Se abrogano i voucher non veniteci a parlare di cultura riformista
Si diffonde la notizia secondo la quale governo e maggioranza intenderebbero assecondare la CGIL, e abrogare del tutto i voucher. Chissà come mai non ne sono sorpreso. E’ l’ennesima conferma di una politica ridotta a pura incapacità di tenere la barra, tutta pancia e niente testa. Assolutamente indifferente al merito delle questioni e ai dati numerici, solo prigioniera delle lotte di leadership esplose dopo il no al referendum costituzionale del 4 dicembre. Se si guardano i dati e i fatti, i voucher sono da correggere, non da abrogare. Ma poiché il governo ha scelto la data del 28 maggio per i due referendum residui sul lavoro proposti dalla Cgil, dopo che la Corte Costituzionale ha cassato quello sull’articolo 18 di maggior presa popolare, ecco che Pd e governo, pur di non rischiare una rischiosa modifica in tempi ristretti, preferiscono capitolare. Pessima scelta.
Diciamolo: i due quesiti residui rappresentano l’ennesima riproposizione di un errore troppe volte compiuto. Sono cioè un nuovo esempio di richiesta abrogativa di norme le cui caratteristiche tecniche specifiche sono nettamente al di fuori di quelle scelte generali e di principio alle quali andrebbe riservato l’istituto del referendum. Ricordiamo un dato, relativo ai mancati raggiungimenti del quorum previsto per la validità della consultazione, il superamento alle urne del 50% dell’elettorato. Se i due referendum si tenessero il 28 maggio, sarebbero il 68° e 69° quesito abrogativo nella storia della Repubblica. Ma dal 1997 a oggi, consecutivamente in 20 anni ben 25 quesiti abrogativi non hanno registrato il quorum, l’unica eccezione è stata rappresentata dalle 4 proposte sottoposte alle urne nel 2011 (sul servizio idrico). La serie storica dovrebbe pur dire qualcosa, a chi propone referendum. Non è il caso della CGIL, che contava sul referendum anti Jobs Act per ottenere il quorum, ribaltare l’eredità su questo punto del governo Renzi, incidere profondamente nella lotta apertasi nel Pd. Eppure, malgrado la CGIL sia stata disarmata sull’articolo 18, pare proprio che vinca comunque.
E allora bisogna dirlo chiaro. La volontà abrogatrice dei voucher espressa dalla Cgil comunque rappresenta un passo indietro secco per il mondo del lavoro italiano. Ignora il fatto che i numeri sin qui rilevati dell’applicazione dei voucher mostrano che tale strumento ha effettivamente intaccato la montagna del lavoro nero italiano. Rifiuta l’evidenza che per la stragrande maggioranza di quei lavori mai e poi mai si stipulerà un contratto. Respinge l’idea stessa che il lavoro – la sua cultura e la sua dignità – sia espressione di una società flessibile e in continua trasformazione, non immobilizzata in antiche forme ideologiche.
L’abrogazione del voucher è richiesta in nome del fatto che, nato per il lavoro accessorio, sarebbe invece la catena intorno al collo del nuovo precariato. Senonché lo studio INPS relativo ai dati 2015 effettuato da Bruno Anastasia e Pietro Garibaldi mostra come i percettori dei voucher siano quasi al 10% pensionati, mentre il 55% si divide tra chi ha un altro lavoro e percettori di ammortizzatori sociali. Sommando queste tipologie si direbbe dunque che il più dei percettori utilizzano il voucher davvero per attività accessorie, e per tipi di mansioni in cui prima il nero imperava. Comunque stiamo parlando di una platea pari all’8% del totale degli occupati nel 2015. E se le stime di Garibaldi e Anastasia sono corrette, significa che quasi 900mila del milione e seicentomila di percettori di voucher stimati nel 2016 sono stati strappati al nero in cui prima erano confinati, senza avere diritto a un euro di contributi versati. E’ così disprezzabile, in un’Italia in cui restano 3 milioni di disoccupati?
Certo, i dati dicono anche che alcuni correttivi – non certo l’abrogazione – sono magari utili. E’ del tutto fisiologico, non patologico, che i settori in cui il voucher è esteso siano turismo, commercio, giardinaggio e manutenzione edilizia, servizi alla persona. Un punto interrogativo riguarda l’uso in edilizia e agricoltura. Ma molti di coloro che si sono messi al lavoro in questi mesi per modificare il voucher non tendevano affatto a revisioni limitate e mirate. Volevano e vogliono di fatto neutralizzarlo. Cesare Damiano voleva alzarne la parte contributiva parificandola a quella del lavoro dipendente. Lo stesso ministro Poletti ha parlato di ridurne l’uso il più possibile alle sole famiglie. C’è chi ha proposto di limitarne i percettori a studenti, pensionati, disoccupati, disabili ed extracomunitari solo se regolarmente disoccupati da almeno sei mesi. C’è chi ha pensato di abbassarne drasticamente il tetto massimo attuale annuo sia per il soggetto pagatore, sia per il percettore, anche se la stragrande maggioranza dei percettori non arriva ai 5mila euro annui rispetto al tetto dei 7mila esistente. Tutti sembrano di colpo indifferenti di fronte al fatto che le nuove norme sulla tracciabilità, introdotte dal governo Renzi, hanno già negli ultimi mesi frenato la crescita dei voucher, e consentito di identificare e sanzionare centinaia di usi impropri. E naturalmente tutti hanno dimenticato che la stessa CGIL che ha proposto il referendum usa i voucher per pagare in Emilia Romagna gli attivisti della sua federazione di maggior peso, quella dei pensionati.
Ecco perché, di fronte a tutte queste nuove divisioni nel Pd, il governo preferirebbe a questo punto azzerare i voucher e non se parli più. Non parlate per favore a vanvera di cultura riformista. Nell’attacco a testa bassa sui voucher si ripropone una vecchia strategia: ideologizzare una questione assolutamente non centrale in un paese a bassa occupazione e bassa produttività, per farne il vessillo di un ritorno al passato.
a me sembra solo una mossa di Renzi per evitare una possibile nuova bocciatura dopo quella subita al referendum.E’ triste che mere lotte di potere vadano a discapito dell’intera comunità.Sicuramente il discorso dei voucher doveva essere corretto perchè in certi casi c’è chi ne ha abusato e su questo non c’è niente da dire.Eliminarli del tutto è un regalo al lavoro nero.
Perdiamo pure un’altra occasione per cercare di rimettere in sesto questo Paese…..