“De-coupling” banche-debito sovrano – di Davide Grignani
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Davide Grignani.
Partiamo da alcuni dati di fatto: 1. I titoli pubblici emessi da stati sovrani non più in grado di rassicurare gli investitori su piani credibili di sviluppo economico e rientro dall’eccesso di debito sovrano sono oggi ritenuti una nuova classe di “attività finanziarie tossiche” (così era accaduto ai “subprime mortgages” americani nella prima metà del 2007 che condussero poi al contagio di tutti i mercati finanziari a livello globale);2. La pressoché totalità delle economie sviluppate detiene presso le proprie banche ed assicurazioni una quota importante di titoli governativi emessi da stati sovrani i quali vengono sottoscritti e comprati da famiglie, imprese, investitori istituzionali: tra questi titoli quelli emessi dal proprio stato sovrano sono rappresentati in una quota ben più alta di quanto prevederebbe una calibratura degli stessi secondo una corretta diversificazione di portafoglio;
3. Quando uno stato sovrano entra in “crisi di credibilità” l’impatto immediato sulla valutazione del proprio debito pubblico crea un effetto di “contagio” sui suddetti portafogli, contagio che “infetta” anche i titoli governativi emessi da altri stati in difficoltà;
4. Le banche e le assicurazioni dei paesi “contagiati” registrano pesanti perdite nelle valutazioni degli attivi investiti in titoli governativi: la gestione finanziaria di tali attivi diventa fortemente passiva e – a meno di escamotage contabili o trattamenti “preferenziali” – ciò provoca un ulteriore grave impedimento al corretto funzionamento del mercato del credito a favore dell’economia reale.
5. I canali tramite cui la svalutazione del debito sovrano colpisce l’operatività delle banche sono molteplici e tutti rilevanti: dalla perdita del valore sull’attivo e il conseguente aumento del loro rischio idiosincratico e del costo della loro raccolta all’ingrosso e al dettaglio, alla diminuzione dei valori dei collaterali usati per approvvigionarsi di liquidità presso istituzioni private, nazionali e sovranazionali, al loro rating che aumenta ulteriormente il costo per il loro rischio, all’aumento del costo per le garanzie implicite ed esplicite che gli stati devono fornire per garantirne la solvibilità di ultima istanza.
Morale: se non vogliamo che si avveri il vecchio adagio romano “dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur” e che il nostro paese sprofondi in un gravissimo “credit crunch” fermando la nostra piattaforma industriale mentre si discute in tutta Europa di come “salvare gli stati”, tutti noi – dagli studenti “indignados” ai membri del comitato direttivo della BCE – dobbiamo seguire il buon senso e convincerci che oggi occorre salvare subito il corretto funzionamento del sistema di intermediazione bancaria (in Italia viene intermediato dalle banche circa il 70 % del risparmio nazionale quando negli USA questa cifra si aggira intorno al 30 %) per impedire che la locomotiva italiana deragli prima ancora di arrivare alla prima stazione del proprio risanamento nazionale.
Per quanto le banche oggi registrino il loro punto di minimo consenso secolare (forse che alla casta politica – non solo italiana – ciò non sia servito come diversivo circa le vere responsabilità del nostro declino socio-economico?) la loro funzione resta indispensabile ed insostituibile per un’economia che produca nuova ricchezza ed occupazione: non esiste una sana economia senza un sano sistema finanziario. Oggi le banche in generale e quelle italiane in particolare (tra le più “resilienti” alla crisi del 2007) non sono più ritenute “sane” ed in grado di creare valore nei prossimi anni: i valori delle loro azioni in borsa, i loro CDS (credit default swap) scontano scenari liquidatori e pesantissime svalutazioni di tutti i loro attivi, nessuno escluso. Questi valori segnalano disequilibri non sostenibili a medio termine, provocano enormi difficoltà di approvvigionamento della raccolta bancaria, quella istituzionale praticamente garantita dalla sola BCE e/o dallo “sconto” a caro prezzo dei portafogli dei loro migliori attivi (oggi occasione ricca per le banche statunitensi colme di liquidità fornita in abbondanza dalla FED).
Su questi istituti incombe oggi una triplice missione, il raggiungimento – nel gergo degli economisti – di “equilibri multipli” cioè di punti di ottimo per solvibilità, liquidità e redditività. Basilea 3, la BCE, l’EBA, il FMI, il FSB, l’EBC, la BIS, il CRDWG, la Commissione ed il Consiglio Europeo, le banche centrali ed autorità finanziarie nazionali ed internazionali, etc etc chiedono insieme maggiori doti di capitale e liquidità; i finanziatori istituzionali (e prima o poi i clienti retail) richiedono una remunerazione multipla rispetto a soli pochi mesi fa per iniettare nuovi fondi nel sistema bancario; gli azionisti chiedono una redditività dell’investimento in azioni bancarie proporzionale ad un tasso “risk -free ” (oggi “fuori uso” per molte giurisdizioni) maggiorato per un premio al rischio del settore bancario cresciuto esponenzialmente. “Last but not least”, lo Stato cerca di mantenere l’imponente gettito prodotto dal sistema finanziario aumentando la pressione fiscale.
E’ evidente che per le banche restano poche e difficili leve per manovrare all’interno di tutti questi vincoli, quasi per la totalità “pro-ciclici”: ridurre i costi (che in banca coincidono perlopiù coi costi per il personale), diminuire il grado complessivo di leva finanziaria (a memoria il “leverage” di Basilea I , destinato a tornare nel Pillar 2 di BIS 3 nel 2013) chiudendo i rubinetti del credito all’economia, aumentare gli spread riprezzando il costo dei finanziamenti alle imprese, ricercare frontiere più efficienti di rischio-rendimento nella commercializzazione dei prodotti.
Si dovrebbe quindi convenire che qualora si riuscisse a realizzare oggi un rapido “de-coupling” tra i bilanci bancari e la valutazione/volatilità dei titoli governativi le banche italiane (e ciò vale non solo per il caso italiano) ne beneficerebbero enormemente recuperando maggiori flessibilità e gradi di manovra a beneficio della loro funzione di intermediazione dal risparmio al credito e di trasformazione di rischi e scadenze, funzioni entrambe oggi “in stallo”.
Una soluzione tuttora inesplorata che presenterebbe aspetti economici e finanziari interessanti potrebbe prevedere l’acquisto “una tantum” di una parte significativa dei titoli pubblici italiani posseduti dalle banche nazionali da parte di Banca d’Italia. Tale acquisto verrebbe eseguito comprando i titoli ai loro valori storici di acquisto: Bankit a sua volta verrebbe rifinanziata a questo scopo dalla BCE, disponibile allo sconto di tali titoli a condizioni e termini non penalizzanti: il “buy-back” del debito pubblico non da parte del MEF ma da parte della “filiale” italiana della banca centrale europea ricondurrebbe immediatamente l’Efsf alla sua finalità originale di “fondo salva-stati” lasciando alla banca centrale italiana il compito di implementare con efficienza ed efficacia pressoché immediata una sorta di “Govies Relief Plan” – GRP. Banca d’Italia trasferirebbe sul proprio bilancio la differenza contabile tra il valore di marcato dei titoli ed il valore di carico a cui le banche li avevano precedentemente acquistati e – piuttosto che mantenere l’attuale artificioso e pernicioso trattamento contabile preferenziale di esenzione dal “mark to the market” – contabilizzerebbe tale investimento come un immobilizzo sino a scadenza finale, quindi come un’attività “held to maturity”. Potrebbe altresì accedere allo sconto di tali titolo presso la BCE rifinanziandoli fino alla scadenza finale alla pari o al loro riallineamento sopra i valori di acquisto, realizzando tra l’altro a scadenza un profitto a beneficio del proprio bilancio (ricordo che la Banca d’Italia è posseduta a sua volta dalle banche italiane che dovrebbero poter valorizzare correttamente la loro partecipazione).
Tale operazione potrebbe essere parzialmente o interamente “sterilizzata” dalla BCE tramite l’emissione degli Eurobond o – sic rebus stanti bus – stampando quella moneta di cui sino ad oggi è stata estremamente parca causa l’ossessiva minaccia di un inesistente tsunami inflazionistico, flettendo finalmente il cambio dell’euro rispetto alle principali valute mondiali e permettendo così il realizzarsi di nuove ragioni di scambio più competitive per le economie e la crescita europee.
Solo attraverso una pronta ed efficace separazione tra “contagio” dei titoli governativi e “la sana e prudente gestione” bancaria si potrà riuscire a ridare al sistema finanziario quella libertà di manovra essenziale per preservare la sua funzione di propulsore delle crescita dell’economia reale. Occorre ridare con estrema urgenza l’ ossigeno alle banche per conseguire la missione aziendale che queste imprese così particolari – e per ora ancora private – devono poter realizzare nel difficile futuro prossimo.
C’è sempre uno in più che crede di aver trovato una soluzione “nuova”.
Anzitutto mi colpisce che si continui a fare un mistone tra i problemi di liquidità delle banche e i problemi di solvibilità, collegati sì ma non sovrapponibili.
Mi stupisce poi che si continui a fare confusione sull’emittente dei fantomatici Eurobond Unionbond o cos’altro: si tratterebbe sì di titoli collocati dalla BCE così come la Banca d’Italia (che è “succursale” della BCE in Italia) colloca i titoli del Tesoro italiano, ma i soldi non andrebbero alla Banca bensì verrebbero “girati” all’ente fiscale di competenza (un EFSF o altro, che redistribuirebbe ai Tesori nazionali). Di conseguenza non si avrebbe alcuna sterilizzazione monetaria bensì il fattivo finanziamento di maggior spesa che ha reso necessaria l’emissione dei Bond.
Continuo inoltre a stupirmi di come alla fine si suggerisca sempre e comunque una creazione ad hoc di domanda di titoli presso le banche (ma anche semplicemente all’emissione da parte del Tesoro) proponendo di fatto una monetizzazione senza pensare minimamente che questa manovra abbia controindicazioni. Perché se non ci fossero allora basterebbe stampare moneta all’infinito, no?
Il giochetto proposto è nei fatti prima una monetizzazione dell’attivo delle banche (ma perché diavolo questo privilegio?) e poi un falso contabile legato alla contabilizzazione degli asset. Di nuovo mi chiedo come si possa pensare di iscrivere valori discrezionali pensando che non abbiano conseguenze: se l’asset in realtà è sceso di valore ma non va in default allora si è anticipata ricchezza futura alle banche – ma allora forse potevano tenersi gli asset – se invece vanno in default allora si scarica il costo sui contribuenti (perché la perdita per la Banca Centrale è per statuto coperta da nuovi trasferimenti da parte del Tesoro, cioè dalle tasche dei contribuenti… ma leggetili, questi statuti!).
Infine, mi chiedo perché si debba salvare tutte le banche; probabilmente si crede al millenarismo di alcuni, secondo cui il sistema bancario potrebbe sparire tutto insieme, dimenticando che sì, i fallimenti possono creare fenomeni a catena, ma man mano che il credito si riduce e le banche chiudono, quel che resta aumenta di valore: il servizio monetario, di deposito, e di finanziamento concesso da chi resta aumenta progressivamente man mano che i fornitori di tali servizi si riducono, e questo basta perché la catena non sia “infinita” ma abbia un punto di minimo.
D’altra parte credo che non si sia capito minimamente che la crisi attuale non è assolutamente finanziaria, ma è una crisi da mancanza di risparmio; se non c’è ricchezza reale non c’è manovra che tenga, si può solo o ridurre i consumi subito o lasciare che si contragga l’intera attività economica fino a portarsi a un livello coerente con il risparmio reale esistente.
La crisi del debito sovrano è qui: non c’è risparmio per finanziare via fisco la spesa e manca risparmio dall’esterno a compensare. Dobbiamo accettare che serve un riaggiustamento “verso il basso”, perché tanto tutto il resto è finanza e la finanza non crea niente, trasferisce solo il risparmio che esiste, se esiste.
@Leonardo, IHC
Bisogna capire ad accettare che il CAPITALE DEVE ACCETTARE una remunerazione inferiore e che bisogna che ci sia una sostanziale redistribuzione della ricchezza che la finanza ha invece concentrato.
Il problema della finanza è che ha permesso a chi ne aveva gli strumenti e i privilegi di trasferire ricchezza dai molti ai pochi.
Il sistema capitalista e democratico funziona solo con una corretta distribuzione della ricchezza ed una diffusa capacità di consumo , senza debito, ed una robusta classe media.
Il successo estremizzato del capitalist che massimizza il suo profitto ed il rendimento del suo capitale mette a rischi l’equilibrio e l’esistenza stessa del sistema.
il problema c’è.. x ora la gente non lo ha ancora percepito nella gravità epocale..
tu caro Davide (che sei molto preparato.. ed è molto interessante leggerti) proponi:
——————————————————————————-
“held to maturity” …Potrebbe altresì accedere (la Banca d’Italia) allo sconto di tali titolo presso la BCE rifinanziandoli fino alla scadenza finale alla pari o al loro riallineamento sopra i valori di acquisto, realizzando tra l’altro a scadenza un profitto a beneficio del proprio bilancio…
————————————————————————
che in soldoni semplici si traduce così : le Banche Centrali (cioè gli Stati) comprino loro dalle Banche Private i titoli Statali dei Piigs ormai quasi spazzatura…
ovvero … lo Stato che si ri-compra con soldi finti (la nuova base monetaria) il suo stesso Debito pubblico… ovvero.. una partita di giro.. ovvero una presa in giro..
come fanno gli Americani (la Fed).. gli Inglesi (la Boe) ed i Giapponesi (la Boj)… facciamo una bella gara monetaria mondiale a chi genera la bolla più grossa..
con guerra valutaria (già in corso) connessa..
il problema è purtroppo non-solubile.. alla fine il sistema finanziario / economico /
politico / sociale… cioè tutti.. dovremmo pagare..
possiamo scegliere (solo in parte) il mix tra manovre/iperinflazione/default..
se hai tempo leggi questo post in cui espongo la mia visione..
http://www.chicago-blog.it/2011/10/17/l%e2%80%99italia-ed-il-dilemma-del-prigioniero-%e2%80%93-di-piero-torazza/
ciao
Una prova assoluta di quanto detto da “erasmo 67”? Le economie dei paesi del nord Europa con debito pubblico basso ed in diminuzione, tasso di espansione medio del 2,6%, pressione fiscale elevata, welfare ottimo e pil pro capite medio superiore a quello dell Germania. Ah, dimenticavo, ripartizione della ricchezza, dato della sola Svezia perché non ho trovato gli altri, con il 32% in mano al 20% più ricco e il 68% per il residuo 80% della popolazione. Il che vuol dire 1,6% medio ad ogni 1% di pololazione privilegiata contro lo 0,8% del resto. E ancora aprlatee del liberismo? Detto questo è chiaro che salvare le banche che hanno creato il problema può essere una medicina amara necessaria se meno amara della malttia che hanno prodotto, ma lo si può chiedere solo a patto di toglierle dalle mani dei manager che hanno costruito la situazione e ai proprietari che li hanno scelti. Il fatto vero è che state chiedendo alla gente e al settore pubblico di sanare i pasticci dei privati.
Infatti io credo che in situazioni di crisi come quelle dei debiti sovrani e’ possibile solo una pratic curativa: la riduzione sistematica delle spese e quindi progressivamente l’aumento dell’efficienza (si abbatte il debito e contemporaneamente si aumenta i trasferimenti, all’inizio non e’ veloce ma accelera col tempo). Per questo sono convinto che lentamente bisogna instaurare un governo centrale che sollevi gli incapaci che hanno generato situazioni pericolose e anticipi gradualmente per tutti il livello a cui intervenire coi sacrifici/tagli (ponendo il debito tollerabile all’80% del pil statale ed abbattendolo di un paio di punti annualmente fino a portarlo al 50%). L’altro provvedimento che presto bisognera’ intraprendere e’ lo spacchettamento degli stati nazionali in stati piu’ minuscoli (una cinquantina tra i 6 e i 10 milioni di abitanti) in modo da rendere gestibile qualche perdita di controllo senza che questo generi situazioni traumatiche.
Ad una crisi dovuta esclusivamente alla ottusa voracità degli operatori pubblici e privati non si risponde con pannicelli caldi. La via maestra è l’eliminazione delle cause che hanno generato la situazione – le conosciamo tutte, sia interne che esterne – ed il progressivo rientro delle esposizioni per abbattimento delle spese improduttive e delle manovre di pura speculazione non riconducibili a servizio di crescita propria della attività produttiva. Il meccanismo stesso di creazione del consenso nelle democrazie cosiddette parlamentari non agevola certo, specie se sommato agli egoismi nazionali ed alla indifferenza degli operatori globali di finanza a tutto ciò che non sia loro utile immediato. Bene o male i sistemi politici occidentali ( e non solo ) sono tutti impantanati nella caccia demagogica al consenso immediato e ciò fa sì che meccanismi keynesiani vengano utilizzati solo al soddisfacimento delle voracità ottuse di piccole e grandi lobbies. Un governo mondiale che ponga un ferreo stop alla speculazione selvaggia non esiste e non esiste nemmeno un governo europeo capace di imporre uniformità e virtuosità nelle gestioni delle cose pubbliche nazionali degli stati membri. Non vedo perché le economie di quelli di loro che sono “virtuosi” dovrebbero accettare – sic stantibus rebus – di farsi carico dei problemi interni di quelli che virtuosi non sono, come sostanzialmente l’Autore propone.
Sicuramente questa è la via di uscita del problema, ho però un quesito che amerei qualcuno mi risolvesse.Il nostro “monte” del debito pubblico così come ci viene quantificato comprende anche tutti quei debiti che regioni, province, comuni hanno contratto con il passare degli anni e che sono in pancia a chissà chi ? Se no a quanto ammonterebbe?
Mi stupisco che ancora si parli di una crisi dovuta alla concentrazione della ricchezza senza distinguere le cause di questa, e proprio in un paese come l’Italia dove è proprio lo Stato che rende alcune famiglie benestanti.
La finanza non trasferisce coattivamente, trasferisce tra consenzienti; l’unico ente che può trasferire coattivamente è lo Stato… ma è inutile, qui si parla con il cuore non con il cervello, si parla di liberalismo e poi ci si infila dentro l’equalitarismo. Consultatevi http://ideashaveconsequences.org/l%e2%80%99ingiustizia-sociale-nella-retorica-dell%e2%80%991-parte-i/leo e il http://ideashaveconsequences.org/l%e2%80%99ingiustizia-sociale-nella-retorica-dell%e2%80%991-parte-ii/leo , magari capite quanta fuffa c’è intorno al problema della concentrazione.
@erasmo67
Comunque il sistema capitalista non può funzionare senza sperequazione (lo dicono pure i Marxisti http://ideashaveconsequences.org/roubini-e-marx/leo), il punto è se l’origine della sperequazione sta nel “merito” o è effetto della politica. E la crescita non sta nel consumo, ma nella produzione (che crea nuova ricchezza e paga il consumo nel frattempo) – i debiti pubblici e privati che ci schiacciano sono mancato risparmio cioè consumo: se il consumo fosse il motore del mondo ora saremmo in Paradiso.
Cmq chi mi ha ribattuto non è entrato nel merito delle obiezioni tecniche; ma già, i tecnicismi non interessano, conta il “cuore”…
non sono d’accordo. La soluzione proposta è già in parte in atto e non è vero che non generi “uno tsunami inflazionistico”. Non ve ne siete accorti che l’inflazione ha ricominciato a correre??
Pompare liquidità nel sistema fa solo salire la marea dei prezzi.
Se ci forse ancora la Lira avremmo svalutato come abbiamo già fatto in passato. Crollo delle importazioni, aumento dell’export ed economia che aggiusta il tiro e governi che dovevano pensarci tre volte prima di creare nuovo debito che nessuno gli avrebbe comprato.
Ci siamo indebitati all’italiana con tassi tedeschi. Non sta in piedi e adesso la stampella ce la vogliono dare sulle gambe…
@erasmo67: data l’impossibilità a riformare l’italia, cervelli e imprese produttive hanno cominciato ad andarsene da un bel po’. In compenso è rimasto il FUZ (fronte unico delle zecche) a cui non interessa modernizzare il paese: è solo arrabbiato perché la copertina si è accorciata.
Debito Pubblico Centrale 120% => + Enti Locali + Partecipate + Derivati + future prestazioni Pensionistiche = 300%.. alias si sale da 1900 a 4800 mld..
per auto-pubblicità ti suggerirei di leggere l’Italia ed il Dilemma del Prigioniero
che ho scritto su Chicago pochi gg addietro..
condivido solo 50%..
sia perchè lo Stato trasferisce coattivamente dopo aver preso i voti cioè il consenso..
sia perchè nella finanza il rapporto formalmente consenziente è spesso alterato da assimetrie informative (alias prendono x il c… la gente che non ci capisce niente) sia perchè il potere delle mega banche è tale che coattivamente impone ai politici di trattarle bene e spesso di chiudere 1 o 2 occhi su molte cose brutte brutte..
condivido invece 100% il fatto che dovremmo accettare tutti una forte riduzione di reddito/risparmi (nolenti o volenti) e le panacee monetarie sono solo illusioni perniciose..
Aggiungo una cosa: siamo abituati a ragionare come se l’inflazione fosse il puro rialzo dei prezzi; se si considera che in una fase di redistribuzione del lavoro, per cui la manifattura ha dentro molta componente cinese a basso costo, i prezzi avrebbero dovuto addirittura scendere – d’altra parte le teorie del ciclo economico indicano che prima della ripresa i prezzi devono scendere, e questo permette recupero di potere di acquisto.
Se finito il ciclo precedente dove c’è stata pure la componente Cina i prezzi sono al lordo aumentati di un 2/3%, calcolando l’inflazione non sui prezzi storici ma sui minori prezzi che avremmo dovuto avere, il differenziale che stiamo pagando potrebbe essere anche oltre il 10% di inflazione netta vera, allora.
Innanzitutto proviamo a contenere la spesa pubblica licenziando un po di dipendenti pubblici… del resto nel privato queste misure sono gia state attuate e senza gran clamore (il solo comparto farmaceutico negli ultimi 5 anni ha perso circa 30000 posti di lavoro qualificati) ed essendo lavoratori del nord il trattamento di fine rapporto non gode di guarentige paragonabili a quelle vigenti nel pubblico impiego o nel privato garantito del sud… OCCORRONO norme uguali per tutti!!… iniziamo da qui… poi vediamo come evolve!!
@Piero Torazza
Caro Torazza,
ho letto il suo articolo che ho trovato interessante e condivisibile (sono d’accordo: il problema è certamente non-solubile e meccanismi sociali di collaborazione possono solo permettere soluzioni di “giochi” più efficienti ma non la rimozione del problema). Nel mio articolo volevo sottolineare che il “de-coupling” dei problemi relativi al corretto funzionamento del credito all’economia da quelli generati dalla difficile gestione del debito sovrano – anche attraverso meccanismi di maggiore creazione di base monetaria che personalmente non ritengo perniciosi in questa congiuntura – dovrebbe essere uno dei temi posti in cima all’ordine del giorno delle nostre priorità nazionali.
Ridare maggiore liquidità alle banche (in questi giorni abbiamo letto altre proposte che vanno nella stessa direzione) e quindi esorcizzare “una tantum” il possibile alibi per un credit crunch bacario, smarcherebbe oggi l’Italia (ricordo che tutti i nostri maggiori partner, in primis gli USA, hanno già fatto e fanno tuttora ricorso a queste manovre …) da un incombente allineamento di tutti i fattori negativi e prociclici a danno della nostra economia, già in ginocchio. Certo il 2012, come lei dice, sarà annus horribilis, ma il “dilemma del prigioniero” ci suggerisce di collaborare e non di continuare a bisticciarci in casa.
Alla prossima dg