo facciano, ma le persone perbene hanno il diritto di essere tutelate. Deve essere libero chi vuole intossicarsi con la merda, ma sul barattolo ci deve essere scritto “merda”, non potete scriverci “nutella”, se no è pubblicità ingannevole. Ognuno è libero di fare quel che vuole ma l’informazione deve essere assolutamente veritiera. Chiamare aranciata una schifezza col 12% di succo d’arancia è una menzogna. E la menzogna deve essere combattuta senza complimenti e senza pietà.

  19. claudio p

    @Paolo Venturini
    Sarebbe stata una menzogna se avesse avuto il gusto merda, e sarebbe sparita dal mercato per fallimento.
    L’aranciata non è una spremuta d’arancia è, secondo il vocabolari della lingua italiana, una bibita che contiene “succo d’arancia” oppure “una bibita al gusto di arancia”.

  20. Paolo Venturini

    In nome dell’ideologia liberista (ché il liberismo è una semplice ideologia, né più né meno, e neanche una delle più entusiasmanti) si difende il diritto delle aziende produttrici di porcherie di avvelenare la gente perbene. I liberisti dicono che va bene così, ma lo Stato deve difende la gente perbene, non i liberisti.

  21. Il prossimo passo sarà trovarceli a casa quando ci prepariamo pranzo a controllare quantità di zuccheri, grassi e calorie. E allora una diger selz potrebbe non bastare…….
    Speriamo se li trovi anche in ufficio qualche giornalista mentre scrive il suo articolo impegnato…..

  22. Mi scusi signor paolo p.,
    ma la percentuale del 12% chi l’ha decisa?
    E chi dice che è perfetta?
    E perchè non si dovrebbe allora abbassare?
    Come mai la difende come se fosse una cosa perfetta?

  23. Emilio46

    Non è ora di smettere di mantenere in vita aziende decotte, novelli zombies, agricole o meno che siano

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