Addio Giorgio Stracquadanio
Ieri sera è scomparso Giorgio Stracquadanio. E’ una grande perdita per tutti noi e, in qualche modo, l’omaggio che tanti gli hanno reso sui social network ne è testimonianza. Lo è anche nel carattere polarizzante dei ricordi. Giorgio non era uno che “lo odi o lo ami”: si divertiva a farsi detestare, ma chi lo conosceva non poteva non amarlo.
Molti ne ricordano le battute urticanti, le provocazioni le più impossibili. Per questo, anche in punto di morte, è riuscito a scucire espressioni d’odio da parte di tanti. Sono sicuro che, dove sta adesso, compulsa Twitter e si fa delle risate grasse. Eppure, Giorgio era molto di più delle sue battute. Era come una cipolla: lo strato più esterno era quello dell’istrione televisivo, ma sotto c’era un uomo acuto, intelligente e profondo.
Politicamente, nasce radicale ma diventa berlusconiano ed è nel solco del berlusconismo che compie la maggior parte della sua carriera. Non è berlusconiano per idolatria o per illusione, ma per entusiasmo: crede che B possa portare all’Italia quel vento di novità di cui c’è bisogno. Da liberale, crede nella divisione dei poteri e con la stessa intensità crede nel rispetto della privacy, come ricorda Alberto Mingardi. Non è cieco di fronte alle degenerazioni del berlusconismo e agli errori della politica economica di B. Di questo gli rendono atto amici e avversari: lo testimonia, qui, Gad Lerner.
Così, sceglie di recitare la parte del “pasdaran”, un po’ per divertimento, un po’ per convinzione, un po’ per provocazione. Parte che però gli va sempre più stretta. E qui sta un’altra sua caratteristica: sebbene in pubblico abbia giocato al berlusconiano inossidabile, in privato ha tentato in ogni modo di contrastare le degenerazioni peggiori. Un impegno venuto alla luce nei mesi difficili dell’estate 2011, quando – contro ogni apparenza – fu in realtà uno dei tessitori che cercarono di spingere B a dare attuazione alle indicazioni della Bce. Non riuscendoci, sostenne lealmente – e, anche qui, criticamente – il governo Monti. Ma si ritenne pienamente libero di esprimere tutte le sue perplessità verso il Cav. solo dopo aver dismesso la casacca parlamentare.
Giorgio aveva molti difetti, ma non gli mancavano né la correttezza, né il senso della complessità delle cose. Ultimamente stava lavorando a un nuovo progetto editoriale, con la speranza di aiutare e promuovere la nascita di un centrodestra rinnovato, post-berlusconiano e post-seconda repubblica e finalmente “reaganiano”. La malattia che se l’è portato via è arrivata improvvisamente, a ottobre, come un ladro nella notte. Ora che non c’è più vorrei poterlo chiamare, litigare di nuovo con lui, guardarlo in quegli occhi così vispi e profondi, incontrarlo ancora all’Istituto Bruno Leoni, di cui è stato amico e sostenitore e frequentatore abituale. Se n’è andato Giorgio, e mancherà alla politica italiana il suo gusto del paradosso e la sua voglia di provocare, ma anche la sua lucidità e concretezza. Nell’aria, di lui, resteranno il profumo di sigaro e la risata allegra.
Una gaffe ricordare per il profumo di sigaro uno morto per un timore ai polmoni.
Un deputato come Straquadanio non potrebbe mai sedere tra i banchi del partito conservatore inglese o tra i repubblicani americani. Un vero liberale non si sarebbe mai comportato come lui. Da un deputato liberale pretenderei uno standard molto più alto. Credo che la parola “onorevole” non gli competa.
perchè gaf ?, fuma e bevi, consuma la vita, saluti.