Acqua. Ora si balla
Un gruppo di deputati del Terzo polo – Benedetto Della Vedova, Linda Lanzillotta e altri – ha fatto propria la proposta del Pd sull’acqua, presentandola come emendamento alla legge comunitaria. La logica è ineccepibile: visto che il referendum ha travolto la legge Ronchi-Fitto, che faceva parte della comunitaria scorsa per adeguare la gestione dei servizi idrici alla cornice europea, occorre dare adeguata copertura normativa al settore. Usare la proposta del Pd come alternativa al vuoto referendario è un’idea che, qui, abbiamo lanciato fin da subito. Ora ci divertiamo.
Cominciamo con tre domande (abbastanza retoriche, ma le facciamo lo stesso) nella speranza che qualcuno ci dia una risposta: cosa ne pensa il Pdl? Cosa ne pensa il Pd? Cosa ne pensa il movimento referendario? Confidiamo in una risposta.
domanda: xchè i partiti di tutto il mondo fan demagogia x consenso e x farsi la guerra ?
risposta: xchè la gente si muove con la pancia, Loro lo sanno e perseguono i Propri fini
risposta: xchè temono che la gente nn accetterebbe la verità.. nn produce consenso
Churchill : la democrazia è la peggior forma di governo, eccetto le altre forme già sperimentate in passato..
Caro Carlo,
capisco che il voto al referendum non ti vada giù e per questo cerchi di evidenziare contrattidizioni di questo o di quello. Ciò che importa è che cosa hanno pensato la maggioranza assoluta degli italiani, ma questo ti sei dimenticato di chiederlo …
Mr. Gnaws
Secondo me la risposta sarà un silenzio assoluto.
Caro Mr Gnaws, mi sembra ormai acclarato – per implicita ammissione di Nichi Vendola, tra gli altri – che gli italiani hanno votato sulla base di informazioni scorrette. Per esempio, gli è stato detto che il secondo quesito – relativo alla remunerazione del capitale investito al 7 per cento – serviva a cacciare i profitti dall’acqua, quando oggi viene riconosciuto dal presidente della Puglia che il suddetto 7 per cento non è profitto, ma costo. Oltre a questo, gli italiani possono pure decidere, col voto, che che il perimetro del rettangolo è dato dal prodotto della base per l’altezza, ma questo non significa che il perimetro non continui a essere la somma dei lati. E, fuor di metafora, gli italiani possono aver abrogato pure questo e quello, ma se vogliono dei depuratori, dei tubi decenti, dell’acqua potabile, le regole del gioco quelle erano, quelle sono e quelle restano.
@Carlo Stagnaro
Il ragionamento è lineare: tutti vorremmo che l’acqua fosse gestita in maniera efficace, efficiente, libero ad un prezzo “politico”. Ma gli acquedotti non si costruiscono da soli, non si riparano da soli, le perdite non si eliminano da sole. Il prezzo “politico” permette di dare il bene ad un prezzo irrisori che va al di sotto dei costi di gestione, ma questo presuppone che qualcun’altro metta la differenza per coprire i costi e che con un meccanismo esterno si finanzino le manutenzioni e le innovazioni.
Che questo sistema non funzioni non lo dice Stagnaro e la sua eccessiva fiducia nel privato, lo dice la storia, oggi dove ci troviamo la rete nazionale acquedotti in uno stato pietoso la responsabilità è al 100% pubblica. Ora se non ha funzionato MAI questo sistema, nemmeno nei bei vecchi tempi del boom economico, dello stato ricco e distributore, che cosa ci fa pensare che oggi che lo stato è in ritirata da dovunque e che le cose vanno peggio, questo sistema inizierà a funzionare?
Mah.
@Giuseppe D’Andrea
C’è una cosa che io, nella mia conclamata ignoranza delle “cose economiche”, non capisco: perché una gestione privata debba essere necessariamente migliore di una pubblica.
Sono un artigiano e quindi comprendo che Veolia (tanto per fare un nome e ragionare sul concreto) voglia/debba guadagnare. Il punto è che guadagna sulla “gestione”: non costruisce i tubi; non fa le valvole; non le posa; etc. etc. Tutto queste cose le compra (quando gli investimenti li fa invece che limitarsi ad annunciarli) da altri (che a loro volta ci guadagnano): per lei sono costi. Quindi se un tubo posato a Veolia costa 1, a noi lo rivende ad 1,07.
Facciamo ora il caso che a gestire un bene primario e vitale come l’acqua sia lo Stato (quello con la S maiuscola), il cui scopo non dovrebbe essere il guadagno ma solo il benessere dei cittadini intesi come corpo sociale. Supponiamo che per fare lo stesso lavoro compri lo stesso tubo dallo stesso fornitore: il costo sarà quindi sempre 1. Solo che questa volta nessuno ci deve guadagnare, quindi a noi lo stesso tubo posato ci costa 1.
Cosa c’è di sbagliato? E non mi si dica che il problema sta nell’inefficienza della gestione pubblica che fa lievitare i costi al contorno, perché (1) quei costi li paghiamo lo stesso e (2) la soluzione dovrebbe essere quella di migliorare la gestione pubblica e non quella di abdicare al proprio ruolo di gestore della res publica.