2013 e oltre – di Gerardo Coco
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Gerardo Coco.
Stiamo attraversando una delle crisi più profonde della Storia. Neppure nel corso delle due guerre mondiali il debito dei paesi industrializzati aveva raggiunto una dimensione così elevata come l’attuale e tale da impedirne lo sviluppo. Tuttavia, i governi degli USA, Europa e Giappone mirando al mantenimento dello status quo trasferiscono il costo dei debiti alle loro economie sottraendole le risorse per superare la recessione. I bassi tassi di interesse incoraggiano ulteriore debito mentre continui stimoli monetari deprezzano le valute. All’orizzonte si profila un collasso generale. Si tratterebbe solo di indovinarne la forma e l’epicentro. Si è già raggiunto il punto di non ritorno o lo si può ancora evitare? Una prognosi sul futuro richiede prima di tutto un approfondimento dell’interazione tra inflazione e deflazione, le due forze opposte che oggi si scontrano sulla scena del dramma economico.
Inflazione e deflazione
L’inflazione e la deflazione sono, in ultima analisi, rispettivamente la svalutazione e la rivalutazione dell’unità monetaria. Si ha inflazione quando l’aggregato monetario si espande più velocemente di quello dei beni. Se la moneta abbonda e i beni sono scarsi, il loro prezzo aumenta e la moneta si deprezza. Con la deflazione si verifica il contrario: l’aggregato monetario si contrae più velocemente di quello dei beni, i prezzi calano e l’unità monetaria si rivaluta.
L’inflazione è un fenomeno politico perché l’aggregato monetario è regolato dagli istituti di emissione in accordo con i governi. Entrambi pensano che in presenza di recessione stimoli monetari provochino un aumento della domanda di beni e quindi della spesa aggregata. Ma è solo un’illusione: l’inflazione non aumenta mai la ricchezza netta. Il suo esito finale è sempre la svalutazione monetaria e la contrazione della ricchezza. Un’inflazione intorno al 3 per cento all’anno, considerata innocua, dimezza il potere d’acquisto nel corso di una generazione. Se raddoppia lo dimezza in poco più di un decennio.
Se i prezzi aumentano anche tassi di interesse dovrebbero aumentare per compensare la perdita del potere di acquisto ma invece vengono progressivamente ridotti.
La deflazione, di per sé è un fenomeno economico. E’ una crescita della produzione più veloce della crescita dell’aggregato monetario. Il progresso economico provoca una naturale tendenza alla discesa dei prezzi. Se aumenta la produzione e la produttività, i prezzi diminuiscono e pertanto lo stesso aggregato monetario è compatibile con un maggiore volume di spesa.
Poiché la depressione si accompagna alla deflazione che comporta scarsità di denaro, le banche centrali ravvisano nella discesa dei prezzi il sintomo di una crisi e cercano di prevenirla con stimoli monetari. Ma la depressione si verifica per il crollo della produzione reale e dei redditi su cui si basa la spesa, non perché il livello dei prezzi cala. Confondendo le cause con i sintomi, gli istituti di emissione inflazionano sempre alimentando il male che pretendono di curare.
La scena del dramma
A partire dal 2008 la base monetaria dei paesi sviluppati è aumentata in proporzione al debito e in sproporzione alle economie ma l’inflazione è rimasta confinata al settore finanziario. Affinché si manifesti nell’economia reale occorre che il denaro venga effettivamente speso. Se il pubblico ha in tasca 50 e le banche 1000 la base monetaria è 1050. È’ su questa base che vengono moltiplicati i mezzi di pagamento, il cui maggior volume fa aumentare i prezzi dei beni e servizi. Finora il credito è stato erogato solo ai sistemi bancari per risanarne le perdite e permettere ai governi nuova spesa. L’inflazione quindi è rimasta contenuta. D’altra parte poiché rimane superiore ai tassi di interesse nominali, i tassi reali risultano negativi incentivando l’indebitamento. Ma in termini economici, la soppressione dei tassi comporta una valutazione dei beni futuri minore di quella dei beni presenti e ciò significa dilapidazione del presente rispetto al futuro. Significa quindi arresto del processo di accumulazione e decadenza industriale. Proprio quello che accade negli USA, Europa e Giappone.
In tale contesto se, per ipotesi, il credito fosse erogato all’economia in dosi massicce avrebbe l’effetto dirompente del crollo di una diga. Riversandosi sui beni esistenti l’onda d’urto di liquidità provocherebbe un’iperinflazione, quel fenomeno estremo per cui la domanda di moneta tende allo zero perché tutti, per evitare la perdita del potere d’acquisto si affrettano a spenderla, i prezzi tendono all’infinito e il valore della moneta allo zero. Poiché cesserebbe la sua funzione di mezzo di scambio, crollerebbe il sistema dei pagamenti e insieme, la divisione del lavoro di cui la moneta è il presupposto. Per evitare il ritorno al baratto bisognerebbe riprogettare il sistema monetario. Questo fenomeno si è verificato frequentemente nella storia e in ogni parte del globo. Di fronte a un tale cataclisma ben magra sarebbe la soddisfazione di vedere azzerati i propri debiti.
Nell’economia reale è invece prevalsa la deflazione. I fallimenti a catena, la diminuzione della produzione, del reddito e della spesa aggregata e il processo generale di liquidazione per ripagare i debiti ha provocato il calo del livello dei prezzi e quindi una contrazione monetaria. Per compensarla le banche centrali acquistano debito dai governi in cambio di liquidità: se anche i governi non spendessero, la totalità dei mezzi di pagamento crollerebbe portando alla depressione. Tuttavia, la continua monetizzazione non è una cura perché mantiene l’economia nell’occhio del ciclone. Ma non può restarci in eterno. Per cui, delle due l’una: o l’economia sprofonderà nel buco nero della depressione o sarà spinta nel vortice inflazionistico. Tertium non datur. In regime di debito crescente e tassi a zero o al di sotto, lo sviluppo non è un opzione, è un’impossibilità.
Sulla scena di questo dramma l’unico settore a prosperare è la speculazione, gratuitamente finanziata dalla soppressione dei tassi reali operata delle banche centrali. Nel gran casinò dell’economia mondiale esse rappresentano i croupiers che distribuiscono le fiches e alimentano l’azzardo dei governi e della speculazione finanziaria (banche di investimento e intermediari finanziari non bancari). Quest’ultima conoscendo in anticipo le mosse dei croupier vende allo scoperto i titoli obbligazionari al momento del rialzo per riacquistarli al momento del ribasso catturando, senza neppure scommettere, le differenze di prezzo. Del resto, in un ambiente caratterizzato dall’assenza di rendimenti l’arbitraggio è l’unico gioco redditizio. Lo stesso avviene nel mercato borsistico e dei cambi dove correnti finanziarie erratiche provocano perturbazioni nei valori nominali. L’incertezza e l’instabilità che ne consegue alimenta la proliferazione degli strumenti di copertura del rischio. La torre di babele dei derivati non è altro che la conseguenza del regime di volatilità permanente indotta delle politiche di debito e dal regime di tassi calanti. Il mercato finanziario dilatandosi senza creare valori reali si è trasformato in un’unica e immensa bolla. Ma nel gioco d’azzardo non esistono polizze assicurative. Tutte le bolle prima o poi scoppiano e questa volta gli effetti sarebbero peggiori di quelli della crisi del 2008.
Il baratro valutario
La coesistenza di inflazione e deflazione è implicita nel sistema monetario attuale dove le monete sono funzione del debito. Se le monete rappresentano una passività non è logicamente possibile che, a livello economico complessivo, possano estinguere altre passività. Per cui, allo stato attuale il debito è indomabile. Se il valore delle monete dipende dal valore del debito quest’ultimo ha un valore che dipende dalla solvibilità del debitore. Ma chi la garantisce? La garantisce l’economia reale soggetta a prelievo fiscale forzoso. Se l’economia, crescendo, garantisce un buon prelievo fiscale la domanda di debito sale insieme a quella della moneta in cui è denominato. Ma un’economia in recessione mettendone in questione la solvibilità ne fa calare la domanda. Per stimolarla occorre offrire agli investitori tassi più alti che farebbero aumentare il costo del debito, per cui le banche centrali lo mantengono basso assorbendo tutta l’offerta di debito. Il suo valore nominale sale di nuovo ma quello reale scende perché la sua grandezza cresce più velocemente rispetto al calo del PIL, segnalando nuovo rischio di insolvenza e inflazione. Queste fluttuazioni monetarie continue provocano le scosse che preludono al collasso. Questo non è mai un processo lineare ma ondulatorio e si sviluppa nel corso degli anni per erompere all’improvviso senza preavviso. Segue la legge fisica della risonanza: continui stimoli monetari provocano oscillazioni nei valori sempre più forti fino a far crollare l’intera struttura economica.
Infatti, il rischio di detenere attività finanziarie, che non sono altro che passività di terzi, potrebbe diventare così elevato da indurre gli investitori a sbarazzarsene definitivamente facendole precipitare al valore intrinseco: lo zero. A quel punto i tassi di interesse andrebbero alle stelle facendo crollare definitivamente il castello di carta del debito. L’aggregato monetario collasserebbe provocando il buco nero della depressione. Le banche centrali per impedirla dovrebbero irrorare il sistema economico di liquidità che comincerebbe a far lievitare i prezzi. La speculazione, allora, ne amplificherebbe l’aumento dirigendosi verso tutto ciò mantiene il potere d’acquisto e non è soggetto a default, in particolare le materie prime, il cui valore schizzerebbe rispetto alle monete già deprezzate sia dai deficit fiscali che dalle svalutazioni competitive per ridurre i deficit commerciali.
Non si può quindi escludere che un deprezzamento valutario estremo possa provocare iperinflazione spingendo il costo di tutte le cose a livelli stratosferici.
Nella storia, l’iperinflazione è stata sempre l’esito della monetizzazione per finanziare i deficit dei governi. Il punto di non ritorno si verificava quando per pagare il debito dovevano ricorrere a nuovo debito. Risultava pertanto inevitabile la loro insolvenza che cercavano di mascherare con l’inflazione monetaria. A quel punto nulla potevano più le autorità monetarie: una volta che la moneta perde valore lo perde per sempre. Esse ne controllano la quantità ma non la velocità di spesa che dipende da fattori psicologici di massa imprevedibili.
Si obietta che, oggi, a differenza del passato, questo scenario estremo può essere evitato grazie all’ingegneria finanziaria e al maggior coordinamento delle banche centrali. Ma è illusorio che le stesse azioni foriere di catastrofi possano prevenirle. L’unico potere che hanno è di ritardarne gli effetti rendendoli più devastanti.
Prevenire il collasso
Non è possibile predire se il crollo del debito avvenga prima per depressione o per iperinflazione o per il loro concorso nella forma di depressione inflazionistica. L’esito dipende anche dalla situazione geopolitica. La prospettiva di un’estensione di un conflitto in qualsiasi parte del globo favorirebbe l’olocausto valutario con l’annullamento d’ufficio dei debiti.
Quale sarebbe la prima area a soccombere? L’eurozona è l’area più fragile politicamente ed economicamente. A differenza del dollaro che serve ad acquistare il petrolio che ne sostiene la domanda, la moneta unica non ha sostegni. Non può neppure contare, come nel caso del Giappone, su quel surplus commerciale che impedisce ancora la svalutazione dello yen. Poiché le politiche di austerità la stanno avviando alla depressione è difficile che l’eurozona possa diventare l’epicentro di un processo di iperinflazione. Gli USA, al contrario, dove la politica di crescita si accompagna a una monetizzazione folle, potrebbero diventarlo. Ma il collasso della valuta di riserva trascinerebbe con sé tutte le altre valute.
L’inflazione è una forza incontrollabile e irreversibile. La deflazione, invece, può essere controllata evitando il baratro valutario. Essa è la purga che l’organismo economico deve subire per espellere i veleni accumulati in precedenza con l’inflazione. Una deflazione controllata prelude ad una ripresa autentica perché riallinea tutti i valori alla realtà economica, l’aggregato monetario si riduce, i tassi di interesse calano in modo naturale, il livello del debito diventa sostenibile e la rivalutazione dell’unità monetaria è proprio l’antidoto alla depressione. Infatti, quando la quantità di moneta tende a essere misurata in termini di potere d’acquisto corrisponde a maggior denaro e quindi a maggiore liquidità disponibile. Si osservi, qui, la differenza tra il sistema monetario attuale e quello aureo. A seguito di un default il denaro svanisce letteralmente; la moneta vera, l’oro, non scompare mai: una volta in circolazione vi rimane e non viene annullata dai default. Per questo motivo stabilizza anche i tassi di interesse. (E’ errata pertanto la critica che gli si rivolge di provocare la depressione, al contrario la evita).
L’unico modo di evitare un eventuale collasso è quindi pianificare la deflazione senza farla degenerare in depressione. Questo processo richiederebbe tre azioni simultanee. Primo: l’intervento per rinegoziare, condonare o compensare i debiti reciproci fra le nazioni. La politica deve riconoscere che i debiti nella loro attuale dimensione non potranno mai essere ripagati e pertanto finirebbero per essere eliminati solo da default violenti portando alla depressione. Secondo: è necessario deflazionare la spesa di governi e abbassare la pressione fiscale almeno nella stessa misura della riduzione della spesa. Terzo: le banche dovrebbero svalutare tutti i crediti inesigibili iscritti in bilancio a valori fittizi. Senza questa pulizia non saranno mai in grado di operare normalmente, finanziare l’attività industriale e attirare capitale. Il riconoscimento dell’entità reale delle perdite è il presupposto per la ricostruzione finanziaria del sistema bancario che, per essere in grado di erogare di nuovo il credito, deve prima riceverlo. Nessun investitore è infatti disposto ad impiegare fondi nelle banche per ripianarne le perdite. Il processo di ristrutturazione darebbe un segnale forte al mercato che, in presenza di valori reali, ritroverebbe la fiducia per reinvestire nelle attività produttive. L’unità monetaria si apprezzerebbe rivalutando i risparmi e tramutandoli in capitali per finanziare le economie. Naturalmente i problemi non sarebbero finiti, perché finché il denaro sarà basato sul debito sarà anche soggetto ad abusi e le crisi si ripeterebbero. Allora il processo di raggiustamento dovrebbe contemplare il ritorno alla moneta vera, quella che, non rappresentando il debito di nessuno, è immune da default: l’oro. Prima di essere rimonetizzato dovrebbe essere utilizzato per la ricapitalizzazione del sistema bancario, condizione per ristabilire la solvibilità di quello economico.
Purtroppo i governi, opponendosi come sempre a tali ristrutturazioni continueranno a inflazionare illimitatamente le monete per mantenere l’illusione dello sviluppo e preservare la propria esistenza. Eppure basterebbe che consultassero la storia per sapere come andrà a finire.
Questo articolo è comparso originariamente su Cobden Centre.
“Purtroppo i governi, opponendosi come sempre a tali ristrutturazioni continueranno a inflazionare illimitatamente le monete per mantenere l’illusione dello sviluppo e preservare la propria esistenza. Eppure basterebbe che consultassero la storia per sapere come andrà a finire”
Finirà che il sistema non reggerà più, semplice. La storia insegna che le repubbliche democratiche ed il sistema socialdemocratico hanno determinato un impoverimento complessivo, una decivilizzazione.
Arriveremo al break even e..
Solo allora ci sarà l’occasione per discutere e determinare le precondizioni per una autentica PRIVATE LAW SOCIETY, iniziare ad abolire passo dopo passo il diritto pubblico.
Lo stato minimo (molto spesso auspicato) è il primo dei compromessi e come tale non è sufficiente.
Diagnosi implacabile, prognosi riservatissima rebus sic stantibus, terapia mai provata prima…. Qui ci vuole un miracolo.
Caro sig. Coco, mi permetto di esprimere alcune critiche, su questo pezzo e in generale sulla visione austriaca dei livelli di prezzi e del concetto di moneta. Sono curioso di sapere che ne pensa, se avrà voglia di rispondermi.
La prima critica riguarda la correlazione unica, univoca e diretta tra massa monetaria e prezzi dei beni e servizi. Come di può sostenere che solo la massa monetaria ha effetto sui prezzi? E’ palese che non sia l’unico elemento. Alcuni altri:
– le tasse: l’impatto della tassazione sul livello dei prezzi è immenso, come si può far finta che non ci sia?
– la velocità della moneta: lei accenna che la velocità di transazione non sia controllabile. Certo, non lo è, ma di sicuro è stimolabile con deregulation e soffocabile con regulation. La velocità della moneta ha lo stesso identico impatto sui prezzi che ha l’aumento di massa monetaria, perché la domanda non “timbra” la singola unità monetaria: aumento di massa e aumento di velocità pari sono. Perché non se ne tiene conto?
– monopoli e oligopoli: non esiste il libero mercato, siore e siori, da nessuna parte e soprattutto nelle materie prime. E su alcune materie prime non esisterà mai. Anche Hayek criticava per questo il gold standard: i produttori d’oro ricoprirebbero lo stesso ruolo che oggi hanno le banche centrali. Non cambia nulla. E questo discorso vale epr l’oro come per qualsiasi altra commodity: stampate o non stampate quanto vi pare e piace, ma l’OPEC deciderà il prezzo del petrolio, il Cile quello del rame, etc. etc. Come si può far finta che tutto questo non esista?
– aggiungo inoltre un ultimo rilievo: Mises intuiva correttamente che il livello macroeconomico funziona come la somma dei livelli microeconomici. Per quanto banale, nessun (o pochi) economista tutt’oggi ragiona così. Eppure la sua teoria dei prezzi non funziona così: è assolutamente certo che i prezzi non scenderanno se non di pochissimo a fronte di un calo di domanda dovuto ad un calo di massa monetaria. Non è assolutamente vero che scendendo la domanda per forza i prezzi debbano scendere: questo succederà finché il produttore avrà una convenienza a produrre, dopo di che il produttore smetterà di produrre e scenderà l’offerta, non il prezzo. Anche questa è esperienza comune: le automobili in questa situazione di mercato dovrebbero altrimenti costare poco più di nulla.
Come ultimo rilievo vorrei farle notare che l’affermazione che una volta che salti tutto in aria, per iperinflazione o ultradepressione o entrambi, si ritorni all’uso di una moneta naturale (oro, argento, mirra… poco cambia) è solo ed esclusivamente una speranza, che non ha fondamento storico: la prima cosa che fece Hitler fu invece di cancellare l’uso dell’oro e utilizzare una moneta fiat non a debito.
Lo Stato ha sempre la possibilità di stampare un foglietto di carta, scriverci sopra “questo vale un’ora del tuo lavoro” e puntarti la pistola alla testa per obbligarti ad accettarlo.
Mi pare, sinceramente, un finale molto più probabile. Per quanto triste.
x Marco Tizzi
1. La teoria quantitativa fu formulata da David Ricardo (ma in precedenza intuita dai preclassici). L’economista americano Irving Fisher nel 1912 la sintetizzò con la famosa equazione dello scambio la cui espressione più elementare è
MV = ∑ pQ, dove la moneta (M) moltiplicata per la sua velocità di circolazione (V) è uguale alla sommatoria (∑ )dei beni con essa acquistati (Q) moltiplicata per loro prezzo (p).
Sebbene sia stata oggetto di molte critiche (vedi Austriaci), le statistiche degli ultimi due secoli provano che è sostanzialmente vera.
2. la moneta è bidimensionale. Una è la quantità, l’altra è la velocità, il numero di volte che ad.es. un euro è speso e rispeso nell’economia. Essa fa diminuire la domanda di moneta e ne abbassa il prezzo (il potere d’acquisto) solo se non si ha una corrispondente diminuzione dell’offerta o stock monetario. Ma gli istituti di emissione l’aumentano sempre
3. La tassazione non ha effetto sui prezzi perché rappresentando un trasferimento di potere d’acquisto dai contribuenti allo Stato non fa variare l’aggregato monetario. Se mai ha un effetto distorsivo, perché i contribuenti spenderebbero il potere d’acquisto in modo differente. Solo il debito verso l’istituto di emissione è inflazionario, perché viene acquistato contro credito che non corrisponde al potere d’acquisto di nessuno. Aumenta solo l’aggregato monetario.
4.L’oro, come il petrolio, bisogna estrarlo e lavorarlo, non si può stampare. In quanto merce deve scambiarsi con merci di valore equivalente, pena la discesa del prezzo che farebbe diminuire i profitti di estrazione e quindi la produzione. Anche qui funziona la legge della domanda e dell’offerta. Il prezzo del petrolio è aumentato non perché sono aumentati i costi di produzione ma perché il dollaro si è svalutato. Così accade per l’oro.
5. Non ho scritto che si ritornerà all’uso dell’oro, ma si dovrebbe per evitare il baratro. Del resto lo hanno intuito le banche centrali che dal 2010 ne sono acquirenti netti. Perché lo stanno acquistando e perché la Cina è diventato il maggiore produttore mondiale e perché lo scambio fra India e Iran (dove c’è già iperinflazione) avviene in oro?
6. Tutti i dittatori hanno eliminato l’oro e hanno creato moneta falsa per finanziare le guerre a cominciare dall’epoca dell’impero romano il cui declino può essere interpretato in termini monetari. Le forze economiche hanno sempre prevalso su quelle politiche. Succederà la stessa cosa oggi. Penso che nessuno fermerà l’inflazione monetaria, la si farà progredire fino all’inevitabile crollo finale.
@Gerardo Coco
Grazie mille per la risposta.
Su 1 e 2 quindi ho frainteso io: sostanzialmente anche lei non concorda su questo specifico punto con la critica austriaca. Me ne compiaccio, mi è sempre parsa una grossa debolezza dell’apparato teorico austriaco. Piuttosto si potrebbe criticare Fisher inserendo una qualche tipo di costante nell’identità tra MV e ∑pQ, dipendente da diversi fattori.
Non capisco il suo discorso sul punto 3: il livello dei prezzi è per me la quantità di unità monetaria che un individuo deve spendere per acquistare beni e servizi. Mi pare ovvio che se lo Stato aumenta, per es., le accise, aumentino i prezzi: che poi lo Stato spenda la stessa cifra per acquistare beni e servizi (posto che lo faccia) non fa recuperare quell’aumento, soprattutto oggi che si è in immensa sovracapacità produttiva.
Per quanto riguarda il prezzo dell’oro e delle altre commodities: la legge della domanda e dell’offerta funziona in mercato concorrenziale. Sicuro che siamo in questa situazione? O che ci si possa mai arrivare?
Ho molti dubbi che le forze economiche possano prevalere su quelle politiche, ma me lo auguro col cuore.
Sbaglio o vedo una leggera (il tono non e’ ironico) idiosincrasia tra:
-la tua lettura relativamente positiva su dollaro e yen VS Euro
e
-la tua opinione che una deflazione controllata sia la via migliore da seguire
In altre parole: se la via da seguire e’ quella di una deflazione (e dello stretto controllo dell’inflazione in ogni caso come obiettivo primario), non e’ l’area Euro, dal punto di vista monetario, quella che sta seguendo la strada migliore e che alla fine dovrebbe approfittare dei benefici?
Ringrazio anticipatamente per la risposta,
Lorenzo
@Marco Tizzi
La quantità monetaria che un individuo spende per qualcosa è il suo prezzo. Il livello generale dei prezzi invece è un aggregato che esprime la media dei prezzi dei beni e servizi scambiati e, come tale è insignificante. Gli austriaci hanno ragione di criticarlo perché i singoli prezzi non aumentano o diminuiscono uniformemente ,ma alcuni più o meno di altri.
Sono i prezzi relativi ad avere significato, non il livello medio. Pertanto le politiche di stabilizzazione dei prezzi non approdano mai a nulla se non a inflazione (vedi art., paragrafo inflazione/deflazione).
Se ad es. la tassa eleva il prezzo della benzina e i consumatori ne comprano la stessa quantità, fermo restando l’aggregato monetario, la domanda di tutti gli altri beni deve necessariamente diminuire lasciando invariato il volume della spesa. Il livello dei prezzi non sale. Tuttavia se il volume della spesa non varia, varia però la sua composizione e quindi i prezzi relativi tra i beni.
Le spinte della concorrenza sono sempre presenti specialmente nelle commodities. Ì prezzi non potrebbero essere fissati a piacere. Se accadesse, i prezzi di tutti gli altri generi rincarerebbero subito, riportando l’equilibrio.
Le forze di mercato prevalgono sempre e distruggono il dirigismo economico. L’evolversi della lotta che può durare decenni, purtroppo, si chiama crisi.
@Gerardo Coco
Continuo a non trovarmi: se si aumenta con la tassa il prezzo della benzina a parità di massa monetaria e di velocità (cosa quest’ultima già incontrollabile, come sopra visto) a parità di spesa il prezzo dei beni può benissimo salire, perché pur diminuendo la domanda, può diminuire l’offerta in quantità superiore.
E, comunque, l’equilibrio dei prezzi è tutt’altro che perfetto proprio per quanto dicevo sopra: la scuola ci dice che i produttori dovrebbero sempre vendere per cercare semmai di minimizzare le perdite, se non massimizzare i profitti, la realtà ci dice che i produttori preferiscono non vendere che abbassare i prezzi.
E questa è una pratica comune e diffusa a tutti i livelli produttivi, non è limitata ad un singolo prodotto.
Non è MAI vero che i prezzi si adattano al ribasso tanto quanto si adattano al rialzo.
Marco Tizzi
Non son sicuro di aver capito la domanda.
Affermo: se lo stock monetario rimane invariato tutti i prezzi non possono aumentare. La maggiore spesa in un bene deve essere compensata dalla riduzione di quella in altri beni. Se la spesa in benzina, invece, all’aumentare del prezzo diminuisse, non è detto che quella di altri beni aumenterebbe perché il denaro potrebbe essere risparmiato, cioè non speso subito in beni di consumo.
“Non è MAI vero che i prezzi si adattano al ribasso tanto quanto si adattano al rialzo”.
Invece è vero nel caso, appunto, di deflazione: quando si devono pagare i debiti non c’è altra scelta che liquidare gli stock abbassandone i prezzi, oppure, per evitare perdite con prezzi sottocosto, astenersi dal produrre e magari fallire.
@Gerardo Coco
Mi scusi se mi dilungo, ma questo argomento mi interessa particolarmente.
Non riesco a capire l’affermazione “se lo stock monetario rimane invariato tutti i prezzi non possono aumentare”. Perché?
Sempre considerando stabile la velocità, se ho uno stock di 1000 e p = 10, con q = 100 e l’anno seguente ho stock di 1000, p = 11 e q=90,1 non sono aumentati tutti i prezzi?
Si produce e si consuma di meno, con relativi fallimenti, ma i prezzi salgono. Che poi è ciò che vediamo oggi in Italia, per esempio (M0 è praticamente ferma).
Quando dico che non è vero che i prezzi si adattano al ribasso come al rialzo, intendo dire esattamente questo: i produttori preferiscono non produrre o non vendere, preferiscono chiudere o fallire che abbassare i prezzi.
Tra l’altro nel mondo dei beni tutto ciò è sempre più facile grazie all’automazione: spengo l’impianto e riattacco quando riparte la domanda.
@Lorenzo
Se fossi uno speculatore punterei più sul dollaro e non sull’euro o yen, tenendomi short. Il dollaro, è decotto, ma è pur sempre moneta di riserva.
Se nell’eurozona si deflazionasse il valore dell’euro salirebbe rispetto alle altre monete perchè il debito si allegerirebbe. Ma non avverrà mai. E’ più probablie che la Germania se ne esca. Penso che nel giro di due anni l’eurozona, così come è non esista più
Dopo aver letto le sue considerazioni non mi resta altro che sedermi ed aspettare il crollo . E’ possibile sapere da Lei cosa fa dei suoi soldi per cercare di difenderli ?
@ Marco Tizzi
I prezzi aumentano proprio perchè l’aggregato monetario sale e sale perchè lo stato continua ad indebitarsi più che compensando la deflazione nel settore privato.
L’effetto netto è una moderata inflazione. M0 è bassa perchè il settore privato non spende sia per la crisi sia per la pressione fiscale.
@claudio di croce
In casi come questi, come Lei già sa, è meglio investire in cose tangibili e di qualità. Valgono di più degli euro con cui si acquistano.
Non credo che la crisi erompa subito, ci vorrà qualche anno. Ma l’eruzione ci sarà.
@Gerardo Coco
Ok, supponiamo che l’aggregato non salga. Sto parlando di teoria, so che non è così attualmente.
Supponiamo che l’aggrato resti costante. La teoria ci dice che i prezzi rimarranno costanti? Perché?
Se MV = ∑ pQ anche presupponendo che la velocità sia costante (e non è così) può sempre e comunque diminuire Q e aumentare p.
E questo può avvenire sia per interventi statali, sia per concentrazione causa fallimenti a catena. Ed è indipendente dal mezzo monetario.
Ovviamente non avverrebbe in un mercato completamente libero, a concorrenza perfetta, senza alcuna presenza dello Stato.
Ma sono tre approssimazioni molto, troppo lontane dalla realtà.
Le considerazioni di Marco Tizzi sono sostanzialmente corrette, e l’articolo nel suo complesso è molto insoddisfacente e riporta dei luoghi comuni sostanzialmente errati.
Come Marco fa notare, non ha senso considerare esclusivamente la massa monetaria (M) come indicatore macroeconomico, in quanto l’effetto reale sull’economia dipende anche dalla velocità di circolazione, secondo l’equazione degli scambî MV=PY. Da notare che la Y a secondo membro rappresenta il PIL reale; P è il livello dei prezzi (l’equazione quindi dà conto anche della sua variazione nel tempo, cioè l’inflazione), mentre l’eguaglianza è sul PIL nominale, o altrimenti detto sul livello della domanda aggregata.
Ora, se consideriamo la variazione del PIL nominale in seguito alla crisi nelle economie più importanti, affermare che siano in atto “continui stimoli monetari” non ha molto senso. Non tiene conto del fatto che V è crollata in seguito alla crisi.
Sulla relazione fra politica monetaria e tassi di interesse, bisogna sfatare un altro luogo comune. In genere si pensa all’espansione monetaria come abbassamento dei tassi e viceversa alla contrazione della moneta come rialzo. Questo è sicuramente vero come fatto operativo e di breve periodo; è il cosiddetto effetto di “liquidità della moneta”. C’è però un altro effetto che agisce in senso contrario, anche se in tempi più lunghi: è l’effetto Fisher, che fa invece innalzare i tassi d’interesse nominali quando la circolazione di moneta (quindi la spesa nominale che si rivolge a beni e servizi) aumenta. Ciò perché una spesa in crescita fa aumentare sia le aspettative sull’inflazione, che quelle sul rendimento dei nuovi investimenti (come anche John Maynard Keynes insegna). Paradossalmente “abbassare i tassi” ora, in realtà significa che verranno alzati ancora di più in futuro! Possiamo quindi dire (come già fece Milton Friedman a proposito del Giappone) che in realtà i tassi d’interesse sono così bassi perché la politica monetaria è stata troppo restrittiva in passato.
L’ultima considerazione riguarda l’inflazione, che è sempre influenzata sia da fattori reali che monetari. Consideri ancora l’equazione degli scambi, MV=PY. Per semplicità, supponga V invariato. Se anche la massa monetaria (M) resta invariata, il livello dei prezzi può comunque mutare a causa di uno shock su Y, o shock “di offerta” (esempio: una maggiore scarsità di petrolio per via di tensioni geopolitiche). Questo è il caso della deflazione “buona” che lei considera nell’articolo, legato al miglioramento della produttività.
L’inflazione o deflazione monetaria (o “da domanda”) è invece legata a cambiamenti in MV (o anche, se V è invariato, semplicemente in M). In questo caso ciò che va evitato sono fluttuazioni improvvise, che indipendentemente dalla loro direzione “tradiscono” le aspettative del mercato e rendono molto più difficile la programmazione da parte degli agenti economici, soprattutto perché i livelli di prezzi e salari sono “sticky” e non possono variare a piacimento. In pratica però, sembra che una deflazione in questo caso sia particolarmente pericolosa. Di questi problemi si sono occupati molti economisti anche di scuola austriaca, ad esempio George Selgin in “Less than zero”, libro di cui consiglio la lettura a chi fosse interessato.
@Marco Tizzi
Guardi, la teoria di Fisher va considerata assieme alla legge di domanda e offerta.
La velocità di circolazione è determinata dalla domanda di moneta. Maggiore è la domanda, minore e la velocità di circolazione.
Nella formula l’offerta di moneta è data dalla sua quantità per la velocità di circolazione. Quando aumenta l’offerta (o si riduce la domanda di moneta) il suo valore diminuisce; cresce invece ogni qualvolta si restringe l’offerta o si espande la domanda. Se M è fermo ma V raddoppia, è sì vero che i prezzi raddoppiano, ma il potere d’acquisto si dimezza. Per questo motivo il valore della spesa resta invariato.
Ora guardiamo le cose da questo punto di vista: immaginiamo che metà degli italiani aumenti la spesa di 1000 euro, (il che vuol dire che riducono la domanda di moneta di 1000); l’altra metà deve aumentare la domanda dello stesso ammontare.
L’equazione dello scambio ci dice che quello che è pagato è esattamente uguale a quello che si è ricevuto: entrambi i membri dell’equazione sono quantità monetarie.
Senza considerare il valore della moneta l’equazione si riduce ad un fatto meccanico.
@Gerardo Coco
Anche qui non mi trovo: se M è fermo e V raddoppia, possono raddoppiare i prezzi, ma può anche raddoppiare q e i prezzi rimanere stabili. Che è quello che succede in un contesto di sovracapacità produttiva per quanto riguarda i beni.
E lo stesso discorso vale per V costante: se anche V è una costante, quindi domanda di moneta stabile, ma M aumenta, con iniezione forzosa di liquidità (concordiamo che quando c’è un’iniezione di liquidità questa è indipendente, anche contraria dalla domanda/offerta di monta?), allora può aumentare P, oppure può anche semplicemente aumentare q. Siamo certi che P aumenterà solo quando ci avviciniamo alla saturazione della capacità produttiva.
Riportando nel mondo reale: se la BCE invece che comprare titoli di Stato comprasse automobili della Fiat che altrimenti restano nel piazzale di Pomigliano, il prezzo dell’automobile non salirebbe, perché mai dovrebbe?
Solitamente a questa obiezione mi si risponde “ma se la BCE non lo comprasse il prezzo dell’automobile scenderebbe”. Che non è affatto vero, perché se la BCE non compra automobili, semplicemente la Fiat smette di produrle, non cala i prezzi.
Sia chiaro, non sto suggerendo che Stato, sovrastato o banca centrale comprino automobili, sto solo cercando di capire il meccanismo.
@Mario Rossi
Grazie del consiglio, lo cerco subito.
@Gerardo Coco
Seguendo la tua logica sull’Eurozona (che onestamente ha molto senso) quando dici che tra un paio d’anni l’Eurozona cosi’ com’e’ non esistera’ piu’:
non credi che sia piu’ probabile un’uscita dall’Euro di Grecia piu’, diciamo, almeno una tra Spagna e Italia?
E in quell’ottica (che vedo piu’ probabile di un’uscita della Germania) non credi che l’Euro di botto diverrebbe LA moneta di riferimento (al punto probabilmente di attirare l’attenzione anche di Svezia, Polonia e in prospettiva forse persino degli UK che a quel punto avranno forse un po’ di altarini scoperti?
Grazie anticipatamente.
Ottimo dibattito, complimenti a tutti, mi dispiace non avere tempo per intervenire.
Credo che Mario abbia centrato il punto chiave. V nel breve si muove e parecchio (vedi ultimi anni ). Ricordo di avere letto che Friedman nel suo monumentale studio sulla storia monetaria riusci’ a provare che invece, nel lungo periodo, V e’ abbastanza costante provando che l’equazione di Fisher, suo maestro, fosse quindi abbastanza utile. Di più’ non ricordo ……
@Lorenzo
Innanzi tutto quando interviene la politica che non ha nulla a che fare con l’economia, è difficile fare previsioni economiche a breve.
C’è solo da constare che l’euro è un progetto già fallito. Non solo è stato declassata la Francia (seconda economia eu), ma addirittura il fondo salva stati ESM,il che è il colmo. Un’”unione del debito” non potrà mai esprimere una valuta di riserva, il sogno della burocrazia europea.
Lo potrebbe, in teoria, se esistesse un unione fiscale e politica, come negli USA, ma potrebbe essere attuata solo coattivamente. Si perverrebbe all’unione delle repubbliche europee”, cioè un’altra area del rublo, senza sviluppo. Nessuna area monetaria è sopravvissuta nella storia salvo, appunto quella degli USA (che però è sorta democraticamente). Il dollaro poi ripeto è diventata valuta di riserva perché serve a comprare il petrolio e le commodities, quotate in dollari.
La Germania è ancora dentro questa trappola sia perchè per motivi storici non vuole essere considerata “antieuropea” (l’esperienza del nazismo è ancora condizionante) sia per volontà degli USA che temono che un collasso del partner eurozona porti al loro.
Bel problema per la Merkel che alle prossime elezioni dovrà dimostrare di saper assicurare ai tedeschi il mantenimento dei loro standard di vita già sulla strada del declino.
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# Mario Rossi
“l’articolo nel suo complesso è molto insoddisfacente e riporta dei luoghi comuni sostanzialmente errati”
Commento da bastian contrario privo di argomenti. Se c’è una cosa che caratterizza l’articolo è proprio di non basarsi sui luoghi comuni.
E’ l’articolo più fuori dal coro che abbia mai letto, non solo per come scrive della crisi e del ruolo della speculazione dei tassi ecc. ma anche per la soluzione che suggerisce.
@Gerardo Coco
Mi scusi ma la sua risposta mi sembra quella di un politico .
Io conosco pochissime cose concrete : immobili , oro , franchi svizzeri , c’e altro ?
Ma se poi viene la crisi epocale con cosa vivo ?con cosa compro da mangiare ? , vendo l’immobile , ma chi lo compra ? L’oro lo posso meglio vendere , sia pure a prezzi svalutati , i chf li posso usare in Svizzera , ma in Italia ?
Grazie per la risposta , anche se mi auguro che Lei sbagli previsioni .
@angela
Ovviamente sul fatto che il mio commento sia “privo di contenuti” sono di opinione diversa. Ma in ogni caso, l’idea che “la moneta VERA è quella d’argento, non mi fido di quella del governo” (o anche d’oro, non fa differenza) è davvero il più classico dei luoghi comuni, tipico di chi ignora duecento anni di storia delle dottrine economiche…
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x Mario Rossi
Mi pare che sia Lei a ignorare le dottrine economiche.
L’oro è stata la moneta internazionale per 200 anni durante i quali è avvenuta la rivoluzione industriale. Fu saltuariamente eliminato dalla circolazione per finanziare le guerre, inflazionando e finanziando deficit con moneta a corso forzoso.
Le ricorda qualcosa Wiemar?
@claudio di croce
Un politico le avrebbe risposto di tenersi l’euro.
A una domanda generica si risponde in modo generico. Se vuole dettagli deve rivolgersi a un assets manager. Se le dicesse di tenere un terzo in oro non la sconsiglirebbe male.
@angela
Ecco, allora visto che i governi possono sempre tradire le aspettative esistenti e svalutare la moneta (come a Weimar), chi ce lo fa fare di usare l’oro o l’argento in tempi normali, con tutti i guai che ne conseguono?
Del resto, chi ritiene di averne davvero bisogno (magari per far fronte alla profezia Maya, il 21 dicembre prossimo) può sempre andare in banca o ad un “compro oro” ed acquistarlo, il metallo prezioso.
@Mario Rossi, Angela
Ma se semplicemente ognuno potesse usare la moneta che vuole, non sarebbe tutto maledettamente più semplice?
Tanto non si esce da questa eterna discussione, perché non dare la più semplice e naturale delle risposte?
@ Mario Rossi
Che ragionamento! Ma allora di che cosa stiamo parlando?
Bravo, ha trovato lei il rimedio alla crisi, non c’è bisogno di cambiare politica, lasciamo che tutto affondi, tanto possiamo sempre andare in banca e comprare oro, magari anche dopo la svalutazione.
Certo che lei di economia se ne intende
@angela
No, la risposta di policy è quella a cui faccio riferimento nel commento originale, e se volete ve la spiego meglio. L’esempio che ha citato l’ho fatto per spiegare perché il “sound money” a cui l’articolo fa riferimento è un’idea profondamente sbagliata. Su questo concorda la stragrande maggioranza degli economisti, compresi alcuni importanti esponenti della scuola “austriaca”.
@Mario Rossi
Caspita, ma lei non ne azzecca una. Non sa che cosa sia l’economia austriaca alrtimenti nel suo confuso primo intervento (#16) non avrebbe sostenuto che l’inflazione è “influenzata sia da fattori reali che monetari”. L’inflazione è sempre un fenomeno monetario mai reale. C’è lo ricorda anche il monetarista Milton Friedman.
Si rilegga bene l’articolo e impari.
@angela
Suvvia, Milton Friedman si riferiva all’inflazione persistente e “galoppante”, quella che le economie occidentali hanno conosciuto negli anni ’70. E poi un economista austriaco dovrebbe rispondere, più correttamente: “ma per me ‘inflazione’ significa PER DEFINIZIONE un cambiamento nelle condizioni monetarie, non nel livello dei prezzi! Il livello dei prezzi dovrebbe essere lasciato variare nel tempo, per effetto dei mutamenti della produttività.” Che guarda caso è _esattamente_ ciò che intendo io nel mio commento!
@angela
Mi scusi Angela, ma la definizione “austriaca” dell’inflazione è “aumento della quantità di moneta senza che ci sia un corrispondente aumento della domanda di moneta” (Mises).
Quindi è assolutamente ovvio che, secondo questa definizione, l’inflazione sia un fenomeno monetario.
Il problema è nel secondo passaggio: secondo la teoria austriaca l’aumento della massa monetaria è l’UNICA causa dell’aumento generalizzato del livello dei prezzi.
E’ qui che arriva il dubbio, perché ciò non è sperimentato nella vita di tutti i giorni.
A meno che per “aumento” si intenda un “iperaumento” cioé un aumento di una percentuale molto importante.
Però, allora, andrebbe stabilito qual è questa percentuale “limite”.
Guardi più risponde, più emergono le sue lacune.
L’affermazione di Friedman è teorica (riportata nella sua Storia monetaria) e non si riferisce a nessun episodio.
La conseguenza dell’inflazione è l’aumento dei prezzi e quindi come scritto nell’articolo, la svalutazione della moneta, che prima di essere una conclusione austriaca è stata la conclusione della scuola classica, ovvero della Currency School.
Studi bene il pensiero e la storia economica.
Lei fa un altro errore grossolano (tuttavia questo perdonabile perchè lo fannno molti) quando scrive:
“C’è però un altro effetto che agisce in senso contrario, anche se in tempi più lunghi: è l’effetto Fisher, che fa invece innalzare i tassi d’interesse nominali quando la circolazione di moneta (quindi la spesa nominale che si rivolge a beni e servizi) aumenta”.
La variazione dei tassi infatti non dipende non dalla quantità di moneta ma da quella del capitale. Alrtimenti lei confonde il denaro con il capitale.
Questa
@angela
Sull’affermazione di Friedman, vale la risposta di Marco Tizzi: sarà anche teorica, ma ciò che importa è capire a cosa ci si riferisce quando si parla di “inflazione”. Affermare che qualsiasi cambiamento in un qualche indice del livello dei prezzi è legato alle condizioni monetarie, è semplicemente sbagliato e non risponde ai fatti.
Sulla scuola classica sono ovviamente d’accordo, ma va ricordato che le fluttuazioni monetarie hanno anche effetti di breve periodo, oltre a quello sul livello dei prezzi. Questi effetti sono discussi ad esempio già da David Hume (1752).
Sull’effetti Fisher, forse sono stato un po’ troppo sintetico: in effetti agisce sul tasso d’interesse naturale (nel senso di Wicksell), che dipende per l’appunto dal rendimento marginale del capitale e dalle preferenze temporali dei risparmiatori. Ma la banca centrale non può in ogni caso divergere a piacimento dal tasso naturale; prima o poi dovrà adeguarsi ad esso, quindi la sostanza non cambia.
@Mario Rossi
Cosa c’entra tutto questo con l’articolo proprio non l’ho capito
@angela
A me sembra che un po’ di umiltà’ e qualche rilettura farebbe bene anche a lei.
I problemi di cui si sta parlando , se l’inflazione sia sempre e comunque un fenomeno monetario, e la sostenibilità’ nel LT del fiat money, sono ancora molto aperti e in discussione. È non sono solo problemi di modello teorico, come mi sembra da Lei asserito, ma di analisi rigorosa di dati/storia.
Qualsiasi economista serio, e Friedman e’ stato tra gli economisti più’ rigorosi di tutti, prima di affermare qualcosa in questi campi di solito studia decenni di dati disponibili. Vedi la Storia Monetaria, libro tra i più’ analitici e di difficilissima comprensione – io non sono mai riuscito a finirlo – ma senz’altro tra i più’ rigorosi.
@angela
Sto rispondendo a lei, non a Coco.
Aggiungo: sarebbe anche importante separare definitivamente la sostenibilità della moneta fiat e l’opportunità della moneta fiat.
Tranne l’esperimento del bitcoin, infatti, la moneta fiat prevede un ente di emissione. E questo, quindi, acquista un potere molto forte.
Troppo, a mio parere.
Quindi secondo me comunque vada la moneta fiat non è opportuna. Ma questo non significa che non sia sostenibile. Alla fine non sono esattamente due giorni che usiamo moneta fiat…
@Jack Monnezza
La modestia non deve suggerirla a me, ma al Sig. Rossi nei confronti del quale ho iniziato la discussione. Gli articoli si possono criticare, ma con argomenti. Non si può scrivere “l’articolo nel suo complesso è molto insoddisfacente e riporta dei luoghi comuni sostanzialmente errati” e poi tirare dritto per altri argomenti con l’aria da sapientoni. Se si vuole tenere alto il dialogo nel blog bisogna fare diversamente.
Tra l’altro oltre a non essere motivata la critica è completmente fuori luogo. L’articolo oltre ad avere il merito della chirezza è proprio privo di luoghi comuni, a cominciare dall’affermazione che i tassi a zero sono incompatibili con lo sviluppo
Visto che guarda caso mi sono già espresso proprio sulla questione dei tassi, e che la Sig.ra angela non ritiene che i miei commenti siano diretti al “dialogo nel blog”, con molta modestia non credo di dover continuare questa discussione.
Ai lettori che nonostante ciò fossero interessati, suggerisco di andarsi a rivedere cosa accadde quando furono annunciati i vari QE negli Stati Uniti: i tassi a medio-lungo termine salirono anziché scendere (cioè le obbligazioni calarono di prezzo; mentre il prezzo delle azioni aumentò)… con buona pace di chi afferma che erogare liquidità in modo appropriato svantaggia i risparmiatori e porta alla decadenza negli investimenti.
@Gerardo Coco
Su questo non sono d’accordo.
Sono d’accordo sui difetti oggettivi dell’Euro (alcune economie probabilmente non hanno la capacita’ di farne parte), ma addurre come ragione oggettiva che le agenzie di rating hanno detto A piuttosto che B onestamente per me, nello scacchiere mondiale odierno, e’ come citare il parere del gatto e della volpe.
Quanto all’indubbio ruolo del dollaro come moneta di riserva, direi che e’ l’unica cosa che ancora lo tiene in piedi.
Se (per ipotesi) questo ruolo dovesse mancare anche solo parzialmente dall’oggi al domani avrebbero gatte da pelare 100 volte piu’ grosse per mille aspetti diversi che non sto ad elencare perche’ chiunque qua credo li conosca meglio di me.
Io credo che una moneta basata sul controllo dell’inflazione invece che sulla crescita (manipolata sia nei dati che nei metodi utilizzati per ottenerla) sia una strategia piu’ solida, realistica e sostenibile.
Chi vivra’ vedra’ comunque, ma mi pare che il giochetto dell’inflazione americana esportata ormai lo abbiano capito tutti e siano tutti stufi di sostenerlo.
Mario Rossi #44
Ma si dimentica di dire che sono scesi i tassi breve per finanziare il deficit.
I tassi a lunga sono saliti in maniera artificiosa perchè i bond gli ha acquistati la FED.
Chi è infatti quel pazzo che comprerebbe Tbond trentennali?
Mi scuso con lei, perchè ora ho capito: lei in realtà è un keynesiano ed è proprio per questo che ha criticato l’articolo, fortemente antikeynesiano. Ma lo poteva fare più elegantemente. Non me ne voglia.
@ MarcoTizzi
Caro Marco,
visto che mi ci tiri dentro, col solito grande piacere…..
Non mi è chiarissimo cosa intendi per “opportuna” quando parlo della moneta fiat. Intendi teoricamente desiderabile?
Se così, il fiat money forse sarebbe opportuno, perche’ ha qualche vantaggio di stabilita’ rispetto all’oro. Vantaggi spesso evidenziati dagli economisti.
Ma solamente in uno Stato in grado di mantenerne il valore (senza crearne in eccesso per finanziare la spesa) e le libertà’ civili e tutti gli altri orpelli di una democrazia liberale. Siccome questo e’ uno Stato ideale, che ancora non esiste, probabilmente non è opportuno neanche il fiat money che ne è, a mio modo di vedere, una conseguenza. In uno Stato imperfetto meglio l’oro.
Sulla sostenibilità credo che tra qualche hanno lo sapremo…..
Finora la Storia non è stata molto clemente sulla sostenibilità a cominciare da John Law (a proposito e’ tanto che non posta) e tutti gli altri molteplici esempi.
L’esperimento attuale e’ il più lungo e si basa in gran parte sulla solidità degli USA, sulla quale, come sai, nelle ultime settimane sono diventato molto scettico. Io credo che Nixon, quel week-end di ferragosto del 1971, fece il più’ grosso dei suoi errori, ma sarei contento di ricredermi….
@Jack Monnezza
Sì, intendo quello.
Una moneta fiat potrebbe anche essere più stabile dell’oro, la cui possibilità di estrazione non è uguale nel mondo, si possono creare cartelli, carenze, eccedenze, etc. etc.
Ma in realtà è come dici tu: gli Stati diventano troppo potenti.
Allora che si fa, si torna ai dobloni? No, secondo me nella discussione tra Hayek e Rothbard sulla moneta aveva ragione Hayek: l’unica possibilità è la libertà totale.
Anche perché esistono esperimenti monetari interessanti in giro, il bitcoin è sicuramente il più interessante, ma ce ne sono altri, quindi imponendo una moneta si rischia di farsi male.
Gira che ti rigira si torna sempre lì: lascia che la gente faccia quel che gli pare e vedrai che le cose vanno a posto 😉
Il gold standard di Nixon era ormai talmente all’acqua di rose che fu quasi costretto. Il danno successe davvero a Breton Woods: non tanto per le decisioni monetarie che vennero prese, ma perché passò il principio che uno sparuto gruppo di persone potesse ritrovarsi e decidere i destini del mondo. Ovvio che poi succedano danni.
Tipo decidere che un numerino in un computer abbia un valore reale.
Ho riletto l’articolo con più’ calma.
Complimenti a Coco per l’ottimo articolo che condivido nella quasi totalità’.
Non capisco la solita dicotomia economia reale/finanziaria, l’economia e’ una sola, e le fesserie sul casino’ dei derivati e la speculazione che guadagna in un ambiente come questo. Ma dove ?
@Marco Tizzi
Si vero, Nixon fu un po’ vittima e poté fare poco.
I veri danni furono fatti prima, nel 1933-34, da FDR in primo luogo, quando iniziò a sospendere la convertibilità privata, confisco’ l’oro $21/oz e tutti gli altri errori del New Deal che Bernake ha tanto studiato ma da cui poco ha imparato…
Breton Woods non fu male come tentativo, date le circostanze….
@Jack Monnezza
Il problema di BW fu che, paradossalmente, per sconfiggere il comunismo si stabilì che l’economia può, anzi deve, essere pianificata.
Da lì in poi fu sempre più tutto un Bildeberg, Trilaterale, Banche Centrali, bla bla bla bla bla e man mano si cominciò a staccarsi dall’economia reale.
Fino ad oggi, che di reale non c’è più nulla.
‘Notte Jack, a presto.
Quante dotte citazioni, mi sento molto ignorante, pero’ ho due domande che spero possano ricevere risposte esaurienti:
– come mai in questa situazione tragica del debito ( che era gia’ tragica nel 2008) ancora non e’ successo l’ armageddon suggerito dall’ articolo? Ormai sono piu’ di dieci anni cheviviamo con un debito sempre crescente, comincio a pensare che la iper inflazione sia come le profezie di nostradamus…devono avvenirema non domani..sempre dopodomani
– in fondo negli usa il debito dalle banche un po e defluito nella economia reale, ma l inflazione e piu bassa di quella italiana mi sembra, non e’ che il clamoroso spostamento della produzione nel terzo mondo abbia accresciuto cosi tanto le potenzialita della economia mondiale da superare gli effetti della politica inflazionistica occidentale?
Mi scuso per la mia ironia, e’ dovuta alla tarda ora, buonanotte a tutti
Jack Monnezza
Per me i veri danni nascono un po prima del 1933, nascono con la crisi del 1929
Jack Monnezza e Marco Tizzi, a mio parere Bretton Woods è stato un sistema assolutamente _criminale_ per il modo in cui fu congegnato, ed in primis per aver fatto passare l’idea che i tassi di cambio fissi sono una buona cosa. L’unica attenuante che gli si può concedere è di essere stato figlio dei suoi tempi, in fondo il sistema aureo era stato abbandonato da poco. Ma sul serio, non c’è nulla di più economicamente criminale ed aberrante dei tassi di cambio fissi, a parte ovviamente i piani quinquennali in Corea del Nord.
1. Il sistema del gold standard fu un vero e proprio disastro, e si può dire che fu una delle cause principali della seconda guerra mondiale.
2. Negli anni ottanta il Cile ebbe la geniale idea di agganciarsi all’USD, ed entrò in una recessione gravissima. Poi passò all’inflation targeting e risolse il problema.
3. Nel 1994 il Messico fu costretto a svalutare improvvisamente il peso, perché avendo stimolato troppo l’economia in condizioni di cambi fissi, entrò in una crisi della bilancia dei pagamenti.
4. La stessa cosa accadde nel 1997-98 a molti paesi asiatici. A parte i gravi effetti diretti, ciò portò anche alla diffusione di atteggiamenti anti-occidente ed anti-liberali in alcuni di questi paesi, di cui ancora oggi vediamo le conseguenze.
Poi si inziò a dire che il cambio fisso doveva essere “credibile”, in questo modo nessuno avrebbe osato fare “attacchi speculativi”.
5. Nonostante questo, anzi in realtà proprio per questo, la crisi dell’Argentina del 2001 fu ancora più grave delle precedenti.
Allora, qualcuno pensò, non basta un sistema credibile, bisogna proprio abbandonare le monete preesistenti ed adottare una moneta unica, in modo che a nessuno verrà mai in mente di uscire (perché il costo da pagare sarebbe effettivamente enorme) e saranno tutti nella stessa barca!
6. E questo portò alla crisi dei PIIGS del 2008–2018.
Scusate per la retorica un po’ esagerata, ma i tassi di cambio fissi sono un’altra variante dell’idea del “sound money” che non tiene assolutamente conto della realtà economica, e gli effetti sono davvero sotto gli occhi di tutti.
@ Mario Rossi
Non credo sia intellettualmente onesto sparare affermazioni del tipo di quella di cui al punto 1 senza giustificarle con uno straccio di ragionamento e di prova a sostegno. Che il gold standard sia stato il disastro che Lei dice mi pare per lo meno un azzardo, ma che poi sia stato la causa della seconda guerra mondiale, via….
@Riccardo
Perché lo schema Ponzi può andare avanti all’infinito. Può scoppiare e ricominciare, non c’è una fine: si può sempre fare debito per pagare altro debito.
L’armageddon vero può arrivare solo quando (e se) gli operatori economici non crederanno più nella moneta inventata dal nulla e smetteranno di usarla come mezzo di scambio.
Ma considerando il fatto che chi emette e controlla la moneta è l’unico soggetto legalmente armato, secondo me questo non avverrà mai: quando ci si avvicinerà a quel momento ci punteranno la pistola alla testa e ci diranno “usa la moneta”.
Coco non è d’accordo con questa visione… e io spero alla fine che abbia ragione lui, perché l’armageddon è certamente meglio della perdita di ogni banale libertà.
@Mario Rossi
Sui tassi fissi rimando alla risposta di Gary North a Huerta de Soto riguardo l’Euro:
garynorth.com/public/9702.cfm
Un pezzo assolutamente da leggere, con un po’ di pazienza. Credo si trovi in giro anche la traduzione di entrambi gli articoli.
Mi accodo però a Mario sulla concausa della seconda guerra mondiale. Che secondo me c’è stata perché il primo ciclo espansionistico tedesco è stato gestito malissimo: alla fine della prima guerra mondiale la Germania è stata messa troppo in ginocchio dal punto di vista socio-economico e non è stata messa sotto controllo dal punto di vista militare. Dopo la seconda si è esagerato nell’altra direzione, ma almeno la limitazione militare è stata molto forte.
Secondo me si da troppo peso alla differenza tra gold standard e moneta fiat “pura”. Gary North lo spiega meglio di quanto potrei mai fare: una volta che una moneta è inventata, gestita ed imposta da qualcuno fa poca differenza.
Alla fine ha ragione Giannino dicendo che una Banca Centrale che dichiarasse ex-ante il livello di espansione monetario e non uscisse dal percorso sarebbe più stabile dell’oro.
Il problema sta nel fatto che nessuna BC lo farà mai, per lo stesso motivo per cui non esisterà mai uno Stato minimo: l’appetito vien mangiando.
@ Mario Rossi e altri
Tante delle cose di cui scriviamo sono opinabili, nel senso che è 100 anni che economisti dibattono (cause/rimedi depressione 29, inflazione solo fenomeno monetario ?, etc…).
Su una, però, non mi sembra ci sia molto da dibattere, mi sembra un fatto. Cioè che il gold/silver standard e’ stato per 2000 anni lo standard ed è, tutto sommato, come per la democrazia, il meno peggio visto fino adesso. L’altro fatto e’ che da circa 100 anni’ e’ in corso, on e off, l’esperimento della moneta fiat. Come finirà’? Forse non dovremmo aspettare molto per saperlo. Siamo fortunati no !
La mia opinione e’ che finirà molto male e anche abbastanza presto……sono d’accordo con Coco….
Il problema vero e’ che non è possibile tornare ad uno standard metallico.
Perché? Perché il nostro caro Stato non lo permetterebbe. Ripassatevi cosa fece FDR nel 33.
Quindi siamo fregati perché non c’è’ via di ritorno dal sistema fiat.
Ed e’ questo cosa mette paura nell’investire in oro. L’oro puo’ essere dichiarato illegale in una notte, o messa una bella tassa sul possesso privato, descritto dai media in una notte come strumento dello speculatore, nemico dell’economia reale, peggio dei paradisi fiscali e tutta l’altra propaganda di regime.
L’oro e’ il vero prossimo nemico del nostro caro Stato, Stato basato su una valanga di moneta fiat……
Cosa fare ? Qualche idea ?
@Jack Monnezza
Come sai, non riesco ad abituarmi al meno peggio 😉
Vale per la democrazia come per la moneta…
@Marco Tizzi
“Alla fine ha ragione Giannino dicendo che una Banca Centrale che dichiarasse ex-ante il livello di espansione monetario e non uscisse dal percorso sarebbe più stabile dell’oro.”
Questo e’ quanto proposto 20-30 anni fa da MF ed altri. Cioè una moneta fiat in automatico(M a + 2%/anno o qualche altra variabile legata ad attività economia), senza nessun potere discrezionale da parte di FED e BCE. Draghi e Bernake sostituiti da un computer!
E mi sembra proposta ripresa da Ron e Rand Paul recentemente, che non è’ piaciuta a BB…
Giannino propagande tante belle idea, e anche bene, peccato che poi pecchi nella sintesi. Continuando a cincischiare si è’ fatto anticipare alla grande da Silvio che incamererà un bel po’ di voti anti-Monti e anti-tasse e anti-Merkel….
Forse anche il mio…
Marco Tizzi Says:
dicembre 9th, 2012 at 11:53
@Jack Monnezza
Come sai, non riesco ad abituarmi al meno peggio
Vale per la democrazia come per la moneta…
Forse è’ solo una questione di età….:)
@Jack Monnezza
Intanto, scusate, ma festeggio le dimissioni del professor Monti. Non lo sopportavo più.
E adesso si prospetta la più bella campagna elettorale di tutti i tempi: Berlusconi-Monti-Bersani-Grillo
Se non fosse che diventeremo poverissimi, c’è davvero da divertirsi. Ma forse è il caso di divertirsi lo stesso.
Riguardo al Cavaliere oggi ho scoperto una cosa inquietante: lui crede di essere Daltanius! Un cartone animato degli anni ’80, la cui sigla ben esprime quella che sarà la sua campagna elettorale (ascoltare bene le parole):
youtube.com/watch?v=EiSc4Wobqg4
@Marco Tizzi
Sulle banche centrali, non sono molto d’accordo. È vero, sappiamo dalla teoria economica che il sistema stato + banca centrale dovrebbe essere portato a comportamenti “di comodo”, però dagli anni ’80 circa la loro stabilità è realmente migliorata grazie all’idea di farne delle “autorità indipendenti” dal controllo politico diretto. Magari la crisi del 2008 dovrebbe mettere in discussione questa stabilità, ma il fatto strano e difficile da spiegare è che questo avviene, non con un’inflazione incontrollata, ma al contrario con una stretta della liquidità (almeno a voler accettare il criterio di MV come indicatore, su cui concordano importanti economisti austriaci come Selgin, Larry White e Steven Horwitz).
@Jack Monnezza
Che in merito alla confisca dell’oro esistano dei precedenti preoccupanti in effetti è vero, però l’oro è solo uno dei tantissimi asset su cui si potrebbe puntare come riserva di valore. In fondo non è neanche vero che “l’oro ha un valore che resta sempre stabile” come afferma qualche fautore di questo metallo. Pensi solo all’effetto che l’ascesa di Cina e India sta avendo sul suo mercato.
@Mario Rossi
Be’, ma personalmente io non voglio nemmeno lo Stato, quindi…
Sì, lo so, lo so, non succederà mai. Si fa per dire 🙂
@Jack Monnezza
Per la verità mi riesce difficile capire cosa un voto “contro Monti e contro le tasse” implichi sul piano pratico. Vedo due possibilità: (1) un default incontrollato come è avvenuto in Argentina, con pessime conseguenze; (2) un commissariamento da parte di autorità come il Fondo Monetario Internazionale. Forse c’è qualche speranza che la seconda possibilità possa migliorare il comportamento dei nostri pessimi politici, almeno nel lungo periodo, ma anche questo mi sembra un azzardo.
C’è sempre la (3): saltano in aria i concetti di Italia e di Europa e ricominciamo ad occuparci di noi stessi.
La speranza è l’ultima a morire…
@Marco Tizzi
grande cena di celebrazione ieri sera, grazie Silvio ! Per averci liberato per qualche mese da MM.
MM e’ riuscito a riabilitare i “tempi del Savonarola”, si dirà, se sopravviviamo, “come a tempi di MM”…
La Bocconi non si riprenderà mai più come reputazione universitaria dopo questo illustrissimo rettore….
Le elezioni, hai ragione, saranno bellissime, per uno spettatore, godiamocele…
Peccato che spettatori non siamo. Chiunque vinca, nel pranzo pasquale post- elettorale, noi non saremo ne spettatori, ne’ commensali, ma avremmo il ruolo, chiunque vinca, di agnello o tacchino o capitone a seconda della tradizione….
@Jack Monnezza
Sì e già da domani sarà ci sarà da ridere all’apertura dei mercati…
Ma potrebbe arrivare già stasera la notizia che tutto il mondo attende: la candidatura del Professorissimo.
Lo vedo bene in campagna elettorale.
Nel frattempo FiD ufficializzala candidatura “fuori dagli schemi”, ma secondo me se si candida Monti si allineerà. E Giannino potrebbe far sparire Casini dalla faccia della terra, cosa che non mi spiace affatto.
E tra l’altro, rimanendo il porcellum, il M5S dovrà presentare un candidato premier. Anche lì ci sarà da ridere… come lo scelgono?
Mamma mia, che macello!
Forse ha ragione Coco. E la storia dei Maya non era proprio campata in aria…
suggero versione inglese più completa, esplosiva
see http://www.zerohedge.com/news/2012-12-07/guest-post-where-here
@Jack Monnezza
#8
Gran bel dibattito e gran bei suggerimenti di letture. Molto interessante l’articolo di Gary North che ha il merito di fare un po’ di chiarezza su cosa è stato in realtà anche il gold standard classico (che fra l’altro era accompagnato da un elevato protezionismo).
Fast forward al giorno d’oggi può darsi che a poco a poco l’oro riprenda nella testa della gente la caratteristica di moneta universale, cosa che è stata nel passato e che è negata largamente nel presente se non dai gold bugs o dai vari proponenti della sound money. Qualche timidissimo segnale esiste, come la fine delle vendite da parte delle CB occidentali, gli acquisti delle CB emergenti, la rivalutazione al 100% (dal 50%) dell’oro come asset bancario in Basel III.
Oggi, dopo dieci anni di rialzo di prezzo, molti sono sì interessati all’oro, ma lo vedono largamente come una commodity o un asset speculativo. Il possesso di oro è generalmente libero ma p.es. le plusvalenze in valuta fiat di riferimento sono tassate in vario modo (in America p.es. come collectible al 27%).
Circa la domanda di che fare forse sarebbe sufficiente che gli stati riconferissero all’oro ruolo monetario, permettendo nuovamente l’uso della clausola oro nei contratti e non tassando in alcun modo il suo possesso privato (se non con la normale tassazione patrimoniale per quegli stati che la prevedono), nè dell’oro fisico nè dell’oro in forma finanziaria (ETF, swaps, depositi, etc…). Poi potrebbero pure continuare ad usare le varie monete fiat, ma in tal modo i gradi di libertà per sgarrare verrebbero ridotti in modo drastico e, ciò che più conta, la gente sarebbe in grado di difendersi. La cosa avrebbe importanti implicazioni, p.es., anche nei sistemi pensionistici, che oggi sono assolutamente disarmati di fronte all’esplosione dell’emissione di valuta fiat e al quasi azzeramento dei tassi a lunga. Cosa succederà a tali sistemi se la velocità di circolazione prima o poi salisse sul serio. Verranno cmq devastati, vuoi da inflazione vuoi da rialzo dei tassi se (dubito) le CB riducessero i loro passivi.
Tra le altre cose il dollaro cesserebbe di essere la valuta di riserva (lo diventerebbe l’oro) e questo contribuirebbe a mettere a posto alcuni squilibri (economici e politici) che tutti conosciamo. La quantità d’oro varia sì, ma di poco rispetto allo stock, e nell’unico caso storico in cui è variata di molto (nel XVII secolo) si è…deprezzato l’oro.
In fondo si tratterebbe solo di dare al mondo un pochino più di libertà…
@Jeremy Rydian
Still the same problem also in english version: it’s real life experience that price level always adjusts upwards, seldom adjusts downward.
“…if money is abundant and goods are scarce, their prices increase and currency depreciates. Inflation rises when the monetary aggregate expands faster than goods. Conversely, if money is scarce, prices fall and the opposite, deflation, occurs…”
If money is scarce, producers can stop producing and goods can become scarce, without any price difference.
“If money is scarce, producers can stop producing and goods can become scarce, without any price difference.”
I think that should be: goods can be in excess supply (the market for goods fails to clear, at prevailing prices), so producers withdraw from the market as their returns from goods production fall. Involuntary unemployment thus also increases as workers’ marginal product is driven down. See e.g. “Recession is always and everywhere a monetary phenomenon”.
@Gerardo Coco
Io ho una sola domanda, la moneta è esogena o endogena?
Egregio Dott. Coco,
per quel poco che io so di teorie economiche mi pare che ciò che Lei ha scritto sia chiaro e, per quanto mi riguarda, condivisibile.
Siccome in questo periodo, tenendo anche conto di quello che Lei scrive, il mestiere più difficile penso sia quello di investire soldi, Le chiedo: come vede adesso l’investimento in immobili di qualità da mettere a rendita?
Se avrà la cortesia di rispondermi farò senz’altro tesoro della Sua risposta.
Sul debito pubblico ho letto l’interessante trasmissione fatta da Oscar Giannino su radio Radicale. A tal proposito su un Blog si critica aspramente la tesi di Gianni no perché oltre che superficiale sarebbe pure errata. Qui, di seguito, elenco il blog da cui ho appreso la notizia: http://econoliberal.blogspot.it/2012/02/gli-strani-calcoli-di-oscar-giannino.html
Sicuro di una vostra gentile risposta vi Saluto cordialmente
@Leonaro Sperduti
Tutte e due. Le banche creano liberamente prestiti sulla base delle loro riserve a meno che non intervengano fattori esogeni determinati dalla banca centrale che espande la base monetaria e manovra i tassi.
@Signor Rossi
Bisogna intendersi sulla qualità e destinazione d’uso, se è già funzionale ecc. Se un immobile è storico e collocato nel centro ma non è funzionale ci sono difficoltà. Poi dipende dal prezzo. Molti prezzi sono d’asta (spec. gli immobili d’epoca) e allora ha più rilevanza il valore d’uso che quello di mercato. L’investimento può essere buono anche in periferia se il prezzo è molto basso. Guardi sempre alla capitalizzazione del reddito tenendo conto dell’inflazione. Insomma si prospera agli estremi: tanto nell’alta che nella bassa qualità. Parola di un ex immobiliarista.
Egregio Dottor Coco,
innanzitutto grazie per la Sua cortese risposta.
Adesso Le spiego il motivo della mia domanda (credo, infatti, che il mio caso sia comune a molti): ho una certa somma ferma da mesi sul c/c che non so come meglio investire.
Da tempo, nella mia ignoranza, ho il sentore che il Gran Drogato (altrimenti detto economia mondiale) prima o poi schiatterà per overdose di stimoli fiscali. I Suoi articoli, ma non solo quelli, mi confermano in questa mia sensazione.
Devo essere sincero, ho una fifa blu di mettere i miei soldi in qualcosa e poi non rivederli più. Nello stesso tempo, tuttavia, mi secca vedere questa somma sul c/c erosa poco a poco dall’inflazione.
Anch’io sono convinto che in un mondo in cui il denaro potrebbe diventare carta straccia è bene possedere beni fisici di qualità. Ma quali beni?
Certo, in tal caso meglio possedere dei muri (gli immobili) che della carta straccia, ma, siamo poi sicuri che anche questi, per quanto di qualità, non si svalutino in caso di iperinflazione?
Insomma, per venire al dunque, se Lei fosse l’assets manager (o, se preferisce, il fratello maggiore che ha compiuto studi di economia e di finanza) di uno dei tanti investitori dubbiosi come me, che cosa mi/ci consiglierebbe?
Spero ardentemente che la Sua risposta non sia: “comprate lingotti d’oro, un fucile e cibo sufficiente per passare l’inverno”!
La ringrazio anticipatamente per la risposta che vorrà darmi e non vedo l’ora di leggere un altro dei Suoi interessanti interventi su questo blog.
@Signor Rossi
Gli immobili e in generale i beni tangibli non si svalutano in caso di inflazione perchè il loro valore aumenta rispetto alla valuta che lo perde. Di più non posso dirle in questo blog.
Applausi sinceri per entrambi. A Marco per aver fatto scendere dall’Olmo un guru del Blog. Al dottor Coco per aver risposto. Siamo in campagna elettorale d’altronde. Caro Dott. Coco però Lei, inconsapevolmente ha consegnato le chiavi del Blog a Marco, che ora si sentirà autorizzato ancor più ad innamorarsi della propria immagine riflessa ed imperversare con critiche, affermazioni e torrenziali diatribe in collaborazione con i suoi “Ascari “( Marco non se la prenda, mi piace stuzzicarla, in fondo sono un po geloso). Interessante discussione accademica la vostra, che, su di un Sito di economia e politica, non guasta mai, purché di essa non se ne abusi. Come insegnava il Maestro Indro Montanelli per la storia, avvicinare la gente alla cultura economia è una vera e propria missione nel nostro Paese, in cui v’è una carenza cronica. L’Oro è vero che non si stampa ma si produce, con dei costi di estrazione che lo rendono inevitabilmente diverso dalla moneta. Però è altrettanto vero che nelle economie, avendolo sganciato dalla moneta, rendono la finanza più forte ed i proprietari di miniere più deboli di prima. Se ne ha la prova volgendo lo sguardo allo strapotere mondiale che hanno le Major petrolifere, o dei Paesi produttori di Petrolio. Infatti non è possibile sganciare, per il momento, la Commodity più importante del mondo dalla produzione industriale, e per la quale si decidono la guerra e la pace sul pianeta. Per quel che riguarda i prezzi dei Beni rapportati all’aumento del prelievo fiscale mi sento di affermare che assolutamente ne sono influenzati in modo diretto, anzi, alla faccia del distorsivo, ne abbattono il valore, eccome! Soprattutto quando viene deciso dall’oggi al domani di raddoppiare od, in alcuni casi triplicare, la tassazione di un Bene, come nel caso della Commodity finanziaria più in voga nel nostro Paese, cioè il mattone. I suoi prezzi, a causa della suddetta ipertassazione che non può essere decompressa sulle transazioni o sugli affitti, hanno cercato di resistere al ribasso violento, ma nel medio periodo diventa inevitabile che succeda, e sta succedendo! D’altronde il suo antagonista, il Btp di lunga scadenza, in un Paese che ha il terzo debito del mondo ed essere soggetto ad una tassazione minima, non ha fatto una piega. Non vendere una casa o vederne il prezzo crollare, oltremodo, sono due facce della stessa medaglia. No! Le automobili sono un’altra faccenda, i Player hanno dimensioni tali che agiscono a livello di oligopolio mondiale, di conseguenza gli Stati in cui hanno le fabbriche gli mettono a disposizione ogni sorta di favoritismi, agevolazioni ed ammortizzatori sociali per la manodopera impiegata, permettendo ai rispettivi magazzini di rimanere pieni ed ai mezzi di produzione di rimanere fermi nei tempi di ammortamento, con maggior agio di resistenza alle crisi rispetto a settori in regime di normale attività economica. La definizione di aggregato monetario, Dott. Coco , la trovo di una freddezza cinica tale che il solo averla riportata e non inventata, credo non faccia un favore al movimento FERMARE IL DECLINO, se, come “grande elettore”, ha il compito di mettere a disposizione delle forze liberali qualcosa che superi un misero 0,7% dei voti dato dai sondaggi: in un Paese come il nostro in cui la ricchezza delle famiglie è drasticamente crollata a causa di una politica fiscale che aggredisce i conti correnti, affermare che il volume della spesa disponibile non diminuisce, ma sposta semplicemente la preferenza sulle singole voci di Beni, mi pare un tantino provocatorio. E’ vero, però solo in virtù del fatto che si definiscono Beni anche i servizi forzosi e di scadente qualità imposti dallo Stato, per i quali ormai il baricentro di spesa delle famiglie è completamente spostato. Quelli sono Mali e non Beni. La gente stringe i denti e si inventa economie di guerra, altro che l’esempio della benzina. Tempo fa ricordo che i supermercati dovettero impedire l’acquisto di bancali interi di olio di Colza da parte di automobilisti disposti a viaggiare su autentiche friggitrici. Un ultimo pensiero va alla valuta delle valute per antonomasia, l’Oro. La moneta mondiale rimarrà ancora per un bel po il Dollaro, per il semplice motivo che rappresenta la valuta della più grande e potente industria bellica del mondo. Il Paese più potente militarmente è sempre stato, e sempre sarà quello che impone le proprie regole ai mercati. Quindi solo quando esploderà un conflitto tra Usa e Cina l’Oro avrà davvero un ruolo egemone, ma solo temporaneamente, in quanto non sarà chiaro chi imporrà sulle transazioni di materie prime la propria moneta. India ed Iran commerceranno anche in Oro, ma l’India si sa che per il metallo giallo ha sempre avuto un debole.@Gerardo Coco
@Barani Umberto
Ma… Marco sono io?
Se sì, sono stato più volte in polemica con Coco, ma non è questa una quelle. Almeno: non voleva esserlo.
Volevo chiarire l’aspetto del bilanciamento dei prezzi verso il basso, perché secondo me è una teoria molto in voga tra gli economisti austriaci, che però vanno contro lo stesso principio fondante della loro scuola, ovvero che l’economia non è una scienza meccanica e che quindi non esiste un principio di causa-effetto assoluto.
E’ un dubbio. Che, sinceramente, non ho sciolto.
@Marco Tizzi
Caro Marco non ho scritto polemica, ma discussione. La pungolo perché la considero dotato di ironia, in realtà Lei è una persona molto competente, anzi sicuramente più del sottoscritto in materia di economia politica. Ho i suoi stessi dubbi, ma credo che tra un economista ed un capitano d’industria, od un finanziere, ci sia la stessa differenza tra uno scribacchino ed uno scrittore. Lei conosce qualche economista diventato ricco dal nulla? I primi sono stipendiati da cattedre universitarie, i secondi l’economia la controllano attraverso uomini nei posti chiave delle istituzioni. Il giochino, in linea di massima è tutto qui. Anche perché spesso, tra economisti, si dimenano su diverse scuole di pensiero. Poi, per carità, tanto di cappello alla loro erudizione. Ma se posso il mio tempo lo dedico ad altre letture, inerenti, spesso, alla vita di uomini che hanno fatto, nel bene e nel male, la storia. Mi sopraggiunge un aneddoto: negli anni 70 c’era una “scuola di pensiero” in medicina che riteneva indispensabile somministrare Calcio ai bambini, per scoprire poi che col tempo non solo era superfluo, ma danneggiava il sistema nervoso. Fu chiesto scusa ma, in alcuni casi, il danno era fatto.
@Barani Umberto
Credo di aver espresso più volte il mio giudizio assolutamente negativo sulla categoria “economisti”, che ritengo una vera e propria invenzione del potere per dare una patina di “scienza” alle proprie scelte.
Per me la scienza resta solo quella dove si può applicare il metodo scientifico, quindi non riusciranno mai a convincermi.
Purtroppo si da il caso che ad oggi siano i padroni del mondo, tanto da essere addirittura definiti “tecnici”. Si immagini che insulto per chi ha fatto il Politecnico sentire chiamar “tecnico” un bocconiano!!!!!
Ma pace. Fatto sta che tocca prendere qualche informazione più del dovuto per evitare di farsi prendere fino in fondo per i fondelli.
Solo che in questo caso specifico non ritengo Coco un vero e proprio “economista”, anche perché è proprio la scuola austriaca di economia a dire che l’economia è una “scienza sociale” (che epr me vuol dire che non è una scienza). Son quindi davvero curioso di chiarire questa cosa dei prezzi, ma non ci si riesce. Anche perché nel sito dei “guru” italiani della scuola austriaca mi hanno dato risposte del tipo “la scuola austriaca non si discute, ha ragione e basta, se vuoi metterla in discussione rivolgiti altrove”. Che non mi ha fatto proprio esattamente un bellissimo effetto, anzi mi ha fatto un po’ venire l’orticaria, dato che sono allergico alla religione.
P.S.
Mi fa venire in mente un mio amico che definì i consulenti come me “i guardoni del business”. Gli chiederò come definisce gli economisti.