Attendendo il miracolo
Le famiglie statunitensi sono molto indebitate. Allo stesso tempo, cresce la disoccupazione. Come potranno tornare a consumare – i consumi sono il 70% della domanda aggregata – come una volta? Con il ritorno della «fiducia», è la risposta. La quale fiducia – un termine molto vago – ha come barometro la borsa azionaria. La quale borsa azionaria è salita, da marzo, perché si afferma che gli utili sono in miglioramento. Gli utili in miglioramento dipendono dal taglio dei costi, taglio che tuttavia ha un limite, perché non si ha il caso di una impresa dove restano solo l’amministratore delegato e il suo autista, con tutti gli altri che cercano lavoro. La ricerca del lavoro mostra un grave limite: nelle crisi precedenti il rapporto fra licenziati (generati dalle imprese in contrazione) e assunti (dalle imprese in crescita) era pari a due volte, nella crisi in corso è pari a sei. La bassa qualità della disoccupazione mostra come ci siano molte meno imprese disposte a rischiare.
Il quale rischio non è alimentato dai crediti bancari, perché le banche hanno tagliato i crediti e si sono messe a comprare i titoli di stato. Si attende il miracolo: una crescita dei consumi degli indebitati e dei disoccupati. Il quale miracolo va naturalmente inteso come un evento che scaturisce indipendentemente dall’ordine naturale delle cose. Come far salire ancora la borsa? Tecnicamente, questo può avvenire se dei nuovi seguaci del miracolo comprano le azioni che i vecchi seguaci ormai disillusi e gli scettici da sempre vogliono vendere. In borsa credere nei miracoli vuol dire mettere del denaro al lavoro, non basta avere fede. A questo punto chi compra deve pensare che sia possibile un’ascesa ulteriore dei corsi, trainata dalle prospettive di ripresa dei consumi delle famiglie. E siamo tornati all’inizio del ragionamento.
I problemi, purtroppo, non terminano con la borsa. Una cosa non molto sottolineata è questa: se l’economia reale dipende dagli stimoli pubblici e se le banche comprano i titoli pubblici, si ha un «tasso di socialismo» maggiore, vale a dire un maggior peso del potere politico in campo fiscale e monetario. Se la crisi si «sgrava», il tasso di socialismo si riduce e il sistema politico non entra sotto tensione, ma, se si aggrava, il tasso di socialismo aumenta e dunque il sistema politico va sotto tensione. Se la crisi si aggrava, le emissioni di debito pubblico aumentano. A quel punto, per fermare prima che sia troppo tardi la crescita dell’onere del debito, si dovrà portare il deficit pubblico prima del pagamento degli interessi in campo positivo (= surplus primario). Ossia, tagliare le spese e/o aumentare le imposte. In questo modo è alimentata la tensione politica.
l’ idea che la crescita della borsa crei fiducia l’ hanno raccontata a obama i suoi compagni di merende della goldman sachs. il ragazzo che come tutti gli attivisti ha una cultura storica limitata ed una spiccata vocazione alla propaganda se l’ è bevuta. tuttavia non è originale risale a Maria Antonietta che di fronte alle manifestazioni del popolo affamato se ne uscì con “S’ils n’ont plus de pain, qu’ils mangent de la brioche!”. ecco .questa specie di robin hood al contrario pensa che un disoccupato avendo del tempo possa mettersi a speculare sull’ oro e sul petrolio. quanto alle aziende con un solo amministratore delegato e l’ autista ( americani)ci stiamo arrivando . il premio nobel è appena tornato da un viaggio nel paese dove gli schiavi sono decisamente a buon mercato . comunque costano meno di un operaio americano e se fanno casino c’è un oceano di mezzo e un regime pronto a intervenire senza tanti complimenti.
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