Angela Merkel, Thomas Piketty e il Potere
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Giuseppe Brescia
Ha suscitato qualche clamore l’intervista della cancelliere Angela Merkel a “La Stampa” del 28 giugno 2020, in cui la leader politica si dice preoccupata per il fatto che l’Europa “non è riuscita a fornire la prova schiacciante che il sistema liberal-democratico stava vincendo”, in procinto di assumere le redini della Comunità europea a partire dall’imminente 1° Luglio.
Ma perché, “Schiacciante ? “ – sommessamente chiederei, in memoria del mònito di Winston Churchill, per il quale la “democrazia ha certo molti difetti; ma non è stato trovato un sistema ancora migliore della stessa”. E poi, la Merkel, che originariamente è stata studiosa di Fisica teorica, non rammenta la lezione di Popper ne La logica della scoperta scientifica e nel tizianesco Poscritto alla Logica della scoperta scientifica, per cui la scienza, come la democrazia, procede per “prove ed errori”, per tentativi come di uno scienziato in una stanza buia, e dunque per prove sempre “falsificabili” e giammai “schiaccianti” né “assolute”.
Comunque sia di ciò, la considerazione epistemologica e politica è stata prontamente utilizzata per pubblicizzare i lavori del sociologo francese Thomas Piketty, Capitale del XXI secolo ( mille pagine, 2013 ) e Capitale e ideologia ( altre milleduecento pagine, La Nave di Teseo, 2020 ).
L’autore di successo, entusiasta del Trattato di Maastricht del 1992 ( occasione storica nella quale iniziò con entusiasmo ad esercitare il diritto di voto, appena ventunenne ), vi sostiene che “la storia di ogni società è storia della lotta di ideologie”, con la impressione che il sistema economico e fiscale occidentale finisca sempre per “avvantaggiare i più potenti”; che le “sinistre storiche si sono inglobate nel partito delle élites”; e che per “ideoogia” non si deve intendere “egualitarismo da imporre con la dittatura del proletariato” bensì “un sistema di valori da condividere”. “Ogni società umana deve giustificare le sue disuguaglianze: è necessario trovarne le ragioni, perché in caso contrario è tutto l’edificio politico e sociale che rischia di crollare” ( Cesare Martinetti, Piketty: L’ideologia ci salverà, “La Stampa”, 30 giugno 2020 ).
L’autore non affronta, però, il tema del Potere, né quello dei regimi autoritari ( Cina, Corea del Nord, Russia etc. ). Sì che la “ideologia”, così esaltata, perde i connotati marxisti-leninisti poi gramsciani, di “conquista delle casematte della società civile”, che la caratterizzano e costituiscono. Connotati alla base del sistema di Potere, della elefantiasi della Burocrazia, della volontà di dominio e di Egemonia esercitata a tutti i livelli della società civile, famiglia, arte, letteratura, filosofia, informazione, specie nel paese già avvezzo al gesuitismo e alla “doppiezza gesuitica”, poi “togliattiana”. Forse bisognerebbe scrivere altre mille o milleduecento pagine sul gran tema del “Potere”, se non fosse che da Weber a Croce, da Pellicani a Infantino il lavorìo di scavo e approfondimento è stato intrapreso egregiamente. Forse bisognerebbe chiudere alla “cyberdittatura” cinese piuttosto che aprire nuove “vie della seta” o scambi commerciali, all’insegna del turbo-comunismo, alleato ed avvinto in un abbraccio mortale al cosiddetto turbo-capitalismo, se non fosse che “Quando si incrociano due o più opposti errori, prende avvio il declino delle nazioni” ( mio assioma neo-vichiano di Le “Guise della prudenza”, Laterza 2017 ).
L’appello della Merkel è perciò da coniugarsi con la “Religione della libertà” di crociana memoria, bisogno di ricostruirsi una “fede in forma razionale” ( Georg Simmel ), baluardo verso opposti fanatismi e fondamentalismi, che richiede però una nuova classe dirigente all’altezza della difficile situazione, e tra i quali – come diceva il padre Dante a proposito di Guelfi e Ghibellini – “è forte a vedere qual più si falli”.