Aggiornamenti nucleare
Il presente post non per tirare somme attualmente impossibili, ma per fornire a molti che chiedono qualche elemento concreto e numerico in più per comprendere ciò che sta avvenendo.
Trovate qui una interessante scala di comparazione per ogni diversa fonte di produzione di energia (con indicazione del peso approssimativo di contributo per ciascuna al fabbisogno mondiale) del numero “storico” di vittime “dirette” – cioè al netto di patologie di lungo termine ex post, si tratta delle vittime negli impianti di estrazione-fornitura e in quelli di produzione – a parità di TWh . Sono numeri che fanno riflettere. Il carbone pesa per il 26% dell’energia globale prodotta, e ha determinato 161 vittime per TWh. Il petrolio pesa per il 36%, e comporta 36 vittime per TWh. Il gas naturale pesa per il 21% e comporta 4 vittime. Le biomasse (legno etc) e biofuel, per quanto poco pesino, comportano da incendi 12 vittime per TWh. L’idroelettrico pesa per il 2,2% e comporta 1,4 vittime per TWh. Il nucleare civile pesa il 5,9%, e ha determinato fino al Giappone 0,04 vittime per TWh.
Questi i numeri. Aridi e discutibili finché volete, ma sono da tenere in considerazione, oppure no? Io penso di sì. Non ho detto né penso che si debba guardare SOLO a questi, ma ANCHE sì, perdio.
Trovate qui su segnalazione di Carlo Stagnaro un interessante post a un articolo uscito su Slate. Qui si parla di vittime “indirette”. Anche immaginando una stima da 9mila a 33 mila in 70 anni delle possibili vittime da cancro per il post Chernobyl, l’Environmental Outlook 2008 dell’Ocse stimava che NEL SOLO ANNO 2000 in circa UN MILIONE le morti premature nel mondo dovute a polveri fini da CO2 et consimila, di cui un terzo almeno dovute a conseguenza diretta delle fonti carbone-petrolio. E’ una cifra da tenere in considerazione, oppure no?
Trovate invece qui il sito su cui seguire l’aggiornamento AIEA sull’incidente giapponese. E qui il sito della Tepco, la compagnia giapponese che gestisce l’impianto. Da quasi 48 ore, cioè più o meno da quando gli americani hanno chiesto l’evacuazione in una fascia di 50 miglia che comporta lo spostamento di 1,9 milioni di civili mentre le autorità giapponesi sono rimaste ferme all’evacuazione entro i 20 km e alla fascia di rispetto – stare chiusi in casa – entro 30, la realtà delle cose a mio giudizio gravemente inspiegabile è che non ci sono release ufficiali di radioattività a terra entro distanze note dall’impianto, né a diverse altezze nell’atmosfera per monitorare a seconda dei venti. Dobbiamo pensare che le autorità giapponesi cinicamente espongano milioni di cittadini al rischio di vita? Possiamo davvero spingerci a questo? A me pare pazzesca la sola ipotesi, ma immagino che alcuni o anzi molti invece ne siano convinti.
Vi segnalo che poche ore fa l’AIEA scrive che
Contrary to several news reports, the IAEA to date has NOT received any notification from the Japanese authorities of people sickened by radiation contamination. In the report of 17 March 01:15 UTC, the cases described were of people who were reported to have had radioactive contamination detected on them when they were monitored.
Mentre l’aggiornamento della temperatura della vasche per combustibile esausto – rischio rilascio plutonio in atmosfera, le’eventualità tra le più gravi – è aggiornata e non particolarmente preoccupante per gli altri reattori, mentre per il reattore 4 (spento al momento dell sisisma e tsunami, ma non vuol dire niente) il fatto che non sia aggioranat dal 13 marzo purtroppo non può che ALLARMARE MOLTISSIMO.
La politica dovrebbe aspettare e capire, prima di tirare in fretta e furia qualunque conclusione.
Se il governo giapponese volesse essere trasparente, cosa costa mettere un contatore geiger a 20 KM puntandolo con una webcam e diffondendo i dati su internet???
Volevo segnalare questo link per il monitoraggio del livello di radiazioni:
http://www.mext.go.jp/component/a_menu/other/detail/__icsFiles/afieldfile/2011/03/18/1303727_1716.pdf
Sono d’accordissimo con le analisi fatte dal Dott. Giannino nel post soprastante sul nucleare in generale.
La situazione e’ critica ma non c’e’ nulla di paragonabile a Chernobyl. Per favore mi appello a tutti: non diffondete allarmismo. Diffondete piuttosto informazione tecnico/scientifica.
Un altro sito interessante per spiegazioni tecniche (del MIT), vi segnalo:
http://mitnse.com/
Prego tutti di informarsi a livello tecnico sul funzionamento dei reattori e sulle differenze tra le varie generazioni e su cosa sia successo veramente (lasciando stare termini come APOCALISSE NUCLEARE usato da Commissario europeo Oettinger, che secondo me dovrebbe dimettersi solo per questo).
Vi ringrazio.
Alberto P.
P.s.
Spero che l’Italia non rinunci al nucleare ancora una volta sull’onda dell’emotivita’ e di dati non razionali e su un fatto (quello giapponese) che non c’entra nulla con il programma italiano e la situazione sismica italiana/europea.
Perché, Oscar, il reattore 4 dovrebbe allarmare moltissimo? Semplicemente per il fatto che non sarebbe stato monitorato? Ma non credi che abbiano provveduto a fare rilevazioni anche in quello?
Dott. Giannino,
ci sono ambiti dove i numeri non sono la via più logica per decidere.
Fino a quando qualcuno non risolverà il problema, il nucleare significa firmare una cambiale che dura migliaia di anni.
Ecco…non si capisce perchè sarebbe assurdo emettere un’obbligazione a 100 anni come alcuni ventilano e non è assurdo programmare una gestione di migliaia di anni.
Prima ancora che essere economica è una questione etica.
Ci sono ambiti dove Mandelbrot è più forte di Gauss (…a meno che qualcuno non si senta DIO…)
sinbad
@sinbad
Etica. Giusto.
Ma non si può prescindere da quello che è il mondo in cui viviamo oggi e da ciò che sarà quando la Cina espanderà il proprio benessere anche alle fasce più deboli della propria repubblica.
Se vogliamo, TUTTI, mantenere questo standard di vita, e mi riferisco ai Paesi ricchi, ovviamente, dobbiamo pensare a un modo per avere più energia.
Altrimenti, è qui interviene l’etica, la necessità degli individui deve necessariamente livellarsi il più possibile verso il basso affinché tutti possano avere il proprio “pezzo di pane quotidiano”.
Se qualcuno mi dicesse che sarà possibile demandare tutto al solare e all’eolico sarei felicissimo ma, nella mia totale inesperienza, e da semplice cittadino informato, mi pare uno scenario impossibile.
Sul nucleare in generale la penso come lei.
Sul Giappone però non credo che l’opinione pubblica sappia ancora tutta la verità e questo francamente è inaccettabile!
meglio poveri ma vivi noi ed i nostri posteri ?
oppure noi ora FORSE un pò + ricchi con rischi alti … e danni SICURI x generazioni prox 30.000 anni di scorie e radiazioni ?
io da LIBERALE preferisco la seconda… tu da LIBERISTA preferisci la prima (di solito la preferiscono pure i potentati di tutto il mondo… x cui il profitto non è 1 fattore importante ma il Dio ad OGNI costo e sopra tutto)…
PS: ma come fai a parlare di numeri quando le scorie durano 30.000 anni… in finanza e macroeconomia tutti gli esperti sbagliano da sempre stime proiettate a pochi mesi… senza contare che il dolore non si conta 🙁
ooppsss.. correggo… io da LIBERALE preferisco la prima.. tu da LIBERISTA la seconda..
@sinbad
Continua e persistente sottovalutazione degli eventi che si trovano nelle code di una distribuzione di probabilità.
caro Giannino, noi testardi razionalisti siamo stati un po’ fregati dal fatto che sul piano della informazione obiettiva e documentata i giapponesi si sono comportati appena un po’ meglio (ma proprio poco) dell’URSS brezneviana
Io ho cercato, per quanto li possa fare quando mancano le informazioni di prima mano, di invitare a ragionare, a capire, a non adottare la linea del dagli all’untore. Sono battaglie difficili perché la cultura antiscientifica è molt diffusa nel mondo dei media.
http://www.ceredaclaudio.it/wp/?p=1401
http://www.ceredaclaudio.it/wp/?p=1405
Io rimango della mia idea, ero d’accordo sul nucleare anche nell’altro refrendum. Abbiamo perso un sacco di anni, e siamo sempre allo stesso punto. Come fanno a cambiare parere così in fretta anche al Governo,pur leggendo che la quantità di radioattività è di 0,25 a Roma e 0,04 sul tetto della nostra ambasciata a Tokio.
@Piero
Buon giorno a tutti. Prendo ad occasione il commento del sig. Piero per chiarire un equivoco fuorviante che trovo ripetuto molto spesso in questi giorni.
E’ senz’altro vero che le scorie nucleari possono durare per millenni, ma, anche se il concetto e’ controintuitivo, piu’ durano e meno sono pericolose (e piu’ facili da gestire).
Esattamente il contrario di quanto avviene per le scorie chimiche, che piu’ durano piu’ rappresentano un’ipoteca sulle generazioni future (si pensi alle diossine, per esempio: inquinanti chimici stabili).
Perche’?
Come oramai chiunque sa, gli elementi radioattivi sono tali perche’ non sono stabili: si trasformano (decadono) spontaneamente in qualcos’altro, emettendo nel processo una quantita’ di energia sotto forma di particelle ionizzanti o di radiazione.
Un modo per misurare questo decadimento e’ l'”attivita”, ovvero il numero di decadimenti per secondo (l’unita’ di misura e’ il Bequerel, Bq). Molto grossolanamente: piu’ eventi per secondo ci sono, piu’ un elemento e’ radioattivo e piu’ energia libera.
Un altro modo per esprimere lo stesso concetto e’ il tempo di dimezzamento (o mezza vita): dopo quanto tempo meta’ di una quantita’ iniziale di un certo elemento e’ decaduta e si e’ trasformata in qualcos’altro.
I due valori sono inversamente proporzionali: piu’ e’ alta l’attivita’ (e quindi, piu’ e’ pericoloso un elemento), piu’ e’ CORTA la sua mezza vita (e quindi dura di meno).
Lo iodio 131 ha una mezza vita di soli 8 giorni: favoloso, pensera’ il sig. Piero. In appena 2 anni avro’ soltanto un millesimo dello iodio radioattivo con cui sono partito!
Da un lato e’ vero, ma dall’altro l’attivita’ specifica di tale elemento e’ di 4,600 TBq/g. Senza entrare nei dettagli, abbastanza perche’ un solo grammo uccida una persona in poche ore.
L’uranio 238 ha una mezza vita di 4,5 miliardi di anni. Ma di conseguenza ha un’attivita’ di appena 12 KBq/g. Abbastanza poco perche’ possa tenere una biglia di vetro all’uranio sulla mia scrivania senza preoccupazioni (non e’ un periodo ipotetico: ce l’ho e si’, in Italia e’ legale).
Tutto questo cosa significa nella pratica per quanto riguarda i rifiuti radioattivi?
Prima di Fukushima, ci sono stati altri casi di incidenti di livello 5. Il primo della storia e’ stato l’incendio alla pila 1 di Windscale, in Inghilterra, nel 1957.
A prendere fuoco e’ sato il nocciolo di un reattore costruito in grafite, un po’ come Chernobyl molti anni dopo (ma raffreddato a gas e non ad acqua).
Ovviamente, immediatamente dopo l’incidente la radioattivita’ era talmente alta da non permettere l’accesso al reattore danneggiato e per parecchi anni e’ semplicemente stato lasciato a “raffreddare”.
Ora quel reattore e’ stato decontaminato ed e’ in fase avanzata di smantellamento (uno e due): le persone ci si possono avvicinare e lavorare, seppure le fasi iniziali del lavoro hanno dovuto essere svolte con particolari precauzioni.
Quindi, non e’ del tutto vero che un reattore spento (o che abbia subito un incidente) sia per forza una cambiale in bianco per le prossime 10000 generazioni, esattamente come non e’ vero che sia assolutamente e totalmente innocuo.
Esagerare sia nella sottovalutazione del rischio che nella sua sopravvalutazione porta comunque a scelte irrazionali e sbagliate.
Il problema è che più poveri significa anche più morti. Livelli di vita crescenti o costanti, per popolazioni sempre più numerose e longeve sono sostenibili solo con intesità di capitale procapite crescenti o costanti. Per intendersi, il terremoto di Messina (1908, magnitudo 7.2), in un’Italia “ecologica” e rurale, meno densamente popolata di ora ha provocato tra i 90.000 e 120.000 morti – il dolore non si contava.
Parimenti, nel 1923, in un economia meno capitalista e decisamente più bucolica, il Grande Terremoto del Kanto (Giappone, magnitudo 7.9) causò la morte di 140.000 persone – il dolore non si contava.
Indubbiamento ciò che non sappiamo maneggiare e che sovrasta i nostri sensi genera più paura e spinge alla cautela, nonché a profondi ripensamenti nell’approccio con la tecnologia. Giusto e doveroso, in particolare nelle società ricche. Premesso ciò un atteggiamento “luddista” risulta controproducente proprio a raggiungere molti scopi a cui attribuiamo un alto valore etico.
il Terremoto non dipende dalla Volontà umana che può solo gestirlo… il Nucleare invece dipende alla Volontà umana… ed i conteggi che fai, probabilistici, riguardano poche centinaia di anni, nulla in confronto a 30.000 anni di scorie (x dare un’idea = abbiamo imparato a scrivere 5 mila anni fa)…NESSUNO può pensare di calcolare una roba del genere,,,
inoltre la continua crescita quantitativa è un metro parziale, la qualità conta almeno tanto il quanto..
Mi domando dove siano questi danni SICURI e, soprattutto, come si possa pretendere di trovare la soluzione al problema delle scorie senza nemmeno avere un sistema industriale ad esse collegato. Può piacere o meno, ma l’evoluzione tecnologica necessariamente passa per un processo evolutivo di trial and error, dove le conseguenze delle diverse iniziative sono valutate in parte, se possibile, a priori, ma in buona parte anche a posteriori. Non si può pretendere di avere tecnologie ottimali fin da subito. Non si può avere il carbone pulito senza prima avere il “carbone sporco”, né avere l’auto con l’airbag senza prima avere l’auto. Non arriveremo mai alla fusione nucleare senza prima aver praticato la fissione.
Non capisco, poi, quale sia la sbandierata via logica che non tiene conto dei numeri. Come si fa ad operare una scelta senza dati oggettivi, che tutti riconoscono come validi? Come facciamo a dire che prendere l’auto conviene rispetto a non prenderla, pur rischiando di morire in un incidente? Semplice, si fa una valutazione di costi e benefici della scelta. Questa operazione si fa, a livello basilare e qualitativo, ogni giorno. Nel caso del nucleare, bisogna stabilire cosa si ritiene un costo e cosa un beneficio. Ovviamente sarebbe assurdo valutare costi su periodi temporali eccessivamente lunghi, in quanto non riusciremmo a tener conto dello sviluppo tecnologico, paventando costi immaginari; non solo, ma elimineremmo qualsiasi opportunità di realizzare progressi perché bloccheremmo ogni iniziativa sul nascere.
Una riflessione su l’Italia dopo questa storia di Fukoshima. Certo, il silenzio delle istituzioni è inaccettabile. Ma i nodi verranno al pettine.
http://biotecnologiebastabugie.blogspot.com/2011/03/litalia-vista-da-fukushima-senza-futuro.html
Onestà vorrebbe che andaste a dire all’umanità che le chiedete di rinunciare a una parte consistente degli anni di vita e a una sostanziale rinuncia del benessere materiale. Invece volete far credere che si possa avere moglie ubrica, figlio alcolizzato e botte piena
mi scuso se vado fuori tema ma quando sento parlare di pericolo di radioattivita per migliaia di anni mi pongo una domanda:
cosiderato che la civilta dei consumi in maniera piu o meno accentuata
si estendera dai paesi europei a tutto il resto del mondo e le sommosse dei paesi arabi ne sono il sintomo quanti anni dureranno
le risorse di petrolio e carbone.?
alla luce di cio mi sembra che qualsiasi tipo di energia alternativo
sia da ricercare al di la di convenienze economiche o di percentuali di vite umane
a dire il vero, il monitoraggio contiunuo delle rilevazioni c’è, basta volerlo trovare.
e a leggere QUI http://1.bp.blogspot.com/-5ZTey9mvmeQ/TYM84D87T4I/AAAAAAAAASQ/9r9uMGO_unE/s1600/letture%2BMEXT%2Bover%2B30km.png e QUI http://1.bp.blogspot.com/-IcyowawJ2wA/TYNIl1tc1wI/AAAAAAAAASg/CueF9VQQius/s1600/Fuku1-17_1803_2.png non c’è davvero nulla di cui preoccuparsi (la radioattività cala di un fattore 10 ogni 0,5 km, fate un po’ voi….)
Le misurazioni in tutte le prefetture del Giappone:
http://maps.google.co.jp/maps/ms?hl=en&ie=UTF8&brcurrent=3,0x34674e0fd77f192f:0xf54275d47c665244,0&msa=0&msid=208563616382231148377.00049e573a435697c55e5&source=embed&ll=39.13006,140.229492&spn=17.158657,39.111328
in Google Chrome me lo puo’ tradurre in italiano.
Da li’ posso arrivare alle ultime misurazioni, aggiornate alle 19:00 ora del Giappone (in inglese):
http://www.mext.go.jp/component/a_menu/other/detail/__icsFiles/afieldfile/2011/03/19/1303840_6.pdf
Per Fukushima c’e’ un servizio diverso (questo pero’ e’ tutto in giapponese, da tradurre):
http://www.pref.fukushima.jp/j/index.htm
E a Tokyo c’e’ uno che ha messo il contatore Geiger sul balcone, collegato a porta USB e via su internet (non e’ l’unico):
http://park30.wakwak.com/~weather/geiger_index.html
Questo ha segnato un picco di 180 decadimenti/minuto, mi pare tre giorni fa.
Insomma una cosa che non si puo’ fare e’ nascondere l’inquinamento radioattivo, troppi laboratori, istituti di ricerca, ospedali con reparto radiologico: adesso pure un privato cittadino puo’ prendere un contatore Geiger e metterlo in rete!
Una serie di domande.
Premetto che non sono un esperto di energia e di centrali nucleari
e che ritengo giusto e doveroso che ogni generazione lasci alle generazioni che seguiranno un mondo non meno vivibile di quello che ha trovato.
Vengo al dunque.
Quanti anni dura una centrale nucleare? Ho sentito dire che la Merkel vuol chiudere le centrali degli anni ’70.
Quindi grosso modo, con una certa larghezza, si può ipotizzare una vita media di 50 per centrale.
Supponiamo che in Italia si costruiscano (ad essere ottimisti) 4 centrali.
Dopo 50 anni che cosa succedera? Le centrali verranno “ricostruite” o verranno abbandonate?
Nel caso di centrali abbandonate, le scorie nucleari che fine faranno?
Rimarranno all’interno delle vecchie centrali?
O si dovrà trovare un posto SICURO dove potranno RIPOSARE per non so quanti secoli?
Ancora, nel caso che le centrali verranno abbandonate bisognerà trovare altri 4 siti per costruire altre 4 centrali.
Sarà possibile costruire le nuove centrali vicino alle vecchie?
E nel caso di incidenti alle nuove, potrebbero essere “interessate” anche le vecchie?
E di questo passo tra 3 o 4 secoli i nostri posteri, che saranno anche NOSTRI DISCENDENTI, si troveranno CIMITERI NUCLEARI da gestire e che noi gentilmente abbiamo lasciato loro in eredità.
E se questi nostri posteri si dovessero trovare in difficoltà economiche (cosa che NON SI PUO’ ESCLUDERE) come potrebbero continuare a controllare e mantenere nelle condizioni ottimali per la loro sicurezza, le decine e decine di CIMITERI NUCLEARI?
Grazie a chi mi darà una risposta seria, non di vuote parole o fideistica.
Invito il dottor Giannino a dare la sua risposta.
Credo che le scorie siano un problema solamente politico. Tre quarti del mondo è praticamente deserto, non credo manchino i luoghi di stoccaggio sicuri. Lasciamo traccie ben peggiori ai ns postri con scarti industriali, petroliferi ecc.
@Piero
beh secondo questa teoria allora aboliamo tutti i tipi di energia perchè direttamente o indirettamente provocano danni alla salute e all’ambiente (anche per le generazioni successive- vedi global warming e simili).
Se durante la rivoluzione industriale il progresso si fosse fermato per l’inquinamento, staremmo ancora morendo di influenza e di malattie che il progresso (e anche l’energia) hanno sconfitto.
Con questo, non sono per forza favorevole al nucleare, ma credo che in un modo o nell’altro questa cavolo di energia vada “estratta”
… se posso intervenire, da profano che sono, mi chiedo: se queste centrali nucleari hanno così tanti problemi di raffreddamento, perché non si costruiscono in mezzo al mare? – e riguardo alle scorie: perché non si buttano nella fossa delle marianne profonda, mi pare, 11 km – Con la pressione di tutta quell’acqua, ne uscirebbe qualcosa da là dentro? –
@fengio
Solitamente le centrali che hanno problemi di raffreddamento vengono costruite vicino a sorgenti d’acqua, ma di costruzioni offshore non ho mai sentito parlare. Considerate che comporterebbero non solo ulteriori costi infrastrutturali (per via delle opere di sostegno), ma anche l’alimentazione di combustibile (a seconda della posizione) nonché la trasmissione dell’energia sarebbero più costose generalmente. Per quello che ne so, l’offshore è una pratica che è invalsa nel petrolio per il semplice fatto che le trivellazioni sono fatte in mare.
Seconda precisazione: si dimentica che la pressione dell’acqua, che è a tutti gli effetti una forza, non agirebbe sulla scoria, ma sul contenitore. Di conseguenza i contenitori dovrebbero essere costruiti in modo di resistere per tempi lunghissimi a pressioni esterne elevate. Questo ovviamente sarebbe un problema tecnico ed economico da valutare.
Tuttavia ciò non toglie che il principio secondo cui le scorie non dovrebbero uscire è falso, e spiego il perché. Una delle principali forze che regola il moto dei fluidi è la differenza di pressione; un fluido si muove sempre da pressioni alte verso pressioni basse. Se ho un contenitore, al cui interno vige la pressione atmosferica, immerso in un fluido a pressione superiore, se si crea una fessura nel recipiente automaticamente il fluido esterno tenderà a entrare, fino a che la pressione nel recipiente non sarà la stessa dell’esterno. E’ vero che le scorie non escono, ma è pure vero che entra l’acqua!
Gli indici di Giannino sulle vittime delle varie fonti di energia somigliano molto agli indici sulla ricchezza privata che Tremonti porta a livello europeo per non parlare del deficit e del debito italiano. Sarà anche vero che mediamente ci sono meno morti con il nucleare, ma questo è un dato irrilevante. Il problema è che nelle situazioni di crisi, come Chernobyl e, ad un livello finora più basso, questa del Giappone, il nucleare rischia di fare una quantità enorme di vittime. In altre parole, è un tail risk. Bassa probabilità che accada, ma potenzialmente catastrofico. E’ questo che spaventa la maggior parte delle persone e non saranno gli indici di Giannino a far cambiare idea a chi da questo evento vuole che siano tratte delle lezioni. Non è sbagliato o ridicolo cambiare idea dopo eventi come questo. Adesso occorre riflettere e capire quali lezioni occorre trarre dagli eventi giapponesi. I pro-nucleare si rassegnino: l’onere della prova adesso ricade su di loro e non basteranno i semplicistici indici di Giannino a cambiare le cose.
Credo che la scelta del nucleare vada fatta nel senso di fare le centrali, però i tempi di costruzione sono troppo lunghi e faraginosi. Quale sarà la regione italiana che avrà almeno una centrale? Io credo, purtroppo, che i cosidetti governatori si opporranno.
Nell’attesa, perchè non mettiamo su tutti i tetti delle nostre case dei pannelli fotovoltaici? Senza contributo, ma con un aiuto in fase di realizzazione. Per esempio, nella mia città Lucca, le imprese municipalizzate fanno utili che il comune come azionista ogni anno incassa, basterebbe rigirare questi dividendi sugli impianti fotovoltaici dei cittadini.
Dottor Giannino, il primo parallelismo che mi viene alla mente leggendo il suo resoconto (se sia calzante lo lascerò decidere a chi legge) , è un confronto fra influenza e peste; per la prima, abbiamo 9000 morti annui in italia, per la seconda tra i 1000 ed i 3000 nel mondo, eppure, per quanto mi riguarda, preferirei essere affetta da influenza, piuttosto che da peste. Il fatto che le centrali nucleari siano maggiormente controllate rispetto alle altre è un dato di fatto; dato che non deve farci sentire sollevati, perché bisognerebbe aumentare la sicurezza nelle altre, non cullarsi dei numeri. Ma a parte questo, credo che il bilancio sui rischi dovuti ad una centrale nucleare, vadano fatti tenendo conto del ciclo complessivo di vita di una di esse, considerando non solo la possibilità di danneggiamento alle strutture,ma anche tutto quello che comporta lo smaltimento delle scorie, che come ben sappiamo, vanno trattate in maniera opportuna tenendo ben presente non solo il loro stato attuale ma anche lo stato in cui si troveranno i prodotti del dei decadimenti. Se i contenitori, per un motivo o per un altro dovessero danneggiarsi nel sottosuolo che succederebbe? Il problema più grave delle centrali nucleari è che, a mio parere, non si sanno circoscrivere i danni né spazialmente, né temporalmente. Bisogna inoltre tener ben presente che l’attività sismica del nostro Paese è elevata, e esportare scorie radioattive ha un costo non indifferente, senza contare quello necessario a dismettere una centrale al termine della sua vita. Infine vorrei sottolineare che le vittime del nucleare non sono solamente quelli che sono morti, dopo Chernobyl le nascite di bambini con gravi malformazioni sono state elevatissime, e c’è una sindrome che ne porta il nome. Questo per dire che non trovo la scelta del nucleare una scelta lungimirante né in termini economici, né in termini di vite umane.
Egregio Dottor Giannino,
condivido la sua posizione in merito al nucleare e vorrei chiedere a tutti i contrari come pensano di far fronte alle necessità energetiche in futuro, considerando che i combustibili di origine fossile oltre ad essere inquinanti sono in via di esaurimento e le energie rinnovabili, che di per sè mi piacciono, non sono sufficienti per coprire il fabbisogno energetico italiano e mondiale.
La stimo molto per la chiarezza nell’esporre gli argomenti e la Sua posizione e La invito a continuare senza curarsi dei detrattori, a mio avviso, spesso sciocchi. Se posso, La ascolto ogni mattina con vero piacere.
Sono sempre stato a favore del nucleare (non come unica fonte energetica, ma come componente del mix necessario per differenziare e regolare il fabbisogno energetico italiano), tuttavia il referendum che obbligò lo stop alle centrali ha comportato una situazione che mi pare oggettivamente difficile oggi recuperare. Parlo ovviamente della mancanza di competenze e tecnologia, che infatti nelle ipotesi governative verrebbero messe a disposizione da partner europei. Ora, a parte l’ovvia considerazione che odio questa accidenti di abitudine tutta italiana a far fare ricerca, brevetti e quindi ricadute tecnologiche agli altri (magari grazie a ricercatori italiani all’estero, tanto per non farci mancare niente), il rischio che intravedo è che il nucleare prossimo venturo in Italia si traduca semplicemente in un colossale affare per qualche gruppo, con una ricaduta occupazionale minima (in Germania nel nucleare sono addetti circa 30.000 persone – con 17 centrali, nello stesso paese gli addetti nel settore energie rinnovabili è di circa 340.000 unità).
Ora, mi domando se gli investimenti previsti nel nucleare non sia meglio indirizzarli verso altre fonti rinnovabili (non necessariamente solare ed eolico, ricordo che le biomasse forniscono energia – e magari investendo qualche milione di euro in ricerca potremmo ottenere qualche brevetto/qualche ricaduta tecnologica aggiuntiva…).
Il timing negli investimenti non è una variabile da ignorare, forse per l’Italia oggi è troppo tardi per entrare nuovamente nel settore dell’energia nucleare, mentre potrebbe essere quello giusto per esplorare soluzioni autoctone non esplorate da altri.
Poiché nessuno tra i tanti esperti ( neanche il dottor Giannino) che popolano questo blog, ha avuto la bontà di rispondere alle mie domande ripropongo il mio scritto.
“Premetto che non sono un esperto di energia e di centrali nucleari
e che ritengo giusto e doveroso che ogni generazione lasci alle generazioni che seguiranno un mondo non meno vivibile di quello che ha trovato.
Vengo al dunque.
Quanti anni dura una centrale nucleare? Ho sentito dire che la Merkel vuol chiudere le centrali degli anni ’70.
Quindi grosso modo, con una certa larghezza, si può ipotizzare una vita media di 50 per centrale.
Supponiamo che in Italia si costruiscano (ad essere ottimisti) 4 centrali.
Dopo 50 anni che cosa succedera? Le centrali verranno “ricostruite” o verranno abbandonate?
Nel caso di centrali abbandonate, le scorie nucleari che fine faranno?
Rimarranno all’interno delle vecchie centrali?
O si dovrà trovare un posto SICURO dove potranno RIPOSARE per non so quanti secoli?
Ancora, nel caso che le centrali verranno abbandonate bisognerà trovare altri 4 siti per costruire altre 4 centrali.
Sarà possibile costruire le nuove centrali vicino alle vecchie?
E nel caso di incidenti alle nuove, potrebbero essere “interessate” anche le vecchie?
E di questo passo tra 3 o 4 secoli i nostri posteri, che saranno anche NOSTRI DISCENDENTI, si troveranno CIMITERI NUCLEARI da gestire e che noi gentilmente abbiamo lasciato loro in eredità.
E se questi nostri posteri si dovessero trovare in difficoltà economiche (cosa che NON SI PUO’ ESCLUDERE) come potrebbero continuare a controllare e mantenere nelle condizioni ottimali per la loro sicurezza, le decine e decine di CIMITERI NUCLEARI?
Grazie a chi mi darà una risposta seria, non di vuote parole o fideistica.
Invito il dottor Giannino a dare la sua risposta.”
Con la speranza di avere maggior fortuna, saluto tutti cordialmente.
Credo che la civiltà sia inesorabilmente destinata ad estinguersi.
E forse dal tono e dalle motivazioni a favore del nucleare, a questo punto, credo sia inevitabile. Non esiste nè buon senso nè logica nè volontà di studiare metodi alternativi di produzione di energia. Parrebbe che se non ci sarà il nucleare l’idea di dover rinunciare a qualcosa ma soparavvivere in mondo magari diverso e più solidale sia per tutti impossibile.
Giappone: riscontrata radiottività fuori dai limiti a tokio nel latte, nell’acqua potaìbile e cibo. Qualcuno forse si è dimenticato di dire che non mangiamo energia, ma frutta verdura e beviamo acqua, fonte primaria di vita.
Se anche possediamo 3 auto 20 cellulari 45 televisioni e tutta la tecnologia del mondo, non possiamo mangiarla, e in un mondo totalmente inquinato che ce ne facciamo dell’energia? E le mutazioni genetiche riscontrate nei pesci che vivono nei mari dove scaricano l’acqua le centrali nucleari? Arriverà il giorno in cui dovremo pagare per recarci in piccole zone del pianeta che non saranno inquinate, pensate pagare per respirare aria, bere acqua e passeggiare su terreno non inquinato.
Notizia del 2006:
Usciamo a farci una passeggiata in un parco o ci inaliamo un po’ di ossigeno portatile? Nelle città giapponesi avvolte dall’inquinamento, tra le poche soluzioni per respirare un po’ d’aria pura c’è quella di utilizzare una bomboletta chiamata “O2 Supli”.
E’ pur vero che l’inquinamento in città deriva da tanti fattori, ma è anche vero che le soluzioni ci sono, ma praticarle è impegnativo. Mentre i nostri governanti hanno altro da fare e poi ci sono un sacco di interessi personali di cui occuparsi, il popolo bue viene per ultimo, anche perchè fino a che non si tocca il fondo non cambia nulla.
E lo dico con cognizione di causa. Faccio l’esempio del sud italia che è sommerso dall’immondizia.
Finalmente stanno partendo 3 centri innovativi di riciclo a freddo inventati in Italia più di 10 anni fa che permetterebbero di eliminare la costruzione degli inceneritori, ma abbiamo dovuto toccare il fondo per poter risalire. Non è di nessuna utilità per nessuno inquinare l’aria e l’ambiente, bruciando rifiuti, perchè i rifiuti sono materiali che opportunamente riciclati permettono di risparmiare petrolio ed energia per produrre materiali vergini. Ma questo non si può applicare ovunque per l’ignoranza totale dei nostri governanti e per gli interessi spaventosi che ci sono a sostegno degli inceneritori. E potrei dire tanto altro sulle ricerche ITALIANE sul riciclo dei materiali anche ospedalieri… oltre che pannolini e pannoloni. Infatti a breve saranno operativi impianti innovativi su questi materiali che da tutto il mondo vengono a visitare e copiare.
MANCA LA VOLONTA’ POLITICA esattamente come per le energie alternative.
Inoltre manca una cosa importantissima i CITTADINI INFORMATI che non guardano i TG inutili e faziosi ma schiodano il sedere e si informano.
Il professor Veronesi dice, se capisco bene, che ritiene utile una pausa di riflessione in attesa di tecnologie più sicure. Mi sembra il discorso dell’aspettare ad acquistare il computer perchè deve uscire un modello più efficiente: useremmo ancora la tecnologia di cinquant’anni fa. Non voglio banalizzare – mi rendo perfettamente conto che in un caso c’è il problema di uno strumento di calcolo e di trasmissione più valido e nell’altro quello della sopravvivenza di tutti noi – ma invito a riflettere su un punto. Il disastro del Giappone – se ho ben capito – non è stato causato da incapacità a padroneggiare la tecnologia – come, per esempio, se l’attuale stato di conoscenze lasciasse spazio ad imprevedibili comportamenti INTERNI agli impianti, per cui questi “sfuggissero di mano” – ma ad un evento esterno di inaudita violenza. Se gli impianti fossero stati in zona meno sismica -purtroppo i giapponesi non hanno molta scelta – nulla sarebbe successo. Credo che in questo senso vadano le precauzioni di tutti i paesi responsabili in cui sono istallati impianti nucleari: nella verifica della loro capacità di resistenza ad eventi estremi e nell’approntamento di misure per mettere gli impianti stessi in sicurezza nella malaugurata ipotesi di catstrofi. Non nella rinuncia indiscriminata. E’ vero che sarebbe (sarà) bello avere impianti che non presentino i problemi degli attuali, anche in termini di smaltimento delle scorie, ma possiamo – non è una domanda retorica – aspettare che questi siano realizzabili? Consatato che siamo il solo paese industrializzato che, in attesa che esca il migliore, ha rinunciato a comprare il computer.
@patrizia
Patrizia puoi spiegarmi esattamente ed in dettaglio perche’ l’italia dovrebbe acquistare 4 epr di areva e metterli sul nostro territorio?
Non mi dire per produrre energia elettrica che lo so.
Vorrei sapere le motivazioni. Grazie
Analisi razionale, al momento visti i fatti, per molti questi dati descritti dal Dott.Giannino possono apparire crudi , ma inesorabili e molto reali….mi sono letto i libri dell’Ing.Mario Silvestri allievo di Fermi e uno dei padri del nucleare in Italia, e racconta ed analizza tutta la storia del nucleare italiano dal dopoguerra, insieme ad un’analisi razionale e non di parte sul futuro dell’energia e dei fabbisogni reali…quando questi saggi sono stati scritti, già allora il quadro tratto dall’Ing.Silvestri era nitido e chiaro. Ottimo spunto per riflettere e farsi un’idea sull’argomento…..grazie Dott. Giannino
Mi perdoni Oscar ma se una multinazionale del tabacco ci chiedesse di prendere una decisione sulle politiche anti-fumo mostrandoci dati comparativi sulle “vittime dirette” provocate dal fumo e dall’alcool saremmo scandalizzati dall’uso politico del dato.
Come per il fumo, i dati che dovremmo considerare in chiave demoeconomica sono i costi sanitari (e non solo sanitari) nella gestione delle “vittime indirette”.O sbaglio?
Non sono un esperto, ma da semplice cittadino osservando alcune cose mettendole in relazione tra loro, magari erroneamente, mi sorge il dubbio che le morti riconducibile ad una fonte di energia è una informazione molto poco attendibile, impossibile da controllare.
Quelle collegato all’atomo ancora meno, bisognerebbe partire dai morti dovuti all’estrazione dell’uranio dalle miniere, ma sono quasi tutti africani (chi li conta) e poi quelli dovuti agli incidenti non si è ancora finito di contare. In tutto il mondo, anche lontano dall’incidente; infatti per il principio dei vasi comunicanti e della catena alimentare la radioattività è destinata a livellarsi in ogni angola della terra.
caro Giannino, la forza dei numeri è anche la loro debolezza. Tutto dipende da quali parametri si scelgono. Grazie , comunque, per aver riportato la discussione sul terreno concreto dei fatti, dove ciascuno può confrontarsi. Continua però a mancare una analisi e – a questo punto, sospetto, anche una conoscenza, del programma nucleare italiano, fatto di leggi e decreti legislativi. Uno di questi è in discussione martedì in Senato. L’ho letto e non dice nulla su quante centrali servono, quante il Governo ne vorrebbe autorizzare, quanto costerebbero, quanto farebbero risparmiare in bolletta e quanto invece inciderebbero sulle tasse, chi dovrebbe costruirle , con o senza garanzia pubblica, quali banche sarebbero interessate ad investire e quanto, dove sarebbero situate le centrali, quali le misure di sicurezza dei reattori, con quale tecnologia (francese EPR o cosa altro?) , quanto uranio servirebbe e quanto costa, quanta acqua sarebbe consumata, quale è il rapporto col rischio sismico ed idrogeolgico e via dicendo… Insomma, il programma del governo, di concreto, non dice nulla. E anche lei, caro Giannino, parla ottimamente di fattori internazionali. Ma del nucleare italiano lei non dice nulla. Come mai ? Forse perchè il piano nazionale, semplicemente, è un bluff…ma molto pericoloso .
Tutte chiacchere; torniamo al nocciolo (fuso?) del problema. Il piano energetico nazionale (sempre che esista un piano resistente alla battaglia) prevede un mix di produzione da varie fonti energetiche. Mettiamola in questo modo: le regioni che, avendo siti accettabili per l’insediamento di un qualsiasi tipo di fonte energetica (che so, ventosa, mareale, nucleare, ecc.), e siti utilizzabili per esse (tipo depositi per scorie, permessi di deposizione tubi, ecc.), si oppongano ad un loro insediamento saranno decurtate della (potenziale) risorsa energetica, in valore equivalente al mancato incremento. Direttamente sui contratti di fornitura (tanto per essere chiari). Quindi, se la centrale che rifiuto avesse prodotto un incremento di disponibilità del 1% (a livello nazionale), avrò un 1% in meno di risorse (a livello nazionale). Facile calcolare la batosta (1% in meno, ma concentrato nella regione). NIMBY? Bene, che NIMBY sia!
p.s. finiamola con la lagnanza dei millenni di durata delle scorie! Più durano e meno sono pericolose (a parità di massa, ovviamente)
Intervista a Rubbia
Domanda: “La Francia dice oggi che l’impatto di questo disastro potrebbe essere superiore al grado 7 di Chernobyl.Lei che dice è troppo presto per previsioni?”
Risposta Rubbia : “Si tratta di un fenomeno diverso da Chernobyl: quello è stato un fenomeno di esplosione. Qui il combustibile, pur essendo spento, produce calore e questo provoca un riscaldamento che diventa incontrollabile. Si sa che la quantità di radiazioni che uno riceve si misura in Sievert. Persone che hanno 2.5 Sievert hanno probabilità del 50% di morire. Ora sappiamo che di questi reattori la quantità di radiazione è dell’ordine di
10 MILIARDI Sievert.
Quindi c’è un quantitativo immenso di radioattività dentro questo contenitore.”
Dieci miliardi di Sievert. Che sono le centrali nucleari? Sicure?
Vorrei innanzitutto sapere dal signor Giannino cosa pensa della sua pessima figura fatta con le dichiarazioni rese a caldo, pratica questa diffusissima ma di questi tempi innocua visto la memoria inesistente dell’opinione pubblica. In genere fare finta di niente non porta mai nulla di buono e le ca..volate le facciamo tutti.
Per il resto io ho molta più paura della gestione “italiana” del nucleare più che del nucleare in sè, gli ultimi anni e le ultime inchieste ci hanno spesso mostrato gestioni di appalti non proprio limpide e con un grado di sconsideratezza per la sicurezza pubblica indegna di un paese civile. Per non parlare del ciclo smaltimento di rifiuti tossici troppo spesso finito in mano alla criminalità organizzata con connivenze politiche a vari livelli.
Ma se anche il nucleare fosse sicuro, voi vi sentireste così tranquilli in Italia?
Io no.
caro giannino,
apprezzo lo sforzo, da filonuclearista ho ritenuto il referendum di 30 anni fa un errore pagato a caro prezzo in termini di sviluppo…ma ora, dopo tutti questi anni di ritardo davvero ci può convenire riprendere il cammino nucleare ? non lo so.
citare keynes qui può essere rischioso ma …when the facts changes,I change my mind..
un paese in cui si ruba abitualmente sulle costruzioni di strade a chi può far costruire centrali nucleari ?
un paese che non sa smaltire decentemente rifiuti , come pensa di gestire scorie nucleari ??
Ha presente il giudizio di cascini sulla competenza complessiva di questa classe politica per fare la riforma della giustizia? credo che, a maggior ragione, si possa dire che non a questa classe politica si possa affidare la gestione di una politica energetica atomica: troppo incompetenti, smidollati e corrotti.
Egregio dottor Giannino,
Ho postato il contenuto che segue (che ripropongo con minime correzioni, era stato scritto tutto d’un fiato) già in un altro thread che Lei aveva aperto; speravo in un asua risposta; ma forse Lei, un po’ avvilito anche dalle valanghe di insulti che ha ricevuto da persone che non han capito la differenza fra controbattere e dileggiare (o atrtibuire a malafede una posizione che si ritiene sbagliata) dopo i primi inizi, ha smesso di leggerlo con regolarità.
Io invece trovo doveroso attribuirle una sostanziale buona fede: non ho allo stato ragione di pensare che il suo punto di vista sia connesso a prospettive di favori economici o d’altro tipo.
Lei fa un discorso relativo AL nucleare in generale, ed AL nucleare in Italia, ossia ad un ritorno dell’utilizzo dell’energia da fissione (questa passa il convento per ora e ancora per molti anni) per produrre energia elettrica.
Io ritengo
1) che l’umanità non possa illudersi di poter evitare di far ricorso anche a questa forma di energia, per i prossimi diciamo 70-90 anni, al di là della mia prospettiva di vita ma non di quella di mio figlio, che ne ha quasi quattro e mezzo.
2) che allo stato dei fatti, ossia delle scelte preliminari che il governo attuale ha fatto in tema di nucleare, la saggezza e la convenienza (son due cose distinte e parallele) di QUESTO ritorno al nucleare da fissione, in Italia, qui e con le tecnologie proposte, come ci è stato prospettato, non ci sia assolutamente.
Ammettiamo che la cosa abbia un senso in generale, come ipotesi di lavoro preliminare.
Le ho già appena detto che io non lo penso, ma diamolo per buono se no non se ne esce.
Il problema, a questo punto, è a mio avviso che non abbiamo di fronte a noi la prospettiva DEL nucleare, ma di QUEL nucleare, ossia QUEGLI impianti che sono stati ipotizzati, relativamente ai quali è stato siglato un protocollo di intesa, fatti da QUEL fabbricante (lo chiamo così per brevità).
Voglio qui ribadire le mie perplessità circa la sicurezza INTRINSECA (al NETTO di terremoti, tsunami e attacchi di sfiga assortiti di origine esterna) degli EPR che, per noi hanno sostanzialmente GIA’ SCELTO ALTRI.
Prima decidono, poi aprono un pacato dibattito con gli spot con gente che gioca a scacchi discettando come nella scuola di Atene.
Fantastico.
E, si noti, la cosa che forse mi fa rabbrividire di più è sentire la Prestigiacomo che dice (fra i testimoni dal vivo c’è anche un giornalista che conosco e della cui onestà mi fido ciecamente) “è finita, dobbiamo uscirne [dal progetto nucleare attule, ovviamente], non facciamo cazzate… non possiamo andare alle elezioni per il nucleare”.
Non una crisi di coscienza basata sul dubbio che qualcosa di quel che le avevano raccontato sul tema della sicurezza fosse stato troppo ottimistico; non perplessità connesse alle ricadute su tutto il sistema energetico, e dunque anche della solidità delle imprese connesse alla filiera nucleare, al lento periodo di assestamento per ritrovare un cammino chiaro; non la valutazione delle possibilità che valga la pena aspettare che le normative recepiscano le indicazioni provenienti dall’esperienza dell’incidente giapponese per, ipoteticamente, richiedere ed attuare correttivi obbligatori nei sistemi di sicurezza degli impianti che si andrebbero a fare.
Ma solo la considerazione cinicamente elettoralistica che se si insistesse a dire “noi tireremo dritto” ciò farebbe precipitare il livello di consenso dell’attuale maggioranza in modo pericoloso per i loro interessi di bottega (=seggi).
Ma parliamo ora SOLO degli impianti che questi avevano già scelto per noi.
Di che impianti si tratta? Dei cosiddetti reattori EPR, European Pressurized Reactor, che sono impianti sostanzialmente di concezione francese, ossia la ex-COGEMA una cui sezione, la Framatome, dal 2001 diventa AREVA Nuclear Plants – e la cui concezione è stata portata avanti sin qui in collaborazione col gigante Siemens. Ora, il fatto è che questi reattori, concepiti sostanzialmente per essere più efficienti e naturalmente più sicuri di quelli di III generazione (che in realtà concettualmente non esiste, essendo un modesto perfezionamento di quelli BWR e PWR di seconda) hanno sin dall’inizio fatto prevedere dei costi di costruzione molto più alti di quelli che andrebbero a sostituire (come rimpiazzo, o comunque come nuova tipologia per le nuove costruzioni).
Come si fa a moderare l’effetto nefasto di ciò sui tempi di ammortamento? Con un aumento, parallelo, della taglia del singolo impianto quanto a quantità di energia netta erogata in rete, sino a livelli spaventosamente alti: anche 1600 MW, in modo da ottenere una – indispensabile – minima economia di scala.
Ma questo implica anche altri problemi, alcuni dei quali peraltro insiti nella concezione di queste macchine.
In Inghilterra, come Lei forse saprà, esiste un ente di controllo che supervisione su scala nazionale la sicurezza e la salute (a scala di popolazione). E’ l’Health and Safety Executive (HSE), una cui sottosezione è il Nuclear Directorate (ND). In Francia, l’ASN (Autorité de Surété Nucléaire), in Finlandia lo STUK (Säteilyturvakeskus), parolaccia di radice ugro-finnica composta, che in inglese diventa più o meno Radiation and Nuclear Safety Authority, dopo una analisi complessa il 2 novembre di due anni fa, ‘sti tre (che non è una combriccola di verdi+neoanarchici+Amish, mi pare…) hanno pubblicato una relazione congiunta che sottolineava dei difetti di progettazione nei sistemi di controllo dei reattori che l’ENEL, con l’entusiastico supporto del nostro attuale Governo, ha in mente di rifilarci (mi perdoni il termine, non posso essere ipocrita e utilizzare perifrasi troppo politically correct, e peraltro da sempre apprezzo come Lei non lo sia).
Questi tre enti sottolineano come i sistemi di controllo e di emergenza del reattore EPR non rispettano il cosiddetto «principio di indipendenza», che è – per dire – alla base dei livelli elevatissimi raggiunti DAVVERO nell’aviazione di linea, cioè… cioè non sono sufficientemente indipendenti l’uno all’altro.
Poiché i sistemi d’emergenza hanno lo scopo di garantire la sicurezza PROPRIO NEI CASI IN CUI i sistemi di controllo falliscano o abbiano dei guasti, è evidente che il problema è INTRINSECAMENTE piuttosto grave (non si tratta di sostituire una valvola con una più robusta o di materiale migliore, mi spiego?) e secondo necessita -a detta di HSE/ND, STUK e ASN, non di un gruppuscolo di suffragette coi colori della bandiera della pace dipinti in fronte con l’ombretto, badi bene – di SOSTANZIALI risposte tecniche da parte dei progettisti e di chi un giorno dovrà gestire gli impianti, per cercare di “attenuare la perdita dei sistemi di sicurezza” (proprio queste la parole esatte usate nel comunicato, è in un inglese molto accessibile) in caso di malfunzionamenti ai sistemi di controllo del reattore.
E, faccio sommessamente notare, la cosa che più colpisce degli eventi in corso in Giappone non è neppure la tipologia di incidente in sé, quanto l’evidenza che allo stato dovremo avere tanta, tanta fortuna per sperare che la dimensione del dramma resti entro il livello 6 della International Nuclear Event Scale (ma ricorda, o no, quando all’inizio si affrettarono a classificarlo, benché non concluso, di livello 4?): la peggiore evidenza è che hanno per molti giorni perso il controllo dell’evolversi degli eventi (vedere elicotteri CH-47 Chinook che tentano di rovesciare patetici secchielli di acqua di mare da trecento metri di quota, sperando di far centro nel buco, è desolante e mi dà la percezione del senso di impotenza che attanaglia i giapponesi), e che la situazione se ne è andata per parecchio per i fatti suoi; ai tecnici che a costo di diventare fluorescenti per la radiazione di Cerenkov son riusciti in parte a riattivare linee elettriche per far girar pompe, andrebbe il Premio Nobel per la Pace, parlo seriamente, e si dovrebbero anche sbrigare perché per alcuni di loro sarà alla memoria.
Non lo dice Pecoraro Scanio: lo dice Rubbia, che mi sembra persona che ha conquistato sul campo una credibilità scientifica un po’ diversa da quella di Chicco Testa.
Ancora non basta.
L’Électricité de France, si, proprio l’EDF che è sponsor della costruzione degli EPR (allora! Non Greenpeace, ma, se mi permette la battuta, come sentirà si tratta dell’ “oste che sputa per terra il vino che deve vendere!”) nel “Rapporto preliminare di sicurezza” che ha dovuto pubblicare circa un reattore EPR in costruzione in Francia, il c.d. «Flamanville 3», sottolinea GRAVI RISCHI connessi alla possibilità di repentine escursioni di potenza con la forte probabilità di CRISI DI EBOLLIZIONE.
Ricordo a me stesso che il refrigerante di un reattore PWR – Pressurized Power Reactor, come quello nostro di Trino Vercellese e come anche in buona sostanza la sua evoluzione EPR, per NESSUNA RAGIONE deve andare MAI in ebollizione nel nocciolo se no perdi il controllo del raffreddamento per via della assai peggiore capacità termica del vapore rispetto all’acqua allo stato liquido.
Se va in ebollizione, la pressino raggiunge livelli parossistici non essendovi la possibilità di recuperare spazio con la condensazione sotto pressione (siamo sopra al punto triplo per l’H2O, a quel punto) con relative esplosioni di vapore in grado di danneggiare seriamente sia il reattore vero e proprio che le barriere di contenimento e, non bastasse, il rischio di espulsione violenta delle barre di controllo.
Rammento a me stesso che, ovviamente, le barre di controllo essendo degli assorbitori passivi di neutroni – che si aggiungono alla percentuale assorbita dal moderatore – hanno la funzione di regolare la potenza del reattore e in caso di necessità alla bisogna anche, è chiaro, inserite tutte a fondo spegnerlo arrestando l’autosostentamento della fissione.
Secondo il rapporto di EDF si ravvisavano “superamenti significativi dei parametri minimi [si intende di sicurezza]“; a quel punto la società costruttrice Areva ha proposto degli interventi correttivi alle barre di controllo per ridurre un poco, mitigare (ma PER LORO STESSA AMMISSIONE NON RIMUOVERE) il rischio di questa tipologia letale di incidente: se vengono espulse del tutto le barre di controllo, senza nessuna regolazione della potenza l’innalzamento repentino della pressione e della temperatura del reattore provoca una sovrappressione esplosiva. Ed il reattore esplode in eccesso di potenza, esattamante come, in condizioni tuttaffatto diverse (un reattore RBMK come quello di Pripyat è parente dei reattori EPR quanto le balene misticeti son parenti dei bovidi, ossia geneticamente ed evolutivamente molto, ma morfologicamente quasi per nulla) a Chernobyl. Infatti, precisamente un’innalzamento incontrollato della pressione e del livello di potenza in un reattore, uno dei c.d. “reattori a canali” RBMK installati vicino Pripyat) fu l’origine “tecnica” di quel colossale disatro.
Secondo EDF… ribadisco a costo di annoiare NON a giudizio di Beppe Grillo… malgrado le modifiche proposte persistono margini molto ristretti per l’esercizio in sicurezza dell’impianto: il problema è INTRINSECO al design generale della macchina, il modello di reattore EPR (e aggiungerei dei precedenti, meno evoluti N4) e a quel che si prevede di attuare, nelle condizioni di esercizio ineludibili per renderlo teoricamente economico entro la durata dell’impianto; le modifiche che apporterebbero al progetto, come se non bastasse, per “tamponare quanto possibile” quel rischio, che permane, rendono più critica e con minori margini operativi la gestione di altre tipologie di incidente.
L’ex Presidente di Areva, tal Dominique Vignon ed Hervé Nifenecker, hanno qualche tempo dopo cercato goffamente di smentire addirittura EDF, che detto tipo di impianto deve comprare e gestire, presentando a firma congiunta un documento in merito che vorrebbe essere una “controvalutazione” e che è stato giudicato come “frettoloso e goffo” da un ingegnere nucleare col quale sono in contatto, e che – creda – tutto è meno che antinuclearista, anzi è un accanito sostenitore del progetto Rubbia di future centrali centrali a Torio (la vera IV generazione, che è tutto un altro paio di maniche come efficienza, sicurezza e utilizzo del combustibile).
A proposito di scorie… poi gli EPR hanno un grosso problema di scorie tutto loro.
Come ogni centrale a fissione, anche i nostri futuri EPR producono scorie radioattive di pericolosità variabile a seconda dell’emivita dei differenti radionuclidi contenuti, di cui a tutt’oggi non si sa esattamente – nemmeno negli USA! – che destinazione dare. Ed i cosiddetti “reattori di terza generazione” o quelli di III+, come gli EPR, non ci aiutano davvero.
Al contrario, poiché riescono ad attuare una più completa combustione del materiale fissile (cosa in sé buona sul piano dell’efficienza), in cambio ciò aggrava di molto la produzione di radionuclidi ad alta attività nelle scorie e la relativa emissione di calore residuo, rendendo significativamente più problematica la loro gestione. In breve, da un lato si ha un peggioramento qualitativo (scorie più radioattive, in soldoni) per quanto riguarda la tipologia di rifiuti radioattivi derivanti da ogni “unità di combustibile” iniziale, problema compensato IN PARTE dalla minore quantità di combustibile necessario, proprio perché il reattore è poiù efficiente (se fosse una vettura, direi che percorre più km con un litro, per capirci). Ma per ammissione DELLA STESSA AREVA, alla fine il bilancio è negativo: ci son problemi di scorie maggiori con gli EPR di quelli che ci davano i BWR come quello di Caorso, o i PWR di seconda generazione come quelli di Trino Vercellese.
Dottor Giannino, dov’è l’affare per noi? Un ultima cosa: in Finlandia c’è una società che è stata incaricata di gestire, in futuro, le scorie del reattore EPR che è da anni in costruzione ad Olkiluoto (Finlandia), accanto ad altri due già esistenti e che sono del tipo Questa società ha dovuto rimarcare, molto preoccupata, come il reattore EPR di Areva che ENEL e governo han deciso di rifilarci (insisto col non esere politically correct) in non meno di quattro esemplari abbia una produzione di Iodio-129 superiore a quella di reattori PWR tradizionali; ciò pone problemi molto seri in quanto tale isotopo dello Iodio ha una EMIVITA DI 16 MILIONI DI ANNI E RIMANE PERICOLOSO PER NON MENO DI 160 MILIONI DI ANNI.
L’emivita di un radioisotopo come certo saprà dà una indicazione di quanto tempo passa perché la metà dei suoi nuclei fissili decada, di solito per step successivi, in una forma non più instabile. Dopo 16 milioni di anni (non riesco a farmene una immagine mentale, nonostante abbia studiato all’Università precisamente Scienze Geologiche, non Lettere moderne…) la radioattività residua sarà ridotta alla metà, dopo altri sedici milioni di anni a un quarto etc etc.
Dottor Giannino, sa qual’è l’isotopo dello Iodio che sta liberando la centrale di Fukushima? Sa cosa terrorizza da quelle parti? Non il 129, ma lo Iodio 131, che ha una emivita non di 16 milioni di anni, ma di OTTO GIORNI – ha letto bene? Cambia solo un numerino… è nell’immediato straordinariamente aggressivo e pericoloso (oltre ad essere attivissimo, va dritto dritto a concentrarsi nella tiroide, il tumore dellamedesima con annessi e connessi è un acertezza, non un rischio) però è anche vero che se si riescono ad attuare efficaci misure di radioprotezione della popolazione e controlli su alimenti ed acque dopo ottanta giorni la sua pericolosità si riduce in modo veramente significativo, diciamo che dopo qualche anno non ne trovi più traccia.
Insomma, ha un comportamento pericolosissimo ma relativamente “puntuale”.
Stabilire un rapporto di proporzionalità inversa fra tempo di dimezzamento e pericolosità basato solo sull’emivita è estremamente grossolano, sa di Wikipedia più che di esami al Politecnico: infatti in ogni diverso ciclo di produzione nucleare tramite materiale fissile la fisica del reattore produce come (diciamo superficialmente) “scoria” un mix di radionuclidi, ciascuno dei quali non passa da radioattivo ad inerte, ma decade a seconda dei casi con emissioni alfa (nuclei di elio 4), beta (elettroni, in buona sostanza) e raggi gamma in altri nuclidi di norma instabili, e solo dopo vari passaggi arriva ad un isotopo stabile.
Il tempo di dimezzamento esprime il tempo necessario ad un nucleo fissile per diventare stabile al 50% della sua massa! Ma non descrive affatto, da solo, isotopo dopo isotopo, quali passaggi vengon fatti per arrivare a una condizione stabile.
Una valutazione statistica incentrata solo sul tempo di dimezzamento, poi, fa finta di ignorare come la pericolosità di un radionuclide dipende anche da che fine fa, e dove va a piazzarsi, una volta entrato nel ciclo alimentare o venuto comunque a contatto con organismi biologici.
Dal punto di vista di un bambino in crescita, vedersi scorrere del mercurio allo stato liquido e temperatura ambiente sulla pelle della schiena è una cosa di una gravità immane (per i suoi effetti neurotossici pur a livelli di ppm etc); dal punto di vista di un piatto di plastica, il mercurio può essere velenoso quanto vuole, ci rotola sopra il leggiadre goccioline lucenti senza avere alcun effetto solvente: non lo bagna, rotola e va via (mentre un piatto d’oro, con cui fa amalgama, ha di che preoccuparsi).
Poi c’è sempre anche la grana del Cesio 137, ma quella è tutta un altra storia.
Spero stavolta di leggere una Sua replica, e spero abbia apprezzato, pur nel mio radicale dissenso, la pacatezza con la quale Le porgo questa mia.
E degli aspetti economici, della effettiva nostra fame di energia (con centrali installate in Italia per quasi il doppio dei TW che si son mai consumati nel nostro paese nel picco storico del luglio 2007, e con l’idroelettrico tenuto volutamente fermo) come della colossale bugia sulle “emissioni serra quasi zero” dei reattori nucleari, non ho nemmeno accennato.
Tre grammi/t di Uranio 238 dal minerale grezzo… estratto in luoghi in cui spesso non arriva nemmeno energia elettrica, ed i processi di frantumazione e prima selezione dle materiale avvengono frequentissimamente con macchinari che vanno ad olio pesante, quello delle vecchie nevi a ciclo Diesel a due tempi… non scherziamo.
Assolutamente d’accordo con le analisi di Oscar Giannino.
La gente non ha paura di prendere l’auto tutti i giorni: migliaia di morti l’anno e migliaia di persone che rimangono disabili a vita solo in Italia, moltiplicato per il numero di nazioni del mondo=vittime di una guerra mondiale ogni anno.
La gente non ha paura di fumare, e ci sono milioni di persone che contraggono malattie gravi e dolorose ovunque nel mondo, e, dopo avere “soppesato” i rischi, fumano lo stesso.
Razionalita’ del XXI secolo.
Respiriamo polveri sottili nelle grandi citta’, che proprio perche’ sottili si insinuano nel nostro organismi; valutiamo i rischi, e ce ne rimaniamo in citta’.
I morti per tsunami e per terremoti naturali sovrasteranno qualunque morto causato da centrali vecchissimi degli anni 60 (prima generazione), ma la gente adora “madre natura”; io anche la adoro, ma so puo’ causare milioni di morti.
Non solo, ultimamente ho letto scemenze da brivido: c’e’ gente che chiama le centrali potenziali bombe atomiche, e ovviamente non ha mai studiato come si progetta una centrale moderna (terza generazione).
C’e’ gente che dice che l’Uranio sta per esaurirsi e non sa cosa sia un isotopo, e non sa la differenza tra U-235 e U-238.
C’e’ gente che continua a ripetere, come un Black&Decker, che le “sostanze” piu’ pericolose sono quelle che hanno tempi di dimezzamento di milioni di anni quando qualunque elemento stabile ha tempi di dimezzamento ….infinito (non sono radioattivi in questo caso).
Due blogs interessanti di persone che vivono a Tokio :
1)http://giappopazzie.blogspot.com/2011/03/il-punto.html
2)http://eburoggu.blogspot.com/
Informazione, non disinformazione, questo ci vuole, e bisogna soppesare i rischi e prendere le decisioni, o l’Italia ritornera’ all’epoca del Neanderthaliano, e la gente morira’ molto prima, e di malattie invalidanti. Abbiamo bisogno di piu’ energia, non di pale e di fotovoltaico. E ne abbiamo bisogno perche’ gli “umanoidi” continuano a riprodursi in maniera selvaggia; e gli umanoidi CONSUMANO energia, lo si voglia o no.
Fra 30 anni le centrali di quarta generazione, attualmente in fase sperimentale, risolveranno il problema; basta stoccare le scorie per 40-50 anni, non per fantastiliardi di anni.
Ma nessuno lo vuole capire; l’atomo fa paura, l’automobile rassicura, e le mega dighe idroelettriche sono un bijou, soprattutto per chi ci abita vicino, vero?
Saro’ ingenuo, ma ho studiato Fisica e Ingegneria Nucleare; persino la talebana Hack la pensa come me, figurarsi.
Gli Italiani hanno paura di tutto:
dell’alta velocita’ dei treni (vedi mai “scuotessero” l’Uranio nelle cave);
delle nanotecnologie, sono Gremlins che escono dai lavandini;
delle biotech (per carita’ di Dio; meglio il “biologico”; che sara’ mai STO biologico!!)
della loro ombra, vedi mai uscisse il mio doppio dall’antimateria con intenzioni ostili;
del bosone di Higgs che causa wormholes che ci inghiottiranno tutti;
dei polli che si prendono il raffreddore e provocano pandemie…..
E madonna santa….
Condivido.Anche i suoi precedenti interventi con riferimenti tecnici ,a mio avviso,molto interessanti.Non si meravigli per i commenti di chi la pensa diversamente.Chi,a priori, parte da presupposti diversi ,giunge a diverse conclusioni.L’importante sarebbe la buonafede e la consapevolezza quando si espongono le proprie idee,di illustrare opinioni,non di manifestare verità..@Fabio Cenci
ogni volta che si tocca l’argomento “nucleare” i millenaristi de’ noantri si scatenano: dall’esplosione atomica in giù è tutto un susseguirsi di previsioni fondate sulla totale ignoranza di chi le esprime. l’esito del referendum è già segnato, mettiamoci comodi e continuiamo ad acquistare energia dall’estero (finchè dura).
Della assoluta scorrettezza di basarsi solo sul tempo di dimezzamento per stabilire il livello di pericolosità di un radionuclide, penso di avere accennato con sufficiente chiarezza; Le centrali di quarta generazione saranno, negli intenti e un giorno nei risultati, molto più razionali ed efficienti (anche sul piano della sicurezza) di quelle attuali, ma allo stato attuale purtroppo non sono in sperimentazione, ma solo in studio, cosa che un ingegnere nucleare dovrebbe sapere perfettamente il che mi dà da pensare; la Hack non si riferiva al Piano Energetico Nazionale dell’attuale governo, basato su reattori EPR di progettazione Areva-Siemens, non su principi; il suo intervento sul Giornale dell’altro ieri, che ho anche letto, parlava di questo, non di ciò che si pianifica per l’Italia.
Inoltre in Italia si consumano circa 47 TW (TeraWatt) di energia elettrica, in media, con un picco storico del 26 luglio 2007 di 61,05; le centrali GIA’ esistenti nel nostro Paese possono produrne prontamente 65, e in poche settimane riattivando tutti gli impianti (non nucleari) tenuti spenti per eccesso di potenzialità produttiva, si toccano (dati TERNA) i 101,9 TW. Quasi il doppio dei nostri attuali consumi.
Quanto ai rischi, ricordo a me stesso che anche un bacino idroelettrico ne può presentare (il caso del Vajont però è limite: i politici si rifiutarono di ascoltare il parere del geologo che aveva previsto la catastrofe con precisione e l’aveva descritta nei minimi dettagli in una accorata relazione che mandò a tutti coloro che poteva, e non fu ascoltato). Ma ne presenta sia che la centrale funzioni, sia che sia tenuta spenta (come nel caso dell’idroelettrico italiano).
Io dico che dal momento che la Francia, con l’80% di energia elettrica prodotta attraverso il nucleare a fissione (dopo i millemila incidenti anche gravi, il Superphénix è stato chiuso), anche se volesse NON può uscire dal nucleare nemmeno entro due decenni, ma solo accelerare per quanto possibile la transizione verso le energie rinnovabili. il risparmio energetico, la razionalizzazione oraria dei picchi di consumo ed il riciclaggio dell’energia termica residua degli impianti industriali, ne consegue che
«noi per almeno due decenni avremo a disposizione di notte energia FORZATAMENTE a basso costo, che la Francia DEVE SVENDERE dal momento che la potenza di esercizio di un reattore nucleare non è modulabile oltre un certo limite molto ristretto, come LEI dovrebbe insegnarmi, egregio Ing. (?), altrimenti diventa instabile (e più pericoloso che se lavoroa a régime di potenza vicina a quella massima); come un motore a due tempi molto spintio, che sotto i 6500 giri va male, strappa, si ingolfa e consuma male e troppo.
E perciò siamo nelle condizioni migliori per rientrare dalla porta principale in un tot di nucleare a fissione di generazione realmente più avanzata e sicura, cosa che considero ineludibile. Senza nessuna fretta di “rientrare nel giro” con dei fondi di magazzino spacciati per ultimi modelli.
Voi andate avanti come un disco rotto (le sue considerazioni finali sembrano copiate quasi dal Giornale di domenica, pag. 2-3 in basso) sulle paure irrazionali dell’uomo, sui rischi/benefici, sui morti per TW prodotto etc etc e non siete capaci di ascoltare chi mette in dubbio, molto più umilmente, e molto più puntualmente, senza tante discussioni sui massimi principi, che si tratti davvero di un buon affare quello che ci è stato prospettato QUI ed ORA: accollarci noi quattro esemplari di un CERTO TIPO PRECISO di reattore, che ha avuto SCARSISSIMO successo, tanto che vedi caso esattamente quattro opzioni dopo le analisi di quanto realizzato sin qui in Finlandia sono state ritirate.
Toh guarda! Lo zoccolo duro del nuovo PEN son proprio… quattro centrali, colmo di bizzarria proprio del tipo prima opzionato, poi motivatamente scartato da tre stati europei!!
O mi sono spiegato adesso, o non mi spiego più.
Ma quale futuro del rapporto dell’uomo con le tecnologie!
Io sento solo puzza, motivata, di fregatura.
…Rubbia dove sei? Qui so’ tutti ingegneri nucleari… più ingegneri nucleari che girano sui blog di quanti ne siano usciti dal Politecnico di Milano…
Da un filologo classico cosa dovrò a breve aspettarmi, la conferma della storia di Romolo e Remolo?
@Valerio Ricciardi
Mi dispiace deluderla, e sminuire le sue battutine.
Non sono un Fisico Nucleare o Ingegnere Nucleare; sono laureato in Fisica (Elettronica per l’esattezza), e NON opero nel settore Nucleare.
Quindi le sue battute perdono di significato. Ho studiato Fisica Nucleare, questo si, ma non ho esperienza operativa, come ho detto sin dal primo mio post in questo blog. E lo studio sulla quarta generazione (ok, nessuna sperimentazione ancora) e’ in corso, persino a Genova-Italia.
Con le energie rinnovabili mio caro signore l(Lei sicuramente e’ un Ingegnere Nucleare) non soddisferemo le esigenze crescenti di energia nel mondo, e non alimenteremo poli industriali e chimici, e non faremo decollare jets, nemmeno fra cento anni. E non mi risulta affatto che il mondo avra’ meno bisogno, ma sempre piu’ bisogno di energia (non solo i paesi ex emergenti). E la densita’ energetica del sole e’ quella che e’, non la si puo’ aumentare.
Ecco perche’ ci vuole un mix energetico. Puntare sulle rinnovabili e basta e’ un suicidio, e lo pagheremo tutti; la paura ancestrale dell’atomo non puo’ condannarci al buio e al regresso.
E qui chiudo, tanto in Italia non si costruisce nemmeno un vespasiano: puzza troppo se sta sotto casa mia.
@Valerio Ricciardi
Qui immagino si discutesse della convenienza generica della scelta nucleare, piuttosto che di quella italiana.
La sua, visti i dati snocciolati, non mi sembra una paura irrazionale, anche se, da ingegnere (meccanico eh, non nucleare), ritengo che una scelta tecnica venga fatta confrontando varie soluzioni. Non è detto che i sistemi diversi da EPR non presentino altre problematiche comunque pericolose, e una soluzione di scarso successo può adattarsi a poche applicazioni, ma non è in generale inadattabile.
Sul fatto delle emissioni zero: se valutassimo il ciclo produttivo degli impianti in toto, qualsiasi impianto, anche a rinnovabili, non presenta emissioni zero. Le emissioni zero si riferiscono alle modalità di generazione, non al ciclo intero.
No, delle cifre dell’articolo non bisogna tenere conto in alcun modo. Sono bubbole.
Anzitutto, bisognerebbe vederci chiaro sulla metodologia utilizzata per pulire e cucinare i dati, caso per caso. Quando sento parlare di vittime indirette dell’anidride carbonica, polveri sottili et simlia – mi viene il sospetto che si tratti di studi molto poco scientifici, messi assieme in qualche maniera da qualche professorino verde. Lo schema tipico di questi lavori è la messa in relazione ipotetica di una serie di patologie con i dati sanitari dei relativi decessi. Del tipo, siccome è stato suggerito da qualche altro studio statistico (quindi NON scientifico) che c’è una relazione positiva non casuale tra i suicidi ed il traffico cittadino – allora tutti quelli che s’ammazzano sono vittime indirette dello scarico delle macchine.
Quanto ai valori decessi/TWh – come già notato da altri lettori pensanti – siamo alla canna del gas, intellettualmente parlando. Faccio il mio piccolo esempio stupido. Diciamo che, in un futuro prossimo, qualche testa d’uovo congegna una nuova tecnologia X, capace di produrre in un’ora talmente tanta energia da essere considerata, per il fabbisogno umano del pianeta, pressoché illimitata. In altre parole, il denominatore della frazione “decessi/TWh” tende ad infinito. Ora, diciamo pure che la tecnologia X è pericolosetta – del tipo, dopo cinque anni di lavoro, qualcosa va storto e il 95% della popolazione umana ci resta secca. Ora, un Giannino del futuro, dati alla mano, dimostrerebbe che la tecnologia X è molto più sicura delle altre, perché comunque il suo fattore “morti/TWh” tende a zero.
Ora, io sono un libertario rothbardiano, quindi libertà d’azione anzitutto. Ma, a quanto mi risulta – e qui se qualcuno fosse in grado di smentirmi sarei contento – com’è che esistono centrali costruite e funzionanti con capitale al 100% privato? Com’è che i grossi investitori nel settore energetico non si fanno convincere dagli studi IBL sulla competitività del nucleare? D’accordo si tratta di settori altamente regolamentati, pieni di lacci e lacciuoli – ma, rispondo, su invenstimenti di quelle dimensioni, in paesi dove non esiste il privilegio statale monopolistico della produzione energetica, i costi burocratici sono davvero margianali rispetto al totale.
Per come la vedo io, energia nucleare significa solo due cose : stato e ancora stato. Un botto di tasse per fare le centrali (perché, appunto, il capitale privato mica ci casca, da solo e senza la spintarella di una “politica industriale” amica). E l’industria bellica che raccoglie gli avanzi di nascosto dal grande pubblico. Alla faccia del libero mercato come pacifica collaborazione tra individui. All’IBL dovrebbero rileggersi un po’ il vecchio Mises.
saluti
Andrea
Con tutto il rispetto ed anche la simpatia per il sig. Giannino, ritengo che le sue posizioni (ed in generale quelle espresse in questo blog) sottovalutino enormemente nella contabilità della convenienza o meno del nucleare la stima delle cosiddette “esternalità ambientali”.
Infatti, nelle valutazioni non vengono mai contabilizzate tutte quei beni “intangibili” o non disponibili (come potrebbero essere quelli espressi da un territorio, o legati al degrado di una risorsa ambientale come ad esempio l’acqua, l’aria, ecc…) che verrebbero a perdere di valore o a richiedere interventi di bonifica a seguito della costruzione di nuove centrali termo-nucleari. In pratica, si fanno i conti senza l’oste, perchè tutti questi costi ricadrebbero sulla collettività e non sul soggetto che realizza la centrale. E’ come ipotecare, non solo la casa, ma una vasta area non di proprietà di chi realizza la centrale, ma di tantissimi altri proprietari, anzi dei nipoti e pronipoti di questi!
Ad esempio: si è molto parlato di un sito idoneo per una centrale nei pressi di Chioggia. Ora, nella sia pur bassissima probabilità che ciò venga effettivamente realizzato e nell’ancor meno probabile caso che in questo sito vi possa poi essere un incidente con rilascio di radiazioni sul territorio, cosa dovremmo fare? Evacuare Venezia? (Distanza circa 20-25 km). Realmente si ritiene che in Italia si possa rischiare un patrimonio (non solo ambientale) simile? (Ovviamente è un esempio a caso, ma immagino che altri lettori abbiano in mente altri numerosi siti simili).
In tema di gestione delle scorie. Per chi ha la memoria corta ricordo il caso di Scansano Ionico. Si è detto che era il sito italiano più sicuro per il deposito definitivo delle scorie … peccato che poi ci si è accorti che vi sono delle infiltrazioni di acqua marina.
Quindi, se Scansano era il sito di deposito più sicuro, qualsiasi altro sito che potrà essere identificato in futuro sarà meno sicuro! Ci siamo bruciati (per lo meno dal punto di vista mediatico, non sicuramente tecnico-scientifico) il deposito per le scorie… (sarà forse per questo che il governo italiano ha inserito la possibilità di porre il segreto militare per questioni del genere?)
Se queste considerazioni appaiono troppo “ambientaliste” allora proviamo a cambiare argomento. Viene posto giustamente il problema della salute umana. Approssimativamente, facendo il cosiddetto “conto della serva”, si stima che l’inquinamento atmosferico (anche qui occorrerebbe prendere in esame il singolo inquinante, come ad esempio polveri sottili, anidride carbonica, biossido d’azoto, ecc…) si prodotto dal settore energetico/industriale/riscaldamento, dal comparto industriale in senso stretto, dal trasporto e dall’agricoltura.
Si stima che gran parte del contributo all’inquinamento, in misura variabile al variare del singolo parametro, sia dovuto dal settore dei trasporti, dal settore industriale e dal settore energetico (riscaldamento civile, produzione di energia elettrica, ecc.), in misura più o meno equamente distribuita. Ad esempio, per semplificare, si potrebbe imputare circa il 30% della responsabilità ad ognuno di questi settori.
Ma allora che benefici effettivi porterebbe il nucleare sulla salute ad esempio agli abitanti della pianura padana (a livello internazionale nel settore delle immagini da satellite conosciuta come “dirty padan region”)? Un miglioramento di qualche punto percentuale nella qualità dell’aria? Vale veramente la pena, o forse non è il caso di intervenire sul vecchissimo ed energivoro patrimonio edilizio privato (stima di circa il 20% di risparmio energetico) per ottenere lo stesso obiettivo, peraltro stimolando il comparto edilizio, enormemente in crisi, con creazione di nuovi posti di lavoro, ecc…?
Anche se questo mio intervento può essere sicuramente lacunoso o discutibile su alcuni aspetti, mi stupisco veramente che il dibattito su questo blog non consideri seriamente questi aspetti, anche dal punto di vista anche economico.
Saluti
Marco
anche costruendo mille centrali nucleari, non basterebbero a soddisfare le ” necesità ”delle fameliche persone. sarebbe perciò limitare le ambizioni esagerate e limitare gli sprechi ,altrimenti isieme all’insicurezza derivnte da detti impianti, si assisterebbe ad una corsa ad ostacoli, che sarebbe meglio sostituire con regole comuni come quelle che regolano la novigazione aerea e marittima a livello internazionale. Quanto sopra scritto non sarebbe possibile raggiungibile con le regole del Capitalismo.
@carlo grezio
…when the facts changes,I change my mind..
Ben detto! Ma chi è al Governo Italiano ha letto Keynes? Un referendum, espresse che la volontà popolare aveva sancito la chiusura delle centrali nucleari. Ora, un referendum che dicesse: “Il progresso tecnologico ha fatto progressi negli ultimi decenni, ed ora le Centrali Nucleari sono più sicure…” Ma non c’è stato simile referendum, quindi l’attuale governo se ne è infischiato (eufemismo) di quanto espresse il Popolo Sovrano e prosegu^ come se nulla fosse accaduto. la stessa Prestigiacomo disse, in piena crisi giapponese, che il Governo Italiano sarebbe andato avanti con la sua linea… Dopo qualche giorno, a Roma, decretarono l’alt.
Mi sa che saranno cavoli amari per qualcuno a Roma! D’altronde a Roma non vogliono prendere sul serio fonti di energia alternative: geotermico, fotovoltaico, solare termico, eolico etc.
Numeri inutili e di difficile dimostrabilità come il costo effettivo del kw nucleare. Tra 2 giorni un antinuclearista produrrà cifre opposte. La domanda da porsi è solo questa: il sistema è reversibile? Se brucia una raffineria quando ho spento l’incendio la vita può riprendere forma? Quando avranno riempito di cemento fuck shima cosa ci fanno i jap per i prossimi 50 anni?
Con tutto il rispetto ed anche la simpatia per il sig. Giannino, ritengo che le sue posizioni (ed in generale quelle espresse in questo blog) sottovalutino enormemente nella contabilità della convenienza o meno del nucleare la stima delle cosiddette “esternalità ambientali”.
Infatti, nelle valutazioni non vengono mai contabilizzate tutte quei beni “intangibili” o non disponibili (come potrebbero essere quelli espressi da un territorio, o legati al degrado di una risorsa ambientale come ad esempio l’acqua, l’aria, ecc…) che verrebbero a perdere di valore o a richiedere interventi di bonifica a seguito della costruzione di nuove centrali termo-nucleari. In pratica, si fanno i conti senza l’oste, perchè tutti questi costi ricadrebbero sulla collettività e non sul soggetto che realizza la centrale. E’ come ipotecare, non solo la casa, ma una vasta area non di proprietà di chi realizza la centrale, ma di tantissimi altri proprietari, anzi dei nipoti e pronipoti di questi!
Ad esempio: si è molto parlato di un sito idoneo per una centrale nei pressi di Chioggia. Ora, nella sia pur bassissima probabilità che ciò venga effettivamente realizzato e nell’ancor meno probabile caso che in questo sito vi possa poi essere un incidente con rilascio di radiazioni sul territorio, cosa dovremmo fare? Evacuare Venezia? (Distanza circa 20-25 km). Realmente si ritiene che in Italia si possa rischiare un patrimonio (non solo ambientale) simile? (Ovviamente è un esempio a caso, ma immagino che altri lettori abbiano in mente altri numerosi siti simili).
Io votai no all’abolizione del nucleare in Italia. Purtroppo, la quasi totalità del parlamento italiano (socialisti in testa, liberali e repubblicani in coida) si schierò codardamente contro. Il risultato è che noi abbiamo perso un treno (e non è il solo che abbiamo perso), il treno è passato e non passerà più. Il risultato è che non c’è in Italia nessun know-how sul nucleare, che renda possibile la costruzione e la gestione di una centrale nucleare, nè tantomeno la gestione e lo smaltimento delle scorie. Negli anni 70, anche grazie all’ENEA, eravamo all’avanguardia nel mondo, ora non siamo più nulla. Dovremmo dipendere interamente da società e know-how stranieri, direttori e tecnici di centrale stranieri, progettisti stranieri. Insomma è come se ci mettessimo in testa di andare sulla luna. Non siamo capaci. Naturalmente, tutto questo discorso è inutile, perchè in ogni caso, trattasi di bufala del tipo ponte di Messina, essendo chiaro anche all’ultimo degli sprovveduti che, in un paese nel quale la realizzazione di un linea ad alta velocità incontra le opposizioni della popolazione, sindaci con tanto di fascia in testa, la costruzione di una centrale nucleare non è nemmeno seriamente proponibile. Risparmiamo quindi tempo, soldi e discussioni inutili sin da subito (chiamiamoli pure ripensamenti, facciamo pure questo teatrino), e cerchiamo di batterci per il possibile, cominciando da Porto Tolle a carbone, che almeno è una roba realistica.
Anch’io sono un libertario rothbardiano, ma non concordo su tutti i punti:
1) Uno studio statistico è un procedimento empirico, quindi deve essere interpretato. Il problema che si incontra in questo tipo di studi (e se hai letto Rothbard già sai di che sto parlando) è che bisogna individuare una correlazione tra due variabili pur sapendo, ahimè, che le altre non manterranno un valore costante. Di conseguenza non credo sia possibile effettuare valutazioni “al millimetro” in fenomeni complessi; tuttavia è ragionevole stimare che il confronto tra i risultati ottenuti da uno studio di questo tipo sia valido purché le differenze tra questi risultati siano notevoli in termini di ordine di grandezza. E’ ovvio che l’ultima parola spetta al “filtro” del ragionamento logico: nel caso dei suicidi, pour parler, potremmo sospettare una correlazione traffico—>stress—>suicidi, il che verrebbe confermato, nel caso ipotetico, parzialmente dai dati sperimentali.
2) A livello numerico il ragionamento è corretto, perché bisognerebbe anche vedere che percentuale dell’umanità scomparirebbe producendo la stessa quantità di energia con un’altra fonte. E’ ovvio tuttavia che produrre un’infinita quantità di energia e poi provocare la distruzione quasi completa della civiltà umana sarebbe un controsenso, in quanto in valore assoluto i benefici devono sempre superare i costi perché una scelta economica sia valida. Il non-sense sta quindi nella produzione di energia infinita, non nel confronto tra le fonti.
3) Il problema del nucleare oggi infatti non è nella “scelta di Stato”, quanto nel decidere se nel parco energetico italiano debbano essere possibili le relalizzazioni di centrali nucleari, QUALORA qualche privato sia disposto a costruirle.
Con tutto il rispetto ed anche la simpatia per il Oscar Giannino, vedo che i suoi interventi continuano a sottovaluare il testo della legge 133 del 2008, della legge 99 del 2009 , del decreto legislativo 31 del 2010 e del decreto correttivo che oggi il Senato esamina. Non sono cose secondarie : sono le leggi che regolano la materia nucleare in Italia. Come la regolano ? Soprattutto la lettura degli ultimi due testi citati, uno vigente e l’altro di imminente adozione, offre, a mio modesto parere, la misura della caoticità con cui il Governo procede nella valutazione della fattibilità, convenienza o meno del nucleare nonchè in materia di sicurezza degli impianti e localizzazione dei siti. E’ evidente che finchè non ci si rende conto della illogicità del modo di procedere concreto del Governo, indipendentemente da come la si pensi in liena generale sulla fonte energetica nucleare, sarà difficile capire il senso della moratoria che oggi è stata annunciata dal Ministro Romani.
@Elena
Un referendum popolare sancì la fine del Nucleare in Italia. Solo un referendum che dicesse “Il progresso tecnologico, negli ultiimi decenni, ha fatto passi in avanti, rendendo più sicure le centrali, Volete voi…” Più o meno queste sono le parole. Mi sembra che anziché essere un “Popolo sovrano” siamo considerati un “popolo bue” buono soltanto per assegnare poltrone politiche (non per merito) nelle cabine elettorali. Per questo motivo, non si vuole incentivare le fonti alternative: geotermico, fotovoltaico, solare termico, eolico etc.
vediamo se il liberal lo pubblica:
NUCLEARE SICURO E’ LA PROVA DEL NOVE il Messaggero 12/3/2011
qualcuno deve RICORDARGLIELO A VITA,
ma quanto è stato superficiale !
Giannino scrive
quando ancora eravamo alle prime notizie del tremendo sisma che si è abbattuto sulla costa nordorientale del Giappone, ecco che i siti e le agenzie italiane hanno iniziato a diffondere notizie sull`allarme nucleare. Orbene, se allo stato degli atti una prima cosa si può dire, è che proprio la terribile intensità del fenomeno abbattutosi sul Giappone ci consegna una nuova conferma del fatto che in materia di sicurezza di impianti nucleari, i passi in avanti compiuti negli ultimi decenni sono stati notevolissimi, tali da reggere nella realtà dei fatti senza creare pericoli per ambiente e popolazione proprio l`impatto di eventi terribilmente fuori scala, quale quello veni catosi e come prescrivono appunto le norme nel cui rispetto si costruiscono oggi centrali atomiche
Aggiungendo poi, nella conclusione:
Possiamo trarre tre prime conclusioni. Una delle ragioni percui le centrali elettronucleari costano tanto, è proprio la sicurezza: ma come si vede sono soldi ben spesi. Secondo: le norme di sicurezza vigenti in Europa sono altrettanto ferree di quelle giapponesi. Terzo, l`Italia ha vaste zone sismiche ma i fenomeni non sono della magnitudo di quelli giapponesi. Assistere, ieri, su molti siti italiani antinuclearisti, a come si sovrapponevano sulla cartina dell`Italia le aree a rischio sismico e quelle addirittura a rischio incendi per tentare di dimostrare che il nucleare non possiamo permettercelo, è solo una dimostrazionedi crassa ignoranza tecnologica
Dottor Giannino,
mi dispiace scriverlo, ma la ritenevo più coraggioso.
Il suo SILENZIO (cioè nessuna risposta alle tante domande od osservazioni) fa diminuire la stima che avevo di lei.
Pazienza!
Ma quanto costa il NUCLEARE ? E’ possibile saperlo. In tre anni da quanto il GOVERNO si e’ lanciato nella nuova avventura, speriamo fallimentare, non ho ancora visto un numero. E’ possibile proseguire con tale insipienza ?
Gentile Giannino devo farle i complimenti per la sua coerenza anche se non mi trovo daccordo con la sua “verità” sul nucleare. Sull’opportunità di costruire centrali sul nostro territorio vorrei solo dire che (e sono convinto che lei sarà daccordo con me): prima di decidere con cosa produrre energia si deve scrivere un Piano Energetico Nazionale. Anche perché il governo, pardon la politica perché le voglie nucleari sono biìpartisan, non si capisce perché spendere miliardi su miliardi per costruire due gasdotti come il SOUTHSTREM ed il NABUCCO se tra 10-12 anni, quando cioé saranno attive le centrali, e i gasdotti, si dovrà ridurre del 25% la loro “portata”. Lo stesso dicasi per i RIGASSIFICATORIE in attività e quelli che si vuole costruire. E’ pensabile costruire costosi impianti (gasdotti, centrali nucleari, rigassificatori) e poi dover usare alcuni d iquesti meno? Questo livello di investimenti richiede periodi lunghi per essere recuperati e per produrre guadagno. Se li castriamo appena iniziano a lavorare che senso ha?Eppure da nessun parte, e nemmeno la lei, ho sentito riflessioni su questo punto.
Per quanto rigurda il terribile incidente giapponese vorrei solo evidenziare alcune situazioni delle quali nessuno ha parlato: si tratta di 6 reattori incidentati (un evento mai accaduto); ci sono state esplosioni che hanno distrutto il contenimento di cemento e danneggiato il vassel (mai accaduto anche questo); i reattori sono stati per almeno 1 ora senza essere raffreddati (a TMI tutto fu riattivato dopo decine di minuti e il nocciolo ebbe delle cricche). Nesuno sa veramente in che stato siano le barre di zirconio dei reattori; un reattore va a MOX (ne CH ne TMI avevano questo combustibile); é saltato l’edificio di una piscina di raffreddamento degli elementi di combustibile irraggiato da poco tempo li messo – ed alcune sono MX (mai sucesso).
Insomma: siamo di fronte ad un evento incredibile e catastrofico del quale nessuno sa come ndrà a finire.
Infine alcune riflessioni molto semplici: ci dicono che stanno buttando acqua nella piscina di raffreddamento. Quando la piscina sarà COLMA e servirà buttarci ancora acqua perché quella gettata sino ad allora non basa, che faranno? Lo stesso per i reattori. Ci dicono che hanno riattivato l’elettricità. Funzionerà il sistema di raffreddamento dopo che è stata gettata dentro il reattore acqua salata e boro? Si parla di valvole meccaniche. E’ bene sapere che l’acqua che viene usata per raffreddare e creare vapore nel reattore è priva di minerali per far si che la resina a scambio ionico funzioni a dovere. In un circuito dov è pssata acqua di mare e boro cosa succederà?
Perché è chiaro: posso buttare tutta l’acqu che voglio ma se non la faccio uscire da qualche parte ad un certo punto devo smettere.
Ho letto su un blog quanto segue:
“….il dibattito deve svilupparsi su basi razionali” ha aggiunto la cancelliera
“Senza spiriti da crociata, ma tenendo a mente che prima dell’economia viene la sicurezza.”
Che ne pensate di queste parole, dott. Giannino ed esperti filonucleare?
Per chiarezza aggiungo allo scritto di prima che la cancelliera è la Merkel.
Tutto il mondo è Paese, e da noi qualcosa di del tutto simile accadde per la diga del Vajont. Il primo ad avere dei dubbi fu il grande Giorgio Dal Piaz, geologo di ancor oggi meritata fama che all’inizio approvò il progetto iniziale della diga, poi si oppose quando la S.A.D.E. (nomen omen?) decise di elevarla di più triplicando il volume d’acqua nel bacino; ebbe la grazia di morire il 20/4/1962, prima della tragedia che causò circa 2000 vittime.
Nel 1959, sempre perché si era “esagerato”, era crollata in Francia la diga del Frejus. Anche per questo il geotecnico austriaco Leopold Muller, peraltro chiamato dall’azienda, si oppose all’ampliamento, evidenziò un “forte pericolo di frana” sulla sponda
sinistra del bacino, esattamente localizzata sul monte Toc, antico ammasso residualedi vecchie frane epocali. Ma tutti erano d’accordo, sarebbe stata una Grande Opera (dove ho sentito queste roboanti parole di recente?), la diga col bacino idroelettrico più grande del mondo, ed i politici fra assai probabili laute mazzette ed odore di foto al taglio del nastro tricolore non vollero sentir ragioni.
Ma gli interessi economici furono tali, che nonostante nel febbraio del 1961, il geologo Muller, in una relazione rimasta segreta, invitasse la S.A.D.E. ad abbandonare il progetto (aveva individuato una grande massa di frana, da lui stimata in 200 milioni di metri cubi. Questa frana non sarebbe stata soggetta a possibile controllo se non con opere di sicurezza che comportavano tecniche improponibili o spese eccessivamente onerose).
Nonostante questo ulteriore drammatico avvertimento, il progetto proseguì senza interruzione alcuna.
Il risultato si è visto. Cari signori, quando valutate la sicurezza di qualcosa solo sulla base del fatto che una valvola di sicurezza può sempre essere rimpiazzata con un altra valvola più efficiente e raffinata, ed in sé sicura (non è il lavoro degli ingegneri, di norma nel mondo, il problema) pensate un poco che i megaimpianti, di qualunque genere, poiché sono eccezionalmente complessi e costosi, tendono ad innescare un “meccanismo di ineluttabilità” che per ragioni economiche spinge al loro completamento anche se in corso d’opera si evidenziano rischi all’inizio non paventati.
La tragedia del Vajont è stato un esempio non solo italiano di presunzione tecno-economica che ha prevalso sul buon senso. Fosse stato un impiantino, a un certo punto con più facilità le popolazioni locali, ed il politico eventuale che doveva metterci la faccia, avrebbero potuto stoppare tutto.
E invece son morte circa 2000 persone. Poi? Poi chi muore giace, e chi resta si dà pace. Comunità distrutte, vite di sopravvissuti segnate per la vita dalla lacerante separazioni dagli affetti stroncati in tre minuti, ma finisce lì. Non nascono vitelli con due teste, non si diffondono ipotiroidismi o neoplasie tiroidee a macchia d’olio (nessuno di voi, fisici o ingegneri, ha un amico uno che faccia l’endocrinologo? Perché non provate a chiedergli cosa pensa degli effetti in Europa e sulla popolazione italiana – solo sfiorata dalla nube – dopo Chernobyl?), non ci sono effetti teratogenici.
Perché io sono il primo a ritenere molto più improbabile un incidente come quello successo lì, o come quello che sta succedendo a Fukujima, di un incidente che coinvolga, per dire, qualsiasi grande miniera di carbone cinese (è o non è legata alla filiera energetica anche quella?) dove che basta intercettino una falda o una sacca di grisou e muoiono come mosche senza che la cosa ci turbi i sonni.
Ma è la natura di lungo periodo di ciò che accade dopo un grave incidente, che non è quantificabile in modo accettabile in un serio e pacato discorso di rischi-benefici.
Io so perfettamente che se vado a Fiumicino a prendere l’aereo, il 99% del rischio lo corro in autostrada, e solo l’1% residuo è legato al volo (inclusi eventi non legati al volo in sé, come attentati o altro).
Ma se vado a sbattere con la macchina, ciò non aumenta il rischio di tumore per la ipotetica bambina che forse un giorno avrà mio figlio, che adesso non ha ancora quattro anni e mezzo.
Adesso, dopo aver parlato del Vajont, leggete qui e ditemi se non ci sono analogie. Sapete che se gli impianti a Fukujima avessero avuto attorno megabarriere adeguate a quello tsunami, i reattori sarebbero andati in blocco ma probabilmente non si sarebbe arrivati a tanto? E allora perché non li hanno fatti? Perché costavano troppo, e quando si realizzano impianti connessi alla sicurezza non si può inseguire la coda della gaussiana all’infinito, se no nulla è fattibile.
Perciò tutti dobbiamo rassegnarci all’idea che la sicurezza assoluta non esiste; e a quel punto diventa razionale, di buon senso, valutare non la possibilità di impedire al “destino” al 100% di fare il suo corso (cosa puerile), ma valutare le conseguenze massime reali di un momento di particolare triangolazione cosmica di sfiga. E poi, regolarsi e decidere di conseguenza se ne val la pena.
Leggete qui: (PS a voi il nome di quel nipponico dirà comprensibilmente poco, ma io l’ho sentito parlare in tre Congressi Mondiali di Geologia e vari convegni internazionali, e vi posso assicurare che è del genere Rubbia, non del genere Zichichi né tampoco “attivista dei verdi isterici”).
« Esperto avvertì del pericolo tsunami.
Mentre continuano gli sforzi per mettere in sicurezza l’impianto, il Washington Post rivela che sulla capacità della centrale di reggere ad un evento naturale di gravi proporzioni erano già stati sollevati dei dubbi. Uno studioso giapponese, invitato a far parte di una commissione sulla sicurezza delle centrali nucleari, aveva avvertito che Fukushima-1 avrebbe potuto non resistere a un forte maremoto, come è effettivamente accaduto. Yukinobu Okamura, eminente sismologo nipponico, nel giugno 2009 fu invitato a prendere parte a una serie di riunioni organizzate dall’Agenzia per la sicurezza nucleare e industriale per valutare la capacità di Fukushima-1 di reggere a un disastro naturale. Okamura spiegò che il pericolo maggiore, secondo lui, poteva venire proprio da un grave tsunami, ma al suo parere non venne dato seguito. »
Dati Eurostat 2007, l’ intensità energetica elettrica italiana è stata di 0,265 Kwh/Euro di PIL, l’ industria italiana paga l’ en. el. 0,103 Euro a Kwh, ergo 0,265×0,103=0,0275 Euro/Euro di PIL che moltiplicato per 1.535 MLD( nel 2007 )di euro fanno 42,21 MLD di euro. Si consideri che nel 2007 il valore aggiunto di tutta l’ industria manifatturiera è stato di 350 MLD, questo costo incide per il 12,06 %, vi sembra poco? Nel 2007, l’ intensità energetica elettrica in Francia è stata di 0,34 Kwh/euro di PIL, ma dato che il costo del Kwh è più basso della metà, loro possono permettersi l’ industria energivora a 0,34×0,055=0,0187 Euro/Euro di PIL, cioè in totale 33,66 MLD di euro pesando solo per l’ 8% sempre sul valore aggiunto dell’ industria manifatturiera, cioè il 4,06% in meno di noi e possono mantenere la grande industria che da noi è sparita anche per questo motivo.
Dopodichè, dato che l’ energia elettrica pesa anche di più sulle famiglie, incide sui consumi e quindi sul sistema delle imprese. Sarebbe difficile spingere oltre l’ analisi sui costi totali dell’ energia più cara d’ europa sul sistema Italia, ma credo che abbassare il costo di questo paramentro, con la fame di soldi che abbiamo, non sarebbe assolutamente secondario e poi quanto abbiamo dovuto spendere in più in questi 30 anni di mancato nucleare? Presto detto, tra famiglie ed imprese, abbiamo speso almeno 15 MLD in più l’ anno rispetto alla Francia, l’ anno a valori 2007 e quindi tenendo conto dei consumi crescenti, credo che non siamo distanti dai 200 MLD in assoluto, come stima e non credo che possiamo permettercelo più.
Qualcuno ha sentito oggi che vento tira a ponente?
Concludo dicendo che dobbiamo evitare di bruciare qualsiasi possibilità di tecnologia di produzione di en, el. da fissione, come accadde quando abortimmo il progetto Cirene,e per questo dobbiamo non votare al referendum.
Quanto costa il piano nucleare? che tecnologia verrà importata? cosa comporta la dipendenza tecnologica dall’estero? il governo sta ancora finanziando il progetto di ricerca internazionale sul nucleare di quarta generazione in cui eravamo entrati con bersani ministro? siamo sicuri che le potenzialità di crescita delle rinnovabili (in particolare il termodinamico che consente la “conservazione” dell’energia prodotta) non sia elevata, purchè finanziata? date un’occhiata qui: http://www.vanninochiti.com/?p=10789
Un tristissimo aggiornamento che non avrei mai voluto dover riportare. Povera gente. Che disastro. Che disastro.
Fukushima:iodio e cesio quasi come a Chernobyl
di Ansa
(ANSA) – ROMA, 25 MAR – I livelli di iodio e cesio radioattivo emessi da Fukushima sono sempre piu’ simili a quelli dell’incidente di Chernobyl. Lo iodio-131 rilasciato giornalmente e’ pari al 73% di quello visto a Chernobyl, e il cesio-137 al 60%. A spiegarlo e’ il ‘New Scientist’. Mentre a Chernobyl l’incendio rilascio’ molto materiale radioattivo sotto forma di fumo, a Fukushima invece solo gli elementi volatili, come iodio e cesio, stanno traboccando fuori. Ma queste sostanze sono comunque pericolose.
25 marzo 2011
con tutto il rispetto ma Giannino dov’è finito ?
perchè non replica più ?
troppo facile sparare cazzate a raffica sul nucleare e poi scrivere solo di altro…non ha rispetto per i lettori come per i suoi ascoltatori
e neanche per se stesso.
Giannino, voglio sentirle dire ancora che le centrali nucleari sono sicure ! con quel suo tono saccente da professore e tutti i suoi dati e le sue fonti esclusive.
ma mi faccia il piacere !
Ben vengano, ovviamente la diminuzione dei costi del KWh da fonte solare, ma se si pensai che una centrale nucleare ha una vita di circa 50 anni ed un impianto solare fotovoltaico o a concentrazione di soli 20 anni, il rapporto è già in partenza sfavorevole, perchè in entrambi quello che pesa è il costo d’ impianto oltre che la efficienza energetica. E poi non dimentichiamoci l’ inverter che ha una durata inferiore e le batterie tampone che durano un quarto della vita dell’ impianto e se le scorie nucleari sono un problema, anche le scorie delle batterie lo sono, o sbaglio?
Mi risulta che a fronte di un costo di 0,11 Euro a Kwh, che oggi sostengono le imprese, gli incentivi al solare ammontano a 0,3-0,4 Euro a Kwh, cioè per finanziare questi impianti lo stato spende 8 volte il costo dell’ energia pagato in Francia che è di 0,055 Euro a Kwh.
Leggo poi su questo blog interventi di qualcuno che afferma cose pazzesche e false ma la realtà è che:
se abbiamo ancora una fonte energetica da porre per coprire la base del diagramma, di produzione elettrica, questa è l’ idroelettrica, l’ altra era il nucleare prima che fosse eliminato e la utilizziamo tutta, più o meno a seconda delle precipitazioni; dico solo alcune cose che sono inconfutabili:
– dal 1963 al 2007 il PIL italiano è aumentato del 330%;
– nello stesso periodo il consumo di energia italiano è aumentato del 280%;
– nello stesso periodo il consumo di energia elettrica è aumentato del 500% e dal 2001 al 2007 l’ aumento è stato del 50%;
Fonte TERNA 2008.
Riporto poi da Maurizio Cumo alcune considerazioni che vanno tenute ben presenti:
Riporto a titolo di ulteriore riflessione queste considerazioni dell’ ing. MAURIZIO CUMO:
Il confronto fra i quantitativi di combustibile necessari ad alimentare per un anno delle
centrali elettriche da 1000 MWe. Per una centrale a carbone occorrono 2 milioni di
tonnellate e 57000 carri ferroviari, per una centrale a olio combustibile occorrono un
milione e mezzo di tonnellate e 48000 carri, per una centrale nucleare 30 tonnellate
e un carro. 57000 carri significa mille convogli di 57 carri e, ammesso treni di tale
lunghezza, significa tre treni al giorno, festivit`a comprese. A parit`a di energia prodotta
il gas naturale emette meno CO2 del carbone e dell’olio combustibile, ma le inevitabili
perdite di gas nel suo trasporto, in alcune aree fino al 5%, tenuto conto del maggior
potere schermante delle molecole di metano rispetto al CO2 , riducono di molto il minor
contributo all’effetto serra, per cui a parit`a di chilowattora prodotti il danno provocato
fra il ciclo del gas e quello del carbone `e sostanzialmente lo stesso. A livello mondiale le
emissioni “energetiche” di CO2 sono salite dai 5 miliardi di tonnellate (Gt) all’anno nel
1950 a 20 Gt/a nel 1990 fino alle 24 Gt/a di oggi. Senza il contributo dell’energia nucleare
tale valore crescerebbe del 9%; l’andamento spontaneo di crescita, senza energiche misure
preventive, ci porterebbe a 28/30 Gt/a nel 2010. Anche per quanto riguarda i rifiuti
prodotti, i grandi quantitativi delle centrali fossili devono essere smaltiti con una strategia
del tipo d-d (diluisci e disperdi) al posto della strategia c-c (concentra e confina) impiegata
per i piccolissimi volumi dei rifiuti nucleari.
Chiedo poi ai tecnici di questo blog, visto che la fonte petrolio, che oggi copre il 38% di tutte le fonti, per utilizzi elettrici e non, è destinata a sparire nei prossimi anni, diciamo 20, come riconosciuto anche da AIEA Pentagono, sulla base della curva di Hubbert, proposta da Colin Campbell, come si pensa di sopperire alle future richieste di energia interna e Mondiale?
Ed ancora come si pensa di coprire il mix di fonti per i prossimi anni, nella piramide relativa al nostro sistema di produzione di energia elettrica? Con eolico e solare la cui efficienza Pot. efficiente/Potenza installata è pari a valori di 1/6 per eolico e 1/10 per il solare, cioè per dare la stessa quantità di energia di un impianto nucleare che lavora 24 ore al giorno per 365 giorni anno, abbiamo necessità di potenze installallate di 6 e 10 volte per eolico e solare.
Anzitutto mi complimento con Alberto per la qualità delle sue argomentazioni: Lei usa ragionamenti e dati complessi, non bassa propaganda da bar come ho visto fare da altri.
Provo a lanciarLe due ballon d’essai che son certo La stimoleranno, e La indurranno a portare avanti la sua razionale analisi:
1) a me pare che più che “finire”, aumenteranno progressivamente i costi di estrazione del petrolio, a livelli tali che in qualche decennio avrà un senso utilizzare quel che resta per applicazioni (a livello di industria chimica) in cui è più utile e più difficile da sostituire piuttosto che non per convertire la sua energia chimica in energia termica, cosa che concettualmente è un grande spreco
2) si contiuna a parlare di una tecnologia ancora abbastanza immatura, il solare fotovoltaico, senza considerare come si possano ottenere immani risparmi sottraendo al ciclo produzione/consumo di energia elettrica una miriade di applicazioni a bassa entalpia.
Utilizzare corrente elettrica per riscaldare attraverso dispositivi resistivi acqua a 35° C (per lavarsi in condizioni confortevoli) o a 50-55°C (per scaldare l’interno di luoghi in cui viviamo, facendola circolare in radiatori) è a mio sommesso avviso termodinamicamente una immane follia. E’ il solare termico per quelle applicazioni la risposta, non quello fotovoltaico. Senza batterie tampone, inverter od altro. Al massimo qualche termostato o economicissima pompa di circolazione – magari, quella si, alimentata da un pannellino fotovoltaico nemmeno grande.
3) l’Energia elettrica immessa in rete è invece insostituibile in applicazioni di tipo induttivo-resistivo, come i motori delle motrici dei treni.
4) Le possibilità, ed i margini di risparmio energetico, son tali da posporre potenzialmente di molto , veramente molto la “data limite” oltre la quale, ribadisco, più che finito in senso letterale sarà finito il petrolio relativamente a buon prezzo.
Oggi, a Bolzano, il costo di riscaldamento di un appartamento tipo è circa LA META’ di uno analogo a Napoli – che gode di ben altra mitezza di clima invernale – solo per via della ben radicata mentalità, prima che tecnologia, di isolamento degli edifici contro le dispersioni di calore.
Che ne pensa? Conto su una risposta al Suo livello.
PS/ Una sola critica: le argomentazioni che leggo nel suo post deragliano un po’ solo quando leggo del problema delle scorie derivanti dallo smaltimento delle batterie tampone. CERTO che il problema esiste, ma davvero non si può paragonare nemmeno per battuta a quello connesso alla gestione dei residui da impianti di potenza a fissione.
Caro Valerio, io non sono un pazzo scatenato nuclearista, ma sono seriamente preoccupato del nostro futuro, in base appunto all’ analisi della situazione mondiale delle risorse energetiche, basti pensare che l’ attuale mix di tali risorse, utilizzate per ogni prelievo è pari a 38,1% da petrolio, 25,3% da carbone, 23,2 da Gas naturale, 6,3 idroelettrico, 6,2 nucleare, altro 1%, su un totale assoluto di 471 Exajoule e più o meno le stesse percentuali come potenza, pari a 15 Tw.
Ora lei deve pensare che io ho un’ età abbastanza avanzata ed i discorsi che faccio non soltanto qui, sono legati soltanto alla mia sete di vedere questo paese migliore, perchè in realtà nucleare o non, la cosa non mi cambierà la vita.
Tornando alle giuste osservazioni su petrolio e piombo che lei espone, le rammento soltanto che le estrazioni offshore, sono diventate molto indigeste negli ultimi tempi e comunque, la rarefazione delle nuove prospezioni, accertata e la difficoltà di estrarre da giacimenti che via via si esauriranno, lo renderanno sempre più costoso, come fonte oltre che rendere più costose le altre fonti fissili.
E’ vero che le batterie sono meno pericolose delle scorie nucleari, ma sono sicuramente di quantità notevolmente superiore oggi in peso e domani, lo saranno ancor di più perchè sicuramente la fonte solare avrà spero una crescita di almeno 10 -15 volte l’ attuale che è come visto, enormemente bassa.
Noi dovremo trovare un nucleare più sicuro e più soft a livello di impatto a lungo termine, perchè questa fonte ha un contenuto energetico troppo più concentrato di ogni altra fonte oggi utilizzabile a livello industriale, e prima che si arrivi alla tanto agognata fissione, che secondo me andrebbe perseguita con un progetto, mondiale i quello che portò alla bomba atomica e su questo dovrebbero battersi tutti i governi rinunciando ai particolarismi nazionali, ecco perchè secondo me sarebbe opportuno che il referendumnon passasse.
Le riporto questo articolo su un’ idea interessante di M.Cumo.
@Valerio Ricciardi
Condivido il suo approccio pragmatico e serio al problema energetico.
Ogni fonte di energia è utilie, perseguibile e sfruttabile, nei margini della sua economicità e della applicabilità tecnica.
Dal solare termico alle biomasse, dall’idroelettrico (benedetto) al fotovoltaico, mareale, bioalghe, geotermico, ecc…, compreso l’uso delle pompe di calore la cui efficienza dovrebbe consigliare usi più massicci.
Il problema però non si sposta di un centimetro.
In Italia servono circa 55-60 GW di potenza erogata durante il giorno e 30GW durante la notte.
Come li produciamo?
Ovviamente con un mix di energie, tenendo conto che alcune fonti si prestano poco o nulla alla produzione notturna, nonostante l’uso di reti intelligenti per l’immagazzinamento di energia (che più che altro consistono nel ripompare in alto l’acqua nelle dighe idroelettriche), considerando altresì che il quasi totale ricorso alle fonti fossili implica una qualità di vita da inquinamento in drammatica discesa e un grave problema di emissioni in atmosfera.
Non si scappa. O bruciamo petrolio carbone e gas o ci affidiamo al nucleare oggi possibile, ovvero la fissione di terza generazione, oggi in costruzione.
Senza dimenticare di investire in ricerca in ogni direzione ma tenendo ben presente
che tutte le rinnovabili insieme non possono, in alcun modo sostituire la potenza e la quantità di generazione delle centrali tradizionali.
Se siamo bravi possono ridurne l’incidenza; infatti quando soffia il vento o brilla forte il sole, potremo interrompere temporaneamente la combustione in centrali a turbogas, chiudere i rubinetti della diga e risparmiare energia potenziale di acqua nei bacini e metano nei rigassificatori.
Ma tutte le condivisibili paure che il nucleare genera, si scontrano con la realtà. O accettiamo il rischio che il nucleare comporta o continuiamo a bruciare carbone e petrolio.
Questo non esclude l’apporto di nessuna fonte ma la relega ad un ruolo di complemento, piaccia o no.
L’unica alternativa non ipocrita è l’abbassamento drastico e doloroso dei nostri consumi di energia elettrica e fossile.
E qui sta alla nostra franchezza di esseri umani di non nasconderci dietro a scuse ideologiche o tecnologiche, riconoscendo le conseguenze di una simile scelta.
Debbo tornare sugli argomenti proposti da Valerio che avevo trascurato per la fretta di stamattina; le mogli sono più pericolose di quanto si pensi.
Sono convinto anch’ io che i risparmi di energia elettrica ottenibili, soprattutto nelle abitazioni e nei settori realtivi ai servizi, nelle aziende, possano dare un contributo importante anche a basso costo di investimento.
– sostituzione lampade a led di tutte le lampade. i led presentano grandi vantaggi;
– gestione centralizzata e computerizzata in uffici ed aziende delle accensioni e spegnimenti illuminazione in base alle presenze;
– gestione accensione e spegnimento centralizzata e computerizzata degli impianti di condizionamento sempre in base alle presenze;
– sostituzione elettrodomestici obsoleti con altri più efficienti (risparmio anche del 40% a ciclo ); riporto uno studio del comune di Pesaro relativo a proposte di risparmi nel territorio del comune;
– accensione temporizzata notturna degli elettrodomestici ove sia possibile, e farli lavorare a pieno carico, per migliorare ed abbassare la punta dei prelievi diurna;
– utilizzo di forni a microonde o a Gas anzichè a resistenza elettrica;
– limitare al minimo l’ uso contemporaneo di televisori e spegnerli se inattivi;
– installazione anche nelle abitazioni di impianti di rifasamento del cosfi, anche per azzerare i VAR che oggi si pagano con i contatori elettronici; come sappiamo anche la potenza reattiva grava sia sulla energia prodotta sia sulle perdite nei cavi;
Tutti questi interventi andrebbero fatti in breve tempo e determinerebbero già un buon livello di risparmio; a titolo di confronto si consideri la tabella a pag. 9 del documento ENEL.
Credo che potremmo abbassare i prelievi domestici, il 23% del totale del 20/30% e cioè sul totale del 5%; sugli uffici e stabilimenti, credo potremmo arrivare al 5% tenendo conto del miglioramento dei consumi per la migliore gestione delle motorizzazioni dei condizionamenti. Saremmo già ad un 10% possibile da subito.
Scusate ma la moglie reclama e quindi proseguirò appena possibile.
Mi pare importante continuare a tenere la testa nella sabbia come gli struzzi!!
C’è poco da commentare. L’analisi del dr. Oscar Stranamore Giannino mi appare sufficiente. http://www.youtube.com/watch?v=KTKQchPSMc0
@Alberto
@ Valerio Ricciardi e @ Alberto
Ho letto con attenzione i vostri commenti e vorrei aggiungere degli spunti/commenti:
– sulla durata del FV: 20 anni è la durata del periodo incentivato dal conto energia, da quello che ho capito io (purtroppo non ho dati da produrre) l’impianto FV dura più a lungo, anche se con una perdita significativa nel rendimento.
– sugli accumulatori di energia prodotta da FV o eolico: è secondo voi possibile gestire la sovraproduzione producendo idrogeno con impianti domestici (mi pare che in Danimarca vi siano esperienze di questo tipo), in modo da avere un vettore energetico privo di scorie?
– sul testo citato: sono d’accordo, a patto di sostituire ‘energia elettrica’ con ‘energia primaria’. Negli usi civili si possono ridurre i consumi energetici di un fattore 10 operando non su lampadine ed elettrodomestici ma sull’efficienza dell’involucro: isolando. Circa l’80% dell’energia usata nelle abitazioni serve a riscaldamento e raffrescamento, per cui agire sull’involucro edilizio significa tappare la falla più importante. La mia esperienza diretta è la costruzione di un edificio di 16 unità (quindi non una casetta) realizzato secondo lo standard Passivhaus: il carico termico è talmente basso che non è stato necessario dotare le unità di impianti di riscaldamento convenzionali. Attenzione: non bisogna sottovalutare l’efficienza energetica, ma anzi bisogna renderlo un tema prioritario perché – almeno in edilizia – permette effettivamente di realizzare edifici ad energia quasi zero.
– sull’inopportunità di usare FV per abitazioni, scegliendo il solare termico: il problema del solare termico è che se voglio che funzioni anche d’inverno, dovrò sovradimensionare l’impianto con conseguenti problemi di surriscaldamento estivo (mi pare che il solar cooling non sia tecnologia disponibile su piccola taglia). Il FV a mio avviso risponde meglio alle esigenze di un’abitazione in cui la produzione di calore sia con pompa di calore. Nel caso di edifici ad energia quasi zero (es. Passivhaus) l’impianto FV in copertura riesce a coprire tutti i fabbisogni di energia della pompa di calore, rendendo l’abitazione sostanzialmente autosufficiente.
http://www.psicologiasistemica.net/wp/2011/03/29/riflessioni-sul-nucleare/
Per dirla come Giuseppe Cruciani: Giannino number one! Evviva il politicamente scorretto.Bravo.
ma Giannino perchè non risponde più su questo tema ?
dove sono finiti i suoi numeri ?
Caro Marco, veramente preciso l’ intervento, debbo dire che comunque le due cose, elettrodomestici a basso consumo (questa è la maggiore opportunità di risparmi, tenendo conto delle tabelle Enel che ho postato) e l’ isolamento, ovviamente soprattutto sulle nuove unità abitative; sul vecchio credo sia possibile fare molto meno e soprattutto a costi molto rilevanti, mentre sulle nuove i costi sono marginali.
Per il fotovoltaico piano o il solare termodinamico, abbiamo il problema che le ore medie di funzionamento, sono pari a 1000, cioè 1000/365gg anno, sono circa 2,73 ore/gg, ovviamente non c’ è un problema di sovrapproduzione; questo non vuol dire che non si possa produrre idrogeno, ma io non ne vedo la convenienza, perchè l’ idrogeno è pericoloso come combustibile per i motori; vedo un suo utilizzo nelle celle a combustibile per produrre energia elettrica, ma mi sembra un pò prematuro come discorso.
Per il discorso generale delle energie rinnovabili e del solare sugli edifici, sia in copertura che sulle facciate, legga questa intervista ad Angelo Spena, dell’ Univ. di Torvergata, direttore del dipartimento di ingegneria ambientale e del territorio.
Anch’io leggo solo il sito dell’IAEA per seguire l’evolversi della situazione, molto grave, a Fukushima, trovo aberrante il modo con cui seguono la vicenda i giornali, ad esempio vedere che Repubblica, in ogni articolo dedicato alla centrale, aggiorna minuziosamente la conta delle vittime, decine di migliaia, senza nemmeno citare il terremoto, mi provoca disgusto. Facciamocene una ragione, in Italia non si farà mai una centrale nucleare, neppure di decima generazione, continueremo a pagare l’energia più degli altri Paesi, le nostre aziende continueranno a perdere competitività e resteremo schiavi energetici (e non solo ) dei paesi canaglia. Vorrà dire che quando vedremo migliaia di persone in piazza protestare perché le nostre aziende di manifattura spostano la produzione all’estero li manderemo tutti a soffiare sotto le pale eoliche.