(Ali)quote rosa, a quando i posti riservati sugli autobus?
A quando i posti riservati sugli autobus? Accanto a quelli per anziani e invalidi, le vedo già le seggioline rosa. “Prego, lei è una donna, si sieda”. “No, io voglio stare qui, grazie. Non voglio sedermi”. “Prego, si sieda. Lo vede? Lei deve sedersi. La seggiolina è rosa. Deve sedersi lì”.
No, io-non-voglio-sedermi-lì. Ma che cosa siamo diventati? Una torta a spicchi rosa e blu?
Dapprima le quote rosa per far contenta la Carfagna, che, almeno fino alla prossima legislatura, non dovrà più “amministrare” le nostre (pari) opportunità. Lei paladina indefessa delle quote rosa. Altruista. Poi si è abbattuto il grande movimento di popolo “Se non ora quando”; il movimento che avrebbe occupato dieci, cento, mille piazze e fatto dieci, cento, mille proposte all’insegna di un maggior intervento statale, gonne più lunghe e censura sulla pubblicità. Per nostra fortuna, così non è stato. Ora però ci si mette pure Mario Monti.
Il neopresidente del Consiglio, designato dall’Europa e dai mercati a sostituire una classe politica incapace, fa un discorso impeccabile ispirato a quel riformismo liberale magistralmente declinato con un impeccabile aplomb inglese. Espressioni come “governance” e “spending review” finalmente pronunciate come dio comanda. Non come lo “spread” divenuto “sprid” per bocca dell’europarlamentare Idv Sonia Alfano ai microfoni de La Zanzara su Radio24.
A un certo punto, l’armonia dei suoni italo-anglofoni è bruscamente interrotta. Ho sentito bene? Ma che dice? “Questione indifferibile”, a detta del premier, è “assicurare la piena intrusione delle donne in ogni ambito della vita lavorativa, ma anche sociale e civile del Paese”. Ma che intende dire? No, non è possibile. Un altro fan delle quote rosa. A rincarare la dose, nel giro di trenta secondi, toh la bestemmia da parte dell’uomo che spicca per sobrietà. Le ali-quote rosa. Il premier ritiene necessario “studiare l’opportunità di una tassazione preferenziale per le donne”. No, non posso aver sentito bene. Mando indietro il video. Sì, ha detto proprio così.
Ora, il volto della ruspante Ministra Anna Maria Cancellieri al suo fianco spiega bene l’assurdità di questa proposta. Appena il professore tocca il tasto “rosa”, la Cancellieri aguzza le orecchie. E’ un climax, un crescendo fino all’esplosione finale. Con tanto di applauso e, dal labiale, qualcosa come: “Eh, sì, questa mi piace proprio”. La Cancellieri appare divertita. Del resto, lei è l’esempio di come le quote rosa non servano (oltre ad essere dannose di per sé). Se mai introdotte, le aliquote rosa avrebbero un unico inevitabile effetto: discriminazione, privilegio e rendita. In una parola, ingiustizia sociale.
Capisco, che nel Paese, che ha eretto la concertazione a metodo ordinario di (non)governo, possa suonare strano sentire che il sesso, al pari dell’età, non è una patente di merito. La logica delle (ali)quote l’una contro l’altra armata, francamente, è degradante innanzitutto per noi donne. Perché dovremmo essere privilegiate nell’esazione fiscale? Che razza di idea abbiamo del nostro Paese? Una torta a spicchi rosa e blu?
Oggi il problema vero è che la torta non cresce, e Monti lo sa bene. Una guerra tra poveri non serve a nessuno. Non mendichiamo privilegi, ma vogliamo riforme. Parliamo di contratti di lavoro, pensioni e asili nido (quelli sì che servono!). Le aliquote, Presidente, vanno sì abbassate, ma per tutti. Solo la crescita crea ricchezza e opportunità per chi sa coglierle. Uomo o donna che sia.
La Cancellieri le opportunità ha saputo coglierle. Come lei, tante donne italiane, che sudano per riuscire. Senza aiutini di stato, senza posti riservati sugli autobus. Su quell’autobus, Presidente, saliamo con le nostre gambe. E il posto vogliamo scegliercelo noi. La gara è libertà.
l’unico effetto delle aliquote rosa sarà la dimiunuzione degli stipendi rosa a cui seguirà , per concorrenza, la diminuzione degli stipendi maschili.
piuttosto se aliquote particolari vogliono fare, facciano pesanti sgravi fiscali per le aziende o consorzi di aziende che organizzano nursery aziendali ed orari flessibili per le madri(e per i padri).
Le quote rosa nel lavoro, come ovunque, mi fanno orrore.
Agognerei ad essere assunta, pagata e valutata come persona e come professionista, per i miei meriti, le mie capacità ed i miei errori, non per il mio apparato riproduttivo.
Parole sante!!! E’ umiliante tutto questo.
E perché non dare un numero minimo di atei, di brutti, di biondi, di juventini nel governo per rispettare le pari opportunità?
Come dissero per Obama: “che bello, un nero alla casa bianca, il prossimo passo sarà non accorgersene…”
Non ho visto il discorso di Monti, ma se è così, lo trovo decisamente imbarazzante per uno come Monti uscirsene con le (Ali)quote rosa.
Comunque bel post, condivido in pieno ciò che dici.
Gentile signora,
ha discusso le sue – giuste considerazioni – col padrone di casa del Chicago blog?
Se non erro, poco tempo fa tifava caldamente per le quote rosa nei CdA delle società quotate, ben più importanti, credo, della seggiolina sull’autobus.
Per le pari opportunità non le invio un baciamano, pur virtuale.
The (new) politically correct first.
La sfida che questo governo è impegnato a vincere deve essere la competitività e questa non si raggiunge costruendo “riserve” per categorie protette.
Solo il merito deve essere la matrice verso l’obiettivo. Monti si impegni ad eliminare i fattori di disuguaglianza nel mondo del lavoro, non ne crei altri, e le donne capaci mostrino uno scatto d’orgoglio rifiutando i futuri (ipotetici) privilegi
“assicurare la piena intrusione delle donne…”? La Treccani definisce l’intrusione come: introduzione, inserzione forzata, indebita, irregolare o furtiva, di persone che senza diritto, senza merito o comunque non invitate o non gradite entrino a far parte di un ambiente, di un gruppo di persone, s’inseriscano in un’attività, e sim. Complimenti!
Ad ogni modo, proprio l’europarlamentare Idv Sonia Alfano può rivelarsi il miglior testimonial contro qualsiasi idea di quote rosa. Propongo di concederle uno spazio quotidiano sui vari media, vedrete che la questione si risolve da sé.
l’unico effetto delle aliquote rosa sarà la dimiunuzione degli stipendi rosa a cui seguirà , per concorrenza, la diminuzione degli stipendi maschili.
piuttosto se aliquote particolari vogliono fare, facciano pesanti sgravi fiscali per le aziende o consorzi di aziende che organizzano nursery aziendali ed orari flessibili per le madri(e per i padri).
Il tasso di disoccupazione femminile costantemente molto più alto di quello maschile nel nord-centro e sud dovrebbe far riflettere meglio; per non parlare del “questo è un mondo maschilista” appioppato a una mia amica alla fine di uno stage con conseguente non-assunzione. Il problema c’è, forse l’aliquota rosa non è la migliore soluzione, ma non va ignorato.
approvo l’articolo.donne ai primi posti per merito…..e orari di lavoro consoni alla famiglia.
Servono le quote rosa. Fa brutto dirlo ma servono. Vi siete accorti di come funziona la società italiana? Fa schifo!
E’ il solito specchietto per le allodole del politically correct: effetti reali zero ma in compenso tanta pubblicità…
PS Anche la diversa tassazione per uomini e donne secondo me è profondamente sbagliata!
Piccolo off-topic: Non credete che Monti cerchi un po troppo il consenso.. per es. ha detto esplicitamente “col consenso delle forze sociali”… se fa cosi da a finire che per ogni minima liberalizzazione deve mettere altre tasse, per ogni minima privatizzazione deve fare più spesa pubblica… insomma nessuna vera “transizione” liberale (chi parla di rivoluzione è impazzito! Monti vi sembra per caso la Thatcher che i sindacati se li mangiava a colazione?).
Seppure è innegabile che in Italia non ci sia sufficiente tutela per la donna (o direi meglio alla famiglia) che lavora (pensiamo alla difficoltà per avere tempi adeguati dopo una gravidanza o la mancanza di una rete per la crescita del bimbo quando si riprende a lavorare in chi non ha possibilità dell’aiuto di nonni o familiari) ormai è assolutamente insopportabile che si parli ancora di quota rosa dappertutto. Abbiamo esempi di donne che hanno conquistato posizioni di rilievo senza bisogno di avere il posto riservato (pensiamo alla Marcegaglia o agli stessi ministri appena eletti). Sono straconvinto che alla fine uomini o donna che siano, se una persona merita un posto alla fine ha la possibilità di raggiungerlo. Arriveremo al punto di dover per forza mettere una quota fissa di uomini o donne nei consigli di amministrazione o nei governi al di là del reale valore dell’individuo. E non ha senso dire che tanto fino ad ora nei governi di incompetenti ce ne sono stati molti, altrimenti ragionando così non si va da nessuna parte. Il rischio è sia quello di escludere persone che si meritano un posto perchè magari per legge lì ci deve stare una donna o un uomo, sia di compiere una ingiustizia culturale perchè vuol dire voler assegnare a priori un valore aggiunto all’uno o all’altro sesso.
Una cosa sone le quote rosa, altra una meccanismo di questo tipo.
Riservare dei posti ad un categoria svantaggiata rischia di avere l’effetto di obbligare aziende o enti a posizionare persone inadeguate in tali posizioni, in quanto toglie qualunque flessibilita’ e la competizione avviene solo in quella categoria.
Un provvedimento di questo, invece, se opportunamente pesato, permette in questo caso alle donne di avere un vantaggio competitivo ma che non le esonera dalla competizione con gli uomini, che potranno sempre esere preferiti se necessario dal datore di lavoro.
L’articolo mi pare poco lucido sugli effetti dell’eventuale riforma puntando piu’ su questioni di principo.