AliSulcis: perché non far andare gli aerei a carbone?
È difficile aggiungere altro sull’incredibile vicenda Alitalia, specie su questo blog, dopo gli interventi di Ugo Arrigo e Carlo Stagnaro. E visti i nugoli di critiche piovuti da ogni dove – personalmente vorrei condividere quella di Alessandro De Nicola – forse non ce ne sarebbe neanche bisogno. Certo, ci si sente quasi in dovere di dire: non fatelo, non nel mio nome (ecco: si potrebbe pure organizzare una bella raccolta firme). Oppure, si potrebbe tentare una serie di battute (generazionali) sugli interventi a sostegno tipo: prendere il mercato per una Royal Rumble, dove per continuare lo spettacolo entra sempre qualcuno. O ancora raccontare di qualche episodio di incredibile spreco visto di persona, da semplice viaggiatore.
O infine porsi qualche domanda sul destino dei lavoratori, o meglio chiedersi perché alcuni lavoratori più che più tutelati sono (semplicemente) inamovibili. Per esempio, in questi giorni si è concluso nel modo peggiore il tentativo di rimettere in moto la De Tomaso: 900 persone a casa; quanti se ne sono accorti? Mentre abbiamo perso il conto dei tavoli di crisi aperti al Ministero dello Sviluppo Economico.
Per sfortuna, però, ci sono altre piccole Alitalia. Una tra le più coriacee, e non tanto piccola, almeno in termini di drenaggio di risorse, è la Carbosulcis. Già, perché come ha prontamente rimarcato notare G.B. Zorzoli sulla Staffetta Quotidiana, nell’ultima bozza circolante del Decreto Fare 2 – i governi cambiano, le maggioranze si ricompongono, ma un certo lessico vagamente comunicativo resiste – è chiaramente previsto che entro il 30 giugno 2016 la Regione Sardegna avrà la facoltà di bandire una gara per realizzare una centrale termoelettrica a carbone, dotata di una sezione di impianto per la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica prodotta (CCS), da realizzare in prossimità del giacimento carbonifero del Sulcis.
Il vincitore della gara avrà diritto per 20 (venti) anni al ritiro da parte del Gestore del Sistema Elettrico dell’energia prodotta con un sussidio più che degno di quelli migliori dati alle rinnovabili, infatti, in questo caso c’è pure una bella rivalutazione per tenere conto dell’inflazione (ammesso che ci sia). Naturalmente, come sempre, il tutto verrà risolto nella bolletta elettrica pagata da noi tutti.
Ora, che il carbone della miniera di Nuraxi Figus proprio non sta sul mercato, che ha un contenuto di zolfo superiore al 6%, con un potere calorifico del 20 – 25% inferiore a quello del carbone estratto altrove, che è tanto messo male che non si trovano in commercio desolforatori o gassificatori in grado di di trattarlo, che dev’essere per forza miscelato per poter essere utilizzato, che nel 1975 quando usciva Anidride solforosa, cantata da Lucio Dalla, la miniera e l’intero distretto carbonifero del Sulcis-Iglesiente erano già in crisi da 35 anni abbiamo provato a dirlo più volte.
Chi scrive ha pure già detto che non si sono mai visti degli operai che protestano chiedano ad un politico, che qualche responsabilità diretta nella vicenda l’avrà pure avuta, di occupare lo stabilimento insieme a loro; nella fattispecie Mauro Pili, già sindaco di Iglesias, dal 1999 al 2004, due volte presidente della Regione, in politica da vent’anni, ora onorevole a Roma, noto anche per aver copiato il programma elettorale di Formigoni e più di recente per aver fatto indagare un mito (vero) come Gigi Riva.
L’unica spiegazione, che potrebbe (ben) valere anche per Alitalia, è che quei posti di lavoro hanno proprio troppo a che fare con la politica.
E visto che la politica, coi nostri soldi, trova sempre una soluzione perché non pensarne una davvero all’avanguardia sia sul piano societario che tecnologico? Per inciso, tutto il progetto del Sulcis dovrebbe essere anche una grande esperimento, roba mai vista al mondo: peccato che se i limiti tecnici posso essere prima o poi superati quelli di bilancio dovrebbero perlomeno essere conosciuti.
La soluzione? L’aereo a carbone. Sì, sì, fondere le due società e far andare gli aeroplani con il carbone. Non carburante sintetico derivato dal carbone (gli Americani l’hanno già fatto con un B-52), proprio carbone. Come? Ripristinando una adeguata flotta di idrovolanti e facendo diventare l’Idroscalo di Milano il terzo hub italiano (si farebbero fuori pure un bel po’ di zanzare).
State ridendo? Non vi sembra una proposta seria? Belle quelle che ci sono sul tappeto.
Il sussidio sarebbe di € 30 MWh “fino ad un massimo di 2.100.000 MWh/anno” = € 63 milioni l’anno. Pe 20 anni fanno € 1.2 miliardi, tutti a carico dei consumatori. Per salvaguardare il lavoro dei minatori del Sulcis http://www.linkiesta.it/minatori-carbosulcis-protesta-sardegna e cioè in pratica: http://www.carbosulcis.eu/index.php?option=com_content&view=article&id=44&Itemid=41 “L’organico aziendale consiste in circa 520 unità, di cui circa centocinquanta sono impiegati di superficie, ed i restanti sono addetti alla produzione e mantenimento in sottosuolo“
In soldoni salvaguardare ogni posto di lavoro costa circa € 120000 per anno. È “strategico” il carbone del Sulcis? Forse nel 1937, quando nell’ambito delle “inique sanzioni” imposte all’Italia dalla Società delle nazioni in seguita alla guerra d’Abissinia la “Perfida Albione” sospese le forniture di carbone all’Italia, ma nel XXI secolo?
Ha perfettamente ragione.
Aerei a carbone del Sulcis e ripristinare Expo-idroscalo sono idea forse più sensate di Poste o FS con Alitalia.
Si puo’ (FARE) tutto.. basta la COMPETENZA 😉 e il permesso di metterla a frutto.
.. Per questo l’unica cosa da (FARE) e’ andarsene lontano da questa terra . 🙂
Aerei a carbone? Non sarebbe un problema in un paese normale.
Questo aereo progettato 70 anni fa’ ne e’ la prova.
Lippisch propose che il P.13a fosse alimentato a carbone. Ed era un caccia rivoluzionario.Velocità max 1650 km/h ossia il doppio delle velocita’ sviluppate dagli aerei dell’epoca.
L’aria che passava attraverso lo statoreattore avrebbe ricevuto i fumi della combustione del –>>carbone verso la parte posteriore, dove si sarebbero miscelati ad alta pressione con aria pulita proveniente da un presa d’aria separata.
La miscela di gas sarebbe stata poi convogliata all’esterno attraverso un ugello posteriore per garantire la spinta. Un bruciatore e un tamburo furono costruiti e testati con —>>successo a Vienna da parte del team di progettazione prima della fine della guerra.
http://it.wikipedia.org/wiki/Lippisch_P.13a