L’indipendenza dei regolatori serve, nonostante tutto
Su Affari e finanza di Repubblica, Massimo Giannini attacca duramente la scarsa cultura dell’indipendenza dei regolatori che, secondo lui, caratterizza questo governo. A corredo del suo intervento (che non trovo online), sta un ampio servizio sulle surreali dimissioni di Lamberto Cardia, capo della Consob, di cui su Chicago si era occupato anche Oscar Giannino. Forse Giannini esagera nella critica al governo, ma c’è del vero nelle sue parole, che del resto prendono le mosse dal provvedimento con cui l’esecutivo ha respinto le dimissioni di Cardia, che recita testualmente:
[Il Consiglio dei Ministri] ha confermato la propria piena fiducia al Presidente Cardia, esprimendo apprezzamento per il suo operato, in particolare per il suo atteggiamento di rispetto istituzionale verso il Legislatore.
L’atteggiamento di insofferenza verso le manifestazioni di indipendenza delle Authority ha, in effetti, caratterizzato il comportamento di diversi ministri: gli scontri tra Giulio Tremonti e Mario Draghi da un lato, Claudio Scajola e la Lega contro Alessandro Ortis dall’altro, e infine il fastidio sollevato dalla relazione annuale di Antonio Catricalà ne sono manifestazioni evidenti. Ora, è chiaro che l’indipendenza in senso assoluto è una chimera. Però ci sono strumenti e comportamenti che possono rendere un regolatore più o meno indipendente. E la fiducia nell’esistenza di un ragionevole grado di indipendenza è un presupposto importante del buon funzionamento di un mercato. Infatti, esso garantisce che la struttura del mercato stesso sarà relativamente meno esposta ai temporali della politica.
Questo non significa che tutte le decisioni dei regolatori siano buone e sagge e che nessuna di quelle dei politici lo sia (più frequentemente, non lo sono né le une né le altre). Significa solo che la natura diversa di questi attori – gli uni più politici, gli altri più tecnici – risponde a esigenze concrete, che, per quanto non possano sempre essere del tutto soddisfatte, possono esserlo almeno in parte. E’ significativo, a questo proposito, che quando la Lega cercò di trombare Ortis (con un emendamento al decreto rottamazione!) la reazione dell’industria fu compatta a favore del presidente dell’Aeeg, anche da parte di quelle imprese che, legittimamente, avevano avuto a che ridire su alcune sue prese di posizione.
Questa reazione dovrebbe far riflettere il governo, e aiutarlo a comprendere che pretendere, o anche solo aspettarsi, genuflessioni regolatorie ai supremi fini della politica non è, nel lungo termine, una buona prospettiva. Non lo è per l’economia del paese, e dunque non lo è per la buona performance dell’esecutivo.