Banche e bail in: la prova delle colpe di Bankit e Consob
Personalmente, sono attonito da quel che sta avvenendo nella vicenda della “risoluzione” delle 4 banche italiane avviata per decreto legge dal governo. E’ senza precedenti storici la durezza dello scontro frontale con l’Unione europea avviato tre giorni fa dall’audizione in parlamento di Bankitalia. E’ senza precedenti la dura smentita immediatamente venuta a via Nazionale dalla Commissione. E’ senza precedenti il rilievo da Bruxelles che le banche italiane vendano ai loro correntisti e clienti retail prodotti finanziari riservati per rischio agli investitori istituzionali. Ma invece di occuparsi del merito della vicenda, per capire se abbiano ragione i regolatori nazionali e quali siano le loro responsabilità, le reazioni dominanti sui media italiani sono tutte ispirate a una specie di giusta rivalsa contro una perfida Europa che vuole metterci sotto. Leggo sull’editoriale di oggi del Corriere della sera che “non ci si può illudere di affrontare il problema (cioè le banche fallite) facendone pagare il conto maggiore a risparmiatori e azionisti nella grande maggioranza, riteniamo, alquanto ignari”. Gesù prega per noi, se siamo al punto di dover spiegare al primo giornale d’Italia che gli azionisti sono investitori che partecipano a un capitale di rischio, e non depositanti.
Ma poiché per toccare tutte le questioni venute al pettine servirebbe un libro e non un articolo, mi fermo solo su alcuni punti.
Abbiamo appreso da Bankitalia in parlamento che via Nazionale era per posticipare l’attuazione del meccanismo di risoluzione europeo – il cosiddetto bail in – almeno fino al 2018. E che ne chiedeva l’applicazione solo per le obbligazioni subordinate bancarie emesse successivamente alla sua entrata in vigore. Questa seconda richiesta è molto singolare: è ovvio che le procedure di risoluzione si applichino alle diverse componenti del capitale in essere, non a quelle “a venire”. La prima spiega invece perché Bankitalia, insieme all’ABI, abbiano ripetuto e fatto scrivere a tutti i giornali italiani per tutto il 2015 che depositanti e obbligazionisti della banche italiane – anche di quelle commissariate – non dovevano preoccuparsi: perché sarebbe stata varata una bad bank italiana con il consenso europeo per smaltire la mole di 340mld di credito deteriorato in pancia alle banche italiane, e perché alla ricapitalizzazione delle commissariate avrebbe pensato il Fondo Interbancario di tutela dei depositi. Peccato che, a chiunque si occupasse di tali cose, risultasse evidente sin da inizio anno che non ci sarebbe stata né l’una né l’altra cosa. Perché la Ue non avrebbe autorizzato una bad bank attraverso cessioni dei crediti deteriorati effettuata a un prezzo diverso da quello bassissimo praticato dal mercato rispetto ai valori di libro, per di più a un veicolo ad hoc a garanzia pubblica di CDP. E perché l’intervento già deliberato a fine 2014 su Tercas dal Fondo Garanzia Depositi aveva ottenuto già nel febbraio scorso una dura critica da parte europea, per la stessa ragione e cioè per aiuti di Stato. La memoria di allora della Commissione è molto chiara, e non configura una bocciatura piena come Bankitalia ha invece detto due giorni fa al parlamento: dice invece che si può usare il Fondo garanzia depositi – malgrado esista per tutelare i depositanti e non gli obbligazionisti – se e solo se non configura aiuti di Stato, e cioè se il suo intervento è giustificato da una congrua valutazione di analisi costi-benefici che dimostri inequivocabilmente che sarebbe più onerosa una qualunque altra soluzione praticata da soggetti di mercato a prezzi di mercato. Come e perché Bankitalia dimentichi tutto ciò e addossi alla Ue la responsabilità di aver escluso a tavolino una soluzione per la quale Bruxelles aveva indicato la condizione nella quale poteva essere attuata, per me resta un amaro mistero. Sta di fatto che per queste ragioni dai vertici del regolatore bancario e dell’associazione bancaria per tutto l’anno e fino a pochi giorni prima dell’intervento del governo è stato detto ad azionisti, obbligazionisti e correntisti bancari di non preoccuparsi. Sulla base di valutazioni rivelatesi completamente infondate.
In realtà abbiamo sempre saputo che dal primo gennaio sarebbe entrato in vigore il bail in. Ma ecco che sulle 4 maggiori commissariate scatta in pochi giorni un’operazione di emergenza, per evitare che ricada nella piena vigenza della direttiva europea che parte da gennaio, e che Bankitalia non condivide. La sorpresa di decine di migliaia di obbligazionisti subordinati dei 4 istituti esplode, ed ecco che in poche ore la colpa viene riversata da Bankitalia e dal governo sulle spalle dell’Europa. Ancor oggi non sappiamo molte cose essenziali, dell’operazione. Chi ha davvero effettuato la scelta dei crediti deteriorati passati alla bad bank? Chi ne ha giudicato la qualità dei collaterali e delle garanzie escutibili? Le 4 banche commissariate? La vigilanza di via Nazionale? Il Fondo di Risoluzione bancario, creato a via Nazionale e che in teoria dovrebbe essere indipendente e separato dalla vigilanza? Ma come avrebbe potuto farlo, se era stato creato solo un paio di giorni prima? Chi ha deciso insomma l’abbattimento dell’83% del valore di cessione dei NPL alla bad bank rispetto a quelli di libro? Bankitalia dice che è stata Bruxelles a imporlo. Esiste un documento che lo certifichi, e che abbia dunque impedito un giudizio per classi e qualità dei crediti?
A sapere con certezza che il bail in scatta tra pochi giorni c’era anche la politica italiana: visto che al parlamento europeo sinistra e destra l’hanno votato, e persino la Lega si è solo astenuta. Chi l’ha votato, dovrebbe per elementare dovere spiegare perché il bail in è meglio del bail out, e perché ci siamo arrivati. E’ meglio perché nei fallimenti bancari separa i soldi pubblici dei contribuenti dal doversi far carico di sanare le banche, accollandone l’onere alle banche stesse: cioè in primis agli azionisti, e poi in gradienti diversi a chi è più vicino a vantare crediti assimilabili al capitale della banca; ergo in primis gli obbligazionisti subordinati, poi quelli ordinari, e infine quando e solo se davvero necessario fino ai depositanti, per le somme superiori ai 100mila euro. E ci siamo arrivati proprio perché, fino al 2013, molti paesi europei hanno fatto invece massicciamente uso di finanza pubblica. Ora il ridicolo è che l’Italia è stata tra coloro che vi ha fatto meno ricorso – i tedeschi per quasi il 6% del PIL, noi per neanche mezzo punto, praticamente nel solo caso MPS – eppure oggi protesta brutalmente chiedendo di poterlo fare a propria volta, a regole cambiate: dopo aver concorso alla nuova direttiva che serve proprio a impedire quel che oggi politica e media in Italia sembrano invocare.
Ma veniamo al punto che, minoritariamente, è a nostro giudizio quello centrale. I regolatori italiani – Bankitalia per la vigilanza, e Consob che è responsabile della trasparenza e correttezza nell’emissione e sottoscrizione di titoli – hanno davvero la coscienza a posto? O per caso siamo in presenza di una colossale emissione di cortine fumogene, e per questo scatta la parola d’ordine “è colpa dell’Europa a guida tedesca?”. E’ un punto che non trovate sviluppato a dovere, sui media italiani. Ha un aspetto sostanziale, e uno formale.
Cominciamo da quello sostanziale. E’ vero o no, che c’è stato chi per anni ha tentato di attirare l’attenzione sul credito relazionale praticato massicciamente nel sistema bancario italiano, sui sovraffidamenti a soci e amministratori, sulle improprie reti collusive che aggiravano le norme sulle parti correlate, sulla disinvoltura con cui tramite incentivi alla rete di sportelli ai correntisti, e a chi chiedeva prestiti e mutui, si piazzavano azioni e obbligazioni delle stesse banche, azioni talora a valori non di mercato ma fissati stellarmente dagli stessi cda, titoli attraverso i quali il management di popolari e credito cooperativo si eternava al comando? Oppure c’è stato chi sollevava il problema, ma è stato sempre tacitato come un reietto provocatore, perché avevamo le banche più sane e prive di rischi al mondo, come ancora ha incredibilmente affermato Padoan l’altro ieri? E’ vero o no, che il più degli aumenti di capitale nel sistema bancario italiano è scattato tra fine 2013 e 2014, quando ormai si approssimava entro pochi mesi la vigilanza comune BCE sulle maggiori banche? E’ vero o no, che in molti dei commissariamenti adottati c’erano tutti gli elementi per farli scattare con uno o due o più anni di anticipo, a cominciare dalla BPEL che fino a metà 2014 Bankitalia ha tentato di dare invece alla Popolare di Vicenza, quando, già 2 presidenti prima del commissariamento, Fornasari era stato eletto alla guida della banca grazie a un voto illegittimo, espresso a maggioranza da un socio sovraffidatario? In piccolo ho maturato la mia amara e personalissima opinione su queste domande, a cominciare da quando diversi anni fa fa fu chiuso un giornale che dirigevo dopo aver scritto di ciò che non tornava nel patrimonio di vigilanza di un certo istituto bancario, dal quale aveva rilevanti affidamenti l’allora mio editore. E’ il motivo per il quale ho deciso di diventare un free lance e campare facendo anche altro, stufo di avere liste appese davanti agli occhi di chi “è meglio non disturbare”. L’intreccio di soci e affidamenti bancari, valori stimati all’attivo e al passivo di entrambe le parti, è il vero reticolo dell’economia italiana. Questo spiega, del resto, l’atteggiamento maggioritariamente compiacente dei media italiani.
Veniamo al punto formale. L’accusa europea sulla vendita disinvolta da parte delle banche italiane ai propri clienti retail di prodotti finanziari il cui rischio dovrebbe vederli obbligatoriamente destinati a investitori istituzionali. Ricordate i tango bond argentini? Costarono all’Italia un punto di Pil di risparmio, cifra di poco superata poi dal crac Parmalat. Nel caso argentino, eravamo l’unico paese al mondo a concentrare tanti titoli rischiosi tra risparmiatori retail. E’ rimasto questo vizio alle banche italiane, oppure no? La mia risposta – evidentemente da alieno, forse vivo in un altro mondo rispetto alla realtà che vedo difesa dai media italiani – è che no, quel vizio non è stato abbandonato. Lo testimoniano pile di lettere e mail che ricevi ogni giorno da chi ti descrive come è stato invitato a sottoscrivere questa o quella obbligazione, a cominciare dai dipendenti bancari stessi, per continuare coi depositanti, e con chi alla richiesta di un prestito si è visto proporre- imporre titoli o azioni della banca stessa.
E’ ben per questo, che siamo stati per anni il paese OCSE con la più alta percentuale di obbligazioni bancarie nel portafoglio delle famiglie: un comodo canale di raccolta diretta. Nella relazione annuale Consob potete osservarne l’evoluzione anno per anno: la raccolta diretta bancaria è scesa da oltre 1500 miliardi nel 2009, di cui circa 900 mld fatta da depositi e oltre 500mld di obbligazioni, fino a ridursi intorno ai 1430 mld a fine 2013 (sono dati dell’ultima relazione) con oltre 350mld di obbligazioni. Se passiamo dal totale delle obbligazioni vendute dalle banche a quelle bancarie in senso stretto, quelle piazzate dalle banche a clienti retail hanno sempre rappresentato da 4 a 5 volte l’ammontare di emissioni annue piazzate a investitori istituzionali: per esempio nel 2014 92,4 miliardi al retail e 25 mld agli istituzionali, nel 2013 113 mld al retail a 22mld agli istituzionali; nel 2011 addirittura 189mld al retail e 26,5mld agli istituzionali. Se parliamo delle obbligazioni subordinate che sono interessate al bail in, la stima più aggiornata di quelle circolanti oggi emesse dalle banche italiane risale a poche settimane fa. Si tratta di 286 titoli di cui 141 non quotati, per una raccolta di 71,25 miliardi (13,3 dei quali per bond non scambiati in Borsa). Oltre alle 4 banche “risolte” che oggi vedono gli investitori colpiti insorgere, badate che solo tra Veneto Banca e Popolare di Vicenza si tratta di oltre 1,6 miliardi, e di oltre 6 miliardi per la sola MPS.
A questo punto, il domandone: erano rispettate le norme sull’informativa da rendere all’investitore, da parte delle banche? È per favore evitiamo di ripetere che tra banca e cliente vige un rapporto fiduciario: è una scemenza. Quando la banca vende un titolo di cui essa stessa è emittente e non mera collocatrice, è ovvio che sia in conflitto d’interesse. E dunque le norme – la MIFID e i suoi aggiornamenti e interpretazioni avvenuti nella crisi di questi anni- pretendono che il conflitto d’interesse si possa superare solo con informative rafforzate a vantaggio della piena consapevolezza del cliente stesso: non una firmetta su un pacco di moduli. Per classi di rischio degli asset proposti, le banche sono tenute a una vera e propria profilazione del rischio cliente, di come ha allocato il resto del suo portafoglio. E quando dopo il 2013 divenne chiaro che si andava al bail in, diventò evidente che le subordinate bancarie “salivano” come coefficiente di rischio, e ciò comportava simmetrie rafforzate nell’informativa bancaria al cliente.
Leggiamo alcune istruttive righe dall’ultima versione delle Comunicazioni Consob sulla distribuzione di prodotti finanziari complessi, aggiornata secondo ESMA:
“Le obbligazioni subordinate sono da considerarsi “strumenti complessi” anche se non incorporano particolari strutture?
La presenza della mera clausola di subordinazione non implica ex se la riconduzione delle obbligazioni in esame nell’alveo dei prodotti a complessità molto elevata. Peraltro le obbligazioni subordinate sono considerate strumenti complessi ai fini dell’Opinion ESMA del 7 febbraio 2014. In tale prospettiva, in linea con le indicazioni fornite nella citata Opinion “MiFID practices for firms selling complex products”, gli operatori dovranno comunque prestare la massima attenzione alle fasi di distribuzione delle obbligazioni subordinate nei confronti della clientela al dettaglio.”
Leggiamo invece che cosa scrive ABI in un report di molto precedente, nel dicembre 2013, quando è già chiaro che si andrà al bail in, che alle banche italiane non piace. E se ne spiega il perché: leggete le pagine da 27 in avanti sulla stima di aumento del costo di funding bancario che ciò comporta per gli istituti, visto che all’aumentato rischio corrisponderanno cedole più elevate, e inoltre un aggravio ulteriore di costo aggiuntivo a seconda della solidità delle diverse banche emittenti. Ma non vi sfugga soprattutto la nota a pagina 28 che qui riprendo:
“ Accanto a queste si possono anche aggiungere altre problematiche, quali:
-obblighi di informativa in fase di offerta: l’applicabilità dal bail-in deve essere menzionato nel prospetto di offerta al pubblico
-limitazioni della platea dei possibili sottoscrittori: in particolare secondo le norme del MIFID, se venisse confermata la maggiore rischiosità delle obbligazioni soggette a bail-in, queste potrebbero non risultare più adeguate per alcuni clienti retail (che in Italia rappresentano i maggiori sottoscrittori di titoli)”.
Ecco la smoking gun: già a fine 2013 era evidentissimo alle banche italiane che le obbligazioni subordinate bancarie NON potevano essere proposte ai clienti retail. Parole che rendono vieppiù incredibile che SOLO ORA Bankitalia affermi che per il futuro bisognerà adottare tale limitazione.
Ed ecco perché penso che le polemiche contro Bruxlles siano una cortina fumogena. Vedo tracce evidenti di coscienza sporca dei regolatori, Bankit e Consob, conniventi con la contrarietà delle banche ad accrescere il proprio costo di raccolta. Ecco il vero problema italiano fatto riesplodere dalle proteste degli obbligazionisti delle 4 banche colpiti nel portafoglio, investitori ai quali si sventola davanti agli occhi il drappo rosso dei perfidi burocrati europei mentre le colpe stanno in Italia. Naturalmente sarà che sono alieno eh, visto che quasi tutti la pensano diversamente…
Caro Giannino,
da tempo ormai l’Unione Europea e l’euro sono lo scudo dietro al quale si nascondono governanti e governatori incapaci e colpevoli. A partire da quei deputati europei che invece di presidiare il Parlamento per proporre e approvare le leggi che poi criticheranno, se ne vanno in giro per l’Italia a farsi campagna elettorale. L’infamia della Consob e della Banca d’Italia che invece di controllare fanno comunella con i controllati poi è cosa che si ripropone da troppo tempo. Mi auguro che parecchi degli individui responsabili delle istituzioni di cui sopra passino alcuni anni a raccogliere la cacca dei cani in guanti e tuta arancione in appositi viali in cui i proprietari di tali animali possano passeggiare esentati dall’obbligo di raccogliere le deiezioni dei loro amici a quattro zampe.
Possibilmente senza allontanarli troppo dalle loro attuali residenze.
I tedeschi han detto: ora ve la arrangiate voi con le vostre clientele e truffettine bancarie di Periferia. I tedeschi ed i francesi e gli spagnoli però si son pappati 50 miliardi nostri (cioè maggior nostro debito pubblico) per salvar le loro rogne (in triangolazione: così non si vede) che son molto più grosse delle nostre (includendoci pure MPS e Carige e BPM). Delle banche dei Lender ne parlano un pochino pure i giornali. Ma soprattutto cè DB camuffa ogni 3 mesi una leva 50 e tutti lo sanno e tutti si girano dall’altra parte xrchè x ora non conviene vedere – la manciatina di miliardi da poco usciti sulla stampa specializzata son solo la punta dell’Isberg. Se un dì qualcuno deciderà che è giunta l’ora di veder anche in casa loro, allora anch’essi si pentiranno amaramente di aver voluto il bail-in. Ma voi siete solo dei simpatici (ed un poco strani) liberisti, e quindi non potete capire. Non capirete neppure dopo, quando lo vedrete.
ma il capo dell’Abi si chiamava mica Mussari by MPS ed era molto di Amato ?
‘Papà Boschi’: una “persona perbene!”, per citare una frase autorevole.
E probabilmente così è. Peccato che, mentre la sua banca (papà Boschi era vicepresidente, ed è stato multato da Bankitalia per svariate inadempienze gravi) stava colando a picco all’insaputa dei risparmiatori turlupinati, collezionasse disinvoltamente nomine e incarichi. Inoltre aggiungerei anche…
«Benvenuti nel tempo in cui il conflitto di interessi c’è come e più di prima, ma visto che riguarda “quelli di sinistra” (come no) allora va benissimo. Pensate se queste cose avessero riguardato non la Boschi ma, per dire, la Carfagna. Altro che girotondi e post-it gialli su Repubblica: avrebbero marciato su Roma» (citazione di uno che, notoriamente, sta a SX. Non io, in goni caso).
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Le colpe sono diffuse.
All’interno delle banche i vertici, oltre a concedere credito in eccesso agli “amici”, hanno spinto per collocare titoli con profilo di rischio elevato, facendoli spacciare per titoli sicuri.
I dipendenti “normali”, sotto “costrizione”, hanno convinto, a volte consapevolmente, a volte senza sapere neppure loro cosa vendevano, i clienti a comprare titoli non adatti.
I clienti stessi sono stati quantomeno pigri e si sono fidati dei bancari. A tal proposito, perché spesso i clienti quando devono comprare un elettrodomestico, che costa al massimo alcune centinaia di euro, fanno ricerche approfondite e dedicano ore ed ore per fare la scelta giusta, mentre quando devono investire decine di migliaia di euro non hanno voglia di perdere tempo e si fidano del venditore?
Tutti hanno sbagliato, e tutti, sicuramente in base alla propria responsabilità, devono “pagare” qualcosa.
Sul sistema dei controlli, sia interni che esterni sorvoliamo… In Italia manca una cultura del controllo.
I controllori sono visti come inutili rompiscatole, e per quieto vivere spesso i controllori cercano di non rompere troppo le scatole.
Il principale problema del sistema bancario italiano è la sua dipendenza storica dalla politica, soprattutto quella locale dove il sistema consociativo ha maggiormente sviluppato i suoi tentacoli. La politicizzazione del sistema bancario determina delle distorsioni nella erogazione del credito e nella gestione finanziaria dell’impresa; lo abbiamo recentemente sperimentato con la crisi del MPS prima, con il tracollo delle quattro popolari oggi.
Le autorità internazionali avevano più volte stigmatizzato tanto il sistema delle Fondazioni Bancarie quanto quelle delle banche ad azionariato popolare.
In particolare, già da tempo era sotto osservazione la fragilità patrimoniale delle banche popolari che, avendo storicamente concesso linee di credito seguendo criteri discrezionali piuttosto che oggettivi, si ritrovano oggi schiacciate da una massa enorme di sofferenze. Sono andato a rivedere un documento disponibile in rete in cui mi aveva particolarmente colpito il grafico a pag 10 di questo documento http://www.imf.org/external/pubs/ft/wp/2015/wp1524.pdf che presenta l’andamento della percentuale di NPL rispetto al credito in bonis in Italia rispetto alla EU e agli USA.
Tutti sapevano, Bankitalia, Consob, Governo, Organismi internazionali, Magistratura, ecc, fianco la stampa, ma nessuno ha fatto nulla. Poiché, come diceva Andreotti “a pensar male si fa peccato, ma a volte ci si azzecca“, sorge il sospetto che nessuno abbia voluto disturbare gli interessi di molti beneficiari del credito troppo facile.
Creare una bad bank in Italia è abbastanza problematico per la quantità di capitale necessario e anche per le difficoltà dell’azione di recupero che rende alquanto difficile e costoso collocare sul mercato degli strumenti finanziari che incorporano gli NPL.
La Gatto & Volpe & Compagni di merende ha risolto il problema trasformando gli ignari piccoli risparmiatori in una bad bank.
Carissimo Oscar,per esperienza diretta di posso raccontare di come gli Organi di Vigilanza interna ed esterna della Banca,sono completamente succubi della Direzione Generale, fanno finta di non sapere quello che accade in cambio di lauti premi
Sono stato invitato a lasciare la mia Banca ed ho subito mobbing,dopo avere segnalato agli uffici interni,alla Banca d’Italia, alla GDF,lo strano comportamento della DG nei confronti di broker,con agevolazione nella concessione del credito e consistente provvigione,e mancato rispetto delle norme sulla trasparenza.Bene nessun intervento alla mia denuncia!!!
complimenti ottimo lavoro. finalmente un pò di chiarezza. grazie
Lascio le complicazioni agli esperti.Lascio l’Europa a chi vuole restarci.Chi investe in titoli sa che può perdere denari.In caso di fallimento può perdere tutto.Se però l’azienda non muore,sarebbe opportuno introdurre il principio secondo il quale prima di distribuire gli utili futuri fra i nuovi soci si rimborsasse quelli vecchi.Portare i soldi in banca non è più una scelta ma un obbligo.Quando l’amato contante non ci sarà più sarà assoluto.Quindi chi deposita non dovrebbe essere coinvolto.Fra i compiti delle banche si dovrebbe introdurre quello del “parcheggio”,magari a pagamento ma se non esprimo il mio consenso ad utilizzare i miei denari la banca non dovrebbe avere la possibilità di farlo a sua discrezione ed in caso lo facesse si configurerebbe il reato di appropriazione indebita.Il resto appartiene ai massimi sitemi che cone al solito interessano chi con esse riesce a campare.
Per le istituzioni pubbliche la colpa è sempre degli altri: UE, Germania, bce… Invece è della classe politica che non vuole rispondere delle proprie azioni.
Errare è umano, perseverare è diabolico!!
Grazie Oscar,
in generale le spiegazioni semplicistiche e complottistiche sono sempre troppo facili. Tutti a dire che il bail-in è il male mentre era giusto intervenire in altro modo (bail-out) quando tutti avevano tuonato contro i prestiti alle banche fatti dai governi precedenti.
Ora il problema si sposta e si vedrà cosa accadrà
Caro Oscar,
Vedo una grande confusione su questa vicenda. E devo dire che anche nel tuo articolo ho riscontrato qualche incongruenza, anche se meno nette di quelle di altri commenti che ho letto. Cerco di fare delle precisazioni. Innanzitutto la nuova disciplina sul bail-in centra poco su questa vicenda. Se si esclude il fatto che se fosse successa questa vicenda (ma non è avvenuto, è inutile che precisi sempre che si è fatto in fretta per evitare di ricadere nella nuova disciplina, è leggittimo che un fatto accaduto prima dell’entrata in vigore della norma debba essere trattata con le norme in vigore in quel momento) dopo gennaio 2016, ci sarebbero andati di mezzo anche correntisti e obbligazionisti ordinari. Evito di esrprimermi sul se sarebbe stato meglio o peggio ma immaggino i commenti, per la cultura italiana, sul prelievo dai correntisti. Immaggino le parole e le imprecazioni contro l’Europa, di ben altra portata rispetto a quelle di questi giorni. Il tentativo di Bankitalia di spostare la disciplina al 2018 deve essere visto proprio in quest’ottica. Bankitalia fa gli interessi degli italiani e mira a mantenere un clima di fiducia nel sistema finanziario italiano, prima di tutto.
Veniamo alla vicenda e alle colpe e a quello che si poteva fare:
La questione viene da lontano e non riguarda il sistema bancario in se. Anzi, queste storie di gestioni allegre con soldi presi a prestito da obbligazioni erano successe in altri settori fino a ieri. E’ da considerare che le banche sono state commissariate da Bankitalia diversi mesi. L’istituto aveva dunque rilevato un quadro organizzativo e contabile piuttosto precario. Ti ricordo che il commissariamento è un gesto estremo. Molto grave sarebbe stato se Bankitalia non avesse segnalato queste banche come sottoposte a procedura straordinaria (in altri casi, vedi parmalat ecc. gli obbligazionisti non avevano questa informativa e le perdite non hanno coinvolto i “soli” obbligazionisti subordinati ma anche quelli ordinari). I risparmiatori sapevano del commissariamento. Erano stati rassicurati. Certo non è detto che il commissariamento porti a far emergere perdite di quella entità, però avevano la libertà di scelta. Che altro si poteva fare? Sono d’accordo con te, l’ho già detto in un precedente thread di questo blog che bisognerebbe prevedere maggiori pene per chi è responsabile di queste derive. Sono convinto che il governo Renzi abbia in mente qualcosa in questo senso. Meglio tardi che mai.
Tuttavia gli strumenti di vigilanza che l’istituto di via nazionale poteva usare sono stati usati e il salvabanche di cui tanto si parla è stato poi gestito in maniera equa, secondo le leggi in vigore e senza favoritismi (gli azionisti e gli obbligazionisti subordinati hanno perso tutto, gli altri no).
Restano due nodi: La vigilanza della consob sulla vendita dei titoli e la conformità alla mifid e gli aiuti del fondo interbancario. Sul secondo punto è difficile anche qui dire se sarebbe stato meglio o peggio resta il fatto che mentre alcuni partiti hanno finora fatto la guerra agli aiuti alle banche (perchè di quello si sarebbe trattato in ogni caso) adesso si sentono scontenti che ciò non è accaduto. Mi domando come fanno a mantenere la credibilità. Forse prendono voti solo per lo stesso motivo per cui un pensionato investe tutti i suoi risparmi su un solo titolo (debole) in barba a tutte le teorie della finanza moderna. Consob forse poteva fare qualcosa in più.
Egregio Giuseppe,
mi sento di condividere molto del suo intervento, ma – purtroppo – l’epilogo di questa ennesima crisi bancaria non che mettere in luce tanto la rischiosità del sistema bancario quanto l’impotenza degli organi di controllo che possono agire solo quando la situazione è ormai diventata critica.
Purtroppo le banche italiane sono “ricchissime di sofferenze” e condizionate dalla politica, nazionale attraverso le Fondazioni, locale attraverso il sistema delle Banche ad azionariato popolare.
Nonostante i controlli della Vigilanza, le multe agli amministratori, le regolamentazioni fianco eccessive, non si può porre rimedio ai danni di decenni di cattiva gestione: urge, dunque, una completa riforma del sistema bancario che dovrebbe essere imposta dall’esterno, dato che in Italia non esiste alcuna volontà di disinnescare la bomba ad orologeria pronta ad esplodere.
Anche la creazione di una Bad Bank, peraltro estremamente costosa, non potrebbe sortire gli effetti di una netta separazione fra il vecchio stile approssimativo di gestire la concessione del credito ed i costi ed un nuovo stile più rigoroso in assenza di una radicale riforma del sistema bancario che veda finalmente la fine delle distorsioni indotte dalla politica.
Le colpe dei padri non ricadono sui figli…principio basico di civiltà giuridica. Bene! le colpe del padre di un ministro – ove acclarate nelle sedi competenti – è giusto che ricadano esclusivamente sul padre e non sul figlio (purché, ovviamente, quest’ultimo risulti del tutto estraneo e inconsapevole della condotta del padre)! Ma cosa c’entra tutto ciò con l’opportunità politica di continuare a rivestire un ruolo di governo in una situazione di evidente conflitto di interessi….questo è invece un problema proprio del figlio ministro (non più del padre)? Può il figlio sedere (e il rito dell’uscita dalla stanza all’evenienza pare davvero un po’ pochino) in un CdM chiamato ad intervenire d’urgenza su una delicatissima situazione che vede coinvolta una banca in cui il padre ha ricoperto ruoli di alta responsabilità, almeno potenzialmente riconducibili al dissesto della banca? Due motivi di opportunità dovrebbero apparire evidenti: 1) Evitare di alimentare il sospetto che tali interventi d’urgenza possano essere guidati o anche solo ispirati, inter alia, dalla esigenza di sanare (tamponare/rimediare/silenziare) condotte men che commendevoli che potessero esser imputate anche allo stretto congiunto?…lo stesso trattamento sarebbe/sarà riservato ad altri casi analoghi che potrebbero/potranno emergere nel futuro, ove però non vi siano tali elementi di commistione di interessi?
2) Un dato tecnico che pare sfuggire ai più è che l’azione sociale di responsabilità e quella dei creditori danneggiati (tra cui gli obbligazionisti subordinati) nei confronti degli amministratori (e cioè le uniche armi affilate con cui di norma l’assemblea dei soci e i creditori possono ottenere che gli amministratori siano chiamati a risarcire i danni causati dalla mala gestio che fosse loro imputabile) sono qui sottratta alla disponibilità degli azionisti e dei creditori che hanno sopportato sulle loro spalle il costo del dissesto! In base all’art. 35.3 del nuovo decreto 180/2015 che ha recepito la Direttiva BRRD ( norma che riproduce peraltro il previgente art. 84.5 del TUB), l’azione di responsabilità è infatti rimessa in ultima istanza nelle mani della stessa Banca d’Italia ed è quindi esercitabile solo su suo impulso…E’ allora opportuno che la serenità e trasparenza dei rapporti istituzionali tra governo e Banca d’Italia – alquanto delicati, in quello che oggi ai non addetti ai lavori potrebbe ingenerosamente apparire un rimpallo di responsabilità – possano essere anche solo potenzialmente inquinati da situazioni oggettivamente “imbarazzanti” che potrebbero indurre i malpensanti a sospettare un’ attivazione men che incisiva dei poteri così esercitabili da parte dell’Autorità di Vigilanza, quest’ultima a sua volta potenzialmente sotto esame da parte del governo per l’attività di vigilanza esercitata nel passato sulla banca in questione?…Il cortocircuito in cui può incorrere il sistema è evidente.
Le Casse di Risparrmio Italiane erano ben amministrate e veramente svolgevano pienamente il dettato Costituzionale in tema di tutela del risparmio.
La politica, a partire dalla fine degli anni ’60, pian piano si è voluta inserire nei Consigli di Amministrazione di dette Banche ed il disastro ora… è sotto gli occhi di tutti i cittadini italiani.
Amato ha non poca responsabilità avendole trasformate da Enti Pubblici Economici in SpA, senza che messun Privato avesse mai acquistato le Azioni di dette Banche.
La politica? Ma chi è questa politica? Non siamo forse noi tutti? Prima andiamo a chiedere favori e poi ci lamentiamo che le società non sanno dotarsi di classi dirigenti competenti? Prima diamo più importanza al carisma che non alle competenze e poi ci lamentiamo che c’è ne è troppa poca? Prima puntiamo il dito contro i tecnocrati europei e nazionali e poi ci accorgiamo che i meccanismi di selezione basati poco sul merito reale e molto sull’apparenza e su posizioni acquisite fanno molti più danni? Dobbiamo solo ringraziare questo governo perchè in altri tempi avremmo avuto: o ci date i soldi voi stato (cittadini) oppure vanno tutti i dipendenti in mezzo alla strada.
In questo caso almeno sappiamo grazie al lavoro del governo e della banca d’Italia, che qualcuno ha sbagliato. Per una volta è evidente chi (compreso il padre di un ministro, alla faccia del conflitto d’interessi). Poi spetta a noi tutti trarre le dovute conclusioni, non assumendo più quelle persone, non andandogli a chiedere favori ecc ecc ecc. Se aspettiamo che venga qualcuno che ci dica per filo e per segno cosa dobbiamo fare, stiamo freschi.
Ora si grida e urla alla truffa e invece su BIPOP è calato un silenzio Tombale ed Eterno al cui confronto MPS e Parmamatt sono microbi.
La verità è che per 50 anni i risparmiatori specie se vecchi sono stati usati come …….. per ripulire i Bilanci…..
La verità è che il risparmio ormai non rende più nulla e la gente tra non molto inizierà a fare come in Grecia.
La verità è che gli imprenditori si dividono in quelli che rischiano in proprio e quelli che sono solo im-prenditori
Se dovesse essere accertata una malagestione colposa o dolosa da parte degli organi di vigilanza oltre che degli amministratori credo che anche chi ha investito in capitale di rischio debba essere risarcito
x Stefano: allora tutte le società di certificazione dei bilanci (private) del mondo e tutte le società di rating (private) del mondo dovrebbero chiudere..
e metà dei loro boss finire in gattabuia (i livelli medio bassi invece salviamoli xrchè costretti dal sistema al concorso di circonvenzione)..
e di conseguenza tutto il parco buoi (incluso equity) del mondo dovrebbe esser risarcito : chiamasi UTOPIA…
PS: ci sarà da ridere quando scoprirete i contingent privati e la cac pubblica (non sono parolacce).. siete sempre in ritardo..
Le volevo chiedere se per completezza potesse aggiungere negli articoli i link ai riferimenti che cita, grazie e continui ad essere un giornalista “fastidioso”.
“I tedeschi han detto: ora ve la arrangiate voi con le vostre clientele e truffettine bancarie di Periferia.”
mentre noi ci davamo alle truffettine di periferia, loro si dedicavano a quelle su scala globale.
http://www.repubblica.it/economia/finanza/2015/04/23/news/deutsche_bank_multa_da_2_miliardi_per_lo_scandalo_libor-112650690/
E non parliamo delle centinaia di miliardi di “salvataggi” alla Grecia, fatti con i solid delle NOSTRE tasse (e di quelle dei cittadini europei), per salvare NON i greci, ma le banche tedesche e francesi esposte in Grecia.
Bisogna essere ciechi, muti e sordi per dire che sono solo i banchieri italiani i truffatori, quando in confronto a quelli tedeschi sono come un campanellaro di fronte a TOtò Riina.
Oggi apprendo che l’advisor scelto da Banca d’Italia per la vendita delle quattro banche salvate,è Societe Generale.La banca francese che nel 2008 ha subito una consistente perdita per derivati accusando un suo dipendente,la stessa che in Italia controlla il credito al consumo Fiditalia,nel 2009 bloccato dalla stessa bankitalia per irregolarità, e più recentemente nella cronaca nel crack Aiazzone, la stessa Società Generale che opera attraverso il leasing senza avere nemmeno un sito internet con indicazione della trasparenza bancaria e con il floor nei contratti e,non ha mai aderito alla moratoria per le PMI.Sarebbe interessante capire se sono mai state fatte ispezioni serie in questa banca.
per Antonio&Anonimo: negli ambienti finanziari gira questa battuta: i bilanci delle aziende industriali e commerciali son almeno un pò falsi, quelli delle banche (DI TUTTO IL MONDO) sono inventati.. il gioco regge perchè tutti fan finta di crederci.. ad esempio in questo sito fan finta di credere alle borse perchè premono sui debiti e costringono gli stati nazionali a tagliare.. e per lo stesso motivo criticano le BC stampiste perchè finanziando i debiti rallentano la necessità di tagliare.. non hanno mi ca capito le le forze deflazionistiche son strutturali (invecchiamento, sovracapacità, tecnologia di processo ormai molto più veloce di quella di prodotto, mercati ipersaturi, debiti x finanziare la domanda di un ceto medio sempre più impoverito NONOSTANTE la sovracapacità REALE cioè NONOSTANTE la ricchezza Reale, spostamento della base industriale negli emergenti, ecc) premeranno x tutto il secolo.. però su sto sito un pregio vero ce lo hanno: non censurano.. in questo son liberisti x davvero..
Straordinario,l’advisor sarà una banca che opera in Italia con una gestione poco “chiara”…. E bankitalia continua
Non so dove postare la domanda ma cosa pensa Oscar Giannino del Banco Popolare ed in particolare della gestione dell’istituto da parte dell’AD Saviotti e del C.D.A. della banca?
E come mai gli azionisti non dicono nulla, forse perchè contano zero?
Grazie per la risposta.