Allerta Spagna tra nazionalizzazioni e corsa agli sportelli
Non è questione di essere pessimisti o meno, ma la situazione spagnola è davvero vicino al baratro. Lo spread ha sfondato ieri i 485 punti rispetto ai bund tedeschi, con una crescita di oltre 30 punti in poche ore. Il tasso d’interesse dei Bonos decennali è sempre più vicino alla soglia critica del sette per cento (ore 11.00).
Cosa è successo?
Come anticipato nel weekend scorso su queste colonne, il settore immobiliario peserà quasi 200 miliardi di euro sul sistema bancario. E proprio qua sta la debolezza spagnola. Nel frattempo il movimento degli “indignados”, contrario alla nazionalizzazione, ha cominciato con una protesta che corre su twitter; l’hashtag più utilizzato è stato #CierraBankia (chiudi Bankia). Centinaia di persone stanno cominciando a cancellare il proprio conto bancario dalla quarta entità finanziaria e c’è il serio rischio di corsa allo sportello.
Il Governo guidato da Mariano Rajoy ha cercato venerdì scorso con la riforma bancaria di fare uscire “tutto lo sporco” dai bilanci delle casse di risparmio. Tuttavia “lo sporco” sembra essere troppo e non è detto che Madrid sopravviva a questo tsunami che si sta abbattendo.
Prima o poi doveva arrivare questo momento e lasciare al proprio destino quelle entità bancarie che sono state guidate con criteri politici piuttosto che con criteri economici era forse la scelta più giusta da fare.
Negli anni scorsi si è sentito spesso dire “too big to fail”. È davvero così? Certo il settore bancario è molto delicato, ma introdurre il criterio che una banca può essere gestita male e viene salvata comunque non aiuta certo a fare una partita concorrenziale alla pari tra tutti i partecipanti.
Vi sono due grandi banche spagnole, leader mondiali, che hanno un’esposizione limitata nel settore immobiliare e non si comprende perché debbano sopportare la concorrenza di banche regionali che si mantengono in vita solo con aiuti pubblici.
La riforma del settore bancario non è piaciuta ai mercati, a giudicare dall’incremento dello spread. I 30 miliardi di svalutazioni che dovranno fare gli istituti finanziari sono considerati insufficienti.
In generale è tutta la situazione della zona Euro che sta trascinando la Spagna verso il baratro. L’incertezza nei confronti della Grecia è l’altro elemento di debolezza che affligge la fiducia dei mercati. Il Presidente della Repubblica Greca non è ancora riuscito a formare un Governo pro-euro e c’è il serio rischio che si ritorni alle urne. Se così fosse, la sinistra estrema di Syriza potrebbe diventare il primo partito con oltre il 23 per cento alle prossime consultazioni, mettendo a serio rischio la permanenza nella zona Euro della stessa Grecia.
La nazionalizzazione di Bankia, invece di dare la tranquillità ai mercati che il Governo spagnolo si aspettava, ha di fatto mostrato che il peggio deve ancora arrivare per la Spagna.
Il Governo Rajoy ha annunciato che non rispetterà gli obiettivi di deficit, mentre l’economia reale continua a mostrare segni molto preoccupanti. Le ultime stime del FMI mostrano una caduta del PIL per questo anno vicina al 2 per cento; peggio riesce a fare solo l’Italia. E la disoccupazione cresce velocemente verso il 25 per cento.
Il fallimento di Bankia con la sua nazionalizzazione è il simbolo di una politica che ha voluto gestire direttamente le banche. L’ennesimo errore dello stato imprenditore-finanziatore.
Twitter @AndreaGiuricin
La Spagna, in un ventennio, ha fatto un salto in termini di “qualità della vita”, “infrastrutture e lavoro” davvero incredibile, quindi, in un certo senso, una battuta d’arresto sarebbe stata pure prevedibile, se pensiamo che negli anni 70 la penisola iberica era considerata un paese sottosviluppato. Diversa la situazione per l’Italia che da 30 anni continua a perdere terreno in TUTTI i campi.
Caso o accurata pianificazione dei destini ?
Io credo, e mi consenta di dirle che questa mia critica, è solo fatta per amore della verità, che lei dimentichi un fatto fondamentale, nel suo articolo, e cioè, detto in termini chiari, le maggiori responsabilità sono legate al fatto che le politiche non sono le stesse nei vari stati e che la BCE non è la FED, e gli interessi sui debiti stanno massacrando uno ad uno tutti i paesi europei; la situazione spagnola, che deriva appunto da un processo che doveva essere iniziato 5 anni fa ed oggi completato, non può essere vista da sola e nemmeno la Germania potrà salvarsi dal crollo ormai sempre più vicino, a catena, che si sta determinando.
Noi in Europa, soprattutto nei paesi maggiori, abbiamo un problema grande, il più grande di tutti, come dicevo intervenendo in un articolo di Govigli, ma io credo che senza una BCE che al pari della FED, abbia come obiettivo la massima occupazione, e senza la stabilità di un governo europeo effettivo, che non consenta a nessun paese di fare il cavolo che vuole, come oggi accade, lasciando che siano i mercati a determinarne le scelte, secondo me non ci saranno speranze ed il futuro sarà terribile, non escludendo nemmeno l’ opzione militare, sia interna, nei vari paesi, sia esterna, paese contro paese. Purtroppo forse il limite del “no turn back” è stato superato da un pezzo, probabilmente un anno fa.
Io continuo a vedere la disintegrazione dell’euro come il punto di svolta di questa enorme crisi. Sarà un disastro, ma sarà anche il punto di ripartenza dell’economia, della società, della politica…
Se non si arriva lì, non si riparte.
Se non si abbatte un edificio pericolante, non si può ricostruire. E vivere in questa catapecchia non è un bel vivere.
Una sana svalutazione delle monete nazionali più deboli (dracma, pesos, lira….) dissolverebbe i disequilibri che ci stanno rovinando.
Una bella e sana inflazione del 10% all’anno ci toglierebbe il fardello del debito.
Frotte di turisti nordici tornerebbero a gremire la nostra bella Italia, le nostre aziende tornerebbero competitive e si riattiverebbe l’export. L’occupazione salirebbe, benessere e spensieratezza tornerebbero pian piano a far capolino nella nostra società disintegrata da questa utopia chiamata euro.
Siamo parte di un sistema di cui non controlliamo la moneta (ossia siamo indebitati con moneta estera), e per di più ci atteniamo ad un organismo politico (il parlamento europeo) ormai del tutto paralizzato (se mai in passato abbia prodotto qualcosa…..e a ben vedere ci sarebbe molto da discutere anche qui….), siamo parte di un’unione in cui neppure abbiamo una politica estera concordata e unitaria. Ma che ci stiamo a fare ? Abbiamo perso sin troppo tempo.
Torniamo alle cose serie.
@Alberto
“la BCE non è la FED”. Non sono affatto d’accordo con Lei. Si sta andando verso la costruzione di un megaStato europeo centralizzato con tassazione in aumento e maggiori trasferimenti dalle regioni più ricche e responsabili a quelle più povere ed irresponsabili. La BCE stampa moneta dal nulla esattamente come fa ed ha fatto la Fed negli USA.
Questo modello megastatuale somiglierà ad una megaFrancia centralista, ad una megaGermania organizzata e soprattutto all’Italia attuale.
Alla fine avremo un altro socialismo reale e la riduzione della libertà individuale. La libertà sarà solo quella hegeliana.
Un’enorme e crescente bolla di liquidità creditizia si è mossa anno dopo anno da un mercato all’altro.
Dopo i titoli tecnologici, nel 2001 l’onda di liquidità ha scelto il mercato immobiliare, e abbandonato questo migra ora verso energia e alimentari. Se anche gli indici borsistici o i prezzi immobiliari avessero fatto parte dell’indice dei prezzi, avremmo forse osservato gli attuali tassi d’inflazione già anni fa. La fantasia di una sconsiderata, ma autorizzata, ingegneria finanziaria ha sicuramente aiutato, ma la questione centrale rimane da dove provenga tutto questo denaro.
Se la massa monetaria mondiale fosse stata relativamente fissa, i soldi per giocare sarebbero finiti prima e con loro la degenerazione del sistema finanziario.
Qui sta la chiave di volta della crisi attuale, che è di natura monetaria come quella del 1929: troppo credito creato dal nulla dalle banche centrali (anziché dai risparmi privati).
Chi continua imperterrito (Hollande, Bersani) a vendere il “più Stato” alla luce della situazione attuale scherza molto pericolosamente col fuoco.
In tutta la storia dell’umanità, l’instabilità economica è aumentata al passo con la discrezionalità del potere politico, fino al tracollo.
È successo ai Babilonesi, nell’antica Roma del tardo Impero, nella Cina del 1500, nell’Unione Sovietica.
Purtroppo, anche stavolta la mano pubblica farà di tutto per salvarci dai problemi che lei stessa ha causato nel passato, quando artificialmente stimolò l’attività economica. Un’ottima occasione per lei per aumentare ulteriormente la discrezionalità politica con la scusa di salvarci dagli eccessi del liberismo “selvaggio”, che non c’è più da almeno 130 anni.
@freedom
Quoto. Nell’Europa prossima ventura ci resterà solo la libertà di Hegel.
Per Hegel nello stato moderno è possibile scorgere l’unità di determinazioni opposte: la soggettiva libertà del singolo e insieme la sua subordinazione, ben più stringente, al potere etico-politico. E’ proprio ciò che permette a Hegel di considerare lo stato moderno come un’essenziale (e conclusiva) manifestazione della razionalità, della filosofia stessa.
Mamma mia! Bismarck+Rousseau+Monti!
Non possiamo restarcene con le mani in mano.
@freedom
Il mega Stato europeo è di la da venire. L’euro default, invece, è alle porte.
@Francesco P
A volte la storia accellera. Se i truffatori spendaccioni vogliono salvarsi (a spese nostre) qualcosa del genere faranno. E presto.
BCE come la FED? Un disastro.
Pubblicato da keytomarkets il 18 novembre 2011
Sono sempre di piú i politici e gli economisti europei che chiedono che la Banca Centrale Europea inizi ad agire come la Federal Reserve americana. Ovvero la BCE dovrebbe iniziare ad immettere liquiditá nei mercati e comprare bonds degli stati dell`Eurozona a viso aperto, in modo da monetizzare questo debito.
Non ultimo, pochi giorni fa, é stato il Presidente portoghese Anibal Cavaco Silva, ad asserire che la BCE dovrebbe poter intervenire illimitatamente, nominandola come “vero firewall” per la crisi. Secondo Silva e secondo molti politici, la BCE non ha ancora dato segnali chiari, ma se iniziasse ad acquistare bonds “fermerebbe la speculazione ridimensionando i dubbi sul futuro valore dei Bonds Italiani, Spagnoli, Portoghesi o Irlandesi”.
L’unico politico che appare fermamente contrario a queste modalitá di azione é il Cancelliere tedesco Angela Merkel che afferma “se i politici pensano che la BCE possa risolvere la crisi europea, stanno commettendo un errore”, anche se la BCE assumesse il ruolo di salvatore dell’ultima ora, questo non risolverebbe la crisi, infatti metterebbe solo una toppa.
Cerchiamo di capire perché queste manovre nel lungo periodo non hanno senso, perché é il lungo periodo che ci interessa e che mostrerá i veri risultati del nostro agire e delle azioni dei nostri governi.
Poiché i politici europei continuano a fare riferimento all’America e alla FED, facciamo una breve digressione su cosa é successo negli ultimi decenni negli USA.
Per l’economia classica uno degli indici di crescita di riferimento dell’economia USA é l’indice azionario Dow Jones, se il Dow sale allora l’economia USA é in crescita, se scende siamo in periodi di crisi.
Un altro indice molto importante é l’indice dei prezzi al consumo (CPI), ovvero l’indice che misura l’inflazione e che effettivamente calcola quanto la vita é piú cara per i consumatori (cioé i cittadini).
Possiamo facilmente intuire che se gli indici industriali segnalano un’economia in crescita ma al contempo crescono i prezzi dei beni di consumo, non sussiste un reale miglioramento della vita del cittadino. Di fatto per miglioramento della vita e del benessere s’intende poter comprare piú cose allo stesso prezzo, o le stesse cose pagando meno. Questo é il reale benessere economico per il cittadino.
Seguendo questo ragionamento se ponderiamo il prezzo del Dow Jones con il CPI, otterremo una misura della crescita del benessere economico per i cittadini.
Prima di guardare il risultato dobbiamo precisare che le formule per calcolare l’inflazione sono state modificate nel corso degli anni “per migliorarne l’efficienza e rispecchiare meglio gli attuali stili di vita”; il fatto é, però, che se manteniamo la formula usata nel 1980 dal sito shadowstats.com “stranamente” l’inflazione risulta essere molto piú alta rispetto a quella segnalata oggi.
Ne consegue che se ponderiamo l’indice Dow con l’indice CPI creato secondo la formula usata nel 1980 i livelli della crescita economica rispetto al cittadino sono pari al 1963, ovvero da 50 anni circa in USA c’é solo una crescita fittizia. (!!!)
La situazione é particolare perché molti lettori penseranno che rispetto al 1963 ora ci sono i telefonini, gli IPAD, automobili piú sicure e confortevoli, viaggi in aereo a portata di tutti, e che per forza il benessere economico del cittadino é aumentato. Abbiamo piú tecnologia a disposizione.
Questo é vero, la tecnologia a disposizione delle masse é aumentata, di conseguenza percepiamo un aumento del benessere rispetto a 50 anni fa.
Ma se continuiamo a indagare, vediamo che tutto dipende dalla prospettiva del punto di osservazione.
Se spostiamo infatti la nostra attenzione dalla tecnologia alle case notiamo come dal 1960 ad oggi il mercato (che vale parecchi miliardi di dollari) dei mutui emessi dalle banche statunitensi é in piena bolla, questo vuol dire che prima del 1960, nonostante non ci fossero i cellulari e gli Ipad, la maggior parte dei cittadini riusciva a comprarsi una casa con i propri soldi, mentre adesso si é costretti in USA come in Europa a fare un mutuo, e finché non si finisce di pagare il mutuo, monetariamente parlando la casa é posseduta in parte della banca emittente (infatti in caso di mancato pagamente delle rate del muto l’immobile viene confiscato).
L’aumento del debito personale degli americani (rispetto ai mutui), debito che gli americani stessi da qualche anno non riescono piú a ripagare, significa che il benessere economico personale non é realmente cresciuto abbastanza per fornire un bene primario come un casa dove vivere. Questo dato é strettamente correlato al grande aumento dei prezzi rispetto alla produzione del paese.
Inoltre la parte che non produce benessere nel paese, il sistema bancario in primis (perché effettivamente non produce beni e crediti nella societá, ma produce debito) ha attirato a sé il denaro ed il benessere del resto della cittadinanza produttrice.
Si diceva all’inizio di questo articolo che molti politici vorrebbero che la BCE comprasse i BONDS dei PIIGS e degli stati dell’eurozona per calmare i mercati.
Proviamo ora a mettere insieme i pezzi del puzzle e capire cosa succederebbe se la BCE decidesse di attuare questa politica.
(che in effetti ha attuato fornendo liquidità all banche che comprno i bond, ndr).
Negli ultimi anni la FED comprando i bonds del governo USA ha di fatto stampato grandi quantitativi di denaro e li ha immessi nel mercato tramite le ormai famose ed altisonanti operazioni di QE1 e QE2 (quantitative easing 1 e 2).
Attualmente la banca centrale americana (FED) detiene circa 1650 miliardi di dollari in buoni del tesoro. A giugno circa il 38% dei bonds americani sono stati comprati da enti stranieri, circa il 10% da banche e fondi, il restante é stato comprato dalla FED per circa 318,95 miliardi.
Cosa vuol dire stampare denaro e comprare titoli di stato?
Aumentare la quantitá di denaro in stampa per comprare il proprio debito vuol dire diminuire il potere di acquisto della moneta con la conseguenza che un dollaro per comprare il giornale non basta piú, ovvero aumenta l’inflazione.
Pertanto i cittadini si rtitrovano a pagare il debito dello stato tramite l’inflazione ed il loro benessere economico diminuisce. L’inflazione é di fatto una tassa occulta e se guardiamo bene questa serve a pagare il settore bancario (settore non produttivo) che compra titoli di stato statunitensi a fini speculativi (investe per ricevere interessi ), un interesse che viene assorbito sempre dal cittadino, cittadino che infine dei conti é lo stato che ha emesso i buoni del tesoro. Questo vuol dire che il cittadino paga tramite l’inflazione anche l’interesse che viene dato alle societá di speculazione che acquistano buoni del tesoro.
Con riferimento a quanto su esposto riteniamo abbia ragione la Merkel quando afferma che stampare denaro in piú per comprare i debiti degli stati non serve a risollevare la crisi. Infatti per uscire dalla crisi bisogna rilanciare la produzione vera di benessere, quindi la produzione di tecnologia, beni primari, ricerca e sviluppo.
Io credo che lei abbia le idee un po’ confuse; stiamo appunto ballando da agosto dello scorso anno e lei ha la faccia tosta di negare l’ evidenza.@freedom
Io non vedo, almeno per gli ultimi 12 anni un’ inflazione USA cosi elevata. La ho sperimentata invece, in modo del tutto evidente, per le mie tasche tra 2002 e 2012. O lei non è d’accordo? Lei poi si è accorto che l’ Italia, nei 10 anni di euro, ha appunto perso competitività a favore della Germania, circa 4 punti in %PIL proprio a causa di inflazione superiore, mentre parimenti la Germania ha guadagnato 6 punti in %PIL ed era sotto di noi nel 2002? @Mises
Parole in libertà…ma neanche tanto. Visto che buona parte dei dissesti dei vari paesi sono causati dal costo del debito pubblico e che il baratro si avvicina sempre più col rischio di travolgere tutto e tutti…e se tutti si accordassero per rinunciare agli interessi sui debiti pubblici dei vari paesi fermo restando la restituzione del capitale ?
E’ tanto stupida come idea ???
Basterebbe porre un limite superiore, diciamo al 1,5%, a livello mondiale, con accordo su un periodo decennale, (moratoria) e rendere illegali i titoli derivati, non basati sull’ economia reale, per ottenere vari risultati (pedagogia della moralità, quella delle banche della solidarietà e del bene comune contro la speculazione ed il profitto ad ogni costo):
1)Spostare risorse verso l’ economia reale molte risorse;
2)Bloccare la speculazione;
3)Moderare e rendere comunque sopportabile il rigore degli stati indebitati;
3Bis)evitare fallimenti a catena ed impoverimento delle classi meno protette;
4)Creare le condizioni per la crescita economica armonica nel mondo e per la piena occupazione;
@Piero