Adam Smith, un pensatore di destra o di sinistra?
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Federica Pontremoli
A trecento anni dalla nascita di Adam Smith, comunemente considerato ai nostri giorni uno dei padri fondatori dell’economia politica classica, numerosi sono i dibattiti sorti sul suo conto, sia su chi possa configurarsi come un suo degno erede contemporaneo, sia sull’orientamento politico delle sue idee. Su questi ed altri temi, legati alle teorie del filosofo morale scozzese, è intervenuto Daniel B. Klein, professore di economia presso la George Mason University e autore del libro Smithian Morals, alcuni giorni fa presso la sede milanese dell’Istituto.
Un certo egualitarismo, un certo scetticismo rispetto all’esistenza di diversità naturali, secondo molti mal si coniugherebbero con un pensatore riconosciuto come liberale e contiguo ad ambienti conservatori di destra. Con queste parole sono state esposte, in fase introduttiva, alcune delle possibili motivazioni, sulla base delle quali molti riterrebbero che Smith fosse più orientato verso idee politiche di sinistra di quanto si è soliti pensare nell’immaginario comune.
Daniel Klein, passando in rassegna le tesi di svariati critici ed autori, quali Fleischhacker, Rasmussen, McLean, Ginzberg, Rothschild, Sen e Martin, ha analizzato le principali componenti che accosterebbero Smith ad un pensiero riconducibile all’area progressista. La sua forte credenza nell’interventismo per modificare lo status quo, la redistribuzione, il welfare state come modello di Stato a sostegno dei cittadini, con tutta la sua tipologia di programmi governativi, interventi e incentivi proposti, questi sono gli aspetti messi in risalto per collocare Smith nel campo della sinistra. Uno dei principali problemi legati ai sostenitori dello Smith di sinistra, ha puntualizzato Klein, è che, talvolta, nell’esporre le loro tesi, finiscono per contraddirsi “con le loro stesse mani”, in quanto, nella maggior parte dei casi, tali tesi risultano prive di attinenza tra la realtà dei fatti e il pensiero dello stesso Smith.
Klein ha poi elencato alcune delle critiche che possono essere mosse alla “sinistra smithiana”. da questi autori emerge una visione in cui Smith è delineato come un fervente sostenitore dell’egualitarismo, in particolare seguendo i principi di uguaglianza da anteporre al lavoro svolto e di parità sostanziale di ogni individuo. Inoltre, gli studiosi della smithologia di sinistra sono soliti basarsi di frequente sui principali assunti economici professati dal filosofo scozzese, ovvero il legame dei mercati con presupposti di tipo morale, culturale ed istituzionale, il totale diniego dell’avidità e il suo essere completamente all’opposto di un laissez-faire dogmatico.
Il quesito ora rimane aperto e alla libera interpretazione di ciascuno. Smith deve restare nell’immaginario collettivo come un pensatore liberale classico di destra o le sue idee possono talvolta essere incasellate in una visione più orientata a sinistra? Forse la risposta sta in realtà nel fatto che, come ha argomentato Klein, è errato etichettare Smith come sostenitore delle idee di sinistra, senza che ciò implichi necessariamente un suo posizionamento a destra. Alla luce delle considerazioni fatte, la chiave di lettura più corretta è, probabilmente, quella che pone al centro le idee ed il pensiero critico di Adam Smith, come modalità di interpretazione dei fenomeni del panorama economico e sociale contemporaneo, indipendentemente dall’orientamento politico con il quale si è cercato e si cerca tuttora, invano, di etichettarlo.