5
Ago
2014

A cosa serve (davvero) il Parlamento?

Si è molto dibattuto in questo periodo in Italia sul progetto di riforma del Senato tuttavia mi pare non sia stato sollevato quello che a mio avviso è il quesito più importante: a cosa serve davvero il Parlamento? A una lettura superficiale sembra trattarsi di una domanda superflua. Tutti sappiamo a cosa serve. Nel Parlamento i rappresentanti, liberamente eletti dai cittadini e senza vincolo di mandato, approvano le leggi che regolano i comportamenti dei cittadini, perimetrandone le libertà. Tuttavia vi sono due aree di intervento radicalmente differenti per amministrare le libertà dei cittadini: i) regolare attraverso le norme ciò che essi possono o non possono fare; ii) spostarne le risorse economiche (attraverso provvedimenti di tassazione e spesa pubblica e, purtroppo, anche attraverso provvedimenti che limitano senza ragione attività economiche).

Questi due differenti modi, di cui non si sono evidenziate a sufficienza le peculiarità, identificano in realtà due differenti funzioni complessivamente svolte dagli organi costituzionali e generano, di fatto, differenti priorità di ruoli:

  1. Se si amministrano le libertà (negative) dei cittadini è necessario che sia centrale il Parlamento e secondario il Governo;
  2. Se si amministrano le risorse è invece opportuno che sia centrale il Governo e secondario il Parlamento.

Nel primo caso il Governo è mero esecutore delle leggi autonomamente approvate dal Parlamento, da cui la denominazione di ‘potere esecutivo’, anzi il Parlamento deve costituire barriera difensiva delle libertà dei cittadini di fronte alla pretesa dei Governi di incidere su di esse. Ed è proprio con questa funzione che i Parlamenti nacquero, trasformando le monarchie assolute, il cui governo intendevano esplicitamente limitare, in monarchie costituzionali.  In quest’area delle scelte pubbliche l’incapacità di decidere non è necessariamente negativa, anzi è molto meglio non decidere che prendere decisioni sbagliate: se i parlamentari non si accordano per cambiare le norme in vigore che regolano le libertà dei cittadini vuol probabilmente dire che esse sono migliori rispetto ai progetti di cambiamento. Un quadro regolamentare è in ogni caso in vigore e si creano meno danni non decidendo che adottando provvedimenti errati.

Nel secondo caso il Parlamento ha una funzione di controllo e ratifica delle proposte di provvedimenti economici del Governo ma non possiede, in quanto organismo assembleare che decide a maggioranza, la capacità di produrre autonomi provvedimenti economici che abbiano garanzia di razionalità e coerenza. La miglior dimostrazione di questa incapacità è proprio il teorema di impossibilità di Ken Arrow che ha messo in luce le conseguenze incoerenti del votare a maggioranza tra coppie successive di alternative. In quest’area delle scelte pubbliche l’incapacità di decidere o la capacità di scompaginare progetti coerenti è in grado di produrre conseguenze negative sul benessere collettivo e dei singoli senza neppure la consolazione che questo sia utile difendere le libertà individuali.

Qual è la forma organizzativa ideale degli organi costituzionali nei due casi?

Nel primo è un sistema parlamentare con rappresentanza proporzionale, nel secondo un sistema maggioritario che sia effettivamente in grado di garantire il ruolo dell’esecutivo. Peccato che non si possano adottare contemporaneamente. Gli organi di uno stato democratico amministrano tanto le libertà dei cittadini quanto le loro risorse economiche collettive, tuttavia quanto più sono adatti al primo ruolo tanto meno lo sono al secondo. E viceversa. Non era così invece nel vecchio modello ottocentesco di stato liberale: oggetto del governo erano prevalentemente le libertà, non le risorse, e parlamentarismo e proporzionalismo non avevano controindicazioni di rilievo. Nel secondo dopoguerra, e dopo un ventennio di dittatura, non vi erano ragioni per rinunciare a quel modello. In seguito tuttavia, soprattutto dagli anni ’60 in avanti,  il governo delle risorse è divenuto prioritario nella gestione della cosa pubblica rispetto al governo delle libertà. Senza che il paese disponesse di un sistema di organi costituzionali in grado di rispondere a questo crescente e delicato compito.

Che fare ora? I sostenitori del parlamentarismo e del proporzionalismo puro dovrebbero essere consapevoli che bisognerebbe anche ritornare al vecchio modello di stato liberale che si occupa delle libertà ma non intermedia le risorse. Molto difficile da realizzarsi. Nello stesso tempo i sostenitori del rafforzamento dell’esecutivo attraverso la riforma del bicameralismo e il maggioritario dovrebbero essere consapevoli del fatto che si rischia in tal modo di rinunciare a importanti barriere a difesa delle libertà individuali. Una soluzione potrebbe essere un bicameralismo asimmetrico nel quale alla Camera Alta, eletta con sistema proporzionale, viene assegnato il compito esclusivo di valutare e approvare le leggi che hanno per oggetto le libertà dei cittadini, mentre alla Camera Bassa, eletta con sistema maggioritario, il compito di valutare e approvare i provvedimenti governativi che hanno per oggetto le risorse economiche. Lo stesso dualismo di obiettivi si può perseguire con un sistema monocamerale, a condizione che sia composto da due categorie differenziate di membri. Ad esempio 100 ‘senatori’ proporzionali che sono gli unici a votare quando si decide sulle libertà (e sulle modifiche alla Costituzione), ai quali si aggiungono 300-350 ‘deputati’ maggioritari quando si tratta di discutere di provvedimenti che hanno per oggetto risorse.

3 Responses

  1. MARCO

    grazie per l’eccellente contributo
    peccato che serva solo a dimostrare il livello medio, indecente, di incompetenza di coloro che riempiono le nostre camere da Ghedini e Paniz a Gasparri a Bersani, Verdini a Boschi e Bindi includendo Dalema e Berlusconi tutti nudi nella loro urlante vacuità orchestrata da un’apprendista stregone a nome Renzi ed osteggiata da un parimenti impreparato Grillo
    Abbiamo scordato qualcuno? mediocre anch’esso in un paese dove governa la “battuta” e dove la MERITOCRAZIA seppur citata è irrisa nei fatti e nei comportamenti

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